Il Sacrificio Del Cervo Sacro: Il Peso Della Scelta Quando Non Puoi Scegliere

DI ALBERTO GROMETTO

È giusto che l’uomo che t’ha ucciso il padre veda la sua famiglia morire? Che ne può la sventurata famiglia di quell’uomo? Del resto, ammazzare quell’uomo cosa comporterebbe? Soffrirebbe le stesse sofferenze che soffri tu? No, per niente! Non imparerebbe nulla, non servirebbe affatto! A quel punto c’è chi potrebbe dire: Sì, ma far star male quell’uomo non ti restituirà tuo padre, no? Che ci guadagneresti? No, mi spiace, ma queste sono stronzate buoniste! Se uno ti ammazza il padre, fregartene del suo Destino e andare avanti non ti farà stare affatto meglio! Magari nemmeno fargli provare il dolore che provi tu ti farà stare meglio, ma di sicuro tentar non nuoce, no?

È da questo presupposto che parte una pellicola di un’impressionante bellezza colossale, caratterizzata da una brutalità visiva e un’efferatezza narrativa con pochi altri eguali nella Storia del Cinema. Una tragedia greca, realizzata dall’incontenibile ed esplosivo Genio noto come YORGOS LANTHIMOS, trasposta ai giorni nostri. E sì, saranno passati i secoli dai drammi di Eschilo e Sofocle ed Euripide, dai tempi in cui gli dei troneggiavano sul Monte Olimpo e i guerrieri con lancia e spade roboanti guerreggiavano. 

Eppure quegli istinti primordiali non si sono mai spenti in noi. Nemmeno sopiti. Istinti primordiali quali Sete di Vendetta, Fame di Morte, Sangue che richiama Sangue. Le colpe dei Padri ricadono sui Figli e il Caos e la Distruzione si propagano, di generazione in generazione, lungo un’irreversibile catena di fatti nefasti che avrà fine solo quando una sorta di pallida copia della Giustizia avrà ottenuto quello che ai suoi occhi parrebbe essere un equo equilibrio nella natura delle cose. 

Ma c’è qualcosa di naturale nell’obbligare un uomo ad ammazzare un membro della sua famiglia per fargli provare lo stesso dolore da lui provocato?  

È difficile a dirsi, molto più di quel che si possa pensare. È facile da fuori giudicare: Se ti ammazzano il padre, tu devi essere superiore e andare avanti e non desiderare il Male per il colpevole, perché non è mai bello desiderare che altre persone soffrano, per quanto ci abbiano procurato dolore. Beh, non è così che funzionano le cose!

Nel mondo dei sogni, forse. Ma non in quello reale. In quello reale tu a quel tizio gli vuoi divorare la vita, come lui si è divorato la tua. Perché non dovresti farlo? Perché devi essere superiore? Perché comunque questo non ti farebbe stare meglio? Cazzate.

Forse sì, forse c’è davvero qualcosa di naturale nel costringere l’assassino di tuo padre ad uccidere un membro della sua famiglia per non vedersela morire tutta. Come quello ha ucciso uno dei tuoi cari, ora deve essere in grado di ucciderne uno dei suoi. 

Vincitrice nel 2017 del «Prix du scénario» alla 70ª edizione del Festival di Cannes per la Miglior Sceneggiatura, scritta dallo stesso Lanthimos insieme al suo storico collaboratore Efthymis Filippou, questa perla è l’ennesimo, aggressivo e brutale, colpo dritto al cuore che quel pazzo d’un folle genio visionario di Yorgos riesce a mettere a segno. 

Tra tutte le pellicole grottesche e ficcanti che ha saputo realizzare, sempre capaci di toccare corde profonde dell’animo umano portandoci fino alle estreme profondità e radici dello schifo che l’Uomo ha dentro di sé, questo film è senz’altro il suo più SCIOCCANTE, a pari merito solo con l’opera che lo portò alla ribalta: «Kynodontas». Sono trascorsi otto anni da quel film, prima di giungere al «IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO». Ma al centro della faccenda vi è sempre lo stesso tema, di importanza capitale per ognuno di Noi: la Famiglia.

