DI ALBERTO GROMETTO
Non sarebbe bellissimo se Tristezza o Rabbia non esistessero e vi fosse solo allegra Gioia dentro di noi e in tutto il mondo?
Sì, sarebbe proprio bellissimo fossero tutti felici tutto il tempo. No?
SBAGLIATO!!!
Come “Sbagliato”? Ma davvero? Non sarebbe fantastico se le emozioni negative non esistessero?
È proprio questo il punto. La domanda è sbagliata a prescindere.
Le emozioni negative non esistono. Né tantomeno quelle positive. E questo perché le complesse, complicate, caotiche emozioni sono tutte ugualmente importanti allo stesso modo. Abbiamo bisogno di ognuna delle nostre emozioni per essere le confuse, confusionarie, stralunate eppure straordinarie, uniche e irripetibili persone che siamo. Ogni nostra emozione e sentimento, anche se ci fa soffrire, rende noi “Noi”.
È questo il messaggio che ha voluto trasmettere la DISNEY PIXAR nell’anno 2015 quando se ne uscì con il primo «INSIDE OUT».

Un gioiello sotto ogni punto di vista: dai colori fino alle animazioni passando per la storia, i personaggi e ovviamente il tema affrontato. Se vi sono dei film che, meglio di qualsiasi altro, hanno dimostrato come i cosiddetti “cartoni animati” possono diventare strumento per veicolare messaggi di una profondità e d’una complessità tali al punto da poter essere considerati veri e propri capolavori “adulti”, quelli sono proprio le pellicole animate della Pixar.
La maniacale cura formale, estetica, visiva, grafica e narrativa con cui sfornano brillanti pietre miliari una dopo l’altra è ineguagliabile. E una delle loro massime vette è stato proprio il brillante e innovativo e rivoluzionario «Inside Out», il quale ha avuto il merito di prendere la psicanalisi, il nostro subconscio, i nostri stati emotivi con Freud e Jung inclusi… e farci un film d’animazione!
Perché quella meraviglia di film, per chi vi scrive tra i massimi capolavori della Storia della Settima Arte, parte dal presupposto di prendere le nostre emozioni e dargli un corpo, un viso, un carattere, una fisionomia, una personalità e renderle dei personaggi. Per essere precisi dei “piccoli omini” che vivono dentro la nostra testa come fosse una postazione di comando da cui hanno il controllo di Noi o di quel che siamo. O meglio: hanno… più o meno il controllo di Noi e di quel che siamo.

Sì, perché anche se le nostre emozioni hanno spesso la meglio su di Noi, alla fine siamo sempre e comunque Noi che decidiamo chi vogliamo essere e diventare. Puoi essere un tipo iracondo così come un deprimente depresso cronico o un inguaribile ottimista: sei Tu che hai l’ultima parola, anche rispetto alle tue emozioni. E anche se le nostre emozioni e i nostri sentimenti sono irrefrenabili, e non possiamo decidere quando essere arrabbiati o felici oppure delusi, abbiamo però il controllo di come reagire alla vita e di quali decisioni prendere.
E così abbiamo Paura, un ometto con tanto di gilet e papillon terrorizzato da qualsiasi cosa.
E Disgusto, una tipa pettinata una meraviglia col cipiglio perenne e il labbro costantemente imbronciato.
E Rabbia, che è un vulcano… nel vero senso della parola: quando s’arrabbia, le fiamme gli sbucano dalla testa!
E Tristezza, col suo felpone e gli occhiali sul naso, che parla sempre con un tono di voce basso e lugubre.
E poi ovviamente c’è Gioia, una tipa allegra e felice, che vuole sempre essere ottimista e che crede che sia necessario… per non dire obbligatorio… essere grati di qualsiasi cosa ti capiti. Lei è quella che ha il controllo, che ha la guida… ed è anche colei che alla fine del primo film si renderà conto di quanto abbiamo detto prima.
Vi è bisogno di Tristezza, per poter provare Gioia. È necessario avere Paura, per poter prendere delle giuste precauzioni che ci salvino. E ogni tanto è necessario incazzarsi (pardon, volevo dire “provare Rabbia”) in questa vita, vuoi per farci rispettare, vuoi come meccanismo di autodifesa. E così diventa sbagliato essere felici in ogni momento, perché non è così che siamo fatti Noi. Ma Noi siamo complicati, Noi siamo un casino… e siamo bellissimi proprio per questo motivo!
Questo è quello che ci insegnava il primo film, mostrandoci le emozioni nella testa di una bambina di nome Riley costretta ad affrontare dei cambiamenti importanti, cambiamenti talmente importanti da metterle in subbuglio la testa.

Non so se sentivamo il bisogno di un sequel, ma una volta visto posso dire che… che, a differenza di molti altri seguiti, il suo lavoro lo sa fare. E lo sa fare veramente molto bene, accompagnato come nel 2015 dalla sublime e impareggiabile colonna sonora a firma di MICHAEL GIACCHINO. Il messaggio finale non si discosta quasi per nulla da quello del primo film, il quale rimane un capolavoro in fatto di originalità. Però questo secondo capitolo giunto nove anni dopo il primo ha il grandissimo merito ed inestimabile pregio di saper trovare nuovi modi di raccontare qualcosa che è già stato raccontato.
Come?
Beh, la piccola Riley tanto piccola più non è. Ed è per questo motivo che si ritroverà ad affrontare il cambiamento più grosso di tutti, il più temibile, il peggiore: la pubertà. E con l’adolescenza, la sua testa si complicherà al punto che… che arriveranno nuove emozioni ad affiancare quelle che già conosciamo: l’annoiatissima Noia, il silenzioso e timido Imbarazzo, quella piccoletta un po’ petulante di Invidia ma soprattutto… Ansia. Oh, Ansia è una tipa che va in ansia per qualsiasi cosa e soprattutto mette ansia!
Ma non voglio farvi spoiler. Altrimenti, già lo so, il caro signor Rabbia dentro ognuno di voi finirebbe per fare una strage sputando fuoco e fiamme a tutto andare.

