DI ELODIE VUILLERMIN
Peter Pan, il ragazzo avverso alla crescita e alla maturazione, apparve per la prima volta nel romanzo per adulti L’uccellino bianco. Il suo autore, James Matthew Barrie, riprese quel personaggio e lo inserì prima in un’opera teatrale, Peter Pan. Il bambino che non voleva crescere (1904), e in seguito in un romanzo, Peter e Wendy (1911). La storia fu un successo incredibile, ne uscirono moltissime altre trasposizioni in seguito; una di queste fu proprio il classico targato Disney uscito nel 1953. Per questa odierna puntata di Otherside, confronterò il film animato con il romanzo di Barrie.
Innanzitutto, parliamo della famiglia Darling. Se la Disney ci ha dato l’impressione che fossero altolocati, nel romanzo viene spiegato a chiare lettere che sono così poveri da aver dovuto usare un cane, Nana, come bambinaia, perché non potevano assumerne una umana.
Gli aspetti negativi del signor Darling, nel film, appaiono evidenti fin da subito, come nella scena in cui rimprovera Wendy di riempire la testa dei fratelli, John e Michael (o Gianni e Michele), di troppe fantasie. Ma nel libro è anche un adulto peggiore, molto più disonesto: per convincere Michael a prendere la sua medicina, ad esempio, finge di berla lui stesso ma in realtà la fa scivolare dietro la schiena. Una cosa rimasta inalterata è la sua gelosia verso Nana, che fa legare fuori in giardino poco prima di uscire per una festa.
Inoltre Peter è già stato a casa dei Darling in precedenza, e più di una volta, per stare ad ascoltare di nascosto le fiabe della buonanotte che la madre è solita raccontare ai figli. Ed è proprio durante una di queste visite notturne che perde la sua ombra, strappata via da Nana. Questo fatto nel classico Disney viene solo accennato, mai effettivamente mostrato.
Una sera Peter torna a riprendere l’ombra ed è qui che Wendy e i suoi fratelli lo incontrano. Peter gli insegna a volare e decide di portarli insieme a lui, nell’Isola che non c’è. Un volo magico, bello, incantev… Col cavolo! Quello verso l’Isola è un viaggio molto più lungo di come la Disney ce lo ha presentato, dura molti giorni ed è molto più sfiancante e logorante. I bambini faticano ad addormentarsi, perché se chiudono gli occhi durante il volo rischiano di schiantarsi al suolo, e sono obbligati a rubare il cibo agli uccelli per saziare la loro fame.
Appena il gruppo arriva all’Isola, viene subito attaccato da Capitan Uncino. Nel libro Wendy e Campanellino (o Trilli) si separano dal resto del gruppo e ciò dà alla fatina, gelosissima, un’idea per eliminare la ragazza e allontanarla per sempre da Peter: quindi inganna i Bimbi Sperduti e li incita ad attaccare Wendy, che viene colpita da una freccia e cade a terra. Per fortuna non muore, poiché salvata da un bottone a forma di ghianda che Peter le aveva donato poco prima tramite un bacio. Invece nel film Wendy viene salvata da Peter, che la afferra al volo mentre cade, e non viene trafitta da alcuna freccia. In entrambe le versioni Trilli viene bandita come punizione, ma se nel film viene detto per sempre, nel libro è per una settimana.
Come scordarsi il nemico numero uno di Peter Pan, Capitan Uncino? Quello del cartone è molto più divertente, comico e pure sfortunato, ma al tempo stesso subdolo, strategico e manipolatore. La sua controparte nel libro è molto più feroce, solitamente dura con i Bimbi Sperduti, ma al tempo stesso gentile con Wendy. Barrie lo descrive come un uomo molto solo e malinconico, a cui dispiace essere odiato dai suoi rivali, che ama i fiori e la musica, cosa che non si nota nel classico Disney. Ci fa molta più pena. Ah, e una volta sconfitto non viene inseguito dal coccodrillo fino all’orizzonte e basta, ma muore divorato dall’animale.
