Viaggi nel tempo e teppisti delle medie: “Tokyo Revengers”

DI ORIANA FERRAGINA

A quasi due anni da quando ho visto la prima serie di “Tokyo Revengers” (era esattamente il 14 novembre del 2021 quando ho terminato di prendere visione della prima puntata dell’anime), eccomi qui a parlare della stessa, tratta dall’omonimo manga di Ken Wakui, pubblicato dall’1 marzo 2017 fino al 16 novembre 2022; in Italia il primo volume del manga è stato pubblicato da J-Pop il 3 febbraio 2021 e l’ultimo volume dell’opera dovrebbe uscire il 28 novembre di quest’anno.

La trama dell’opera è incentrata su Takemichi Hanagaki, ventisei anni, che lavora part-time in un negozio di noleggio film, continuamente maltrattato dal suo capo, e vive in uno squallido appartamento da solo e senza amici, in mezzo alla sua stessa immondizia; insomma, uno sfigato di prima categoria, senza spina dorsale e che chiede scusa a tutti coloro che lo circondano.

Un giorno, mentre sta tranquillamente guardando il telegiornale spaparanzato sul suo futon (letto tipico giapponese), apprende la notizia di un attentato causato dalla Tokyo Manji Gang, un’organizzazione criminale con le mani in pasta in tutti i giri d’affari illegali di Tokyo, tra le cui vittime spiccano i nomi della sua ex e unica fidanzata, Hinata Tachibana, e di suo fratello minore, Naoto. Rattristato e sorpreso dalla notizia, Takemichi va al lavoro dove viene rimproverato dal suo capo, come al solito; terminata la giornata, mentre che sta aspettando il treno che lo riporterà a casa, viene spinto sui binari proprio all’arrivo del mezzo e muore; o così sembra soltanto, visto che poco dopo il ventiseienne si sveglia circondato dagli amici che non vedeva da anni e improvvisamente ringiovanito, senza nessuna ragione apparente. L’uomo intrappolato nel corpo di un adolescente scopre, quindi, di essere, chissà come, tornato indietro nel tempo; esattamente a 12 anni prima, al giorno in cui la sua vita cambiò drasticamente. In quel fatidico giorno, infatti, Takemichi e i suoi amici, credendo di riuscire a battere il gruppo di teppisti capeggiato dal cugino di due anni più vecchio del protagonista, decisero di provare a sfidare i ragazzi di terza media della scuola vicino alla loro. L’unico problema?

Il cugino di Takemichi è solo un galoppino nella banda di motociclisti di cui fa parte e, quindi, lui e i suoi amici finiscono per essere pestati a sangue da questi ultimi e reclutati a forza come lacchè proprio nella Tokyo Manji Gang! Peccato che Takemichi si ricordi tutto questo proprio pochi minuti prima di arrivare sul luogo del fatidico scontro, facendo così la fine della volta precedente e venendo reclutato di nuovo nelle file della gang che, nel futuro, ucciderà Hinata e suo fratello Naoto.

Dopo essere stati picchiati e ridotti male dai motociclisti, Takemichi decide di andare a trovare la sua ragazza del tempo e, dopo averla vista e averci parlato, si ritrova nel parco lì vicino, cercando di capire cosa vuol dire tutto quello che sta succedendo intorno a lui, arrivando alla conclusione che si tratta di un flashback di morte, ovvero quando una persona, in punto di morte, rivive eventi del suo passato che rimpiange nella propria vita. Takemichi viene interrotto nelle sue riflessioni quando vede alcuni bulletti prendersela con un bambino molto più piccolo di loro. Intervenendo e facendoli scappare, l’uomo scopre di aver appena salvato Naoto, il fratellino di Hinata. I due, perciò, iniziano a parlare e, credendo che questa sia solo una punizione di Dio per essere stato un codardo per tutta la vita, visto che, appena finite le medie, aveva fatto le valigie e si era trasferito lontano da tutto e tutti, riuscendo a staccarsi completamente dalla sua vita precedente, Takemichi rivela a Naoto cosa succederà da lì a 12 anni: come lui morirà investito da un treno il 4 luglio e come lui e la sorella perderanno la vita in un attentato l’1 di luglio a opera della Toman (abbreviazione di Tokyo Manji Gang). Dopo avergli detto ciò, l’uomo nel corpo di un adolescente fa promettere al bambino di fronte a lui di ricordarsi di tutto quello che gli ha svelato sul futuro e di proteggere sempre sua sorella maggiore Hinata, suggellando la promessa con una stretta di mano. Ma appena tocca la mano del bambino, Takemichi si vede catapultato 12 anni nel futuro, ritrovandosi nel commissariato di polizia vicino alla stazione in cui era stato investito dal treno quel pomeriggio con davanti un Naoto che non solo è sopravvissuto all’attentato di tre giorni prima, ma che nel mentre è diventato anche un poliziotto. Dopo lo shock iniziale, Naoto spiega come Takemichi, ritornando indietro nel tempo, abbia cambiato il passato in modo tale che Naoto stesso riuscisse a sopravvivere all’attentato della Toman e che quindi, ricordandosi quanto gli era stato riferito dal Takemichi del passato/futuro, era riuscito ad arrivare in tempo per salvare il Takemichi del futuro/passato dall’essere investito dal treno; e tutto questo solo perché quando Takemichi informa Naoto, questi era un patito della fantascienza e, quindi, gli aveva creduto allorché l’uomo aveva affermato di venire dal futuro.

