Lawrence D’Arabia – La Vera Grandezza

DI ALBERTO GROMETTO

  • Di cosa parla «Lawrence D’Arabia»?
  • Parla dell’ufficiale inglese che aiutò gli Arabi a rendersi indipendenti dai Turchi.
  • NO! Questo è quello di cui RACCONTA. Io ti ho chiesto di cosa PARLA.

Vi è una differenza abissale tra quello che una Storia racconta e quello di cui parla.

Un mio professore universitario, ai tempi in cui frequentavo la SCUOLA HOLDEN di TORINO, ove si parla tutti i giorni di Storie, diceva che noi dovevamo pensare ad un film, e più in generale ad una narrazione, come a qualcosa che avesse due colori: il BLU e il ROSSO. 

Allo strato superficiale vi era il BLU, che altro non era che la TRAMA, con i suoi personaggi e le loro azioni e i vari accadimenti.

Ma sotto quel BLU vi era il ROSSO: non la trama, ma il TEMA, il suo sangue, quello di cui un’opera parla davvero.

Che razza di film è «LAWRENCE D’ARABIA»? 

Un film storico? Un kolossal epico? Un war movie? Un biopic

Assolutamente no! O meglio: sì, è tutto questo. Ma è infinitamente più grande di così. 

(Il vero Thomas Edward Lawrence storicamente esistito)

Perché sì, la storia raccontata sarà accaduta per davvero, ma in realtà questo indescrivibile e ineguagliabile e irraggiungibile capolavoro sublime e assoluto parla di Noi, a tutti Noi. E non importa se non sei mai stato in Arabia, se non sei un militare o se il deserto lo hai visto solo in televisione. Se sei un essere umano e sai cosa significa vivere per qualcosa e vedertelo portare via, allora questo film parla di Te. 

Thomas Edward Lawrence, chiamato però quasi esclusivamente solo “Lawrence”, è un colonnello dell’esercito britannico che, nei primi del Novecento, mentre in Europa serpeggia la Prima Guerra Mondiale, di stanza a Il Cairo in Egitto, riesce nell’intento di farsi assegnare una missione in Arabia: a quei tempi la regione era in mano all’Impero Turco, nemico del Regno Unito, e il popolo arabo non era che una sfilza di tribù litigiose in perenne conflitto tra loro. Sulla carta, la missione consisterebbe solamente nell’andare lì, vedere come vanno le cose e scrivere una valutazione in merito. Ma gli eventi prenderanno una piega completamente diversa, e Lawrence finirà invece per diventare intimo consigliere dell’Emiro/Principe, suo stratega militare e comandante delle sue truppe in una guerra contro l’invasore turco. 

Il perché Lawrence fosse così tremendamente e pazzescamente interessato all’Arabia e alle sue vicende non è chiaro, né nell’opera cinematografica né nella Storia vera con la “S” maiuscola. Nel film ci viene fatto intendere che Lawrence fa quello che fa per costruire ed edificare un’Arabia unita e libera. Ma la pellicola lo mostra molto chiaramente: questa cosa qua, in realtà, la vuole solo Lawrence! Non la vogliono gli Inglesi (né tantomeno l’alleato francese), i quali sperano che gli Arabi caccino via i Turchi, ma solo per potersi mettere al loro posto. Non la vogliono i Turchi che pretendono che la terra araba faccia parte del loro Impero Ottomano. E nemmeno gli stessi Arabi vogliono un’Arabia unita: manco sentono di appartenere ad un popolo arabo che nei fatti non esiste, la stragrande maggioranza non vuole la libertà, desidera solo tanto oro e tante ricchezze e basta!, e non gliene importa nulla di chi sia a darglieli, se gli Anglo-Francesi oppure i Turchi, né le frega niente se per averli deve rinunciare alla sua indipendenza o all’idea di avere un Paese.

Ma allora perché diavolo a Lawrence dovrebbe importare invece? Su questo torneremo dopo.

