Il mio film preferito

DI EDOARDO VALENTE

Una sera mi trovavo a cena con alcune persone, e si parlava di film preferiti. La maggior parte di loro ne sapeva molto di cinema, io non ne so granché. 

Ad un certo punto, per qualche motivo, il discorso è passato dai film all’attualità, e si parlava di questioni politiche di cui nessuno avrebbe veramente voluto parlare.

Così, dopo attenta analisi, ho pensato di esordire dicendo: “Comunque, il mio film preferito è il primo film dei Pokémon”. Non si è più parlato di attualità, e forse neanche di cinema.

Ora, però, voglio motivare la mia risposta, che in realtà era nata pensando a un film su cui nessuno potesse avere qualcosa da dire – e infatti calò il silenzio.

Probabilmente ero l’unico vero fan dei Pokémon seduto a quel tavolo.

Pokémon il film – Mewtwo contro Mew è il titolo italiano della pellicola di animazione giapponese del 1998, che fu il primo film a tema Pokémon.

Nel momento in cui ho detto che questo è il mio preferito, tra l’altro, non lo avevo neanche visto. Avevo ben presente, però, una scena di questo film, che lo rende sicuramente iconico.

Apprestandomi, dunque, a prenderne visione, per giustificare a me stesso l’insensatezza di una mia stessa affermazione, mi sono trovato davanti a quello che forse è effettivamente un capolavoro. Potrebbe davvero essere il mio film preferito.

Ho trovato online una versione del film in italiano, ma quando è iniziato era con l’audio in giapponese e i sottotitoli in italiano. Poi, ad un certo punto, l’audio è improvvisamente diventato in italiano, ed è rimasto così per tutto il film.

Solo dopo ho scoperto perché. 

La versione occidentale del film è stata tagliata. All’inizio, nell’originale giapponese, è presente una parte che è stata denominata La storia sull’origine di Mewtwo, che funge non solo da vero prologo alla storia, ma anche da chiave di volta.

Vedere il film con questa prospettiva (che noi occidentali di solito abbiamo perso), rende l’intera vicenda molto più profonda, articolata, potente.

È spaesante pensare che sia questo l’inizio del primo film dei Pokémon, ma è anche stupendo.

La storia si apre con la spedizione di un gruppo di scienziati che sono alla ricerca di Mew, un Pokémon misterioso e potentissimo. 

Per chi non lo sapesse (molto male, studiate!) Mew è il 151esimo e ultimo Pokémon della prima generazione. La sua misteriosità nasce dal fatto che nel primo gioco Pokémon, egli fu inserito all’ultimo, segretamente, dal programmatore Shigeki Morimoto

Inoltre, Mew contiene in sé il DNA di tutti i Pokémon. Ed è proprio da un frammento del suo DNA che il dr. Fuji vuole clonarlo, per creare un Pokémon potentissimo.

Ovviamente si tratta di Mewtwo.

Fuji fa questo tipo di esperimento perché è finanziato dal temibile capo del Team Rocket, che in italiano ha il poco temibile nome di… Giovanni, che vuole ottenere questa potente creatura per scopi malvagi che possiamo facilmente immaginare.

Ma il vero obiettivo di Fuji è un altro.

Il dr. Fuji ha perso anni prima sua figlia. Distrutto dalla perdita, tenta di utilizzare il suo sapere per riportarla in vita tramite la clonazione. I suoi esperimenti falliscono, e lui è sempre più consumato dal dolore, al punto che la moglie decide di lasciarlo, non potendone più sopportare la condizione.

La sua abilità nel campo scientifico viene però notata, così da venire assoldato per la clonazione di Mew. Se dovesse riuscire in questo compito, allora riportare in vita sua figlia potrà forse diventare possibile.

Nasce così Mewtwo. Il nuovo Pokémon, chiuso in una capsula di vetro, ancora in una condizione embrionale e con lo stato di coscienza monitorato, entra in contatto con un’altra presenza. Si tratta della figlia di Fuji. Nella versione occidentale viene chiamata Amber, ma l’origine del nome si trova nell’inglese “I”, “Io”. 

La bambina si presenta come Ambertwo, ovvero una copia clonata da Amber, che però non esiste al di là di quella flebile coscienza. Lei si presenta come un essere umano, ma si rende conto che lei e Mewtwo non sono tanto diversi; forse anche lui è un umano, o forse è lei a essere un Pokémon. E qui Mewtwo inizia a non comprendere ciò che è. È umano? È un Pokémon? Non lo sa.

