Chissà se il lettore ritroverà ancora Stan Lawson, magari risorto sotto altre forme, chissà come cambieranno gli equilibri ora che i superstiti saranno davvero contati e aumenteranno le competizioni e le gelosie. Chissà quanto danno potrà fare scherzare con lo shortcut e modificare i parametri di protocollo per il suo attraversamento. Le ricerche in campo scientifico e le proiezioni future che ho immaginato delle tecnologie in campo militare, energetico, elettronico, cibernetico e sanitario hanno avuto un importante ruolo nella stesura, e mi hanno permesso di approfondire spigolature del sapere che mi hanno aiutato ad avere un miglior quadro d’insieme degli argomenti.
Ultimo approdo mi ha soprattutto permesso di viaggiare dentro di me, e di affidare a ogni personaggio un aspetto della mia esistenza che avevo bisogno di approfondire.
(Ultimo approdo, Claudio Secci, prefazione)
Devo dire che avevo dei dubbi prima di iniziare questo romanzo: essendo esso parte di una dilogia, sarebbe stato assurdo leggerlo senza prima conoscere la storia del libro precedente, Il supervisore dei suicidi. O almeno così pensavo. In realtà Ultimo approdo si può tranquillamente leggere senza passare per il suo prequel. Tanto ci pensa il primo capitolo di questa storia a farci sapere cosa è accaduto ne Il supervisore dei suicidi, tramite l’espediente narrativo della registrazione vocale, uno dei più utilizzati (insieme alle pagine di diario) all’interno di una serie letteraria per fare un recap sintetico dei vecchi avvenimenti, utile per ricordare quanto è accaduto a chi si approccia ai libri successivi della suddetta serie. Lewis Harper ci parla della catastrofe nucleare che ha sconvolto la Terra, della conseguente fuga dell’umanità, della colonizzazione del nuovo pianeta KB 34, della lotta per la sopravvivenza e contro l’androide cognitivo Magnus0, della fuga dei pochi umani superstiti (tra cui lo stesso Lewis) a seguito dell’ultimo scontro con i replicanti del nemico e della decisione di tornare sulla Terra attraverso un wormhole.
(La Delos Digital, la casa editrice del romanzo)
Ma questa registrazione non è solamente uno stratagemma letterario, ha uno scopo ben più importante ai fini della storia: racchiude l’ultima speranza dell’umanità e incarna l’importanza della memoria, il vero tesoro della nostra specie.
È quando ci troviamo senza i ricordi del passato, senza la memoria dei nostri antenati, che è realmente finita per noi. Perché la forza di un popolo sta nella conoscenza ed è l’ignoranza nei confronti della storia a renderlo debole e senza un futuro.
Nel momento in cui registra le sue memorie, Lewis sta cedendo il suo futuro a chiunque gli potrà sopravvivere, in modo che egli possa fare tesoro della sua conoscenza e usarla a proprio vantaggio.
In realtà Lewis non muore durante l’attraversamento del wormhole come si immaginava (sorte che comunque toccherà ad altri dell’equipaggio), ma qualcosa va comunque storto: un membro dei superstiti attiva senza autorizzazione lo scudo termico e devia la navicella dalla traiettoria prevista, portando l’equipaggio di sventurati lontano dalla Terra e la nave spaziale ad esaurire quasi completamente la propria riserva energetica. Ma a seguito di un lungo peregrinare, Lewis e pochissimi altri riescono ad atterrare quasi per miracolo su un pianeta all’apparenza inospitale, chiamato provvisoriamente KB 35, dove scoprono con sgomento che Magnus0 ha instaurato una colonia. Non solo, trovano un replicante disattivato, nel quale Lewis riesce a far rivivere la memoria di Stan, trasformandolo così in un prezioso alleato con cui dare la caccia ai Magnus e rubare loro l’energia necessaria per lasciare quel pianeta sconosciuto. È così che ha inizio l’ultimo scontro tra umani e androidi, tra intelligenza reale e artificiale.
Fin dalle prime pagine siamo proiettati in uno scenario cupo, ricolmo di elementi macabri, dove i personaggi hanno un conto alla rovescia che pesa sulle loro spalle quanto un macigno e che è sempre più vicino a schiacciarli. In un’ambientazione pericolosa e incerta, l’unico scoglio certo, la roccia solida e sicura, è rappresentata da Stan, colui che dimostra a più riprese il concetto di immortalità dell’anima, che incarna quella dignità e quelle emozioni capaci di vincere su qualsiasi programmazione tecnologica. La lotta per la sopravvivenza di Lewis e i suoi compagni si traduce nella lotta per affermare sé stessi e la propria volontà.
