L’Essenza Più Profonda: La Regione Centrale vs 4’ 33’’

DI ALBERTO GROMETTO

Cosa fa di un film un film? 

Cosa fa di una canzone una canzone? 

Cosa fa di un pezzo d’Arte un pezzo d’Arte?

Queste domande affliggono l’uomo dagli albori dei tempi

Di cosa parliamo esattamente quando parliamo di Arte? 

Cosa può essere definito Arte?

Un oggetto d’arte è tale se non è stato concepito da un artista? 

L’Arte nasce nel momento in cui chi la fa sa che la sta facendo? O nasce indipendentemente dalla consapevolezza di chi la produce? È la consapevolezza di chi la guarda a determinare cosa sia?

E se non c’è un pubblico che la ammira? Un oggetto d’arte è tale se nessuno lo osserva?

Io a tutte queste domande non so rispondere. O forse sì, ma non è questo il momento. La Grande Sfida che vi proponiamo a questo giro ha a che fare con due opere cosiddette “d’arte” che però si spogliano di qualsiasi veste o caratteristica per presentarsi nella loro forma più intima, profonda e basilare.

Da una parte il Cinema depurato di tutto quanto, tranne che di quella sola cosa che lo rende Cinema. 

Dall’altro lato, all’angolo dello sfidante, la Musica nella sua sostanza più essenziale. 

Partiamo dal film. Potremmo definirlo: un film senza il film!

L’anno era il 1971. Il regista canadese MICHAEL SNOW decise di dirigere una pellicola stranissima. Nome? «LA REGIONE CENTRALE». Il titolo fa riferimento al luogo delle riprese: il Québec. Quest’ultimo, insieme all’Ontario, è una delle due cosiddette «Province Centrali» del Canada, che vanno a costituire, per l’appunto, il territorio geografico detto «Regione Centrale».

È un film che indaga sulla natura esistenziale e fondante della Settima Arte. Cos’è il Cinema, ontologicamente parlando? Snow toglie al film tutto quello che lo rende un film: la storia, i temi, i personaggi, gli attori, pure i cosiddetti segni cinematografici. Il che implica i movimenti della cinepresa, la fotografia, il montaggio, le inquadrature. Toglie persino l’ambientazione, perché per quanto sia girato in esterna non può essere definita ambientazione uno scenario completamente immobile. Toglie tutta l’azione, toglie ogni cosa, riduce tutto a zero. È il Cinema spogliato di qualsiasi cosa faccia del Cinema “Cinema”.

Che rimane? Rimane il Cinema, naturalmente!

La macchina da presa è montata su un pilastro piuttosto grosso che ha due braccia laterali robotiche. Su una delle due si trova la cinepresa, l’altra fa da contrappeso. Il braccio su cui posa la camera gira costantemente in tondo. Inizialmente viene inquadrato solo il basso: sassi, erba, terreno, asfalto. A poco a poco, il braccio che serve a bilanciare il peso si abbassa, di modo che quello su cui è posata la cinepresa si alzi. Sempre di più, sempre di più. Ogni volta che questo accade, sentiamo un forte rumore, una sorta di sonaglio: è la colonna sonora del film, si potrebbe dire. Ad ogni rumore del sonaglino, la macchina s’alza. E se prima ovviamente vedevamo solo il basso, a poco a poco continuando ad alzarsi abbandoneremo i sassi e cominceremo a guardare gli alberi, poi le montagne e infine solo più il Cielo. E poi basta! 

Tre ore tonde tonde di questo! 

Si parte dai sassi, e si arriva al Cielo. Girando tutto il tempo e alzandosi molto lentamente. Fu Michael, regista dei più sperimentali che esistano, a inventare questo macchinario di cui noi vediamo solo l’ombra per terra, così che il film potesse fare a meno anche di lui! Potesse rinunciare al Regista e “farsi da solo”. E questa sua pellicola, questa sua creatura cinematografica, un prodotto estremo, mostra al mondo cos’è davvero il Cinema prima di qualsiasi altra cosa, quando è spogliato di tutti i suoi ingredienti: non è una Storia, non è virtuosismo tecnico, ma è SGUARDO!!! 

La macchina, che rinuncia addirittura al regista, gira senza di lui, senza bisogno di nessuno, cosa fa? OSSERVA. Questo film porta avanti l’idea POTENTISSIMA dello Sguardo, lo Sguardo della macchina e dunque del pubblico, lo Sguardo come essenza più profonda della Settima Arte. Il montaggio, le luci, gli effetti speciali, la fotografia, gli attori… sono tutte cose che noi amiamo. Ma arrivano dopo. Prima di ogni altra cosa c’è lo Sguardo. Il Cinema esiste perché un bel giorno del 1895 due fratelli francesi (Auguste e Louis Lumière) si dissero: Guardiamo quegli operai che escono dalla fabbrica e poi anche il treno che arriva alla stazione, ma facciamo sì che questo nostro guardare rimanga. Il verbo fondamentale è e rimane GUARDARE, anche dopo più di un secolo di Storia del Cinema.  

Ricordiamoci di questa pellicola e rendiamo onore al fiero e prode Michel Snow, che ha avuto l’idea e il coraggio di fare un film del genere, sicuramente per nulla commerciale, che può essere utilizzato in particolari situazioni come nelle gallerie museali, da un certo punto di vista trattasi di un gesto che è molto più vicino alle arti visive che al Cinema. Ma perlomeno lui ci fa capire cosa realmente sia il vero Cinema!