Ambertwo gli presenta la coscienza di altri tre Pokémon clonati, e poi li porta tutti in un suo ricordo, che sappiamo essere il luogo in cui viveva. Lì fa vedere a Mewtwo quali sono alcuni elementi del mondo: il sole, il vento, il tramonto; gli mostra la luna e le stelle, che ci fanno compagnia nel buio della notte.

Poi, le coscienze degli altri tre Pokémon clonati iniziano a svanire. Mewtwo non capisce cosa sta succedendo, cerca di chiedere spiegazioni a Ambertwo, ma anche lei lentamente si affievolisce. Prima di sparire del tutto, spiega a Mewtwo che quelle che stanno uscendo dai suoi occhi sono lacrime. Gli esseri viventi le versano quando il loro corpo soffre, ma, aggiunge, gli umani piangono anche quando sono tristi.

Mewtwo piange, ma Ambertwo gli chiede di non farlo, perché anche se lei se ne andrà per sempre, lui invece è vivo, e deve continuare a vivere.

Il Pokémon, lasciato solo, diventa instabile, e viene di conseguenza addormentato a forza, dimenticando le visioni delle altre coscienze, e rimanendo all’oscuro di quale sia davvero la sua natura.

A questo punto, come se ciò non bastasse, accade qualcosa di sorprendente, in particolare per quanto riguarda l’adattamento in altre lingue di questo film.

Appaiono delle immagini di paesaggi naturali, e questo è il punto in cui la versione occidentale del film inizia – senza la struggente parte precedente. Ma, soprattutto, con molti cambiamenti.

Qui noi siamo nella mente di Mewtwo, che è visitato da ricordi che non gli appartengono, e che probabilmente derivano da Mew, essendo l’uno il “figlio genetico” dell’altro. E mentre nella nostra versione una voce narrante parla del miracolo della vita, nell’originale Mewtwo continua a tormentarsi sulla sua esistenza.

“Dove sono?”, “Chi sono?”, “Chi mi ha portato qui?”.

La cosa incredibile è che, anche cercando online, e arrivando a trovare la versione completa della parte sull’origine di Mewtwo, questa parte successiva rimane però sbagliata in ogni adattamento. Per poter giungere alla versione originale mi è stato necessario trovare il film completo giapponese, miracolosamente sottotitolato in inglese, ad opera di generosi fan.

Quello che la censura estera ha pensato bene di eliminare dal film non è stata solo la primissima parte – che anche in Giappone è stata aggiunta in seguito – ma è stato eliminato il tormento di una creatura che viene messa al mondo con una coscienza sviluppata al punto da potersi porre domande sulla sua esistenza, senza poter però trovare risposte.

E le domande aumentano. 

Perché, ad un certo punto, Mewtwo rompe il grande contenitore che ha permesso la sua creazione, e grazie ai suoi poteri psichici può finalmente entrare in contatto con il dr. Fuji e gli altri scienziati, che gli spiegano che è stato generato a partire da Mew.

Ma Mewtwo non capisce. Mew è sua madre o suo padre? 

Nessuno dei due.

Allora, chiede a Fuji, “sono stato creato da Dio?”.

Ma lo scienziato risponde che solo Dio e l’essere umano possono dare vita a una creatura come lui. E lui è stato creato dagli umani.

Ma perché?Perché sono nato?”, si chiede il Pokémon.

A questo punto, mentre il team di ricerca si fa i complimenti a vicenda per il successo dell’esperimento, Mewtwo utilizza il suo immenso potere per distruggere l’intero laboratorio. Prima dell’esplosione definitiva, vediamo il dr. Fuji affermare che erano stati in grado di creare il Pokémon più forte del mondo… ma… questo lascia anche intendere che l’incontrollabilità del suo potere ne è la diretta conseguenza.

La piccola isola su cui il laboratorio era stato costruito esplode, e solo Mewtwo ne esce vivo. Il dr. Fuji non potrà mai più continuare con i suoi studi, non potrà mai più riportare in vita sua figlia.

Soffermiamoci un attimo su questa specifica vicenda: uno scienziato che viene distrutto dalla sua stessa creazione. 

Penso subito al Dottor Victor Frankenstein e al suo “mostro”. Ma pensando al sottotitolo che Mary Shelley ha scelto per il suo romanzo, ovvero “The Modern Prometheus”, mi viene anche in mente l’uomo che è stato identificato come “The American Prometheus”, ovvero Robert Oppenheimer, comunemente considerato il “padre” della bomba atomica.

Il mostro di Frankenstein, la bomba atomica, e Mewtwo. Un parallelismo che nemmeno io mi aspettavo. Ma, come detto in apertura, questo film è stato davvero sorprendente.

