Yannick: La Verità Della Finzione

DI ALBERTO GROMETTO

Siamo a Teatro

Degli attori sul palco stanno recitando, come in ogni teatro degno di questo nome. Va in scena una commedia. Nulla di troppo originale, va bene. Però gli interpreti non sono affatto male, e tutto sommato fa ridere. Ovviamente: de gustibus non disputandum est, come avrebbero detto gli antichi romani. 

I gusti son gusti. Un giovanotto tra il pubblico, infatti, si alza e interrompe la rappresentazione per esprimere una lamentela. Cortese? Dipende dai punti di vista. Qualcuno direbbe che non è affatto educato aver interrotto in malo modo uno spettacolo teatrale che, okay, d’accordo, forse non sarà stato il massimo, ma comunque era il risultato degli sforzi di qualcuno. D’altro canto questo buffo individuo non utilizza termini volgari o simili, nell’esprimere le sue lamentele.

Dice semplicemente che lui è venuto quella sera in teatro per poter star meglio. La vita, si sa, non è una roba facile. E lui, spiega, lavora come guardiano notturno praticamente tutti giorni. Non è un esperto di teatro, non è un posto che frequenta tanto, però il fatto è che quel particolare giorno se l’è preso di ferie apposta per essere lì. Gli ci sono voluti 45 minuti di treno per arrivare fin lì, più altri 15 di camminata a piedi fino al teatro. E per cosa? Solo per poter star meglio. E quello spettacolo, spiacente, non lo ha fatto per niente star meglio.

(Un plauso spetta al magnifico Raphaël Quenard, per la straordinaria performance che ci offre nei panni del protagonista Yannick)

Ne esce fuori una discussione abbastanza accesa con gli interpreti, in particolare col primo attore Paul Rivière col quale il buffo signore, che racconta di chiamarsi Yannick, litiga. Anche se non ti piace quello che stai vedendo non puoi permetterti di interrompere la rappresentazione, spiega Paul: Lo devi al resto del pubblico! E Yannick: È proprio per il resto del pubblico che vi ho interrotti tanto è scadente questo spettacolo. Interviene un altro membro del cast: È soggettivo. Rincara la dose Paul: Qui stiamo facendo Arte! Che cosa? Arte?, incalza Yannick. Ma io non sono venuto per l’Arte, sono venuto per stare meglio… e non mi state facendo star meglio

Che lo spettacolo non sia tutto questo granché lo si può forse dedurre dalla poca presenza del pubblico in sala: solo la metà dei posti o poco meno è occupata. Ma nessuno, a parte Yannick, ha avuto l’ardire di lamentarsi sul momento. A dire il vero, non era mai capitato a Paul e agli altri attori una situazione di questo tipo. Voglio parlare con il colpevole e cioè quello che ha scritto e diretto questa roba qua, dice Yannick. Ma lui… lui non è qui. Scandalo! Come non è qui

Vi saranno un sacco di repliche, spiegano i membri del cast a Yannick: lui non può assistere a tutte quante! Eh? Ma allora è come fosse uno chef che non si presenta a cucinare, controbatte Yannick. Paul sbotta: La tua metafora è assolutamente ridicola!

Comunque, per farla breve, Yannick viene… invitato… ad andarsene. Diciamo esortato. Diciamo pure che quasi viene mandato a fare in culo fuori da lì. E fondamentalmente il resto del pubblico è d’accordo con il cast. Yannick allora se ne va. Poi però ritorna poco dopo con una pistola in mano: Sapete che c’è? C’è che ora lo scrivo io uno spettacolo, qui, adesso, sul momento, stanotte. Uno spettacolo che farà stare meglio la gente. E poi voi me lo recitate!

Questa è la storia di una notte a Teatro in cui uno spettatore decise di dire “Basta!” e farsi da solo lo spettacolo. Anche se questo ha significato prendere una pistola e tenere in ostaggio con quella attori e pubblico. Yannick è un tipo strano, certo. Ma non è il solo strano. A dire il vero i più strani forse sono gli altri spettatori, che tutto sommato non urlano né gridano o strepitano quando quel folle estrae fuori l’arma. Sono quasi inerti, come fossero abituati a starsene incollati alle sedie e vedersi qualsiasi cosa capiti loro a tiro, siano esse immonde schifezze oppure lo spettacolo improvvisato di un folle armato di pistola. Yannick non è così, Yannick è quello spettatore che dalla sedia si alza e decide di farsi da solo qualcosa che andrebbe a vedere invece di accontentarsi di quello che gli viene propinato.

Ne esce fuori un film di una surreale originalità pazzesca, micidiale per come ti fa divertire ed emozionare e sorprendere e perfino commuovere nel giro di soli 67 minuti, un prodotto che coniuga Cinema e Teatro per raccontarti quale sia il senso del raccontare qualcosa, sia dal punto di vista di chi lo racconta sia da quello di chi sente il racconto. Applaudiamo dunque al Genio Assoluto di QUENTIN DUPIEUX, altrimenti detto MR. OIZO, che idea, scrive, dirige, monta, fotografa e realizza una meraviglia che si merita la definizione di “capolavoro”, e lo fa effettuando le riprese in soli 6 giorni!

(Quentin Dupieux, in arte Mr. Oizo, colui che ci ha regalato questa perla)

Gigi Proietti, uno dei nostri Idoli ed Eroi Mercuziani, diceva: 

«Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso.»

Il Teatro, il Cinema, le Storie che ci raccontiamo sono finzioni. Sogni. Cose che non esistono. Eppure ne parliamo in continuazione, non smettiamo mai di averci a che fare, vorremmo viverci dentro. Perché? Perché la Vita a volte sa essere così falsa, apparentemente priva di significato. Quando invece sei Tu a costruirti quella Vita-Non-Vita che sono le Storie, alle cose possiamo dare un senso. Far sì che significhino. E non importa se è stato tutto inventato, perché v’assicuro che dietro quella finzione c’è più verità che nella Verità.

Il fatto è che non era solo Yannick a pensare che quello spettacolo fosse uno schifo. In realtà in quel teatro, quella sera, non c’era una sola persona che non la pensasse come Yannick. Attori compresi. Un mucchio di persone, quasi come assuefatte alla Vita, inscenavano la stessa roba trita e ritrita di sempre: chi da un palco recitando, chi dalle poltrone osservando, tutti quanti dimentichi di star buttando via il tempo in qualcosa che doveva avere un senso, come uno spettacolo teatrale, e che invece non lo aveva, come nel caso della Vita vera. 

(Colossale è stato pure l’interprete Pio Marmaï che, nei panni dell’attore teatrale Paul Rivière, sa stupire come pochi)

Yannick sarà (o sembrerà?) grezzo, sempliciotto, ignorante, non molto intelligente, e parecchio irruento. Però ha ragione lui. Se vai a Teatro, ci vai perché devi uscire diverso da come sei entrato. E il solo essere diverso, il fatto che ci sia stato un cambiamento, ti fa sentir meglio. Ma se vedi una cosa che forse magari ti farà pure sorridere ma di cui ti dimenticherai nel giro di un nanosecondo, allora dobbiamo ringraziare che esista qualcuno tra noi, attori e spettatori, che si alzi in piedi e dica: No, non ci sto, ora faccio io!

Se vuoi leggere di un articolo che ti racconta di come Sogno e Verità, Realtà e Irreale, si confondano, leggi di questo spettacolo teatrale!!!

Se desideri la stessa cosa della frase sopra, ma raccontata in un film, allora non potrai non voler leggere questo pezzo!!!

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