Impallidisco nell’ascoltare un concetto che in realtà già ben conoscevo, riguardo Stan. Quando facevamo giornalismo di guerra, Stan mi confidò una sua convinzione: qualcosa di noi non scompare nemmeno dopo la morte.
– Ribellione – ripeto amaramente. – Proprio quello che ho pensato di lui, da quando è morto la prima volta. Lo hanno riportato in vita, riprogrammato all’obbedienza più totale… ma la sua vera natura non si è mai sottomessa. A tal punto da farmi pensare che vi siano macchine che per qualche ragione non possano essere… addomesticabili, diciamo. Come se dovessero difendere una propria identità irriducibile.
(Ultimo approdo, Claudio Secci, pag. 61-62)
È innegabile che l’autore abbia una vasta conoscenza degli elementi tipici da libro di fantascienza. E non solo li conosce, li sa applicare nel modo giusto. È attento ai dettagli e preciso nella scelta dei termini, qualunque sia il campo da lui esplorato (fisica quantistica, astronomia, ingegneria meccanica, crittografia, elettronica, informatica). La sua è una scrittura che non si perde in lunghi giri di parole o in virtuosismi stilistici inutili, ma sa rappresentare ogni concetto ed emozione con pochi ma giusti termini. Secci ti promette di andare dritto al nocciolo della questione e lo fa. Tutto quel che viene narrato in queste pagine ti appare chiaro e semplice, dal funzionamento delle tecnologie futuristiche agli effetti che subisce la materia mentre attraversa un wormhole, dalla forza distruttiva di uno sciame di meteoriti alle differenze ambientali tra KB 35 e la Terra (in termini di atmosfera respirabile, forza di gravità, distanza dal sole, presenza di acqua potabile e altro).
(CLAUDIO SECCI, autore del romanzo e leader del COLLETTIVO SCRITTORI UNITI, insieme ad ALBERTO GROMETTO, Augusto Direttore e Fondatore di MERCUZIO AND FRIENDS, nel mentre che rinnova, all’interno degli studi di M&F, la relazione di profonda amicizia e media partnership collaborativa tra le due rispettive realtà che rappresentano)
Lo stile di Secci ha il pregio non solo di essere accurato e diretto, ma anche fortemente immersivo. Le tensioni provate dai personaggi diventano le tue, e non soltanto per merito della prima persona narrante. Ogni sensazione, sia essa fisica o emotiva (caldo, freddo, stordimento, spossamento, confusione, paura), si incolla a te come una seconda pelle. Lo show don’t tell è stato utilizzato con grande maestria e sicurezza. Il ritmo narrativo incalzante, intervallato nella giusta misura da scene più distensive e pregne di riflessioni personali, ti imprime addosso una tensione e un senso di pericolo che non ti lasciano più, anzi, si intensificano pagina dopo pagina. La morte e la rassegnazione diventano una costante, la speranza di sopravvivere sembra farsi man mano più flebile e utopica.
Altrettanto curata e approfondita è la caratterizzazione dei personaggi. Lewis è molto legato all’amico Stan, tanto che si ostina a credere che egli sia ancora vivo all’interno del Magnus nel quale ha inserito il chip con la sua coscienza, nonostante i suoi ricordi sembrino azzerati (almeno in un primo momento), ed è altrettanto determinato a mantenere in vita la batteria di Stan per paura di perderlo per l’ennesima volta. Non fa che ricordare con nostalgia la sua vita sulla Terra prima della catastrofe nucleare, o immaginarsi momenti idilliaci da trascorrere insieme a una certa persona speciale, salvo rimproverarsi poco dopo di esseri lasciato trasportare dai ricordi e di non aver mantenuto la concentrazione. Si stupisce lui stesso di come il suo corpo non voglia rassegnarsi, di quanta determinazione e quanto attaccamento alla vita dimostri dopo aver trascorso gli anni passati a tentare il suicidio o a vedere persone che lo tentavano a loro volta.