Ora, il fatto qual è? Che questo film (che mi pare di aver già detto essere un’opera di un’impressionante bellezza immortale!) non punta tanto a raccontarti le vicende storiche di quel tempo, per quanto in effetti le racconti. Ma il suo vero, reale obbiettivo è farti vedere e toccare con mano chi sia stato Lawrence. La pellicola si apre mostrandoci tutta una serie di personaggi che hanno fatto parte della sua vita e ai quali viene chiesto “che tipo fosse”, com’era fatto. Ognuno ha una sua opinione, ma nessuno comunque dice troppo. Dicono niente, anzi. Sono solo tutti concordi che fosse straordinario.

Che poi, io mi chiedo: ma che cavolo significa “straordinario” nel momento in cui ci si riferisce ad una persona? Cosa vuol dire? Non vuol dire niente, no? Chi stabilisce la straordinarietà di qualcuno? Come fai a dire “Ah sì, quello è un uomo straordinario!” e quegli altri lì non lo sono per niente. Esiste forse una maniera di indicizzare il livello di straordinarietà di una persona? Una classificazione che ti consenta di capire quanta straordinarietà c’è in questa azione piuttosto che in quell’altra? No. E allora: facciamoci un piacere!, e non perdiamoci a definire qualcuno straordinario o meno. Detto questo, in effetti sì, Lawrence è uno degli uomini più straordinari che siano mai esistiti. Guardando la pellicola, questa è la verità assolutamente oggettiva e indiscutibile che emerge.

Il film ci fa sentire, respirare e vivere questa straordinarietà, che definire epocale o leggendaria è dire niente. Lawrence è capace di guardare ad un arido e fatale deserto infinito, dove chiunque ci finisca muore e nessuno mai nella Storia è arrivato dall’altra parte, e dirti: Io lo passerò con Te. E poi lo fa. Lo attraversa riuscendo a fare quello che non poteva essere fatto e che mai prima di allora era stato fatto. E facendolo, lo fa fare pure a Te! Lui è l’uomo dell’“IO POSSO!”. È in grado di realizzare l’impossibile, se solo ci crede. E Lui ci crede. Ci crede sempre. E questo suo credere porta la gente a credere in Lui. Lui può «muovere le montagne e camminare sull’acqua», e sapete perché? Perché può essere fatto, se Lui lo vuole. «Ma non è possibile!» gli vien detto ad un certo punto. «Eppure è vero. L’ho fatto io» risponde Lui. «Pazzo, non puoi farlo!». Ma Lui può. Lui non pensa di riuscire a fare, Lui riesce a fare. È la forza sovrumana del suo credere, che gli conferisce un potere sconfinato e soprattutto puro. A Lui riesce tutto perché crede nel suo credere.

Racconto un momento epico del film che trasuda leggenda da tutti i pori. Siamo ancora agli inizi. Lawrence ha convinto il Principe/Emiro a dargli cinquanta uomini per partire alla volta del deserto più infernale che esista in tutto il globo e attraversarlo. È impossibile sopravvivere. A guidare il gruppo insieme a lui c’è ʿAlī, reso vivo da un magnetico e magnifico OMAR SHARIF, uno dei pochi Arabi che sembra davvero sognare un Paese libero e unito, e che sarà tra i migliori amici di Lawrence, a dispetto dei loro molteplici scontri nell’arco della pellicola. Incredibile, ma ce la fanno, arrivano alla fine del deserto. Quand’ecco che ci si accorge che uno dei loro uomini, Gasim, deve essere svenuto e caduto nella sabbia, perché di lui non v’è traccia, a parte il suo cammello. Lawrence decide così di tornare indietro da solo a recuperarlo. ʿAlī trasecola: È una follia insensata, non puoi farlo, Gasim oramai è spacciato, il Sole sta per sorgere e una volta giunto il Mezzogiorno morirà, è scritto che le cose debbano andare così. E sapete che fa Lawrence? Se ne frega, e va lo stesso. Si apre allora una delle sequenze più drammatiche, tese, pazzesche mai girate da essere umano alcuno! Gasim cammina solo, la cinepresa ci dà l’idea di quanto immenso sia questo spazio desertico, e attraverso inquadrature del Sole sempre più ravvicinate, sempre più grandi, con in sottofondo un commento musicale da brividi, ci mette addosso un’ansia da pelle d’oca, accerchiati da tutto quel soffocante caldo da fornace. Però, il fatto è che alla fine l’ha fatto. Lawrence ritorna con Gasim: l’ha salvato, ha compiuto quello che non poteva essere compiuto, è un eroe dalla statura divina. Lo accolgono tutti festosi in trionfo. ʿAlī gli va incontro. E Lawrence, pieno zeppo di sabbia, si toglie il velo che aveva sulla faccia e con voce roca dice solo:

“Niente sta scritto”. 

È Lui che scrive il suo Destino. Ed era scritto che ce l’avrebbe fatta. Lo aveva scritto Lui stesso, ce l’aveva scritto dentro di sé.

(Mr. Dryden e Lawrence, quando il primo propose il secondo per la missione che avrebbe dato l’avvio alle vicende del film)

Io, e con me la quasi totalità dei personaggi presenti nel film, credo davvero sia un essere straordinario. Lo credono gli Inglesi, che comunque disprezzano gli Arabi amici di Lawrence e vogliono solamente essere i padroni di quella terra. Lo credono gli Arabi, che sono un guazzabuglio di clan insopportabili gli uni per gli altri e a cui interessa solo l’oro, eppure seguono Lawrence dappertutto, e sì, lo seguono perché così fanno razzie, ma forse vanno con Lui anche perché si tratta di Lui. Credono tutti che sia straordinario perché è talmente evidente che non si può non credere. 

Il vero mistero resta il perché faccia quello che fa. Ha messo insieme miriadi di tribù arabe che giammai sarebbero state insieme. Ha attraversato deserti impossibili e fatto cose grandiose fino ad allora impensabili. Ha conquistato intere città che non potevano essere conquistate, sgominando la potenza turca e sconfiggendo chi voleva e come voleva. Ma perché? Non lo ha fatto per eseguire degli ordini, come Allenby, il suo generale, interpretato da un ottimo JACK HAWKINS, che invece sovente ripete di avere degli ordini. Lui di ordini non ne aveva, ha sempre scelto di testa sua. Non lo ha fatto per la “sua gente”, cioè gli Inglesi: ma saranno poi davvero loro la “sua gente”? Non lo ha fatto per fame politica o ambizione, per quanto abbia dovuto a più riprese usare la politica. Fu del resto il sottile burattinaio Mr. Dryden, mellifluo diplomatico francese, mostro della politica, impersonato da un magistrale CLAUDE RAINS, a far sì che Lawrence potesse andare in Arabia. Non lo ha fatto per poter un giorno essere a capo di quell’Arabia, come invece l’affettato e compassato e artificioso e controllato (forse fin troppo controllato!) Principe Feysal, l’Emiro interpretato da un ALEC GUINNESS sempre da urlo. E certamente non l’ha fatto per avere oro e ricchezze, come invece la stragrande maggioranza degli Arabi.

Ma allora: perché? Che causa serve? Perché lo fa? Come mai? 

Lo fa per quel deserto, ecco perché lo fa. Davvero. Per quel deserto. 

CHE COSA???

(Anche Noi finiamo per innamorarci di dune, riprese in quel modo, con quella fotografia, mentre risuona l’inconfondibile e sublime e paradisiaca e pazzesca colonna sonora, tra le migliori mai composte per un film, a firma di MAURICE JARRE)

Sì, m’avete capito bene. Quelle polverose dune di sabbia, tra le quali perdersi e alle quali abbandonarsi, sono il luogo nel quale sia mai stato meglio in tutta la Vita. Lui vedeva la sabbia, e stava bene. Il deserto era il suo elemento naturale, la sua unica vera casa, la terra che amava. Era la sua Zona, la sua forma del Paradiso, il suo posto in cui stare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, dato qualsiasi cosa, per poterci stare per sempre. E il perché non è dato sapere. Ma non c’è nemmeno bisogno di saperlo.

