DI ALBERTO GROMETTO
Velocità. Rapidità. Lestezza. Prontezza!
E poi il suo contrario: Lentezza. Calma. Flemma. Fiacchezza!
Ma… che cos’è meglio? Le opinioni sono tante, molteplici, variegate.
Nella pellicola cult del 1986 diretta da Tony Scott «Top Gun» vien detto «I feel the need, the need for speed» (traduzione: «Sento il bisogno, il bisogno di velocità!»). Tale battuta occupa il 94° posto nella classifica delle 100 più grandi citazioni cinematografiche stilata dall’American Film Institute, cioè l’AFI.
Ma ci sono anche, di contro, quelli che dicono: «Chi va piano, va sano e va lontano». Un modo di dire vecchio come il mondo, l’iconica morale della favola de «La Lepre E La Tartaruga» in cui i due animali fanno a gara per vedere chi sia più veloce, e alla fine vince il secondo perché il primo, sfrontato e sicuro di sé, si è fermato a schiacciare un pisolino.
La domanda, però, rimane. Cosa è meglio dunque tra Velocità e Lentezza?
Ognuno la pensa come vuole. Hanno tutti ragione e tutti hanno torto. L’esimio Stephen Kern, docente universitario statunitense, nel suo «Il Tempo E Lo Spazio. La Percezione Del Mondo Tra Otto E Novecento» mantiene un atteggiamento imparziale nei confronti della Velocità, argomento della sua trattazione nel quinto capitolo.
Nel passaggio tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, la Velocità conquistò “velocemente” il mondo intero. Pesanti e feroci critiche vennero mosse contro la Velocità, ma d’altro canto altrettante menti brillanti la difesero strenuamente evidenziandone i vantaggi. Kern parla proprio della dicotomia insita nel rapporto tra Società e Velocità. Ad esempio ci fu chi considerò la Velocità causa di profonde nevrastenie e disagi psicologici. Altri ritennero invece che grazie alla Velocità la mente umana andò incontro ad un’intensificazione della sua attività diventando più forte, complessa, dinamica.
Altra dicotomia. La velocità venne considerata l’origine del profondo progresso che investì il globo. Tutto andava più veloce, ci si muoveva più rapidamente, le grandi traversate di colpo divennero piccole, l’economia pure girava più in fretta. Il cavallo venne così rimpiazzato dall’automobile. Allo stesso tempo questo portò ad un moltiplicarsi vertiginoso di incidenti, quali: scontri automobilistici, disastri ferroviari, navi affondate, aerei precipitati… E qualche sfortunato sentì molto la mancanza del suo amato cavallo!
Proprio riflettendo su questo, il sottoscritto ha pensato potesse essere divertente l’idea di argomentare contro e poi a favore della Velocità, portando ad esempio degli oggetti narrativi, in pieno stile «Mercuzio And Friends». Tuttavia entrambe le nostre argomentazioni, sia quella a favore della Lentezza sia quella contraria, presentano delle profonde contraddizioni che ora vedremo.
Cominciamo dalla tesi contro la VELOCITÀ.
A tal proposito viene in mente uno straordinario film risalente al 1962, diretto dal Maestro Dino Risi: IL SORPASSO. Bruno Cortona, interpretato da un immortale Vittorio Gassman, uomo decisamente invadente, eccentricamente esuberante e assai mattacchione, adora sfrecciare per le strade romane a bordo della sua Lancia Aurelia B24. Il giorno di Ferragosto il grande Bruno ha necessità di fare una telefonata, e si ritrova così a bussare alla porta di Roberto Mariani, interpretato da un impareggiabile Jean-Louis Trintignant, per chiedergli aiuto. Mariani è caratterialmente l’esatto opposto di Cortona: schivo, insicuro, amante della casa, dedito allo studio, intrappolato all’interno di una piccola vita monotona. L’irresistibile Bruno invita Roberto a venire con lui a fare un giro in macchina e, benché sia assolutamente contrario all’inizio, si lascia convincere e letteralmente trascinare per mezza Italia.
Questa pellicola, benché sia stata scelta per argomentare a favore della Lentezza, fa molto di più che limitarsi a criticare la Velocità: ne sottolinea la sua duplice natura. Infatti essa ci viene mostrata come un’“arma a doppio taglio”: da un lato lo sfrecciare in macchina e lo stile frenetico di Cortona aiutano Mariani ad aprirsi, a riscoprire la bellezza di essere Vivi e a prendere consapevolezza di un lato di sé più giocoso, divertente e divertito che non conosceva. Lo aiuta a godersi cose che solo esplorando il mondo intorno a sé possono essere scoperte. Dall’altro lato, tuttavia, questa Velocità porterà Roberto verso un triste e inesorabile finale. La Velocità può essere preziosa per certi versi, ma letale per altri.
E ora passiamo all’argomentazione contro la LENTEZZA!!!