La biologaUma, molto seria e competente, appare come una donna distaccata, sempre concentrata sul lavoro, che si fida più della scienza che delle relazioni umane, imperturbabile anche di fronte alla possibilità di morire. Eppure proprio per questo esercita un fascino magnetico su Lewis. A seguito dello schianto sul nuovo pianeta KB 35, emergono aspetti del suo carattere che non ci saremmo aspettati da una prima impressione: dietro il suo tono distante, quasi impostato, nasconde in realtà il timore di non poter ricominciare una vita normale, la tristezza di essere trattata come uno strumento per il salvataggio della razza umana e la paura di non essere all’altezza di tutte le responsabilità che le vengono attribuite in quanto scienziata.
Jersey, il pilota, è colui che fin da subito deve prendere il comando della situazione, pur non essendo pronto a farlo. Non è stato allenato a sopportare uno scenario fatto di così tanto pericolo e morte come quello in cui si ritrova, suo malgrado, catapultato, eppure cerca di fare il leader, perché in situazioni estreme, come lo è appunto la lotta per la sopravvivenza in uno spazio ignoto, l’umanità ha bisogno di una figura di riferimento. Ma nemmeno lui può avere il controllo di tutto. Pure lui ha dei cedimenti, degli attimi di panico o delle esplosioni di rabbia, anche se non dovrebbe. E ciò diventa più evidente dopo lo schianto su KB 35, quando tutta la sua intraprendenza e la sua determinazione cominciano a svanire poco per volta ed emergono tutte le sue insicurezze, che gli fanno prendere decisioni discutibili.
Ma colui che resta il personaggio simbolo di tutta la storia è senza dubbio Stan, o meglio colui che rivive nel replicante meccanico sottratto a Magnus0. Impossibile non affezionarsi a lui, androide sintetico con coscienza ed emozioni più autentiche di molti altri esseri umani, alla maniera di Wall-E eIl robot selvaggio. Lui rappresenta quella forma di vita a metà tra l’umano e l’androide senziente. Cosa intendo dire? Gli umani di questa storia resistono, difendono la propria personalità e la propria unicità, o almeno ci provano, perché sanno che sono molto di più di quel che il proprio codice genetico li ha programmati a fare. I Magnus, invece, si limitano a seguire ciò che sta scritto in un codice binario senza obiettare. Stan è entrambe le cose: sebbene abbia l’aspetto di un androide e sembri stare dalla parte dei protagonisti solo perché a dirlo è il codice contenuto nella scheda occipitale dello Stan originale, in realtà la personalità di quest’ultimo vive ancora, in un certo senso. Si rivela capace di provare emozioni, nonostante tutto. La dimostrazione di ciò è contenuta nello struggente scambio di battute che ha con Lewis ad un certo punto della storia, quando gli dice di distruggere la sua scheda madre, perché solo nella morte, con la consapevolezza di provare ancora dei sentimenti, può considerarsi finalmente libero; lui è stanco di essere usato come arma, di essere salvato o tramutato in qualcos’altro senza che lo abbia deciso lui stesso, e comincia a non vedere più futuro per l’umanità.
Ora mi toglierai la scheda madre, Lewis, poi la distruggerai. Così potrò farla finita per sempre. È il frutto della mia evoluzione, questo: una decisione.
(Ultimo approdo, Claudio Secci, pag. 100)
Altrettanto accattivante è la figura di Magnus0, antagonista che non vedi quasi mai in faccia (se non verso la fine), eppure sai essere presente, incombe dall’ombra con la potenza di un virus. Ed è quando si mostra in carne e ossa (o meglio, in lamiera e circuiti) davanti a Lewis e Uma che puoi scorgere tutta la sua arroganza: in quanto essere cibernetico, senza una mente il cui giudizio può essere influenzato da inutili emozioni, si convince di essere superiore e perfetto.
Ci viene lasciato il tempo, seppur breve, anche di conoscere e, a seconda del personaggio, affezionarci agli altri sventurati compagni di viaggio di Lewis, tra cui Ferdinand, il tipo scorbutico e antipatico della situazione, convinto di essere nel giusto a prescindere solo perché è più anziano degli altri e quindi dotato di più esperienza, o la cuoca di bordo Emily, tanto disponibile e volenterosa quanto sensibile.
In definitiva, questo romanzo è una storia di umani che combattono per rimanere tali affrontando pericoli e imprevisti di ogni tipo, che cercano di sopravvivere agli androidi e perfino a sé stessi (perché perfino i difetti dell’umanità mietono vittime, in questa storia). Se volete un’esperienza di lettura adrenalinica e con un forte messaggio di speranza nonostante tutto, correte a leggerlo. I colpi di scena non mancheranno, garantito.
Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.
Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.
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