Inoltre, nell’immaginario giapponese, la storia di uno scienziato che cerca di riportare in vita il figlio è inevitabilmente legata a Astro Boy, una delle opere più famose del “dio dei mangaOsamu Tezuka. Infatti, la storia si incentra su Atom (per noi occidentali noto appunto come Astro Boy), che è un robot con le fattezze di un bambino. In particolare, assomiglia proprio al figlio prematuramente scomparso del dottor Tenma, che ne è l’inventore.

Se a noi italiani la storia sembra familiare, è perché nelle intenzioni di Tezuka, Astro Boy doveva rappresentare il Pinocchio del ventunesimo secolo.

Insomma, da Pinocchio a Frankenstein; da Oppenheimer a Astro Boy; fino al nostro Mewtwo, che avevamo lasciato tra le macerie del laboratorio, dove viene raggiunto dal già citato Giovanni, che aveva finanziato il progetto di clonazione, e che ora ha finalmente davanti a sé il Pokémon più forte del mondo.

Eppure, c’è qualcosa di più forte dei Pokémon, a dirglielo è Giovanni, e quelle creature più forti sono gli umani. Per questo Giovanni gli propone di unire le forze per ottenere quel generico obiettivo da cattivo, ovvero “conquistare il mondo”.

Ben presto, però, Mewtwo si accorge che sta venendo utilizzato come un’arma invincibile per gli scopi di Giovanni e del Team Rocket. Non potendo trovare in questa lotta insensata un senso e un valore per la sua vita, Mewtwo scappa anche da lì, e tornato sul luogo della sua nascita, continua a chiedersi: “Chi sono?”, “Perché sono qui?”, “Chi ha voluto che venissi creato?”.

E infine, emette la sua sentenza: “Maledico tutto ciò su cui sono nato”.

Per questo lui vuole “contrattaccare” contro tutti i responsabili della sua nascita.

Ora, mi dispiace dirvelo, ma questo è antinatalismo puro.

E mi dispiace dirvi anche che siamo solo a venti minuti di film.

È solo a questo punto che la colorata sigla fa la sua apparizione, e ci porta anche dal nostro storico terzetto di protagonisti allenatori di Pokémon: Ash, Misty e Brock. Ash, naturalmente, è accompagnato dal suo inseparabile Pikachu.

I tre, insieme a tanti altri, vengono invitati su un’isola da uno che si definisce “il più forte allenatore”, e sfida tutti gli altri a battersi contro di lui.

Ma, a causa di una fortissima tempesta, solo i più determinati riescono a raggiungere l’isola, tra cui ovviamente i nostri protagonisti.

Anche se sappiamo che il vero protagonista di questo film è Mewtwo. È infatti lui che si cela dietro questo fantomatico allenatore, e i Pokémon che possiede sono tutti cloni di altri Pokémon, e quindi sono stati potenziati.

Mewtwo, nella sua doppia natura di umano e di Pokémon, è sia il più forte tra le creature che tra gli umani.

Dunque, quello che ora appare come il malefico Mewtwo, una volta radunati i pochi allenatori e i loro Pokémon, racconta di una brutta esperienza che ha avuto con gli umani, arrivando a capire che loro sono la peggiore minaccia per i Pokémon. Questi ultimi vengono schiavizzati e si fanno schiavizzare dagli umani, contribuendo entrambi colpevolmente al male nel mondo.

L’obiettivo di Mewtwo sembra essere quello di catturare tutti i Pokémon e clonarli, per creare delle versioni più potenti di loro, che non si lascino comandare dagli umani, e che possano popolare il mondo. 

Con delle Poké Ball particolari cattura tutti i Pokémon presenti, i quali vengono però liberati dal determinato Ash, ma non prima che Metwtwo ne crei dei cloni.

Si trovano così due fazioni a scontrarsi: i Pokémon clonati, capitanati da Mewtwo, e quelli originali, che vengono guidati dal leggendario Mew, che per tutto il tempo ha assistito a ciò che accadeva.

Quello che gli allenatori si ritrovano davanti agli occhi è uno spettacolo raccapricciante: i Pokémon e i loro cloni combattono gli uni contro gli altri fino allo sfinimento di entrambi. 

Restano a combattersi solo i due più forti, Mew e Mewtwo, ma Ash nel tentativo di fermarli si mette in mezzo al loro doppio attacco, che è talmente potente da pietrificarlo.

Nel silenzio generale, al centro di un campo da lotta ormai vuoto, giace il corpo pietrificato dell’amato protagonista di tutte le serie e i film animati dei Pokémon.

Era a questa scena nello specifico che pensavo quando ho affermato che questo è il mio film preferito. E non avevo idea di cosa effettivamente mi sarei trovato a vedere.

