DI ALBERTO GROMETTO
Scrivere un articolo sul nuovo film di una di quelle persone che t’ha fatto scoprire cosa volevi respirare per maggior parte della tua vita, non è facile.
(Cosa voglio respirare per la maggior parte della mia vita? Storie!!!)
Scrivere un pezzo da amante cinefilo su uno di coloro che t’ha fatto scoprire cosa significhi “fare cinema”, che ti ha fatto capire che ti senti realizzato nel buio di una sala cinematografica, mentre quel fascio luminoso fa il suo dannato e meraviglioso lavoro, è difficile.
Scrivere un pezzo sulla pellicola che il tuo immortale idolo ha realizzato per parlare di sé… ecco… lì allora non saprei proprio come fare!
Ma è quello che mi sono ritrovato tra le mani.
Il film realizzato da Steven Spielberg, di Steven Spielberg, su Steven Spielberg.
Il film con cui STEVEN SPIELBERG (LUI!!!) parla di STEVEN SPIELBERG!!!
Il film con cui lui si racconta.
Anche se, Steven lo ha sempre detto, in ogni film che ha fatto c’è un po’ di lui. E questa è una profonda verità: qualsiasi Autore alla fine si ritrova a parlare di sé, pur parlando di qualcosa che con lui non c’entra proprio niente. Ma perché in realtà c’entra.
Ricordiamocelo sempre: si può parlare di alieni su biciclette che prendono il volo, di dinosauri che tornano in vita, di Presidenti Americani o stravaganti professori di archeologia che con lazzo e cappello scappano da enormi massi rotolanti e vivono avventure delle più straordinarie… in ogni storia raccontata, però, alla fine si racconta quello che si conosce meglio, si parla di sé, si narra di qualcosa che ci riguarda tutti in quanto esseri umani. È qua che sta il bello. E questo me lo hanno insegnato diverse persone. E una di queste è Steven.
Il Maestro Spielberg prende la sua esistenza e ce la racconta. Certo, qualcuno dirà che si sarà preso delle “licenze poetiche”, che le cose non saranno proprio andate in questo modo, ma questo è normale.
Le Storie non sono mai la Verità. Sono Verità. Senza il “La”. Il che è ben diverso.
Così Steven non racconta di un bambino di nome Steven. Narra la vita di Sammy Fabelman, che però è lui pur non essendolo. La narrazione inizia da quel giorno in cui a Sammy cambiò l’esistenza. È un bambino, ha solo sei anni, è piccolo in mezzo al padre e alla madre, così alti da “uscire dall’inquadratura”. E ha paura ad entrare in quel posto. È buio, là dentro. E le persone sono giganti. Ti divertirai, gli dice suo padre: Sarà il tuo primo film di sempre! Poi ci pensa la madre, che si china per poterlo guardare negli occhi. «I film sono sogni che non dimenticherai mai». E così ci entra infine, in quel cinema. E, in un certo qual senso, non ci uscirà mai più.
Molti hanno detto che questa pellicola incarna un’appassionata lettera d’amore al Cinema, scritta da chi il Cinema lo ha fatto, lo ha scolpito e lo ha cambiato per sempre. Perché Spielberg ha segnato la vita di intere generazioni attraverso i decenni, le epoche, la Storia. C’è stata una rivoluzione digitale, una Guerra Fredda, è crollato il Muro di Berlino e sono state abbattute le Torri Gemelle, ma Lui è sempre rimasto. Succedeva tutto questo, e nel mentre Lui faceva film. Ebbene, questo film non è però SOLO un’appassionata lettera d’amore al cinema. È un’appassionata lettera d’amore all’avere un sogno. All’essere sognatori. Al vivere per quel sogno. «I DREAM FOR A LIVING», disse Steven in un’intervista storica risalente al 1985. «IO SOGNO PER VIVERE». E se i film sono sogni che non dimenticherai mai, sogni che hanno l’immortale sapore dell’Eternità, allora l’Eterno Spielberg è un sognatore di professione.