E lo facciamo citando un CAPOLAVORO ASSOLUTO di romanzo del 1940: IL DESERTO DEI TARTARI del GENIO Dino Buzzati. La storia raccontata è quella dell’ufficiale militare Giovanni Drogo. All’alba dei vent’anni, egli verrà messo di stanza alla Fortezza Bastiani. Un tempo quella fortezza fu ferocemente attaccata da temibili e terribili nemici: i Tartari… che tuttavia da decenni non si vedono più. Ma Drogo spera. Spera con tutto il cuore che i Tartari vengano e che lui possa essere uno degli uomini che li ricacceranno indietro. E così realizzare il suo sogno: quello di essere un eroe. E lui aspetta. Aspetta la grande occasione della vita. Aspetta e spera. Aspetta un anno. Due anni. Tre anni. Aspetta quarant’anni. Una lentezza lenta, inesorabile, una tortura infinita, un’esistenza grigia e sempre uguale a se stessa, scandita dai ritmi lenti e uniformi della Fortezza.
Tuttavia, anche nel caso di questo oggetto narrativo, vi è una contraddizione a questa critica alla Lentezza. Vi è infatti un passo straordinario in quest’opera in cui Buzzati descrive lo scorrere del Tempo. E lo descrive come una corsa forsennata. Da bambini la Vita sembra una passeggiata, dice Buzzati. Si cammina tranquilli, felici. E tu vai avanti, in cerca di luoghi migliori. Poi un cancello ti si chiude alle spalle e tu ti rendi conto di non poter più tornare indietro. E inizi a correre a perdifiato. Ma non si può più fermare l’irrimediabile fuga del Tempo. E la vita trascorre troppo velocemente. In quel caso l’antica lentezza di un tempo era preferibile. Anzi. Era un sogno.
A conclusione di questo mio discorso, ci tengo ad approfondire un aspetto in particolare della Velocità che Kern non ha toccato, trattasi per l’esattezza di un certo tipo di Velocità che sta molto a cuore agli Artigiani di Storie. Una Velocità che potremmo definire “narrativa”. Meglio ancora: parleremo di come la manipolazione della Velocità e la variazione di Velocità possano essere al servizio di una determinata narrazione con un determinato scopo. Porto alla vostra attenzione un ultimo oggetto narrativo, un film molto recente. Anno: 2021. Trattasi di THE LAST DUEL del brillante e magnifico Ridley Scott con un cast veramente stellare: Jodie Comer, Matt Damon, Adam Driver e Ben Affleck.
Prenderemo in esame una sola scena. I tre protagonisti sono:
– un Cavaliere;
– una Madamigella, moglie del Cavaliere;
– e un vecchio Amico del Cavaliere, suo compagno d’arme.
Il Cavaliere e l’Amico sono in rotta da un po’, in contrasto l’uno con l’altro. In questa scena i due però fanno pace. E, come segno di riconciliazione e ospitalità, il Cavaliere ordina alla Madamigella sua moglie di baciare sulle labbra l’Amico, usanza tipica medievale. Questa scena viene fatta vedere tre volte nell’arco del film. Ognuna da una prospettiva diversa. Ognuna dal punto di vista di uno dei tre personaggi in gioco.
Prima il Cavaliere, ai cui occhi i due si scambiano un bacio veloce, quasi pratico. Tant’è che il Cavaliere non nota nulla di strano.
Poi la stessa scena dal punto di vista dell’Amico: questa volta il bacio è durato a lungo, tanto da sembrare passionale (e dunque desiderato) da entrambe le parti.
Infine per la terza volta vediamo la stessa scena, ma dal punto di vista di lei. Questa volta il bacio è “quasi” scoordinato. Perché è durato niente, solo un tocco di labbra, per Lei, mentre Lui invece è “quasi rimasto incollato” alle di Lei labbra.
La stessa scena. Lo stesso bacio. Gli stessi gesti. Ma tre significati completamente diversi. A seconda della prospettiva del personaggio messo in luce dal regista. Come rendere questo cambio di prospettiva e dunque di senso? Con il solo variare della Velocità. La Velocità di quel bacio. È un’intuizione narrativa geniale dinanzi a cui piangere dall’emozione! Manipolare il ritmo, manipolare la Velocità di un solo gesto per veicolare un preciso significato. In questo caso la Velocità si fa portatrice di senso. La Velocità diventa strumento narrativo nelle mani dell’autore per significare qualcosa, per dare un significato.
Per concludere.
Siate lenti. Siate veloci. Siate come vi pare. Non esiste una regola universale, un preconcetto generale. FESTINA LENTE dicevano gli antichi Romani. Affrettati lentamente.
A volte la vostra Velocità dipende dalla singola situazione particolare, altre volte da come siete fatti voi. Nessuno può dirvi cosa sia meglio tra Velocità e Lentezza, di sicuro nemmeno noi di «Mercuzio And Friends».
Ma se non il sapere cosa sia meglio, l’essere consapevoli di questo, che forse un meglio non esiste, e che non può essere fatta una scelta giusta tra Velocità e Lentezza, beh… è già una grande conquista.