DI ALBERTO GROMETTO
«Da dove nasce il Teatro?»
«Che cosa?» chiesi io.
«Sì, da dove nasce il Teatro? Insomma: chi ha inventato il Teatro? Chi fu il primo teatrante? Tu lo saprai sicuramente, no?».
Che domanda bizzarra! Io, che Teatro lo faccio da tutta la vita, potevo non saper rispondere? Fu la mia amica Francesca a pormi questo quesito, davanti a due birre gelate: Da dove nasce il Teatro?
Ebbi immediatamente uno di quei flashback come ne esistono solo nei film, e che mi catapultò ad un paio d’anni prima, quando frequentavo la Scuola Holden, poco prima che mi laureassi. Ero seduto al bar, sacro luogo di ritrovo e ottima fucina di idee, insieme a due dei miei più stimati colleghi e affettuosissimi amici: l’Onorevole Orlando e il Tangibile Michelangelo.
Senza soffermarci troppo sulla ragione dei loro eccelsi soprannomi, vi dirò solamente che stavamo chiacchierando del più e del meno. Nello specifico io ero impegnato a parlare della più assurda e inutile delle sciocchezze, credo di un fraintendimento avuto col Tangibile due minuti prima. Qualcosa del tipo: io avevo detto “Pane” e lui aveva capito “Cane”. Ne parlai per cinque minuti fitti fitti all’Onorevole, in modo da raccontargli l’accaduto, e probabilmente adottai uno stile plateale e teatrale, cosa che ammetto di fare spesso.
L’Onorevole, anch’egli in realtà personaggio squisitamente teatrale a mio modo di vedere, mi disse: «Voi, oh Sommo, siete capace di prendere un miserrimo fatto di poco conto e farci un’opera intera!». Al che gli risposi con una naturalezza disarmante e una spontaneità talmente impressionante che rimasi io stesso di stucco sorprendendomi: «Ma Onorevole: TUTTO È TEATRO!».
Quel mirabile figuro, girandosi sorridente verso l’amico Tangibile, batté una mano sul tavolo: «Ecco, ecco! Questo è quello che intendevo!». Il Tangibile semplicemente annuì, probabilmente senza nemmeno aver ascoltato la conversazione in corso. «Che cosa?», feci io. «In queste parole, oh Sommo, si nasconde l’essenza del Vostro fascino, oltre che di tutta la Vostra vita, del Vostro sguardo oserei dire persino: TUTTO È TEATRO!».
Non dimenticherò mai quella conversazione. È uno di quei momenti in cui, senza che fosse programmato, senza che nemmeno lo avessi pensato, comprendi una profonda verità su qualcosa che hai respirato tutta la vita. Dunque una profonda verità su te stesso, se è vero quel principio secondo il quale un uomo è quello a cui pensa la maggior parte del tempo.
Tutto è Teatro. Ma lo è davvero. Il Teatro è dappertutto intorno a Noi, ed esiste da sempre e per sempre. Il Teatro non è un palcoscenico con sopra delle attrici e degli attori sudati e senza fiato in corpo che gridano e declamano a squarciagola. Il Teatro è una cena tra amici in cui qualcuno si mette a raccontare qualche cosa e fa ridere tutti. Una conversazione tra due vicini di casa incontratisi casualmente davanti al portone. E può avvenire in qualsiasi luogo. Accade al bancone di un pub, o al bar della tua università, o per strada. L’Essere Umano è Teatro.
Da dove nasce il Teatro? Bella domanda. Beh, nasce da Noi. Il suo inventore è stato un Essere Umano. Solo di questo possiamo essere sicuri. Quasi sicuramente un cavernicolo. All’epoca non c’era tanto da fare, specie di notte, al buio, dopo il tramonto del Sole. E allora che si faceva? Ci si metteva intorno al fuoco, vicino alla caverna, e si raccontavano Storie. Però quali Storie? Di cosa si parlava a quel tempo?
