Stalker – Andrej Tarkovskij

DI EDOARDO VALENTE

Come posso sapere se conosco fino in fondo i miei desideri? Sono sicuro di conoscere veramente me stesso?

Aiutami tu, se mi stai leggendo, perché cercherò di parlarti di una delle cose più difficili di cui si possa parlare. Perché ho scelto di farlo lo stesso? Perché altrimenti non mi diverto.

La ricerca della conoscenza di sé è un tema squisitamente filosofico, che affonda le proprie radici nelle origini non solo della cultura occidentale, ma anche di quella orientale. Quasi per caso mi viene da pensare: quale cultura consideriamo occidentale, ma facciamo fatica a sentire simile alla nostra? Quella russa, che in un certo senso si colloca a metà tra occidente e oriente.

Ed è proprio in Russia che, alla fine degli anni ’70, Andrej Tarkovskij presenta il film “Stalker”. Ispirato al romanzo “Picnic sul ciglio della strada” dei fratelli Strugackij, anche se con questo romanzo c’entra proprio poco.

Immaginate che, per qualche oscuro motivo, ci sia una zona ai confini della vostra città nella quale non potete accedere, a causa di questioni che non è imprescindibile specificare. Ecco, quest’area viene chiamata proprio “Zona”. Il confine è controllato dall’esercito, e nessuno può entrarci, nemmeno i militari. Ma qualcuno è in grado di farlo: lo stalker. Il suo lavoro consiste nell’accompagnare i temerari che vogliono avventurarsi nella Zona, che non sottostà alle normali leggi della natura e che, in qualche maniera, è essa stessa viva. 

Ma per quale motivo qualcuno vorrebbe andarci? 

Perché gira voce che al suo interno ci sia una stanza che permette di realizzare i desideri più profondi delle persone che ci entrano. E questo fa gola a molti.

In particolare, nella vicenda narrata nel film, lo Stalker accompagnerà due personaggi, uno scrittore e uno scienziato, chiamati rispettivamente lo Scrittore e il Professore.

Entrambi hanno una specifica ragione per andarci: il primo vuole ritrovare l’ispirazione perduta, il secondo desidera vincere il premio Nobel.  Lo Stalker, invece, ha il solo compito di guidarli, ma nella stanza non ha motivo di entrare.

Quello che Tarkovskij riesce a raccontare – attraverso le peculiari location in cui si svolge la vicenda, tramite lunghissime scene in cui a fare da protagonisti sono il paesaggio e il silenzio, con i dialoghi spesso filosofici dei personaggi – è un viaggio metafisico apparentemente alla ricerca di una stanza, ma in realtà alla ricerca di sé stessi.

Naturalmente la trama in sé non è importante tanto quanto i temi che vengono affrontati, e quindi la lascerò a chi vorrà affrontare le due ore e mezza di film.

E, ovviamente, il tema centrale è solamente uno: sai cosa desideri davvero? E, ancora di più: ti conosci abbastanza bene da sapere di non stare mentendo a te stesso?

Per farci comprendere la pericolosità dei nostri desideri più profondi, nascosti anche a noi stessi, ci viene raccontata una storia dallo Stalker. Egli parla del Porcospino, un individuo che, come lui, era uno stalker, e che gli ha fatto da mentore. Il Porcospino aveva un desiderio: riportare in vita suo fratello. Ma una volta entrato nella stanza, gli viene donata un’enorme ricchezza. Perché? Perché questo era il suo desiderio più profondo. La stanza non ascolta ciò che le si dice, non è una specie di Genio della lampada. La stanza esaudisce quel desiderio che più di ogni altro è forte in noi, anche se non possiamo saperlo. Scoprendo questo, il Porcospino comprende che voler essere ricco era più importante per lui della vita di suo fratello. Il suo desiderio più profondo gli ha rivelato chi è veramente, dimostrandogli non solo di non conoscere sé stesso fino in fondo, ma anche che era una persona peggiore di quella che credeva di essere.

Scoprendo tutto ciò, il Porcospino si suicida.

E probabilmente è per questo che lo Stalker non vuole entrare nella stanza: ha paura di conoscere veramente sé stesso, perché è possibile che possa non riconoscersi. 

E scoprire che non siamo ciò che crediamo di essere, ma affrontare la realtà dei fatti sulla nostra identità, è forse la cosa peggiore che possa capitarci. Tanto da indurre alcuni alla morte.

Come ha scritto Stanislaw Lem in “Solaris” – altro romanzo da cui Tarkovskij ha tratto un film – noi non abbiamo bisogno di altri mondi, ma di specchi. E i nostri desideri sono specchi della nostra identità; eppure, quando ce li abbiamo di fronte, spesso chiudiamo gli occhi e scappiamo. 

Questo non solo è il messaggio più importante contenuto in “Stalker”, ma è una delle verità più scomode da affrontare nella vita. Perché difficilmente vogliamo vederci riflessi per come siamo, senza più poterci credere migliori, senza poter fingere di essere altro. E per questo abbiamo paura di sapere cos’è che desideriamo davvero.

Con questo film Tarkovskij tematizza una delle questioni più importanti all’interno della riflessione sull’essere umano. Nei suoi protagonisti sembra di sentire riecheggiare la voce dei personaggi di Dostoevskij, costantemente vittime di conflitti interiori e in perenne scontro con la propria verità celata. E in questi è presente anche la voce dell’intera cultura europea tra Otto e Novecento, che ha spogliato l’umanità dei suoi fronzoli e l’ha messa di fronte all’inconsistenza delle proprie certezze. 

Il discorso, ahimè, potrebbe espandersi senza una fine, ma se tu che mi leggi mi hai aiutato, e mi hai fatto il favore di leggermi fino a qui, ora sarò io a ricambiarti il favore, chiudendo la discussione con la domanda più essenziale:

saremmo disposti a conoscere fino in fondo ciò che siamo?

Se vuoi leggere di un altro tipo di Zona, anche se nei fatti forse non così diversa, allora questo è decisamente il pezzo che fa per te!!!

Se sei interessato alla vera Felicità, questo crediamo sia l’articolo che stavi cercando!!!

Se sei interessato ad una pellicola completamente diversa ma dalla quale si può sempre tratte una profonda riflessione sull’umano e su chi siamo davvero, allora pigia qua!!!

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