Poi, passiamo ai Bimbi Sperduti, la cricca di Peter che lo segue in ogni decisione e lo rispetta. Questo nel film animato, almeno. Perché nel romanzo Peter Pan è una persona del tutto diversa. È un bambino che non cresce mai e nemmeno vuole farlo, in grado di volare e capace di comunicare con le fate. Fin qui ci siamo. Ma non è un folletto dal carattere allegro, scherzoso, spensierato, tutto sommato leale verso i propri amici. È un bambino vero ed è molto più capriccioso, egoista e irresponsabile di come zio Walt ce lo ha fatto conoscere, a tratti quasi dittatoriale, incarna la cattiveria dell’essere umano privo di qualsivoglia forma di educazione.
Obbliga i Bimbi Sperduti a fare quello che vuole lui e nel momento in cui lo decide. Solo lui ha il diritto di decidere se i Bimbi possono mangiare o meno. Li fa combattere contro una ciurma di pirati adulti in una guerra che è stato lui stesso a cominciare, tagliando la mano di Uncino e dandola in pasto al coccodrillo. Tra l’altro, Peter impone la regola di non crescere mai: ne è talmente ossessionato che uccide i Bimbi quando diventano grandi. Quindi la sua cricca lo segue e lo asseconda non per rispetto, ma per paura.
Le battaglie tra Bimbi Sperduti, indiani e pirati non sono affatto viste come un gioco: sono molto più cruente, spesso causano vittime e feriti gravi, ci sono situazioni di pericolo molto più accentuate. Durante il salvataggio di Giglio Tigrato, per esempio, Peter viene ferito in modo grave mentre è sopra una roccia insieme a Wendy. I due rischiano di annegare a causa della marea che si sta alzando. Non solo, addirittura una sirena cerca di trascinare Wendy con sé negli abissi, ma Peter salva la ragazza. Essendo impossibilitato a volare, il ragazzo lega Wendy a un aquilone per farla scappare e si salva a sua volta grazie a un uccello che gli presta il proprio nido, da usare come barca.
A un certo punto Wendy si accorge che più tempo trascorre sull’Isola che non c’è, più lei e i fratelli si stanno dimenticando della loro vita precedente a Londra. Sì, perché nel libro non stanno via da casa una notte soltanto, ma molto più tempo. Quindi cerca di raccontare ai Bimbi Sperduti storie sui propri genitori. Ma Peter ribatte che i genitori sono crudeli, e lui ne sa qualcosa, perché sua madre lo ha abbandonato in favore di un nuovo figlio (questo lo spiegherò meglio dopo). Wendy non gli crede e vuole andarsene, convincendo anche i fratelli e i Bimbi Sperduti a seguirla. Peter rifiuta l’idea e subito dopo esce per fare una cosa crudele: si mette a iperventilare di proposito, convinto che ogni suo respiro emesso sull’Isola possa uccidere un adulto nel mondo reale; quindi cerca di sbarazzarsi dei genitori di Wendy pur di non farla andare via.
Quanto appreso finora ci permette di aprire una riflessione: da dove vengono, esattamente, i Bimbi Sperduti? Peter asserisce che siano tutti orfani, abbandonati dai loro genitori, ma non ha senso, perché quando porta Wendy e i fratelli sull’Isola che non c’è, è consapevole di averli sottratti ai loro genitori. Quindi è probabile che abbia fatto lo stesso con i Bimbi Sperduti. Questa supposizione è confermata da una prima bozza dell’opera di Barrie, nella quale viene detto che Peter era solito rapire i bambini dai loro letti mentre dormivano.
Questo getta una nuova luce su Peter, quella di un rapitore di fanciulli che si diverte a far stare in pensiero i loro genitori. Egli attira i bimbi a seguirlo con la lusinga di portarli in un posto magico e fa in modo che, man mano che passa il tempo, si dimentichino della loro vita passata, non ricordino più la mamma o il papà. Se cominciano a riacquisire i ricordi, fa di tutto perché non lascino l’Isola. Perché lui ha bisogno di qualcuno che obbedisca ai suoi ordini, segua le regole del suo gioco (in realtà è una guerra) senza mai contestarle e soprattutto non cresca mai e poi mai. Obbliga i bambini a essere come lui, sempre piccoli e spensierati, anche se questi non vogliono.