Pikachu, da sempre e per sempre fedele al suo Ash, gli si avvicina, e cerca di rianimarlo con i suoi fulmini, ma non serve a nulla. Distrutto dal dolore, inizia a piangere, e insieme a lui iniziano a piangere tutti i Pokémon, originali o cloni che siano.

Questa scena si ricollega a quel punto della storia di Mewtwo in cui ha pianto per la prima volta di fronte alla scomparsa di Ambertwo.

Gli umani piangono anche quando sono tristi”, aveva detto lei, ma in questa drammatica e potente scena sono i Pokémon a piangere per un essere umano.

Le loro lacrime, a causa di un qualche potere che non conosciamo, confluiscono verso Ash, e ne annullano la pietrificazione.

Il dolore, in pochi istanti, si trasforma in gioia. Anche Mewtwo non può che rimanere sorpreso da questa dimostrazione di compassione. 

Alla fine, si rende conto che nonostante lui sia stato creato diversamente da tutti gli altri, non per questo è diverso da loro.

Lui, Mew e i cloni si allontanano, e tutti coloro che erano stati coinvolti, per volere di Mewtwo, dimenticano l’accaduto. 

Avendo ora chiaro lo svolgimento della trama fino alla fine, si possono fare le riflessioni conclusive.

Il dramma che nella versione originale accompagna Mewtwo fin dall’inizio è la consapevolezza di essere stato creato in laboratorio, di essere una copia, di non potersi definire né totalmente Pokémon, né totalmente umano.

Egli sente di essere stato forzatamente costretto a esistere in questo mondo, di cui non capisce la logica, da cui è stato tradito, e cerca di trovare una sua via da percorrere.

Sapendo di essere un clone, vuole clonare i Pokémon per dimostrarne la superiorità, ma allo stesso tempo sente di voler essere considerato come un originale.

Tutto il potere che possiede non sa come utilizzarlo, perché non può in ogni caso dargli una risposta, che è quella che arriva alla fine, ed è la risposta più semplice.

Gli umani, i Pokémon e i loro cloni sono tutti ugualmente esseri viventi. In quanto tali tendono a combattersi, ma allo stesso tempo, tutti loro sono accomunati dall’essere vivi, dal condividere lo stesso mondo e le stesse lacrime.

Ho scelto di vedere questo film, che avevo deciso già in partenza essere il mio preferito, per giustificare l’assurda affermazione fatta durante una cena, tentando di riportare il discorso dall’attualità al cinema.

Ma proprio grazie a questo film posso finire per parlare di attualità, di quell’attualità sempre attuale che è l’essere umano.

Nel primo lungometraggio animato sui Pokémon vengono analizzate tematiche quali: il senso dell’esistenza, il dolore della perdita, il potere, il valore dell’amicizia, l’autodeterminazione, i rischi della tracotanza, la forza della condivisione.

Grazie a Mewtwo possiamo assistere allo strazio della coscienza cosciente di sé, del problema di porsi domande che superano la nostra capacità di darci risposte.

Grazie alla lotta insensata arriviamo a comprendere l’appartenenza di ogni essere vivente alla stessa vita, nel bene e nel male.

Grazie alle lacrime finali ci avviciniamo alla compassione, all’inutilità di porre un confine netto tra gli individui.

(Il maestro Takeshi Shudō)

Grazie soprattutto a Takeshi Shudō, lo sceneggiatore di questo film e delle prime serie animate dei Pokémon. Con la sua scrittura voleva portare tematiche adulte nei prodotti per bambini, non solo per sensibilizzarli già da piccoli, ma perché in questo modo sarebbero stati in grado di apprezzare quegli stessi prodotti anche una volta cresciuti.

Purtroppo, Shudō ebbe spesso dei problemi a fare i conti con la banalità delle sceneggiature che doveva scrivere, e cercava di “semplificarsi” la complessità della vita attraverso alcol e tranquillanti.

Anche la sua è una vicenda dalle note drammatiche, e per questo è stato in grado di comunicare una tale profondità all’interno di quello che, altrimenti, scambieremmo semplicemente per un film per bambini.

E grazie, infine, ai Pokémon, che da trent’anni accompagnano le nostre vite.

Quando a sei anni mi venne comprata la prima bustina di carte collezionabili, o quando a otto anni mi venne regalato il primo gioco per il Nintendo, certo non potevo immaginare che tanti anni dopo mi sarei ritrovato a scrivere il mio articolo più lungo finora, e per cui ho dovuto documentarmi di più, proprio per parlare del primo film dei Pokémon, che è anche il mio film preferito.

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