DI ALBERTO GROMETTO
Tutti quanti soffrono. Alzi la mano chi non ha mai sofferto! Se qualcuno in questo momento ha davvero la mano su, buon per lui: ha una fortuna veramente sfacciata, perché “non-soffrire” è la cosa più straordinaria di tutte, quanto di più bello possa capitarti! Ma per tutti gli altri, esiste tanta sofferenza. Una sofferenza infinita. Oceanica.
Perché il vero dolore non è, come si può pensare, qualcosa che ti capita solo nel momento in cui ti capita il Male. No. Quando un autentico dolore ti succede, quello non la smette più di accompagnarti. Perché non solo tutti soffrono. Ma lo fanno in continuazione. Si soffre costantemente, a questo Mondo. La Vita è sofferenza, dicono. Ma allora perché viverla? Non è forse meglio rinunciarci e smettere così di soffrire? È quasi grottesco vivere, ancor più insensate quindi quelle frasi che dicono: Abbraccia il tuo dolore, accogli la sofferenza in Te… e stronzate simili! Perché mai dovrebbe esserci davvero qualcuno che desidera di patire il Male? Il Male ti fa star male, no? Perché dovremmo mai davvero voler stare male? Nessuno lo vuole! Eppure, alla fine, tutti viviamo, tutti soffriamo e la vera verità è che spesso dipende anche da Noi, Noi che il Male ce lo facciamo per davvero.
L’Essere Umano sembra proprio essere una macchina predisposta “a farsi del Male”. A sé stesso e a chi gli sta attorno. Guardiamo indietro al nostro Passato: ecco, prendete la Shoah, ad esempio! La persecuzione, il sequestro, l’orrida tortura nefasta e l’assassinio di sei milioni di Ebrei ad opera dei Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Nell’immaginario storico-collettivo, la più alta e indelebile e incancellabile e fortissima e orrida rappresentazione del vero e autentico dolore che un Essere Umano può arrivare ad essere capace di infliggere ad un suo simile. Un suo simile che, proprio per via del dolore arrecatogli, smette di essere un essere umano. E per la stessa ragione, per quello stesso dolore arrecato, pure chi lo ha inflitto non è più umano.

Cosa che, se ci pensate un momento, è la più assurda del Mondo! Il dolore non è quello che ci rende Umani? Soffrire non ci fa sentire di esistere? Non avevamo detto che la Vita è sofferenza, che dobbiamo abbracciare il nostro dolore e via dicendo? Ma ora stiamo affermando che il dolore può anche far smettere di essere esseri umani. Sia quello inflitto, sia quello arrecato. Che cosa? Non ci sto capendo più nulla! Ma forse, forse alla fin fine non c’è davvero nulla da capire.
Nella storia di due uomini in un viaggio “on the road” piuttosto difficoltoso e travagliato per via delle loro differenze caratteriali e continui scontri/bisticci vari, si parla di tutto questo… senza arrivare davvero da nessuna parte. Mentre loro da qualche parte ci sono arrivati, eccome: nella Polonia dei giorni nostri, alla ricerca di tracce di quella stessa Shoah di cui sopra.
I due sono cugini, sono americani newyorchesi e sono ebrei. E hanno perso da poco la nonna. Il protagonista David serioso, con la testa sulle spalle, introverso e chiuso ha un lavoro, una moglie e un figlio. L’altro… è tutto all’opposto: schizzato, impulsivo, umorale, divertente, vive nello scantinato della madre pippando erba tutto il giorno! Si chiama Benji. Apro una parentesi: Ecco!, in quanto autore di Storie, ho sempre trovato una terribile, tremenda difficoltà nell’assegnare i nomi ai miei personaggi… in questo caso è incredibile come invece suonino così bene, così perfetti, così aderenti: David il serio e Benji l’allegrone! Però il fatto è che… è che quello tra i due che soffre è Benji. Lui era tra i due quello più legato alla nonna. A detta sua, la nonna era la sola parente a cui fosse mai davvero importato qualcosa di lui. Ed è per il festaiolo, socievolissimo e caciarone Benji che sono in viaggio.
