DI ALBERTO GROMETTO
Da che mondo è mondo, le nuove unioni sono sempre state viste come sinonimo di un nuovo inizio. E invece non tutte le nuovi unioni possono essere considerate tali, ma solo quelle che soddisfano determinate condizioni. Come ad esempio, imprescindibile: essere motivo di felicità per tutte le parti coinvolte. Bella roba, direte voi! Quante e quali sarebbero le parti coinvolte? E poi… e poi come diavolo si fa ad essere felici? Qualcuno lo ha mai capito? Se sì, venite a spiegarmelo!
Divorzi, omicidi, suicidi, litigi, bancarotta, fallimento, scioglimento: per ogni nuova unione e nuovo inizio, vi è una separazione e un finale. Perché? Vengono a mutare le condizioni. Spunta fuori qualcosa di imprevisto. Quella strana armonia che come per magia era venuta a crearsi, altrettanto improvvisamente s’esaurisce. Non lo so perché accada questo. Tutto quello che so è che quando qualcosa inizia, una Fine giunge sempre (o quasi). Prima o poi.
«NOZZE DI SANGUE» racconta proprio questo, di un Inizio che doveva ancora iniziare e che invece finì per essere una Fine.
Siamo nell’assolata Andalusia in Spagna, la vicenda va in scena tra terreni arsi in cui nulla cresce e fitti boschi rigogliosi. Uno scenario naturale, senza fronzoli, semplice come la gente che lo abita. Semplice come quello di cui ci narra il Maestro FEDERICO GARCÍA LORCA nella sua opera: che poi semplice non è affatto, stiamo parlando del mutevole e inquieto animo dell’Essere Umano, il quale però risulta semplicemente senza spiegazione, inspiegato e inspiegabile.
Perché una giovane donna in procinto di sposarsi con un uomo che la ama spassionatamente e che è di ricca famiglia e verso il quale perdipiù nutre un affetto sincero, dovrebbe ancora avere nella mente e nel cuore il fidanzato di un tempo, ora sposato con la cugina da oltre due anni e dalla quale ha avuto un figlio?
Abbiamo lo Sposo, che vuole convolare a nozze con l’amata.
Abbiamo la Sposa, che non sa nemmeno lei quel che vuole.
Abbiamo la Madre dello Sposo, che dopo aver patito tante maledette disgrazie, tra cui la morte del marito e del primogenito, vuole la felicità del figlio rimastole.
Abbiamo il Padre della Sposa, molto contento per l’imminente matrimonio.
E poi… poi abbiamo il solo elemento fuori posto. Quello che non c’entra niente. Per dirla in un modo che non sarà molto poetico ma sicuramente esplicativo: quello che manda tutto a puttane. Il solo di cui conosciamo il nome: Leonardo. Quello è il primo amore della Sposa. Forse l’unico amore, sarebbe meglio dire.
Tutto sembra concordato, accordato, perfetto, in armonia: le nozze si faranno. Un nuovo inizio dovrebbe cominciare. E invece tutto prenderà un’altra piega. E invece di una nuova vita, troveranno solo il Sangue.
Poche rappresentazioni sono risultate tanto suggestive, evocative, emozionanti e vive quanto l’originalissima e brillante ed intensissima performance offertaci dalla compagnia teatrale MIRANDA SULLA FUNE, a cui abbiamo avuto l’inestimabile privilegio e l’immenso onore di poter applaudire GIOVEDÌ 2 NOVEMBRE 2023, quando il suo personale «Nozze Di Sangue» andò in scena all’interno della bellissima cornice di quella perla che è il TEATRO ASTRA.
Una parola la merita il talentuoso cast, tra i più indovinati che ci potessero essere: non un solo attore sembra fuori posto, ognuno di loro pare fatto per il suo ruolo, tutti perfettamente in parte e assolutamente capaci di diventare i loro personaggi nella maniera più piena possibile. Mariella Pace ci restituisce tutta la sofferenza dolorosa di una madre a cui rimane solo più il figlio dopo aver perso tutto, o meglio, tutti; Martina Neri (che ha anche curato la traduzione dell’opera) dà corpo ad un’anima divisa a metà, dilaniata tra quello che andrebbe fatto e quello che vorrebbe fare, tra il suo essere Sposa e il suo essere Amante; Enza Rossi è la struggente consorte di Leonardo che vorrebbe avere da lui quello che non potrà mai avere; Ludovica Aprile interpreta a meraviglia la sventurata domestica ritrovatasi suo malgrado coinvolta nel più atroce dei drammi; Gianluca Virdò incarna un personaggio sostanzialmente candido, quello dello sposo, incautamente felice per la gioia che è convinto stia entrando nella sua vita, mentre invece si vede crollare tutto davanti a sé; abbiamo Paolo Malgioglio, impetuoso e passionale, come il suo personaggio, e mi riferisco a Leonardo, deve essere; Paolo Agazzi è assolutamente coinvolgente e commovente nel farci dono del personaggio del padre della sposa, un uomo semplice sull’orlo della vera gioia, convinto che le sue speranze più tenere e i suoi sogni più felici, semplici come lui, siano sul punto d’avverarsi.