Immaginiamo un mondo di cui praticamente non sappiamo ancora nulla. In cui non c’è niente, manco il Linguaggio. C’e giusto un sasso, magari. Ma non è poi così interessante. Nessuno ha ancora scritto niente, non possiamo fare Letteratura basandoci sulla Letteratura fatta da altri prima di noi. Niente sovrastrutture mentali, o scuole di pensiero. Non c’è niente. A parte una cosa. L’unica cosa di cui l’Umano può parlare. Ed è quella della quale parliamo ancora oggi, dopo 200.000 anni: l’Umano.
Le nostre cene tra amici di oggi sono il radunarsi dei cavernicoli intorno al fuoco serale di ieri. Ora come ora abbiamo la luce elettrica, e ci si incontra per mettere qualcosa sotto i denti. Ma mangiarsi un boccone è solo una scusa, un pretesto. Perché sarebbe troppo imbarazzante dire che ci si incontra per raccontare Storie. Quello che davvero si fa a questi incontri è celebrare lo Stare Insieme producendo Teatro.
Dopo esserci aggiornati su meteo e politica, ci raccontiamo delle Storie, che sono perlopiù vere. O meglio: che servono a raccontare qualcosa di vero e reale che, in qualche modo e misura, ci riguarda tutti. E questo “raccontare” fa sì che quello di cui si racconta succeda davanti a Noi. Qualcuno potrebbe brutalmente etichettarli come pettegolezzi, qualcun altro come aneddoti. Ma prima di qualsiasi altra cosa sono Teatro.
Un amico con cui sei andato a cena, e che non è certamente Shakespeare, si mette a raccontarti qualcosa con la precisa intenzione di suscitare in te una reazione, e sa quale emozione vuole ottenere, sa dove andare a parare, magari non sa di saperlo, magari si inciampa nel corso della narrazione, magari la fa lunga con le digressioni, ma sa quello che vuole da te. Solitamente possono essere due o tre tipi di reazioni, come la risata oppure l’effetto “wow”. Del resto a Teatro abbiamo sia la Commedia sia la Tragedia.
Non raccontiamo mai una Storia per trasmettere un’informazione, ma lo facciamo esclusivamente per produrre un effetto in chi la ascolta. Che sia divertimento o stupore o anche sgomento. E quando non ci vengono in mente storie nuove, raccontiamo allora i “vecchi cavalli di battaglia”, i preconfezionati, i grandi successoni. Quante volte capita a queste cene di raccontare cose che sanno già tutti? Eppure le si racconta lo stesso. Questi incontri servono a ritrovare una comunità attraverso l’iterazione delle storie, lo scopo del racconto è costruire la comunità e far sì che persone diverse tra loro si riconoscano intorno ad una stessa reazione. Ecco, tutto questo è fare Teatro.
Ma quindi com’è nato questo Teatro? Chi è stato il primo primitivo ad aver raccontato una storia? Per quanto ne sappiamo, il primo evento teatrale potrebbe essere stato molto probabilmente la rappresentazione di qualsiasi cosa successa ad un cavernicolo mille mila anni fa. Possiamo immaginarcelo! Quel cavernicolo potrebbe chiamarsi Nanuko. E potrebbe essere la Storia di una terribile figuraccia, se consideriamo che forse tra Tragedia e Commedia, è quest’ultima ad essere nata per prima. La risata è più facile del pianto da ottenere, ed è un mezzo più semplice e indolore per costruire un legame tra persone.
Un giorno Nanuko il Cavernicolo se ne andò a caccia col gruppo. Era la sua prima volta. Non aveva mai cacciato in vita sua. Clava brandita in mano, sguardo assassino, un bel grugnito ed eccolo che parte, pieno di speranze e ambizioni. Lo ha raccontato a tutti i suoi amici, che quel giorno si sarebbe portato a casa un bel mammut. È ora di passare dalle parole ai fatti.