Le ossessioni non hanno bisogno di un perché. Non lo vogliono nemmeno, un perché. Se sono autentiche, vere, reali, la sola cosa che si ha da sapere e che si deve sapere a riguardo è che sono grandi, immense, sconfinate. Come un deserto rovente, l’ossessione non ha confini. Ci brucia dentro. E Tu non vivrai che per quella roba là.

Lui amava quel deserto più di ogni altra cosa al mondo, ma di un amore così puro e sacro che è terribile pensare a quanto di sporco e orrido e impuro abbia dovuto affrontare e attraversare per quel suo amore così alto e bello. Sì, perché Lawrence è un essere straordinario in primo luogo perché ha dentro di sé una spinta straordinaria, che è quell’ossessione straordinaria che germoglia in Lui, come un’oasi nella sabbia. Che è immensa, in Lui. Ma proprio perché quest’ossessione, questo sogno, esiste in Lui, per poterlo realizzare nella Vita Vera, in un mondo che è sporco e cattivo e putrido come il nostro, bisogna essere disposti a sporcarsi, a diventare cattivi, a imputridirsi. 

Per essere Grandi, per realizzare cose Grandi e Alte, devi essere disposto a fare quanto di più piccolo e basso ci sia. Per avere la Vera Grandezza nel palmo della tua mano, devi essere disposto a toccare le infime cavità dei recessi dell’animo umano e smettere di essere umano.

Vi ricordate la scena epica che trasuda leggenda da tutti i pori che v’ho raccontato prima? Ecco, ora ve ne racconto un’altra che avviene poco dopo. E nella quale vi è tutto il senso di questo film meraviglioso. Attraversato dunque il deserto, Lawrence riesce ad ottenere che un’altra tribù araba guerriera particolarmente forte si unisca a loro. Un’altra cosa impossibile che con Lui diventa possibile. Si unisce così a Lawrence e ad Alī, con i suoi uomini, il divertentissimo e comicissimo Awda Abu Tayi, impersonato da un ANTHONY QUINN in stato di grazia: un brontolone sempre scontento che dichiara apertamente di fare quello che fa solo per oro e ricchezze, quando invece però, alla pari solo con ʿAlī, si dimostrerà uno dei migliori amici di Lawrence. Ebbene, è la notte prima del grande attacco che stanno per sferrare alla turca Aqaba. Quand’ecco che uno degli uomini di ʿAlī ammazza uno degli uomini di Awda. L’assassino deve essere assassinato, secondo Awda e i suoi. Ma nessuno di Awda può azzardarsi ad ammazzare uno della tribù di ʿAlī! Come risolverla? L’alleanza rischia di saltare e il sogno di Lawrence morire sul nascere. Quest’ultimo trova la soluzione: lo ammazzerà lui, lui che non appartiene ad alcuna tribù, così che tutti siano contenti e nessuno offeso. È la sola soluzione possibile. Anche se Lawrence è contrario agli assassini, lo deve fare. Per il suo sogno. Pistola in mano, si rende conto solo una volta che ce l’ha davanti chi deve uccidere: lo stesso che salvò, Gasim. Un momento che è un patimento tanto doloroso e sofferente proprio perché arriva dopo quella scena di prima, così epica e piena di speranza. Speranza che se ci credi, il Mondo puoi davvero cambiarlo. E invece no. Lawrence lo fa, gli spara addosso più e più volte fino ad ammazzarlo. E poi si allontana, distrutto. Awda ne chiede ad ʿAlī il motivo, e lui gli spiega chi fosse Gasim per Lawrence: l’uomo che aveva salvato dal deserto. Nella risposta di Awda c’è tutto.