(Auguste e Louis Lumière)

Ora passiamo alla Musica che non c’è! 

Esatto, un altro grandissimo esperimento e un altro colosso cosiddetto “sperimentale”: il compositore statunitense JOHN CAGE, tra i massimi artisti novecenteschi che ci siano! La sua composizione «4’ e 33’’» risale al 1952 e a suo modo ha fatto la Storia della Musica! E dunque, come prima, chiediamoci: che cos’è la Musica? 

La Musica non è un Do o un Sol, non sono le note, non sono nemmeno i pentagrammi, o gli strumenti! No, no, no! Niente di tutto questo. La Musica nella sua essenza ontologica più profonda è semplicemente: quello che sentiamo. Ma se non sentiamo niente? Beh, allora quel niente a tutti gli effetti diventa Musica! 

La particolarità assoluta e unica di «4’ e 33’’», della durata totale appunto di 4 minuti e 33 secondi, è che è una composizione pensata per QUALSIASI strumento possibile o ensemble (gruppo di strumenti musicali misti). Cage però intendeva proprio QUALSIASI strumento musicale possibile, anche semplicemente le mani che battendo fanno rumore. Ecco! Non deve essere per forza musicale lo strumento, né tu devi per forza essere musicista per riprodurla.

Cage era solito usare il suo pianoforte, per valore affettivo presumo. Ma può essere suonata da CHIUNQUE e con QUALSIASI mezzo. A chi glielo chiedesse Cage, che nella vita si è cimentato in una produzione delle più frenetiche e ricche e varie possibili, ha sempre parlato di «4’ 33’’» come della sua opera più importante e in effetti ancora oggi è essa considerata come la sua composizione più celebre, illustre, famosa, controversa, discussa e, in qualche modo o misura, oserei dire rivoluzionaria. 

Tutto il suo lavoro, il suo vivere, il suo fare Musica lo avevano portato a questo, a detta di Cage, convintosi che mai più dopo quello avrebbe realizzato qualcosa di altrettanto importante. Questa sua composizione ci fa toccare con mano quello che davvero fa della Musica “MUSICA”, ci fa saggiare la sua essenza primordiale basilare costituente, il suo fulcro centrale assoluto: il COSA NOI SENTIAMO!!!

Ma in che consiste questo pezzo? 

Tre movimenti. 

Il primo dura 30 secondi.

Il secondo, più lungo, è di 1 minuto e 40 secondi. 

Il terzo è il più lungo di tutti: 2 min. e 23 sec.

Lo spartito impone all’autore di tacere (tacet) e di non suonare nulla per tutta la durata del primo movimento. Quindi è di solo Silenzio, in sostanza. Gli altri?

Eh, il secondo pure. 

E il terzo anche. 

John Cage disse: «Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore a 4’33’’ come a qualcosa che fondamentalmente non interrompa quel pezzo». 

Se c’è solo Silenzio per quattro minuti e trentatré secondi, dove sta la Musica? Nel niente? Beh, in realtà non esiste un mondo senza rumore, o suono. Non è mai esistito. Nessuno di Noi può dire di aver vissuto in un mondo muto. La Musica c’è dappertutto. Quando Cage si presenta al suo pianoforte e rimane lì, fermo, immobile, senza fare nulla… il pubblico comincia a tossire, o a lamentarsi, o a parlottare. Quello è suono, quello è rumore, quella è Musica! Sono gli stessi spettatori, divertiti o accigliati che siano, ad essere Musica. È il vivere del mondo, rumoroso e mai silenzioso, ad essere Musica. 

A Cage l’idea venne quando si trovò, presso l’Università di Harvard, dentro una camera isolata: totalmente, completamente e pienamente insonorizzata. Doveva essere il Trionfo del Silenzio Assoluto. E invece il nostro sentì due rumori, e seppe anche distinguerli: uno era più acuto dell’altro. L’ingegnere però gli spiegò che quello che aveva sentito altro non poteva essere che il suo stesso apparato cardiocircolatorio e il suo sistema nervoso. Ed è allora che Cage comprese: non puoi farci niente, il Suono vince sempre, l’Umano non può esistere senza Rumore. Così nacque quest’opera immortale che Cage definiva “assolutamente non-silenziosa” ma fatta della Musica di tutta la vita intorno al silente musicista immobile. Che sia il ronzio di un insetto oppure uno sbadiglio o ancora il semplice respirare della gente, quella è comunque Musica. 

Chi vince, dunque? Questa Grande Sfida non vede solamente due folli opere estreme o due geniali artisti tra i più audaci possibili fronteggiarsi, ma il Cinema e la Musica stesse sono su questo ring! Ritengo pertanto che chiunque di Noi debba sentirsi libero d’assegnare il trofeo a chi voglia, senza lasciarsi condizionare da giudizio alcuno. 

Però, rammentate:

Niente non significa Nulla. Zero non significa Inesistente. Talvolta c’è molto più Pieno nel Vuoto. Talvolta c’è molto più significato e senso e presenza e ricchezza e grandezza in quel Niente che poi Niente non è!!!

Se ti è piaciuto questo articolo, leggi gli altri pezzi della nostra rubrica «La Grande Sfida»!!!

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Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

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