Cammina cammina e… guarda guarda! Lo ha visto, è lì, davanti a lui: un gigantesco, pelosissimo, tenero… MAMMUT! Nanuko non sta più nella pelle: è il suo grande momento, quello che attendeva da tutta una vita. Si avvicina a poco a poco, non vuole fare rumore… ma ad un certo punto: SPLASH! Il povero Nanuko scivola in un’enorme puzzolente merda di mammut!
Accorrono i suoi amici e compagni che subito si mettono a ridere: Nanuko è tutto immerso nella merda fin sopra gli occhi, che ridere, eh-eh! Lo sventurato Nanuko se ne corre a casa… o meglio, nella sua grotta… tutto sporco e piangente. È ridotto peggio di un rotolo di carta igienica usato, anche se la carta igienica a quell’epoca non c’è ancora.
Giunge la sera. Qualcuno chiama Nanuko che ancora piange. Lui esce dalla sua grotta, e quello che succede ha un che di straordinario. Capita una cosa strana. I suoi compagni, ridendo come mai prima di quel momento, lo applaudono festosi. La storia di Nanuko e della merda di mammut ha dato gioia e felicità a quei cavernicoli che non hanno mai nessun motivo per cui ridere. Nanuko non crede ai suoi occhi. Si rende conto di aver fatto qualcosa di grosso, di importante. Qualcosa che ha cambiato le vite dei suoi amici per sempre. Subito prende la parola e in mezzo a tutta quella folla racconta della sua storia di merda! Cioè: sulla merda.
La comunità si raccoglie intorno all’ingiustizia che ha colpito Nanuko. Il Destino, si sa, fa spesso lo sgambetto. Basti pensare alla tragica sorte di Edipo a cui succedono tutte le disgrazie di questo mondo! Beh, Edipo ha ucciso il padre senza sapere fosse suo padre e ha sposato e fecondato sua madre senza sapere fosse sua madre. Nanuko è solo caduto in un po’ di merda. Ma alla fine, attraverso il racconto, il tragico destino di uno è il tragico destino dell’altro, lo stesso tragico destino che ha colpito me, te, Nanuko ed Edipo!
Così potrebbe essere nato, il Teatro. Intorno al fuoco, ridendo di fronte al racconto di Nanuko, la comunità fa capire a quest’ultimo che forse quella sfiga ha avuto un senso dopotutto. Quella sfiga è servita a far divertire tutti quanti, insieme. A dare loro qualcosa di cui parlare, qualcosa da ricordare, qualcosa che li unirà per sempre. E così da oggi in poi tutti quanti avranno meno paura di inciampare nella merda di mammut, perché è già successo a Nanuko. E se si cadrà nella merda, si dirà: Ci sono caduto dentro proprio come Nanuko! E, chissà, raccontandola, forse quella merda puzzerà di meno.
È a questo che servono le Storie: a dare un senso a ciò che nella vita vera forse un senso non ha. Se quel brutto fattaccio che ci è capitato aveva un significato, forse il significato era che potesse essere raccontato. E il Teatro è il mezzo con cui le Storie accadono davanti a Noi, come se stessero capitando per la prima volta, anche se magari vengono raccontate da sempre.
In sostanza: Noi raccontiamo Storie per far sì che quella merda puzzi di meno. Ne incontreremo tanta di merda, nella Vita. E per come la vedo io esistono poche soluzioni a riguardo. Arrendersi ad essa, deprimersi e smettere di combattere affogandoci dentro è purtroppo una di queste. Pensare di vincerla e sconfiggerla, invece, non è un’ipotesi minimamente contemplabile. Perché non si può.
Abbiamo solo un modo, secondo me, di combatterla. Un solo modo possibile esistente per tirare avanti. Ed è attraverso le Storie.
Viva il Teatro! E fate sì che quella merda puzzi di meno.
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