“Era scritto allora: doveva lasciarcelo”.

(Da sinistra a destra: Awda, Lawrence e ʿAlī)

Per sconfiggere i Turchi e fondare l’Arabia ci vorrebbe un miracolo, afferma il Principe Feysal. Lawrence allora cammina e riflette. Per tutta la notte cammina e riflette. E vi è qualcosa di mistico e ambiguo e indecifrabile insieme in quell’uomo tanto piccolo che cammina in quel deserto tanto grande, solo, nella notte, con la sabbia che gli soffia addosso. Questo fino a quando il Sole non sorge, e con il Sole pure Lui sorge, Lui piccolo e minuscolo che fa sorgere il Sole immenso, e che ha pensieri immensi, che diverranno azioni immense. Ha riflettuto e sa cosa deve fare: deve essere Lui quel miracolo di cui ci è bisogno. E lo sarà. 

Serve un Cinema altrettanto grande per poter raccontare tutta quella Grandezza. Ebbene, in questa pellicola quel grande Cinema grandioso c’è tutto, si può anzi dire che questo film qua sia uno dei massimi rappresentanti possibili della Grandezza di quel Cinema. Aggiungerei: se oggi il Cinema è grande, lo si deve a quest’opera. Il più grande esempio di Grande Cinema. Fortunatamente dietro la cinepresa v’era infatti uno dei più eccelsi rappresentanti della Settima Arte: solamente le sue mani sapienti potevano ritrarre come in un dipinto quelle polverose dune di sabbia e calore; solamente lui poteva regalarci una perla dopo la quale il Cinema non sarebbe più stato come prima; solamente lui poteva confezionare un monumento che avesse tutto pur risultando infinitamente più grande della somma delle sue parti, da interpretazioni attoriali che lasciano senza fiato passando per una sceneggiatura che meriterebbe il Premio Nobel per la Letteratura fino ad arrivare ad una fotografia e un montaggio che costituiscono per chiunque un piacere godurioso dei sensi. Solamente SIR DAVID LEAN poteva riuscirci. Creatore di leggendarie pellicole epiche delle più straordinarie possibili, in questo caso giunge fino al Monte Olimpo per tornare indietro e farci dono del FILM della Vita, quello dopo il quale i cineasti che hanno forgiato la nostra epoca avrebbero capito di voler fare Cinema nella loro esistenza, Maestri con la “M” Maiuscola come STEVEN SPIELBERG e MARTIN SCORSESE (che con il loro mentore Lean, Maestro di Maestri, avrebbero curato i restauri del film nel 1989). Ogni singola inquadratura meriterebbe di essere in un quadro. Non taglierei neanche mezzo secondo di quei 227 minuti di fascino e magia che ogni, singola, benedetta volta mi lasciano incollato a quelle dune sabbiose facendomi desiderare di essere lì. Come se anche noi spettatori diventassimo Lawrence D’Arabia e la sua ossessione sognante fosse la nostra. La Regia rende spettacolare e monumentale quella sabbia, ogni microscopico momento è una lezione di messinscena. Cito, tra i tanti, l’introduzione in scena di ʿAlī, uno dei migliori ingressi mai filmati, inizialmente solo un pallido riflesso remoto all’orizzonte, quasi un miraggio, tra il blu del cielo e il rosso del deserto, poi due silenziosi e interminabili minuti carichi di minaccia e paura, con la tensione alle stelle, e poi… poi vedetevi la scena. Wow, che pellicola! Un film del genere non potrà mai essere replicato, perché è come l’uomo che racconta: unico e irripetibile.

(L’arrivo ed entrata in scena di ʿAlī: tra i più grandi momenti di Grande Cinema della Storia!!!)

