DI EDOARDO VALENTE
Si può parlare di esistenzialismo a partire da un film comico americano del 2011?
È quello che sto per fare.
Innanzitutto, diamo un po’ di contesto. I personaggi principali della vicenda sono due: Cal e Jacob. Cal è il classico padre di famiglia che è costretto ad affrontare la più grande crisi della sua vita: la fine del suo matrimonio.
Jacob è un giovane aitante e seduttore, che di relazioni sentimentali non ne vuole sapere e che passa le serate a conquistare ragazze in un locale, con un suo metodo più o meno infallibile.
Le vite di questi due personaggi si intrecciano nel momento in cui uno sconsolato Cal inizia a frequentare quel locale, venendo colpito dalla facilità con cui Jacob fa colpo sulle ragazze, iniziando ad ammirarlo e invidiarlo.
Vengono qui tratteggiate due personalità opposte. Se da un lato Jacob è un grande seduttore, non riesce a instaurare una relazione con nessuna ragazza, anche perché non è ciò che vuole. Per lui l’importante è la conquista, e non può legarsi sentimentalmente a nessuna se vuole continuare a vivere l’emozione della seduzione.
Cal, invece, è incapace, poiché da anni è abituato alla vita coniugale, ed è rimasto fedele alla moglie e al loro vincolo matrimoniale, senza la necessità di fare nuove conquiste.
I due protagonisti sono dunque perfettamente ascrivibili ai due modelli esistenziali delineati dal filosofo danese Kierkegaard: la vita estetica e la vita etica.
Al centro della sua filosofia si trova l’esistenza umana, in quanto unica e irripetibile. Ciò che determina questa unicità sono le scelte che facciamo, che spesso sono talmente vincolanti da determinare l’andamento della nostra intera esistenza.
Se scelgo di essere un donnaiolo, di certo non posso essere un marito fedele. È un aut-aut, o questo o quello; le due cose non possono convivere.
Per questo un elemento fondamentale per Kierkegaard è l’angoscia, ovvero il sentimento del possibile, quello che ci assale prima della scelta definitiva, quando tutte le strade sono aperte, le possibilità sono infinite, e solo nel momento in cui facciamo la nostra scelta, quell’infinito si riduce a uno.
Siamo pronti per sostenere il peso di un’unica scelta?
Cal aveva scelto di essere un marito fedele, ma ora che la sua unica certezza, ovvero il matrimonio, non esiste più, che fare con la sua vita? Decide di scivolare dalla vita etica a quella estetica, prendendo lezioni da Jacob, che gli insegna come essere un seduttore.
Naturalmente il film è pieno di gags e di numerosissime incomprensioni che sono ciò che tendenzialmente manda avanti le commedie. Non vi svelo tutti i numerosi intrecci, rimango concentrato sull’analisi dei personaggi. In particolare, ci sarà una ragazza sulla quale Jacob non riuscirà a fare colpo, andando anch’egli incontro ad un cambiamento, così come Cal ha dovuto affrontare il suo.
C’è poi un terzo personaggio, un po’ più marginale, ma che ci aiuta a completare l’analisi in chiave kierkegaardiana di questo film: Robbie, il figlio di Cal.
Robbie ha un’ossessione: è innamorato della sua babysitter Jessica.
Essendo un ragazzino, il suo è un sentimento idealizzato, così come lo è la figura di Jessica, che appare per lui come l’unico amore concepibile.
In un certo senso, si può dire che Robbie ha fatto il salto della fede.
Il terzo stile di vita descritto da Kierkegaard è infatti quello religioso. In questo stadio vige un asservimento totale alla legge divina (nel caso del nostro Robbie, è un asservimento emotivo a Jessica), e si ha la possibilità di compiere azioni che vanno al di là della legge divina stessa. Così come Abramo avrebbe ucciso il figlio Isacco per dimostrare la propria fede a Dio, diventando un eroe religioso. È qualcosa di così forte da poter superare l’etica. In fondo la fede non è altro che amore incondizionato verso Dio, che è egli stesso amore incondizionato.
Il paragone risulta un po’ forzato, ma Robbie non si ferma di fronte a nulla, cancella ogni etica, pur di dimostrare il proprio amore per Jessica.
Nonostante le ricadute drammatiche di questo comportamento, per Kierkegaard è quest’ultimo lo stadio migliore tra cui scegliere per condurre al meglio la propria vita.
Se si vive nello stadio estetico, come Jacob, si viene ben presto colti dalla noia e dall’indifferenza verso tutto ciò che ci circonda, condizione che porta infine alla disperazione. Questa disperazione assale nel momento in cui ci si rende conto che non si è mai scelto nulla, tentando di rimanere sempre al di qua della scelta, senza buttarsi oltre il bivio.
Seppur scegliere di scegliere, ovvero intraprendendo una vita etica accanto ad una sola persona, sia nettamente meglio che abbandonarsi alla disperazione, anche lo stadio etico ha i suoi problemi. Kierkegaard, infatti, sostiene che chi conduce questo tipo di vita si abbandona ben presto al conformismo e alla banalità. Questo abbandonarsi ai formalismi logora nel tempo, e potrebbe far ricadere nuovamente nella vita estetica, che è ciò che accade a Cal. L’unico modo per evitarlo è tramite un continuo perfezionamento interiore, che si concretizza nell’azione del pentimento.
Questa è la strada da seguire per giungere alla vita religiosa.
Questo film, però, non è di certo un saggio sull’esistenzialismo, e anche se ho voluto inserirci a forza il salto della fede e la vita religiosa, quella esemplificata dal giovane Robbie non è di certo l’esistenza migliore a cui si possa ambire.
Ciò che è importante, però, è la scelta. È su questa che Kierkegaard pone maggiormente la sua e la nostra attenzione.
I tre modelli di vita, volutamente molto distanti tra loro, sia nella versione filosofica, che in questa rappresentazione cinematografica, servono per farci meglio comprendere l’inconciliabilità di stili di vita completamente diversi.
Nel momento in cui ci si trova davanti ad un bivio esistenziale di questa portata, è fondamentale saper trarre un valore positivo dall’angoscia che inevitabilmente ci assale. È necessario per rendersi conto se si è pronti ad affrontare la vita che ci viene proposta, se questo stile di vita è in linea con ciò che si è.
Questo tipo di scelte ha il suo peso esistenziale anche a causa dell’irreversibilità. E nonostante spesso sia possibile, in seguito, cambiare strada, in ogni caso non si può tornare indietro. Ogni scelta presa è presa per sempre.
Per aiutarvi a superare una di queste scelte, ho un consiglio per voi: la prossima volta che sarete lì, in quel momento cruciale della vita, in cui si deve scegliere che film vedere, perché se è brutto puoi cambiarlo, ma hai comunque perso tempo; per non sbagliare io vi consiglio Crazy, Stupid, Love.
Almeno, per una volta, potrete sentirvi sollevati da un peso esistenziale.
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