DI EDOARDO VALENTE
Tutti i sospettati sono colpevoli. Di cosa? Dell’assassinio. Quale? Quello sull’Orient Express.
E così, con una frase, se non hai mai letto uno dei romanzi più famosi di Agatha Christie, ho appena avuto l’occasione di spoilerarti il finale.
Ma prima che tu ti arrabbi, lasciami spiegare perché questa informazione è assolutamente irrilevante.
Come avrai capito, soprattutto se a causa di questo spoiler hai provato emozioni negative, negli ultimi anni viviamo in una perenne spoiler-fobia, che ovviamente, come ogni cosa in grado di influenzarci così tanto, noi stessi abbiamo contribuito a creare.
Per chi non lo sapesse, con l’uso colloquiale della parola spoiler si intende l’anticipazione di una parte della trama di un racconto, romanzo, film o simili, in particolare se data a qualcuno senza preoccuparsi di rovinargli la sorpresa.
Da qui, naturalmente, deriva la spoiler-fobia.
Ma perché abbiamo sviluppato una così grande paura degli spoiler?
Come indicato dalla definizione data qualche riga fa, lo spoiler concerne l’anticipazione della parte di una trama. Quindi è facile comprendere che l’oggetto in questione della nostra paura è proprio quel segreto celato nella trama.
A questo punto la domanda successiva che si si può porre è: perché siamo così legati al mistero della trama?
Se si parla di una qualsiasi narrazione, che vada appunto dalla letteratura, ai fumetti, alla cinematografia, la trama è quella che possiamo definire la struttura di base dell’intera narrazione. Se la immaginiamo come una casa, essa rappresenta sia le fondamenta, sia le pareti spoglie.
Teniamoci stretta questa metafora perché sarà fondamentale.
Il narratore diventa a questo punto un architetto, e più la casa è grande e ricca di piani e stanze, più la trama è complicata.
Se la trama si svolge verticalmente partendo dal piano terra e sale fino all’ultimo, il plot twist (la svolta di trama), ovvero ciò che può essere oggetto di spoiler, lo possiamo identificare come il penultimo piano, quello che precede la conclusione.
Se infatti noi leggiamo semplicemente la trama, dall’inizio alla fine, di una qualsiasi storia, possiamo vedere srotolato davanti ai nostri occhi l’intero progetto di costruzione della casa, con la precisa planimetria e con indicate tutte le stanze che, all’interno della trama, possono essere misteri da scoprire.
Il motivo per cui sapere già come si struttura la casa non dovrebbe essere un problema per noi si trova nella metafora stessa: vedere il progetto di una casa e viverci all’interno sono due cose ben distinte.
Ed è da qui che dobbiamo partire.
Il narratore, infatti, non è semplicemente l’architetto, ma è anche il designer di esterni e di interni, si occupa di curare ogni aspetto presente in ogni stanza di ogni piano, così che la salita verso la conclusione sia ricca di elementi da vivere uno per uno.
La casa, come la storia narrata, è un luogo da abitare. Non basta vederle per apprezzarle, ma è richiesta una permanenza maggiore.
Cosicché, il raggiungimento dell’ultimo piano non sia semplicemente il nostro unico obiettivo, anzi, quello che deve nascere in noi non è la fretta di arrivare in cima, ma il desiderio che quel percorso non finisca mai. E giunti alla conclusione, essa sì ci dona un senso di completezza, ma subito genera anche una mancanza, poiché la storia in cui abbiamo abitato in maniera così confortevole ora è finita.
E siamo costretti a uscire dalla casa accogliente.
In quest’ottica di architettura della narrazione, come avrai capito, lo spoiler è un problema secondario, poiché l’ipotetico mistero disvelato assume tutto il suo valore solamente se prima si sono vissute tutte le esperienze che il percorso ha previsto.
Se scrivo una storia solo per arrivare alla fine e su di essa costruisco l’intera struttura, è come salire le scale a chiocciola di una stretta torre. Non c’è spazio per starci in maniera confortevole, si è semplicemente mossi dalla voglia di arrivare in fretta alla fine, per poi lasciarci il tutto alle spalle.
Ma nel momento in cui sentiamo di voler ritornare da qualche parte, certamente andremo dalla storia che ci fa sentire a casa, mentre la stretta torre è abbandonata per sempre.
I generi letterari come quello che chiamiamo giallo, o i thriller, i crime, i mistery ecc., la maggior parte delle volte costruiscono la storia come una stretta torre. Lasciano che il lettore sia semplicemente mosso dalla curiosità, ma una volta arrivati alla fine, quando il mistero ormai è risolto, poco ci rimane della storia.
L’obiettivo principale è l’intrattenimento.
Se si porta all’estremo questo concetto si arriva a quello che è un prodotto dell’industria culturale del nostro tempo, ovvero le storie “usa e getta”.
Questo fa sì che vengano erette con facilità sempre più torri, che si consumano sempre più velocemente e che portano ad erigerne ancora, e così via.
Ma questo tipo di storie, che vengono consumate dal grande pubblico in maniera sempre più vorace, sono soggette a portare con loro elementi spoilerabili. Di conseguenza, quella per gli spoiler diventa una vera e propria paura.
“Assassinio sull’Orient Express” è stato scritto da Agatha Christie negli anni Trenta del Novecento. Questo non lo rende immune agli spoiler solo perché sono passati novant’anni, ma anche perché, a questa distanza temporale, viene ancora letto.
Questo dimostra che, nonostante sia principalmente basato sulla rivelazione dei colpevoli dell’omicidio, il modo in cui l’autrice ha “arredato” la sua storia la rende molto più di un corridoio spoglio.
Questo tipo di storie, quelle progettate in maniera eccellente come delle case ospitali, permettono di ritornarci volentieri, ed è per questo che le definisco storie a prova di eterno ritorno.
In estrema sintesi, l’eterno ritorno è una teoria presente nella filosofia di Friedrich Nietzsche. Egli crede che il tempo sia ciclico, e immagina che ogni cosa che è accaduta una volta dovrà accadere altre infinite volte. Tutto ciò che viviamo nella nostra vita ci ricapiterà ancora e ancora, per sempre.
Instillando questo timore, esortava a vivere una vita in cui nessun secondo viene sprecato, poiché ogni elemento negativo ci cadrà nuovamente addosso, in eterno.
Le storie a prova di eterno ritorno sono quelle a cui si è felici di ritornare più e più volte, poiché non si esauriscono nello svolgimento della trama, ma generano in chi vi entra a contatto un insieme di sentimenti che si possono vivere solo con l’esperienza diretta. Non è qualcosa che si può raccontare, come il finale di un libro o un film.
E, naturalmente, queste sono storie a prova di spoiler.
La mia esortazione è dunque quella di cercare e trovare, in questo proliferare di torri inospitali e spoglie, la casa ricca e accogliente a cui saper fare ritorno.
In fin dei conti, sono queste le storie che più possono lasciare un segno in noi, abitandoci come noi le abitiamo.
Al di là del bene e del male. (E degli spoiler).
Se ti interessa Agatha Christie, questo pezzo lo devi assolutamente leggere!!!