Se il primo film risultava particolarmente eclatante perché ribaltava nella maniera più totale e assurda e pazzesca e paradossale il concetto intimo e rassicurante di Famiglia per imbastire una cruda critica verso i totalitarismi nei quali ognuno di noi si ritrova a vivere, che siano essi propri della società nella quale viviamo oppure facciano parte della nostra stessa vita quotidiana entro le mura di casa, quest’altra pellicola confeziona una storia che da una parte vanta la Potenza e la Semplicità dei miti greci, mentre dall’altra una Crudezza e una Spietatezza devastanti e mefistofeliche che inghiottono qualsiasi residuo di Luce e Bontà ci sia a questo mondo solo per farti chiedere: Cos’è la Giustizia?

Sì, la vera Giustizia è il cuore di questo film. È giusto colpire la famiglia di un uomo cattivo per far male a quell’uomo cattivo? E se poi quell’uomo cattivo non è nemmeno così cattivo ma ha semplicemente fatto un errore?

Uno dei protagonisti è un meraviglioso COLIN FARRELL capace di mettersi a nudo e donare tutto sé stesso ogni volta che si ritrova nelle mani di Yorgos. Reduce da un’interpretazione impressionante risalente ad un altro film del Maestro, e cioè «The Lobster», in egli cui interpretava David, un triste e solitario uomo debole e patetico ma che nasconde dentro di sé una forza non indifferente e che viene fuori quando finalmente trova un motivo per cui combattere, qui si ritrova a impersonare quasi il suo esatto contraltare. E cioè il Dottor Steven Murphy, uomo di successo, sposato con una donna stupenda, con due bellissimi bambini, che sembra forte e sicuro di sé, ma che poi in realtà non lo è per niente. È meschino, penoso, squallido. 

Steven ha sbagliato. Ha commesso un errore. In quanto medico e anche in quanto essere umano. Sì, perché alla fine per essere bravi medici bisogna anche essere bravi umani. So che bisognerebbe sempre tenere lavoro e vita privata lontani l’uno dall’altra. Ma alla fine siamo umani, e quanto siamo davvero capaci di vivere “per compartimenti stagni”? Sono solo affari, solevano ripetere ne «Il Padrino» del Sommo FRANCIS FORD COPPOLA. Beh, alla fine, fateci caso: non era MAI solo per affari, quelli non erano MAI la vera ragione.

Tutto sembra perfetto nella vita di Steven, al netto degli errori che ha commesso in passato. Certo, lui e la sua mogliettina stupenda, portata in scena da una sensazionale NICOLE KIDMAN talmente talentuosa e sovrumana da toglierti il fiato, si divertono a giocare all’uomo che fa sesso con la morta. Lei si finge cadavere e lui sta sopra di lei e fa quello che deve fare. Ognuno si eccita a modo suo, l’erotismo è una cosa strana. E del resto quello che combina una coppia sposata in camera da letto è affar suo e di nessun altro. Ognuno ha i suoi piccoli segretucci. Talvolta anche più di uno…  

Comunque sia, la sola cosa veramente strana e fuori posto nella tipica esistenza di uomo di famiglia arrivato che sembra essere Steven… è Martin. Martin è un ragazzo col quale Steven mangia alla tavola calda, passeggia chiacchierando, si frequenta. Chi è Martin per Steven? Che c’entra nella sua vita? Cosa sono l’uno per l’altro? Se a tutto questo aggiungiamo anche che Martin è interpretato da un sempre pacato e insieme inquietante all’ennesima potenza e ambiguo e sottile BARRY KEOGHAN, il gioco è fatto. Un attore come Keoghan firma qui l’interpretazione della VITA, semplicemente monumentale nel suo comportarsi come fosse un ragazzo tanto caro e gentile e beneducato, quando invece è più che anormale, una specie di paradosso umano. Certo, la normalità non la stabilisce nessuno, soprattutto in un mondo come il nostro, popolato da gente come la nostra. Ma Martin è capace di venire da te e dirti “Guarda che alla tua famiglia si paralizzeranno le gambe e accadranno tante altre cose brutte se tu non decidi di uccidere uno di loro” come chiedesse che ore sono. Capite?