Volete una prova? Bene, sappiate che, quando Wendy e gli altri bambini tornano a casa dopo la battaglia con i pirati, Peter li anticipa e vola per primo fino a casa Darling. Il suo intento è quello di chiudere la finestra della camera di Wendy per convincerla che la madre l’abbia abbandonata, quindi non abbia più alcun interesse a tornare a casa e rimanga con lui per sempre. E perché è così ossessionato da lei? Perché gli serve una madre. Ma anche questo sarà chiarito dopo.
C’è una bella differenza nel modo in cui viene scoperto il nascondiglio segreto dei Bimbi Sperduti: se nel film Disney viene rivelato a Capitan Uncino da un’esiliata Trilli, che però poco dopo si pente del suo gesto, nel romanzo Uncino e Spugna lo scoprono da soli, quasi per caso. Totalmente diverso anche il metodo con cui Uncino prova ad uccidere il suo eterno rivale. Nel film gli consegna un pacco regalo esplosivo, ma Trilli lo salva in tempo. Nel libro gli avvelena la medicina e Trilli la beve al posto suo, morendo; per riportarla in vita, Peter invita i bambini di tutto il mondo a gridare a gran voce di credere nelle fate.
Sul finale del libro, Wendy e i fratelli tornano a casa dai genitori, sempre disperati per la loro assenza. I Bimbi Sperduti vengono adottati dalla famiglia Darling, e diventano adulti di successo. A Peter viene offerta la medesima possibilità, ma lui rifiuta, perché altrimenti crescerebbe.
In origine, l’opera teatrale si concludeva con Peter che tornava sull’Isola e Wendy che pregava l’amico di non dimenticarla. Tuttavia, sollecitato dal produttore Charles Frohman, nel 1908 Barrie aggiunse un nuovo epilogo alla vicenda, dal titolo When Wendy Grew Up – An Afterthought (cioè “Quando Wendy crebbe – un ripensamento”). Questo stesso epilogo fu aggiunto anche nel libro Peter e Wendy.
Qui vediamo Peter tornare a prendere Wendy, ma siccome sono passati molti anni scopre che lei è già adulta e madre di una figlia, Jane. È proprio quest’ultima che Peter porta con sé sull’Isola: è un modo per rimpiazzare Wendy, perché non accetta che la sua amica, crescendo, l’abbia tradito. Giunta sull’Isola, Jane non incontrerà Capitan Uncino, poiché è stato divorato dal coccodrillo, né Trilli, perché ella è morta (infatti, come specifica Peter, le fate hanno vita breve). Non trova nemmeno i pirati, perché quasi tutti sono morti e Spugna è andato nel mondo reale per viaggiare e raccontare le disavventure del suo padrone a tutti quelli che incontra. In seguito Jane diventa grande e ha a sua volta una figlia, Margaret, che prende il posto della madre come compagna di giochi di Peter: questo copione si ripeterà con tutte le future femmine della famiglia di Wendy.
Esiste un ulteriore romanzo scritto da Barrie, pubblicato due anni dopo la sua opera teatrale, dal titolo Peter Pan nei Giardini di Kensington (1906). In questa versione esiste un’isola al centro di un lago nei famosi Giardini di Kensington, governata dal corvo Salomone. Le madri desiderose di avere figli scrivono lettere a Salomone, il quale gli spedisce degli uccellini che si trasformano in esseri umani dopo aver ricevuto le giuste dosi di affetto e attenzione. Ma quando Peter era ancora un “mezzo-mezzo”, ossia quando era mezzo bambino e ancora con la capacità di volare, sua madre lasciò aperta la finestra della sua stanza, di conseguenza il bambino volò via. Durante la sua assenza Peter volò verso i giardini di Kensington e qui imparò a suonare il flauto di Pan, a farsi amiche le fate, a imparare molte lezioni importanti dagli uccellini. Quando provò a tornare a casa sua, trovò sua madre in compagnia di un altro neonato e la finestra della sua vecchia camera ormai sbarrata, per impedire che il nuovo bambino volasse via. Ma Peter si convinse di essere stato dimenticato e così, amareggiato e colmo di rancore, tornerà a stabilirsi nei Giardini di Kensington, stavolta definitivamente.
