Un uomo da marciapiede – I Sogni non muoiono mai

DI ALBERTO GROMETTO

Avete presente il “Sogno Americano”, no? 

Tutti conoscono questo Sogno Americano, si sente parlare in continuazione del Sogno Americano, è quasi un’ossessione questo Sogno Americano! Ossessione… parola su cui torneremo. 

Ecco, ma alla fine… che cos’è esattamente questo “American Dream”? 

Sono in pochi a saperlo, in realtà. Beh, il Sogno Americano fondamentalmente sarebbe il Sogno di Tutti. Significa credere davvero che la voglia di fare, il volersi mettere in gioco e il mettere a frutto il talento che il Destino ti ha dato in sorte sono tutto quello che ti serve per realizzarti nella vita e ottenere quella famosa Felicità a cui tutti anelano. Che chiunque di Noi, nel Bene e nel Male, cerca. La desideriamo tutti, sia i più romantici sia i meno romantici, ammettiamolo senza prenderci in giro. 

A volte sembra che siano stati gli Americani a scoprire o a inventarsi da capo la Felicità. Però, da un certo punto di vista, è quasi così. Nel più importante documento della storia statunitense, e forse di tutta la Storia Umana, la celeberrima DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA scritta dal geniale THOMAS JEFFERSON, vengono utilizzate le seguenti parole

«Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per sé stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità […]».

Oltre a decretare che tredici colonie inglesi, per il solo fatto di volerlo, potevano smettere di essere inglesi, queste parole significano qualcosa di molto più grande e importante e rivoluzionario: per la prima volta da quando il Mondo esiste, viene scritta nera su bianco la più importante delle Verità. E cioè che:

Gli Esseri Umani sono tutti uguali tra loro e tutti cercano la stessa cosa. E quella cosa è la Felicità. E il cercarla forse non te la farà trovare. Ma devi provarci, anche se la Vita è dura, anche se ti butterà a terra, anche se ti farà sanguinare. Perché non si può fare altrimenti. Ed è per questo che esistono i Sogni. Non è detto che s’avverino. Non è detto che siano reali, o anche solo lontanamente probabili. Eppure, anche se “non è detto”, i Sogni dicono tutto. Anche se non sono veri, restano comunque il motivo per cui ci svegliamo, per cui lottiamo, per cui viviamo. Per cui continuiamo il nostro continuare. Ed è per questo motivo, credo, che dovremmo guardare agli altri con compassione. Perché sono proprio come Noi. Poveri, stolti, maledetti e stupidi mortali che ancora ci credono, a dispetto di tutto, financo di quello che dicono. Che ancora hanno un Sogno. Proprio come Noi.

Il Sogno da cui parte e intorno al quale ruota una delle più esaltanti e al tempo stesso sconcertanti perle cinematografiche mai realizzate, lo scandaloso e annichilente eppure anche dolce e tenero «UN UOMO DA MARCIAPIEDE», è proprio un American Dream. Un Sogno Americano in piena regola? Non proprio: in realtà si tratta del totale e completo ribaltamento distorto e rovesciato del Sogno Americano!

Sì, perché il giovane texano JOE BUCK, impersonato da un maestoso JON VOIGHT che sfiora il sublime, è un modesto lavapiatti che ha un talento e che è realmente convinto di poterlo mettere a frutto per potersi realizzare. E qual è questo dono? Scopare. È il suo talento più grande, gli riesce davvero bene, è anzi la sola ed unica cosa che sa fare. E quindi? E quindi, come ogni buon sognatore americano che si rispetti, basta dimostrare un po’ di sana intraprendenza, determinazione e coraggio… e tutto diventa possibile. Il campagnolo lascia dunque la sua terra alla volta della città metropolitana statunitense per eccellenza, la Grande Mela: New York City!!!

Innegabile che questo capolavoro, la cui regia è a firma di JOHN SCHLESINGER, rappresenti la Decostruzione, la Distruzione, la Fine, la Dipartita e la Morte del Sogno Americano: basti pensare che il giovane Joe per tutto il tempo è vestito come un cowboy, l’AMERICAN SYMBOL NUMBER ONE, convinto che questo tipo di figura faccia ancora presa sull’immaginario femminile e possa davvero procurargli successo. «Funziona solo con le checche» gli vien gridato ad un certo punto. E lui, orripilato: «John Wayne vorresti dirmi che è un finocchio?». Ma John Wayne non c’è più.

Le cose vanno come previsto per Joe? Diventerà un gigolò ricco e straricco? Ovvio che no! Lo abbiamo detto: la Morte del Sogno Americano. Intraprendenza e talento non sono sufficienti per poter riuscire. Niente successo per il ridicolo cowboy, ma un fallimento dietro l’altro che non lo porta da nessuna parte. La volta che ci è andato più vicino… pensate!… ha dovuto pagare lui! Le cose si mettono davvero male per Joe, che scende in basso, sempre più giù. Ma non ci ritorna alla vita di prima, questo no! Possibile che davvero non trovi nulla di buono lungo il suo cammino?

Quel che peggio è che si imbatte persino in un piccolo truffatore da strapazzo che tenta di raggirarlo, tale ENRICO SALVATORE RIZZO, soprannominato “RICO” ma chiamato però da tutti quanti “SOZZO” (cosa che lui odia), portato in vita da un gigantesco e monumentale DUSTIN HOFFMAN in stato di grazia divina. Italoamericano zoppo, malaticcio e pure scontroso. Talmente tanto da risultare simpaticissimo, a dire la verità! Un personaggio assurdo come pochi! Il peggio che poteva capitare allo sventurato Joe! 

