DI GIOSUE’ TEDESCHI
D’un tratto avvertii con forza l’istinto di essere lasciato in santa pace.
Spero nessuno abbia bisogno di leggere questo libro, magari solo per togliersi uno sfizio, magari solo per grattare un prurito. Non è un libro inutile, per nulla; spero solo che nessuno ne abbia bisogno. Anche se so che non è così. So che non è così perché questo libro parla dei momenti di crisi che a tutti capita di attraversare. Della perdita di tutto ciò in cui si credeva. Di quello che capita quando ci si trova nudi di fronte a sé stessi – costretti a pensare alla montagna delle proprie mancanze.
F. S. Fitzgerald in queste poche pagine parla di un giovane ragazzo eccezionalmente ottimista e di come abbia subito un crollo di tutti i valori. Crollo che lui non avvertì se non a distanza di molto tempo. Racconta del periodo di desolazione che seguì – durante il quale nonostante tutto dovette continuare a muoversi. Era necessario che andasse avanti.
“Mi accorsi che da molto tempo non mi piacevano più le cose né le persone.” – Chi può dire di non essersi mai trovato in una situazione di questo genere? Tanti però non riescono a liberarsene. Parla di un’immobilità, uno stare fermo che è passività, come se ti avessero messo le ganasce alla vita. E ognuno reagisce in modo diverso, vediamo come ha reagito lui. Abbastanza bene se ci ha scritto un libro, no? Beh, no. Aveva solo necessità di muoversi.
Un’ampia prospettiva sulla vita è nemica della felicità, perché vedi tutti gli eventi in fila e nella quantità perdi il senso dei singoli. Della particolarità, nel mucchio delle esperienze si perde il sentimento di ciascuno, e rimane un vuoto, emerge una specie di nausea da accumulo. Come avere una collezione di 10’000 francobolli senza che a te interessino davvero i francobolli. Ci hai speso tanto e sai che è una bella collezione, ma non te li ricordi tutti, non ricordi perché l’hai iniziata o perché l’hai continuata con fare quasi morboso. Perché tanto a te, i francobolli, non interessano.
Fatto sta che una volta pervenuto a quel periodo di silenzio, dovetti far ricorso a provvedimenti che mai nessuno adotta di proposito. Fui indotto a pensare.
Nei momenti successivi al crollo, nervoso o emotivo che sia (o magari entrambi se sei davvero fortunato), torna utile avere un elenco, scritto o mentale, di cose che piacciono e cose che non piacciono. Tutti lo abbiamo – almeno mentale – e di solito cambia senza che ce ne accorgiamo. Nel caso di un crollo però siamo costretti non solo a rileggerlo, ma a revisionarlo. Se non sappiamo più dove ritrovarci, quando ci perdiamo e non sappiamo cosa ne sarà di noi, è istintivo andare a trovarci nelle cose che ci piacciono e in quelle che odiamo. Peccato che in quelle stesse, rischiamo il tutto per tutto. Perché rischiamo, nel caso di un crollo, di non identificarci più nemmeno in quelle. E allora sì che ci si sente davvero completamente e pienamente persi.
Questo bellissimo libricino è pieno di spunti, idee, frasi che vale la pena citare. Penso sia perché è piccolo. Nella botte piccola c’è il vino buono. Penso sia perché ha scritto un capitolo quando sentiva la necessità di farlo e non quando doveva farlo. Ed ecco perché il risultato è questa meraviglia. Questo concentrato di selezionati punti di vista sulla vita.
Sconfitto, dovrebbe adeguare il proprio stile alla sconfitta. Lui adegua la sconfitta al proprio stile, unica vittoria che gli sia concesso cogliere.
Qualcuno l’ha definito: Anatomia di una coscienza delirante, autopsia effettuata sulla propria pelle, sermone funebre, canto del cigno. Penso renda il senso. Questo libro rientra nel genere, e non sono il solo a pensarlo, della “resa dei conti con sé stessi”. Qualcuno non crede che questo genere esista, non io. Anche se ammetto sia difficile trovare una sezione di questo tipo nelle librerie.
Se vuoi leggere un film che parla di sconfitti, non potrai non voler leggere questo articolo qua!!!
Se ami cercare risposte nei libri, cerca una domanda in questo pezzo qua!!!