Certo, ora sorge una domanda spontanea: che senso ha portare una persona che sta soffrendo come un cane in un viaggio fino in Europa ripercorrendo i luoghi infausti che han fatto parte del drammatico passato della nonna venuta a mancare, motivo del suo dolore, solo con lo scopo di… di provare ancor più dolore? Ha senso? Dovrebbe farlo star meglio? Benji lo dice da subito che non è stata una sua idea. Non che comunque lui faccia tanto testo, cambia idea ogni cinque secondi e manco si ricorda da un giorno all’altro quello che dice e cosa vuole.
Fatto è che la nonna non c’è più. Lei era scampata agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, arrivando in America. E così i due cugini decidono di lasciare quella stessa terra dove la nonna era giunta scappando, con l’obiettivo di vedere il Paese in cui lei è nata e cresciuta e da cui è fuggita, di modo da onorarla in qualche modo. Esiste un tour di gruppo, con tanto di guida, che i due prenotano: un tour fatto apposta per Ebrei che vogliono conoscere il loro tragico passato storico visitando le città, i quartieri e ovviamente i campi di concentramento del secolo che fu.
A dire il vero però, in fin dei conti, quel viaggio, quel tour, quel pellegrinaggio non è fatto tanto per celebrare la nonna e superare quel lutto. Piccolo spoiler: i lutti non li superi mai veramente. Il pretesto sarà anche la nonna, ma quel viaggio David lo fa per Benji. Perché una volta quei due trascorrevano le notti fuori, insieme, tutta la notte. Ma lui è cresciuto, ha un lavoro, si è fatto una famiglia. L’altro no, Benji è rimasto a quel che era una volta. Il loro rapporto non c’è più. Non c’è più??? Se non ci fosse più, avrebbero affrontato davvero tutto quel viaggio all’insegna del dolore e della sofferenza solo per… per poter stare insieme?
Sapete, Benji non è il solo dei due che soffre. Anche David soffre, e orribilmente. E la ragione della sua sofferenza è Benji. Lo odia e lo ama in contemporanea. Perché rappresenta tutto quello che lui non è e vorrebbe essere: spontaneo, divertente, naturale, energico, vivace, spensierato! Eppure è anche una persona che soffre, che non riesce a combinare nulla e che prende tutto quel talento naturale che ha per essere come è… e lo getta via, così. Per citare le parole dello stesso David, Benji è quella classica persona che sa illuminare una stanza con la sua sola presenza. Semplicemente entrandoci. E poi… poi smerda in tutta la stanza.

Quello di Benji, per come è scritto e diretto e interpretato da un sorprendente e ineguagliabile KIERAN CULKIN in stato di grazia che si rivela essere una rivelazione, è un personaggio tanto più magnifico perché reale. Come il “REAL” del titolo. Una reale, autentica, vera… sofferenza! Sì, lui è talmente verosimigliante e talmente “ben realizzato” da essere più simile ad una persona realmente esistente che ad un personaggio di un film. Per via delle sue complessità caratteriali. Della sua profondità psicologica. Delle sue mille, variopinte e insieme ambigue e contrastanti e contraddittorie sfaccettature. Perché, si sa, l’Umano è contraddittorio. E Benji è quel tipo d’uomo che sembra un simpatico cretinetti coglioncello, che se ne va in giro in pantaloncini corti a sparare cavolate a destra e a manca, onesto nel suo essere però così trascinante, affascinante, ammaliante. Ha un ascendente fortissimo sulla gente, non c’è nulla da fare. E stringe amicizia come nessun altro, un campione di socialità! Eppure cambia da un momento all’altro per un nonnulla, senza ragione apparente, finendo per destabilizzare chiunque attorno a sé, risultando spesso spigoloso e pungente e tagliente e salace. Rarissime volte mi è capitato di imbattermi in un personaggio che sapeva essere così attraente e respingente al tempo stesso, proprio perché destabilizzato e destabilizzante, in grado di suscitarmi sentimenti contrapposti e contraddittori, come contraddittorio del resto è l’ambiguo Umano. Quella di Benji è un’aggressività passiva: quella che non è violenta e non noti nell’immediato, che viene espressa anche con una certa genuinità, ma che sa far molto male. Di sicuro fa molto male a David.