Dopo il tentativo di raggiro, inizialmente riuscito ma poi andato male (come ogni cosa nella vita di Rizzo), questi offre a Joe ridotto ad essere un homeless un tetto sopra la testa, tetto alquanto fetido e malconcio comunque (come ogni cosa nella vita di Rizzo). Anche lui ha un sogno, sapete? Proprio come Joe. Quello di andarsene a vivere nell’assolata Miami, in Florida, dove fa caldo e non patirà più il freddo. E dove ci stanno tante femmine! Come ci riuscirà? Incontrare il cowboy accende nello storpio una speranza: ebbene sì, si offre di fargli da manager. L’idea è che, insieme, faranno successo e trionferanno. Insieme vinceranno. Insieme avranno la meglio. E, sempre insieme, realizzeranno i loro sogni.

Le cose vanno come sperato per Joe e Rizzo? Ma neanche per idea! Ancora fallimenti, una sconfitta dopo l’altra. Ovunque vadano, sono trattati come rifiuti, perdenti, sfigati. Sono scarti della società, stanno ai margini, tenuti lontani da chiunque. Non contano niente per nessuno tranne… tranne che l’uno per l’altro.

Che cosa? 

Sì, è così. Nelle loro polemiche litigate comicissime, nelle loro discussioni continue in cui parlano di tutto, da piccole questioni come quanto faccia schifo la cucina di Rizzo fino ad arrivare a temi di natura esistenziale quali la reincarnazione, loro trovano qualcuno, come mai prima d’ora. Quel prestante e possente cowboy molto ingenuo e quel furbacchione farabutto di un italoamericano che si trascina tossendo e inciampando, andando insieme per le strade di New York, forse non arriveranno mai a far successo e a trionfare, insieme. Forse non arriveranno mai a vincere, insieme. Forse non avranno mai la meglio, insieme. E forse… forse non realizzeranno mai i loro sogni, insieme. Ma sapete che c’è? C’è che saranno insieme.

Questo film del 1969, il cui titolo originale è «MIDNIGHT COWBOY», vincitore ai Premi Oscar del ’70 come Miglior Film e Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Non Originale, unica opera cinematografica vietata ai minori ad aver vinto la celebre statuetta come Miglior Pellicola, manifesto di un nuovo tipo di cinema ribelle e completamente diverso da qualsiasi cosa venuta prima, capace di raccontare temi che era impensabile raccontare all’epoca e che ancora oggi rimangono fortissimi e strazianti, segnò l’ascesa e la consacrazione della leggendaria e rivoluzionaria NEW HOLLYWOOD che, tra le altre cose, portò da una parte al tramonto di scintillanti film tutti rose e fiori in cui i sogni dorati s’avverano e dall’altra all’arrivo di crude e dolorosissime rappresentazioni in cui da un lato non vi sono più tabù su cosa raccontare e dall’altro la realtà ci viene vomitata addosso. 

È una storia veramente struggente e sofferta che lascia senza fiato e che ti fa capire che non importa quanto ti sforzi di guardare avanti, quello che è stato non ti lascerà mai veramente in pace. E soprattutto le ombre fetide e luride nelle quali vivi adesso e che ti tengono ancorato ad un oggi triste e fallimentare non ti permetteranno mai di andare avanti. E sperare in qualcosa di meglio non ti darà altro che dolore. Sapete chi andrà avanti? Gli altri andranno avanti, il mondo andrà avanti infischiandosene dei più piccoli, dei più deboli, di chi non conta niente. Questo il finale lo dice molto chiaramente. La società se ne frega dei tuoi problemi. E ovunque ti giri non c’è più speranza. Né nella piccola e obbrobriosa provincia americana da cui viene Joe, né nella Grande Città che corre e corre e se ne sbatte di te. Tutti tirano avanti, e se ne fregano.

Ma dunque possono veramente essere amici questi due uomini così diversi tra loro che sono però così simili? Entrambi perseguitati da un orribile passato e da quello che è stato, entrambi ossessionati dal futuro e da quello che potrebbe essere. E così, tra un fallimento e l’altro, loro rimangono insieme e si parlano come non parlano con nessun altro. Magistrali e indelebili le sequenze in cui vien rievocato il passato di Joe attraverso fulminei e aspri flashback istantanei e pure quella nella quale Rizzo fantastica sul suo sogno e si immagina su una spiaggia in Florida mentre l’amico lo raggiunge correndo e lui stesso si alza e corre, cosa che però non potrebbe mai fare in quanto zoppo. Un controsenso amarissimo che ci fa capire che i ricordi ci tormentano, ma che pure i sogni impossibili ci ossessionano. Perché essere ossessionati da qualcosa che non potrà mai capitare, neanche nella migliore delle ipotesi? 

«Dipende tutto da quello in cui un uomo crede» dice ad un certo punto del film Rizzo. Ma in cosa credere? Nell’American Dream? Davvero? La verità che devi accettare è che il Sogno Americano è tracollato e decaduto, e non esiste più. O forse non è mai davvero esistito. Chi può dirlo? E allora cosa rimane? 

Rimane la persona che ti è accanto, ecco cosa rimane. 

Forse, dopotutto, Rizzo non era il peggio che poteva capitare a Joe Buck. Forse era il meglio. Forse rimarrà per sempre il meglio che gli potesse mai capitare nella vita e a questo mondo. Forse non conta tanto andare in Florida. Forse quello che conta davvero per ognuno dei due amici è l’amico. Forse in Florida c’erano già, senza bisogno di andarci. Forse.

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