"FRANKENWEENIE" (L-R) VICTOR and SPARKY. "Frankenweenie" is a new stop-motion, animated comedy from the creative genius of director Tim Burton. Presented by Walt Disney Pictures, "Frankenweenie" opens in theaters on October 5, 2012. ©2012 Disney Enterprises. All Rights Reserved.

Frankenweenie: L’Amore rende immortali a suon di BAU

DI ALBERTO GROMETTO

Non so se avete presente quella leggendaria frase epica, oramai diventata meme, parodiata in mille e più salse, che inizia dicendo “Il mondo si divide in due categorie…” e dopodiché puoi dire qualsiasi cosa, tanto è una frase che s’adatta a tutto. La sua adattabilità è nei fatti il suo punto di forza.

Il mondo si divide in due categorie. 

I vincenti e i perdenti? I belli e i brutti? I ricchi e i poveri?

Tra chi divide il mondo in due categorie e chi non lo fa?

Puoi dire davvero qualsiasi cosa! E io stesso ad esempio inizierò questo articolo dicendo: Il mondo si divide in due categorie… chi sa cosa voglia dire avere un simpatico e adorabile amico peloso a quattro zampe e chi no. 

Perché solo chi ha o ha avuto un animale domestico può sapere quanto segue: 

Che i nostri pelosini vivono per Noi, ci amano incondizionatamente e senza riserve, che la cosa che desiderano di più e stare insieme a Noi. E che per quanto possiamo contarcela, quello che più importa a questo mondo è proprio lo stare insieme.

Io non so se il regista e cineasta TIM BURTON abbia mai avuto un cane o un gatto o comunque un animaletto. Potrei provare ad andare a cercarlo su Internet. Ma non ho bisogno di andare a fare alcuna ricerca per dirvi quanto sto per dirvi. E cioè che il Maestro più dark che ci sia ha saputo ritrarre con umanità e calore il rapporto tra un ragazzino strambo un po’ freak (che sono i personaggi di cui ci narra sempre il californiano) e quell’essere che lo amerà e lo adorerà in eterno, per quanto bizzarro o stravagante possa lui risultare: il suo cagnolino Sparky.

Il giovanissimo Tim, oramai è storia risaputa, in gioventù si ritrovò a lavorare nella famiglia felice della Disney & Co. È proprio questo il fatto: quella famiglia era felice, troppo felice, dannatamente felice… felice come il Genio Burton non lo era mai stato durante l’infanzia, come in effetti nessuno dei suoi personaggi o delle sue storie lo era. Benché egli racconti favole e fiabe, le racconta “a modo suo”: le sue storie sono cupe, gotiche, anche malinconiche… e non importa che il finale sia lieto, le caratteristiche e le peculiarità che hanno reso l’espressione burtoniana un’espressione costituiscono una chiara e decisa alternativa allo stile disneyano. 

Ed è proprio questa la ragione per la quale il cineasta venne licenziato non appena terminò quello che fu uno dei suoi primi corti. Era il 1984 e quel lavoro si chiamava «Frankenweenie». La grande e potente casa di produzione, benché avesse concesso la possibilità al nostro di girare questa sua opera di cui aveva ideato il soggetto, decise di censurarlo ai minori di quattordici anni. Una storia ritenuta troppo macabra, un cortometraggio girato in Bianco e Nero senza gli sfavillanti e sgargianti colori disneyani, e soprattutto peculiarità in antitesi con quelle che erano sempre state le caratteristiche proprie di Topolino & Amici. Risultato? A Tim venne dato il benservito, accusato di aver sprecato le risorse dello studio.

(Immagine tratta dal cortometraggio originale in live action del 1984)

Ma di cosa parlava questo corto così discusso? Sostanzialmente la storia è quella di Frankenstein: proprio lui!, lo scienziato folle ma geniale che decise di restituire alla vita un cadavere, nato dalla penna della scrittrice Mary Shelley, che con quell’opera ha fatto la Storia della Letteratura segnandola per sempre. Ma in questo caso lo scienziato folle è il ragazzino un po’ freak di cui parlavamo prima. E il mostro di Frankenstein è… è il suo cagnolino. Il racconto, come spesso accade nei film di Burton, parte dalla fine: la fine della vita di Sparky, deceduto a seguito di un incidente. E nel momento in cui muore, è come se il ragazzino stesso morisse. E non esiste rimedio alla Morte. O forse… forse sì, dopotutto? 

Quel ragazzino si chiama Victor, non a caso come lo scienziato Frankenstein, Victor Frankenstein. E sì, lui riporterà in vita il suo cagnolino Sparky. Impossibile, dite voi? 

Vivere la Vita significa accettare qualcosa che non può che essere accettato, perché non può essere battuto: il Dolore, la Sofferenza e anche la Morte. La Vita è fatta di questo, e non può essere sconfitta. Ma fosse così, non ci scorderemmo di chi abbiamo amato? Stessero davvero in questo modo le cose, allora non dovremmo dimenticare chi ci lascia? Ma questo non avviene. E questo perché la Morte non è la Fine. Se c’è l’Amore, una fine non esiste. Perché sì, sarà banale o scontato ma se c’è una forza che può battere la Vita e la Morte, quella è proprio l’Amore.