Infine, v’era solo un attore su tutta la faccia della Terra che potesse diventare, essere, questo straordinario, stravagante, enigmatico e per nulla inquadrabile puzzle misterioso, che agisce in nome di nessuno se non di un sogno ma che verrà strumentalizzato e usato da tutti i poteri forti in gioco, masticato e poi risputato, che sembra un eroe virtuoso di bianco vestito ma che diverrà pure suo malgrado un massacratore sanguinario con gli abiti intrisi di rosso vivo, trasformato da quella stessa ossessione per la quale aveva compiuto imprese immortali, il solo ad avere un volto così angelico eppure anche così plastico, l’unico in grado di possedere una teatralità talmente teatrale da impersonare colui che si è erto a divinità ma che in mano non rimarrà che con polvere e nient’altro: PETER O’TOOLE. Tra i più grandi interpreti della Storia, l’Attore Vero nella sua massima espressione, capace di farci sognare e poi farci sprofondare in un incubo grazie ad una sola espressione del volto. Lui ha saputo incarnare la Vera Grandezza e insieme i difetti delle sue qualità, l’Ossessione e la Pazzia, l’Eroismo e il Marciume. Lawrence vivrà il raccapricciante su di sé e sarà Egli stesso raccapricciante. Un uomo che non è come gli altri, che non sarà mai come gli altri, e se anche ad un certo punto vorrebbe esserlo semplicemente non può. «Credo di aver intravisto il modo di essere NORMALMENTE felice» dice, illudendosi, convinto di voler lasciare l’Arabia. Ma Lui non è normale, né lo sarà mai. E in quanto tale non vuole cose normali, non ha desideri normali. Questa è la sua grande condanna, ciò che lo renderà un infelice sconfitto fino alla fine dei suoi giorni. Peter, non avrai vinto l’Oscar, ma hai vinto qualcosa di molto più grande: l’Eternità. Come Lawrence.

(Sir David Lean e Peter O’Toole durante le riprese del film, nel mentre che fanno la Storia ed entrano nella Leggenda)

“Ha mentito! Quindi non è perfetto”.

Queste parole le pronuncia Awda ad un certo punto parlando del protagonista. Nel film Egli diventa un’altra persona oppure è sempre stato così? Un essere grandioso capace di fare di tutto perché vuole cose grandiose, ma che per averle fa anche cose che grandiose non lo sono affatto. Il deserto rimane la sua ragione, anche quando a poco a poco rinuncia alla compassione, alla pietà e all’umanità che fin dalle prime scene lo contraddistinguevano da tutti gli altri. Per potercela fare, rinuncia a quello che lo rendeva umano. 

Nell’autentica, reale “Vera Grandezza” vi è straordinariamente qualcosa di orridamente piccolo. Essere Grandi non significa essere perfetti. Importanza e Imperfezione stanno insieme. Grandezza e Piccolezza non sussistono l’una senza l’altra, e per avere una devi avere anche l’altra. La Vera Grandezza passa attraverso la Piccolezza, essere grandi significa essere piccoli. Anzi, più si è grandi e più in qualche modo si è imperfetti. E forse proprio perché si è Grandi e si è in qualche modo obbligati a seguire la propria straordinaria Grandezza, si è però impossibilitati a scrivere il proprio Destino.

«Non tutte le persone hanno un destino Lawrence, ed è un cosa veramente terribile respingerlo quando si ha» gli dice il generale Allenby per manipolarlo e convincerlo a fare come desidera. Ma se allora il Destino è una cosa che si ha, come è possibile che non sia già scritto? Può davvero un uomo essere tutto quello che vuole e scrivere il suo Fato? Lawrence credeva di sì, all’inizio. E ʿAlī, e con lui molti altri, finiranno per credergli. Ma forse non è così che stanno le cose. Perché si può decidere di prendere una città e darla ad un popolo. Ma se quel popolo rimane diviso ed è pronto a piegarsi al giogo di chiunque se questi gli dà un po’ di oro… a che è servito? Ci vuole una grandezza impressionante per attraversare il deserto e poi tornare indietro a salvare la vita di un uomo. Ma a che è servito tornare da dietro quell’orizzonte a bordo di un cammello con quel disperso sulle spalle, se poi lo devi ammazzare? Quanta Grandezza sprecata!!! 