Gli errori di Steven hanno cambiato la vita a Martin. E sì, c’entra il padre di Martin. Non svelando altro sulla trama, diremo semplicemente che Martin sa che Steven è responsabile. Steven asserisce di no, ma del resto tutto delle sue azioni sembrerebbe gridare il contrario. Si prende cura di quel ragazzo, lo aiuta, lo invita a casa sua per conoscere la moglie Anna e i figli Kim e Bob. Perché? Questo va al di là di quello che un medico, sia anche il migliore, dovrebbe fare per il figlio di un suo paziente. Ma del resto, lo abbiamo detto prima: il privato e il professionale quanto possono realmente stare separati? 

Esiste un affetto tra quei due, Martin e Steven. E si capisce cosa sembrano volere l’uno dall’altro. Steven vuole aiutare Martin, aiutarlo per davvero. Senso di colpa o compassione umana? Martin vuole che Steven gli restituisca ciò che gli ha tolto. Dapprima cerca di convincerlo a unirsi sessualmente con la madre, impersonata da un ALICIA SILVERSTONE che apparirà cinque minuti sullo schermo ma rimarrà indelebilmente impressa nella nostra memoria. Quando però poi Steven scompare dalla vita del ragazzo e decide di porre fine a quello strambo rapporto, ecco che Martin decide allora che se il dottore non può restituirgli quello che gli ha tolto, dovrà anche lui perdere quel qualcosa. 

Ma come fa Martin a fare quello che fa? Ha degli strani poteri? Come riesce ad essere in grado di farlo? Il film una risposta non ce la dà. Questo spoiler ve lo possiamo fare. Ma a noi neanche interessa o serve, una risposta. Il tutto è ancora più ambiguo, inquietante e devastante. Perché significa la peggiore delle verità. E cioè:

Vi sono cose a questo mondo che non puoi spiegarti. Che restano inspiegate. Ma del resto come fai a spiegarti un mondo del quale non capisci nemmeno la Giustizia? Cos’è giusto o sbagliato? È giusto che esista così tanto Male? È sbagliato che a chi faccia così tanto Male venga tolto qualsiasi tipo di Bene? 

Perché fai tutto questo alla mia famiglia?, chiede a Martin una Nicole Kidman che non definirò disperata ma quasi spenta e imbelle di fronte a tutto quel dolore. Non è giusto che io e i miei figli paghiamo per le colpe di Steven, dice lei. Martin semplicemente affermerà, senza altra spiegazione: 

«Non so se quello che sta succedendo è giusto, ma è l’unica cosa che mi viene in mente che si avvicina alla Giustizia». 

La cosa che si avvicina alla Giustizia. La vera Giustizia, ingiusta per natura, è impossibile. Possiamo aspirare giusto ad una cosa che le si avvicini. Anche se questo significa Sangue, Morte, Desolazione. Anche se questo significa scendere a patti con quanto l’Umano faccia schifo. Anche se questo significa andare contro Natura.

Un padre che racconta al figlio piccolo di quando masturbò il suo stesso padre. Una moglie che va dal marito, obbligato ad uccidere uno dei suoi famigliari, e gli dice: Devi per forza ammazzare uno dei bambini e risparmiare me, perché potremo sempre avere altri figli in futuro. Tutto questo è naturale? No, e forse proprio per questo è giusto. È giusto che venga fuori tutto questo schifo? Chissà. 

Ecco, lo shock violento e brutale e disturbante di cui parlavamo. 

Lanthimos e Filippou prendono spunto da una tragedia vecchia come il mondo, scritta dal grande Euripide, intitolata «Ifigenia In Aulide», che racconta di un sacrificio umano, vincitrice delle Grandi Dionisie (gli Oscar del Teatro nell’Antica Grecia) per realizzare un film meraviglioso nella sua spietatezza: perverso, malefico e orrido, visivamente pazzesco, crudo fin dalla sua stralunata e precisa e penetrante regia fredda e straniante, maestoso nelle sue magistrali interpretazioni attoriali e immenso per come riesce a fornirti una gelida dimostrazione di cosa GIUSTIZIA e UMANITÀ siano l’una per l’altra: INESISTENTI.

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