Un amore fatto di bau e scodinzolii quello di cui ci narra Tim in questo suo corto targato ’84. Dopo quasi trent’anni, il Maestro Burton è diventato il Maestro Burton, ha realizzato successi epocali e ha realizzato alcune delle opere più di successo e più memorabili mai fatte. E alla fine sì, la Disney lo ha rivoluto. Rivoluto disperatamente. E non solo, ma nel 2012 è proprio con la Disney e per la Disney che Burton fa di nuovo… incredibile, ma vero… il film per il quale venne cacciato.

La storia è nei fatti sostanzialmente la stessa, pure il titolo è lo stesso: Frankenweenie (da “Franken” che deriva da “Frankenstein” e “weenie” che significa “sfigato”). Trattasi dell’adattamento animato in stop motion del corto realizzato 28 anni prima. Naturalmente, diventando un film, la trama viene arricchita di fatti salienti, eventi di maggior spessore e personaggi caratterizzati da una profondità più minuziosa. E se per molti remake tutto questo sarebbe risultato un mero “allungare il brodo”, in questo caso invece tutta la serie di modifiche e cambiamenti giova incredibilmente alla pellicola! 

Nell’84 Tim era ancora giovane e il corto, per quanto geniale, è ancora un prodotto giovanile, non esente da qualche imperfezione, difetto e problematica. Nel 2012, oramai navigato e celebrato e idolatrato, Burton riesce a confezionare un prodotto completo e raffinato che ci conquista, ci diverte e ci commuove profondamente. L’animazione è a dir poco sublime, la cifra stilistica burtoniana si sente tutta e la pellicola si porta pure a casa una nomination al Premio Oscar come Miglior Film D’Animazione 2013. 

Il Bianco e Nero, la regia e il soggetto a cura di Tim, l’omaggio tanto a Mary Shelley quanto ai classiconi dell’horror degli anni ’50, le Leggi della Vita e della Morte che vengono sovvertite… e poi un’intera galleria di personaggi uno più strano, inquietante, freak, bizzarro, stralunato ed eccentrico dell’altro! Esatto, Burton coglie l’occasione per comporre un ritratto di una cittadina che sembra la tipica “cittadina americana da horror” con dentro una sfilza di personaggi che sono stereotipi viventi, ma talmente esagerati da risultare meravigliosi! 

Abbiamo il ragazzino gobbo e infido, la bimbetta con le treccine inquietantissima che non sbatte mai le palpebre, il tipo sinistro con un viso che ricalca volutamente quello di Dracula… insomma, uno spasso continuo! E del resto il nostro ha chiamato a raccolta tutta una serie di suoi collaboratori storici e amati interpreti per comporre il cast originale vocale: Winona Ryder, Catherine O’Hara, Martin Short e naturalmente l’immancabile ed immortale Martin Landau

Ed è a quest’ultimo che spetta l’onore e l’onere di impersonare uno tra i migliori personaggi del film: il Sig. Rzykruski, professore di scienze con un accento da Europa orientale e che sembra proprio essere nell’aspetto e nei modi il più classico degli uomini di scienza folli e visionari, ma che invece è un grandissimo insegnante e mentore per il ragazzino protagonista. E che lascia a Victor e a noi una lezione di vita: la Scienza non è né buona né cattiva, ma può essere usata in entrambi i modi.

(Il mitico Sig. Rzykruski)

Sapete quale è la vera differenza tra Victor, lo scienziato di cui parla Mary Shelley, e Victor, il ragazzino stramboide di cui ci racconta Tim? Uno voleva riportare in vita i defunti, rianimare cadaveri, sconfiggere la Morte. L’altro invece voleva solo riavere indietro il suo cagnolino. È questa, spiega anche il Sig. Rzykruski, la vera discriminante tra un esperimento fallito e un successo scientifico, anche se magari si è seguita in entrambi i casi la stessa identica procedura: l’importanza che ha per te quello che stai facendo. Sì, ancora una volta: l’Amore. La Scienza non è solo una questione di testa, prosegue lo stralunato quanto meraviglioso professore, ma anche di cuore. 

Dedico questo articolo ai miei due cagnolini: Hughie e Stella

Il primo è un maschio di basset hound grande e cicciosetto che ama mangiare come un maialino da latte, anche se questo significa prendere d’assalto a tradimento le buste della spesa.

La seconda è una femmina di chihuahua con uno stomachino delicato che ne combina di tutti i colori, compreso divorare carne umana e rubare rotoli di carta igienica se le gira.

Il primo ci ha salutati quasi quindici anni fa, la seconda ha fatto la sua apparizione qui su questa Terra una decina di mesi or sono.

Ovunque io vada, entrambi sono con me e lo saranno in eterno. È la Forza dell’Amore, quella che batte la Vita e la Morte, e che costituisce la chiave della vera, unica, possibile immortalità.

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