Murakami – L’introduzione di un fan

DI GIOSUE’ TEDESCHI

All’inizio non è che un’arietta, poi i capelli sono tirati indietro, e infine sento solo il fischio del vento nelle orecchie mentre prendo velocità e mi lascio trasportare cullato dal movimento della corsa. Me ne sto tranquillo a osservare, da dietro i miei occhi, il mondo che scorre accelerato intorno a me. Non avrei mai pensato che avrei smesso di sentire la fatica solo immergendomi in essa. 

Inizio dalla corsa per parlare di un autore che stimo moltissimo: Haruki Murakami

Lo faccio per due ragioni: la prima è un suo libro, intitolato L’Arte di Correre, e l’altra è che trovo rappresenti bene il sentimento che mi trasmettono le sue storie. 

Nel libro L’arte di correre, Murakami parla del ruolo della corsa nella sua vita. Il libro non doveva neanche essere un libro, ma più una specie di diario, che per fortunate (almeno secondo me) circostanze è arrivato fino agli scaffali delle librerie. 

Mentre ci racconta della corsa traspare però molto sulla sua personalità, modo di pensare ed essere. Sul significato che per lui hanno le sue azioni. 

Ne parla con una certa reverenza e fervore, come una persona che trovi la fede solo nell’età adulta dopo una vita dedita ai piaceri. O almeno, lontana dai dolori. 

Le sue storie le trovo come la corsa perché all’inizio il mondo è normale, specialmente se lo leggi quando sei un po’ giù di corda. Ma a un certo punto dice qualcosa su un personaggio che è anche qualcosa di te, e allora cattura l’interesse e mentre la vita del personaggio va avanti sembra quasi una sibilla, un fantasma del natale presente che ti mostra con colori buoni come sarà la tua vita se continui su questa strada. 

E come nella corsa posso sedermi e fare un passo indietro dalla mia vita, entrare nella storia e seguire con un interessato distacco quello che succede. Come persone assolutamente normali gestiscono i miei stessi sentimenti. Pagina dopo pagina tutto si chiarisce, e mentre raggiungiamo una conclusione mi sento fisicamente meglio, perché il peggio è passato e l’eroe sta tornando a casa con il suo elisir.

Magari è una magia tutta mia personale che nessun altro ha condiviso, ma mi è sempre capitato di pensare, leggendo Murakami, che fosse il libro giusto al momento giusto. Letto in qualunque altro momento non avrebbe avuto lo stesso impatto; ma certamente avrebbe avuto la stessa importanza. 

Questo libro è strutturato proprio come un diario con capitoli che vanno dal 5 agosto 2005 fino al 1 ottobre 2006. Inizia così:

La regola vuole che un vero gentiluomo non parli delle sue ex fidanzate né delle tasse che paga. No tutto falso. Scusatemi me lo sono inventato in questo momento. Ma se questa regola esistesse forse imporrebbe anche di non parlare di ciò che si fa per mantenersi in buona salute, perché un vero gentiluomo difficilmente nella conversazione si dilungherebbe su un argomento del genere, perlomeno a mio parere.

È fatta. Così, in sei righe siamo amici

Coinvolge tutti con questo modo di parlare amichevole, non formale, diretto, e quasi intimo. Non spiega neanche perché un gentiluomo, un vero gentiluomo, non dovrebbe dilungarsi in argomenti del genere; che poi perché non dovremmo parlare della salute? A me sembra una conversazione utile.

Per tutto il libro c’è un parallelismo fra le cose che succedono nella sua vita, iniziare a scrivere, cambiare lavoro, pubblicare il primo libro, conoscere persone e posti, e prima di rendersene conto la corsa è uno stile di vita.

Benché sia un’attività abbastanza solitaria, ci dice: 

Sarò anche un cavallo da tiro eccezionale ma credo che da solo non ce l’avrei mai fatta. 

Parlando della scrittura racconta come lui la trovi un’attività malsana. 

Quando decidiamo di scrivere un libro necessariamente estraiamo e portiamo alla luce un elemento tossico che fa parte del nucleo emotivo dell’essere umano. Come quando si dice che la parte più buona del pesce palla è quella più vicina al veleno. 

L’attività artistica ha in sé una componente malsana e antisociale; tra gli scrittori e gli artisti in genere non sono pochi quelli che nella vita quotidiana si comportano in maniera sregolata e asociale. 

Però proprio per questo dovremmo “costruirci un sistema immunitario specifico che possa neutralizzare quel pericoloso, se non fatale, elemento tossico che abbiamo dentro di noi. Riusciremo così a trovare un antidoto più efficace contro un veleno tanto potente, e potremo creare delle storie più forti. Per conservare a lungo questo sistema immunitario personale è necessaria energia non superficiale.”

Forse non ho ben capito cosa intende con queste parole, ma a volte mi sembra che le abbia scritte apposta in questo modo perché potessero essere fraintese. 

Penso che ogni tanto ci sia della comprensione in più nel fraintendimento, e quel di più mi fa amare questo autore.  

Sia come sia, questo modo di pensare per lui funziona. I suoi libri prendono, catturano, rilassano ed estraniano. Forse è naturale che uno scrittore che è anche maratoneta abbia libri che sembrano un po’ una corsa.

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