Ed è qui che veniamo alle mille e più domande che ci siamo posti lungo tutto l’articolo, il nostro personale “tragitto” all’insegna della più vera e autentica sofferenza: ha davvero senso partire per un viaggio alla scoperta delle proprie dolorose origini? È davvero possibile desiderare di soffrire? E ancora… come si può voler trascorrere il proprio tempo con una persona che non fa altro che causarti dolore? Eh eh, qui vi volevo! Quante volte persone che fanno parte della nostra Vita ci hanno fatto soffrire e patire i dolori dell’Inferno più atroce e Noi abbiamo comunque deciso di stare con loro?

David soffre a stare con Benji. Soffre come un cane. Soffre per tutto quello che abbiamo detto fino adesso. E un gruppo di persone che ha deciso di partecipare ad un vero e proprio “viaggio del dolore” potrà mai davvero risolvere le cose? No, io non credo. E infatti il loro rapporto non è cosa che si può risolvere. Eppure David quel viaggio lo fa, per Benji. E anche Benji, che cattivo non è e che il Male che fa lo fa senza rendersene davvero conto, alla fine dei conti quel viaggio lo fa solo per David. Per poter stare di nuovo insieme a lui, come era un tempo.
Quella del viaggio di due uomini molto diversi tra loro benché uniti da un profondo legame travagliato è una trama già vista, rivista, delle più classiche possibili (ad esempio a me ha ricordato un capolavoro straordinario del cinema nostrano, opera del Sommo Maestro italiano DINO RISI, e cioè «Il Sorpasso» del 1962, interpretato da due colossi quali il sublime JEAN-LOUIS TRINTIGNANT e il Monumentale VITTORIO GASSMAN, che racconta del viaggio “on the road” di due uomini profondamente diversi tra loro, il primo introverso e chiuso, l’altro chiassoso e allegro ma pure un gran casinista incallito!). Comunque sia, non importa che una storia sia classica: l’Essere Umano è classico! E non importa nemmeno che si sappia dove vada a parare. Quel che conta è il viaggio. E il viaggio che questa classica pellicola meravigliosa ti fa fare è un’esperienza preziosa, di quelle memorabili e indimenticabili di cui non ti scorderai mai. E il merito è soprattutto della Scrittura e della Regia che vi sono dietro, di colui che in primo luogo questo film lo ha concepito, scritto, diretto e pure prodotto e interpretato. La comunità cinefila mondiale già da tanti anni sapeva che JESSE EISENBERG era un attore fenomenale, e anche in questo caso nei panni del protagonista David lo è senza la benché minima ombra di dubbio! Con il sopracitato Culkin forma una coppia formidabile, sospesa a metà tra il malinconico dramma tragico e l’ilare giocosità della commedia. Ma ignoravamo che potesse essere un tale talento cinematografico nella realizzazione di un film in ogni sua parte!
Il viaggio che ci fa fare questo piccolo gioiellino di Narrativa e Cinema allo stesso tempo non riserva chissà quali sorprese. E del resto, tranne che per qualche intoppo lungo il percorso, pure il viaggio dei due cugini porta ad un nulla di fatto. Dovevano andare in Polonia a vedere quel che c’era da vedere, e alla fine lo vedranno. E le cose tra loro, che poi era il vero motivo del viaggio? Nessuna risoluzione in vista, spiacenti. E allora a che è servito tutto questo? Quantomeno a Noi. Beh, Noi nello spazio di soli novanta minuti ci siamo addentrati in autentico dolore assoluto di cui ci viene restituito un ritratto lucido e profondo che più vero e soprattutto più umano non si può!
Quali conclusioni possiamo trarre Noi da tutto questo?
Che la Vita è sofferenza, ma che comunque la si vive. E che allora tanto vale abbracciarlo il proprio dolore, anche se fa star male. Perché a volte quel dolore è lì, accanto a te, nella persona che hai visto tutta la vita, e che ti fa soffrire come un cane, ma senza la quale in fin dei conti non riusciresti più ad essere tu, senza la quale non vorresti né potresti mai stare. Anche se il Male è orribile, Male vero. Eppure tu con quella persona ci vuoi stare comunque, chissenfrega del dolore e della sofferenza. Chi non soffre non può capire e non capire fa schifo, non-soffrire fa schifo! Perché chi capisce, sa. Cosa sa? Sa che ci son persone che sono il tuo dolore. Quel dolore che quando non c’è, non vivi più. E che quando c’è invece, diventa il dolore più bello del Mondo e al quale non rinunceresti mai.