Ma non è tutto rose e fiori, non è tutto splendido e bellissimo. Avere un Sogno ti distruggerà, questo bisogna metterlo in conto. E chiameranno quel tuo Sogno “hobby”, senza davvero capire cosa per te significhi. E ti diranno di lasciar perdere. E ci saranno litigi e sofferenze. Ha ragione così quel vecchio zio pazzo sbucato dal nulla (interpretato da uno STRATOSFERICO E STRABILIANTE Judd Hirsch) e col quale passerai una sola notte e niente più, che ti dirà che da una parte ci saranno i sogni e dall’altra la famiglia, e che una scelta la dovrai fare, e che sarà devastante, perché ti strapperà in due. Perché nel mentre hai un Sogno, c’è la Vita. Terribile, orribile, col suo peso schiacciante. E la Vita cercherà sempre di risucchiarti nel suo vortice, sempre. Uno non ne può più a volte, della Vita. Ci sono i tuoi genitori che si sono sempre amati, eppure non possono più stare insieme. Ci sono i bulli della scuola che ti prendono di mira, solo perché sei Ebreo, ma forse senza un vero motivo, tanto per sfogare le loro frustrazioni contro un qualcuno, convinti di divertirsi in questo modo. Vi è la tua fidanzata, con la quale vorresti stare, alla quale chiedi di rimanere con te il giorno del ballo, e lei ti dice di no. È la Vita. Si è soli. Soli.
Però c’è quel Sogno. E sì, sarà orribile a dirsi, i benpensanti si scandalizzeranno, ma ora vi dirò una cosa che è vera, terribile ma anche meravigliosa. Chi racconta Storie, chi scrive, chi fa film, chi fa teatro, chi fa Arte… si ritroverà a vivere un dolore terribile, perché sono tutte persone che vivono la Vita, come tutti. Magari si troverà ad un funerale, oppure a tenere la mano ad una persona su un letto d’ospedale che sta morendo. Con tutti intorno che piangono e soffrono e senti la loro sofferenza e dolore. Ma nel mentre, penserai: Questa cosa io la devo raccontare. E questo ce lo dice lo stesso Spielberg. Devi scegliere tra la Vita e il tuo Sogno. Ma la Vita fa schifo. Basta raccontarsi che non è così. Nel Sogno invece, magari non tutto è come vorremmo, ma tutto ha un significato. E glielo dai tu. Ed è meraviglioso. E anche un bullo, che in realtà sotto sotto è un debole sfigato, può volare come una divinità su quello schermo. Perché sì, i Sogni sono meglio della Vita. Ma senza la Vita, non esiste il Sogno. Senza le persone che ci hanno attraversato, non potremmo raccontare nulla. Questo Spielberg lo sa. Altrimenti non avrebbe fatto questo film.


Illustrazione di Sara Noemi Scatola
Una pellicola che, in quanto tale, è un Sogno che non dimenticheremo mai, e in effetti sembra proprio un Sogno, un Sogno che però ci vomita addosso tanta vita, regalandoci innumerevoli momenti diversi nel giro di poco, passando da profonda tenerezza ad acuta gioia approdando anche verso terre sconosciute e poco definibili ma intrise di una nostalgica malinconia dolorosissima.
È tutto talmente meraviglioso e sognante che non ci sono parole. Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, e ovviamente il cast!!! Abbiamo Seth Rogen, la cui carismatica simpatia naturale ben si sposa con la sua interpretazione. Abbiamo Michelle Williams, il cui personaggio ci lascia in parte incantati e in parte ci respinge in qualche misura. Abbiamo Paul Dano, che consideriamo uno dei più grandi Attori di tutta la Storia del Cinema, e lo affermiamo senza timor di esagerazione. Abbiamo persino il Maestro David Lynch, e non vi dico cosa faccia!
Questo sembra essere un film fatto per raccontarci l’essenza stessa del Cinema, e lo fa, ma non si limita a quello. «THE FABELMANS» ci racconta l’essenza stessa dell’avere un Sogno. E che ci piaccia o meno, tutti quanti noi, persino i più cinici e realisti, vivono solo per poter sognare. Viviamo di sogni. Altrimenti non vedremmo i film, o non leggeremmo libri, o non andremmo a teatro. Grazie Steven Spielberg, grazie per averci raccontato la tua storia, che è la storia di chiunque abbia un sogno talmente forte da dedicargli la vita. A volte ci si imbatte così, per caso, nel proprio sogno. Come quando tu, bambino, entrasti in quel cinema. Era buio lì dentro, tutte quelle persone sullo schermo giganti, e tu non volevi entrarci. Furono i tuoi genitori a convincerti. E oggi, dopo un’intera vita, una carriera con la quale hai cambiato i Destini del Mondo e una serie di capolavori uno più bello dell’altro, Tu non ci sei ancora uscito da quel cinema in cui entrasti quando avevi sei anni. Sei ancora là. E sei ancora là perché cerchi di vivere in un Sogno dal quale non vorremmo risvegliarci mai.