La verità è che niente sarà scritto, ma se tu hai un sogno, un’ossessione che non t’abbandona mai, la tua Felicità o Infelicità dipenderà da quello. Il tuo agire, il tuo essere, il tuo Te dipenderà da quello. E quell’ossessione diverrà il tuo carattere. E il carattere di un uomo, diceva Eraclito, è il suo Destino. Un uomo è quello a cui pensa tutto il giorno. E quello che sogna gli divora l’anima.

Lawrence sognava il deserto. Era quel deserto. «Non so niente del deserto, ma so di me stesso» dice nel corso del film. Ma il deserto e Lui non sono la stessa cosa? Amava quella sabbia, oh se la amava! Ma solo Lui. Nemmeno gli Arabi, dice il Principe Feysal, adorano il deserto. Loro adorano le oasi, il verde, l’acqua. Ma la sabbia e le sue dune proprio no. È che gli sono capitati. Lui invece li ha scelti. «Lawrence, solo due tipi di esseri si trovano bene nel deserto: i beduini e gli dei. E lei non è fra questi» gli dice Dryden. Ma siamo proprio sicuri che non lo sia? Dico, un beduino. Oppure… una divinità? Quasi fantasmatico con quel suo vestiario, in perenne osservazione delle colonne di polvere e dell’ombra sulle dune, sospeso a metà tra più mondi senza appartenere veramente a nessuno se non a quella stessa sabbia. Già, perché lui non è Arabo. Potesse esserlo, lo sarebbe. Ma non lo è. Però non è nemmeno come gli Inglesi. Me ne vado, dice esausto ad un certo punto. Perché?, gli si chiede. «Perché sono arrivato alla fine di me stesso», dice Lui parlando di sé, come se fosse Egli stesso un deserto di sabbia che aveva appena finito di attraversare.

Grandezza imperfetta, passione ossessionante divorante e Destino. Ecco, di cosa PARLA questa perla eccezionale che m’ha cambiato la Vita e mi ha raccontato qualcosa su di me, su tutti Noi. Le leggende ognuno le vive e le ricorda a modo suo. Se Lawrence fosse straordinario oppure un fallito sconfitto o entrambi, non si può dire. Possiamo dire che il suo amore e il suo sogno e la sua ossessione fossero puri, ma non lo era il mondo in cui ha vissuto e di conseguenza non potevano esserlo nemmeno le sue azioni. Una scena, all’inizio, ci mostra Lawrence che spegne i fiammiferi tra l’indice e il pollice. Ci provano i commilitoni, che però si fanno male. Come ci riesci tu?, gli chiedono. Il trucco è non pensare che fa male, risponde Lui. Ha sempre fatto così, del resto: pensare di fare una cosa e poi farla. Subito dopo questo momento, egli viene convocato dal generale che lo manderà in Arabia. A quel punto, parlando con Dryden, tira fuori un fiammifero. E siamo tutti pronti a credere che farà come prima. E invece lui semplicemente ci soffia sopra. In quel preciso momento c’è quello che forse è il più grande stacco di montaggio della Storia del Cinema. Appena soffiato sul fiammifero, la cinepresa inquadra l’orizzonte e il Sole che sorge. Sembra quasi che questo momento, tra i più alti della Storia della Settima Arte, voglia dire: Quel Sole lo ha fatto sorgere Lawrence. In quel momento lui ancora credeva che bastava credere, per potercela fare. Si renderà conto nelle successive tre ore, e noi con lui, che così non è. Perché? Perché la Vita Vera funziona così. 

Ma per fortuna esiste il Cinema. Dove puoi spegnere un fiammifero per accendere il Sole.

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