Naoto, alla fine della sua spiegazione, chiede a Takemichi di ritornare indietro nel tempo per cambiare il passato e, perciò, cambiare il futuro, per cercare un modo per salvare sua sorella maggiore Hinata. L’uomo accetta e, con una stretta di mano al poliziotto, ritorna indietro nel tempo.

In questa prima stagione dell’anime sono stati riadattati i primi due archi narrativi del manga: quello di Draken, ovvero la battaglia del 3 agosto (8/3, nella scrittura giapponese della data), e quello di Baji, ovvero l’Halloween di Sangue. Entrambi gli archi sono composti da dodici puntate ciascuno, facendo sì che questa prima parte dell’anime comprenda 24 episodi in tutto che ho finito in una settimana esatta.

La serie non lascia niente all’immaginazione, riportando fedelmente i combattimenti tra le varie bande di giovani teppistelli dalla pagina allo schermo in tutti i dettagli disegnati dal mangaka, come il sangue e le lotte varie; soprattutto questo anime (e di conseguenza il manga) ci presenta un protagonista che parte come il più debole tra tutti i personaggi presentati e che, durante tutta la serie, rimane comunque il più debole!

Ed è anche per questo piccolo dettaglio che ho deciso di iniziare a vedere l’anime, consigliatomi dalla mia amica Eleonora che lo adora. E riesco anche a capire il motivo di ciò: personaggi accattivanti, che passano dall’essere odiati all’essere amati da un capitolo al successivo (o, in questo caso, da un episodio all’altro), buone scene di combattimento che sono dettagliate al punto giusto e, soprattutto, realistiche e una giusta dose di umorismo che non guasta mai; quest’ultimo, ovviamente, non presente nelle parti più drammatiche e pesanti della serie, anch’esse trattate accuratamente e senza sbavature. Insomma, “Tokyo Revengers” riesce a mescolare in sé momenti in cui ridi a crepapelle e, subito dopo, altri in cui non riesci a non commuoverti per la forza d’animo del protagonista che, nonostante sia stato pestato a sangue e non dovrebbe neanche riuscire a rimettersi in piedi, lo fa lo stesso, perché crede così fermamente in quello per cui lotta che trova quel briciolo di energia per rialzarsi e continuare a combattere: per i suoi amici, per la sua fidanzata e per ottenere un futuro in cui tutte le persone che gli stanno a cuore possano vivere felici, sereni e, soprattutto, continuare a vivere!

Uno dei motivi che mi hanno spinto a iniziare a divorare il manga subito dopo aver finito la serie.

In sintesi, come sempre ho cominciato a vedere questa serie non confidando troppo nel fatto che mi sarebbe piaciuta e ricredendomi già dalla prima puntata, mettendo da parte i pregiudizi che avevo, dettati dal sapere che, di solito, questo genere di anime non è il mio preferito (d’abitudine mi guardo anime che tendono al fantasy e al sovrannaturale, con un’unica eccezione, ovviamente, per “Detective Conan”; senza mettere in conto l’anime e il manga collegati ad esso, ovvero “Magic Kaito”, dove appare una vera strega). Perciò vorrei ringraziare calorosamente Eleonora per avermi fatto scoprire questa perla rara e vorrei dedicarle questo articolo e il prossimo, in uscita a breve, che tratterà la seconda roboante stagione di “Tokyo Revengers”. 

E per finire, ecco due piccole particolarità sulla prima stagione: la sigla d’apertura o opening viene messa alla fine nel primo episodio, per poi essere spostata nei minuti iniziali nelle puntate successive; i titoli degli episodi sono scritti in inglese, aspetto ripreso dal manga stesso, nel quale i titoli dei vari capitoli, anche nella versione originale giapponese, sono riportati nella lingua anglosassone.

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