Questo passato traumatico di Peter non viene neanche accennato nel film Disney, mentre nel libro Peter e Wendy viene ripreso ed è molto più enfatizzato. Se da un lato Peter prova disprezzo per le madri, dall’altro continua a cercare una figura materna (Wendy) per colmare il vuoto. Questo spiega anche perché, sul finale, Peter cerchi di anticipare Wendy a casa sua e di sbarrare la finestra della sua stanza: vuole provare a farle vivere lo stesso trauma che ha segnato lui. Se non altro all’ultimo ci ripensa, dopo aver visto lo strazio della signora Darling per l’assenza dei figli.
Una teoria popolare diffusa tra i fan Disney più accaniti sostiene che Peter Pan sia in realtà un angelo della morte che accompagna i bambini in Paradiso. In realtà quel personaggio, per James Matthew Barrie, rappresenta tutt’altro: l’infanzia negata. Ed è ispirato a una persona a lui cara, il fratello maggiore David, morto per un incidente poco prima del suo quattordicesimo compleanno, mentre pattinava sul ghiaccio. Allora James aveva soli sei anni. La madre fu devastata da quella notizia. Così James, per aiutarla a stare meglio e colmare il vuoto, cominciò a indossare i vestiti del fratello e ad emularne gli atteggiamenti. Secondo quanto diceva la madre, l’unico modo per superare meglio il lutto era immaginare David come un eterno bambino.
Ma David non è l’unica persona reale a cui James si è ispirato per scrivere Peter Pan. Se si parla della vita di Barrie, è impossibile non citare i fratelli Llewelyn Davies, figli di Arthur e Sylvia Llewelyn Davies. Barrie li incontrò nel 1897 nei Giardini di Kensington, mentre passeggiava con il suo cane, il San Bernardo Porthos (fonte di ispirazione per Nana). Essi erano cinque: George, John detto “Jack”, Peter, Michael e Nicholas detto “Nico”. Nacque così, tra James e quella famiglia, un forte legame, a tal punto che alcuni dei loro nomi furono inseriti nell’opera di Barrie: i fratellini di Wendy si chiamarono John e Michael, mentre il protagonista prese il nome di Peter. Gli stessi bambini ricambiavano l’affetto di Barrie, chiamandolo “zio Jim”. I più maliziosi additarono James come un pedofilo, ma non vi fu mai una reale prova a sostegno di quelle accuse.
Barrie fu molto vicino a Sylvia in un periodo difficile, aiutandola anche dal punto di vista economico, e per questo fu nominato tutore legale dei bambini. Li aiutò a finanziare gli studi e gli scrisse molte lettere. Tuttavia questo non impedì alla famiglia Llewelyn Davies di subire le peggiori sventure. Nel 1907 Arthur morì di sarcoma salivare e tre anni dopo fu il turno di Sylvia, colpita dal cancro. George perì a soli 21 anni durante la Prima guerra mondiale, nel 1915. Michael annegò nel Tamigi insieme a Rupert Baxton, un suo amico stretto (ma per alcuni qualcosa di più), nel 1921, anche se qualcuno ipotizzò che si fosse trattato di suicidio; il fatto che i loro corpi siano stati trovati l’uno abbracciato all’altro confermerebbe questa ipotesi. Peter, negli ultimi anni della sua vita, cadde in una profonda depressione, dovuta anche alla sua involontaria fama come figura ispiratrice di Peter Pan, fino a che non si buttò sotto un treno nel 1960.