Gli ottimi costumi, il cui merito spetta agli allievi delle Scuole San Carlo, rappresentano la semplicità di un luogo e di un tempo, la Spagna rurale di inizio 900, in cui però subentra lo sconvolgimento più drammatico e tragico possibile, dettato da quelle creature che nessun umano al mondo potrà mai davvero comprendere: la Passione, i Sentimenti, l’Amore. Nel mezzo del palco due file di sgabelli, al centro un bianco telo immacolato. Quello è il talamo nuziale, candido e puro. Man mano che si procederà nel corso della Storia, quel soffice manto bianco dapprima verrà spiegazzato, stropicciato, calpestato. Poi strappato. E infine si tingerà tutto di Sangue.
E tutto questo dolore, travolgente e implacabile, e che soprattutto doveva originariamente essere gioia, va in scena sotto gli occhi di quei due personaggi che ancora non abbiamo nominato. Una coppia comica delle più spassose mai viste a Teatro, spettatrice e al tempo stesso portatrice di immani sofferenze. Sono la Luna e la Morte, a cui va una speciale menzione d’onore. Da una parte la Morte, nera, mascherata, silente (NON sempre), interpretata da un fantastico Andrea Ferrieri, che senza dir niente (o poco) fa d’ogni movimento fisico una sorta di spettacolo nello spettacolo. Dall’altro lato la Luna, bianca bianca, elegante e sinuosa, impersonata da un monumentale Silvio Murari, a cui spettano applausi scroscianti dei più fragorosi per come riesce a tenere la scena attraverso una teatralità, una gestualità e una vocalità con cui ci ha riempito gli occhi, le orecchie e l’anima: fenomenale!
Questo duo, affiatatissimo e quasi relegato ai margini della scena è in realtà nei fatti sempre costantemente presente e finisce per essere protagonista assoluto il più delle volte, canzona e motteggia e prende in giro gli altri sventurati personaggi, di cui osserva le terribili vicende. Sembrano quasi “Il Gatto e la Volpe”, sono straordinari per come facciano davvero molto ridere, per come ci offrano un grande show continuo degno della miglior stand-up comedy. Eppure loro riescono nell’impresa di essere contemporaneamente forieri di una tormentata malinconia e di una cupa tristezza: loro sanno benissimo quanto Sangue scorrerà, sanno che quei mortali stanno scivolando verso un’ineluttabile fine. Sia chiaro: non sono loro i primi responsabili, quelli restano gli Esseri Umani che con loro azioni determinano quale sarà il loro Destino. Però Luna e Morte, insinuandosi tra i vari personaggi in gioco e muovendoli tutti come marionette, fanno in modo che quell’infausto Destino che deve compiersi, si compia. E dopo le risate, ecco che giungono le amare lacrime.
Lodevole dunque la superba ed eccelsa regia di Angelo Tronca, che ringraziamo per lo spettacolo offertoci. Tra talami nuziali devastati e costumi d’un tempo, musiche moderne delle più celebri accompagnano questa vecchia vicenda, che infatti potrebbe aver luogo anche al giorno d’oggi. Si passa dalla struggente «Within» dei Daft Punk fino ad arrivare all’eccitante «Le vent nous portera» dei Noir Désir, senza dimenticarci di «Gracias a la vida» della cilena Violeta Parra, che senza che te n’accorga ti entra in testa e non ti lascia più. Ma la migliore di tutte, a mio avviso, rimane senza ombra di dubbio quel capolavoro musicale che è «The Sound Of Silence» dei Simon & Garfunkel e che viene usata, nella versione cover dei Disturbed, per la scena di maggior climax dell’intera vicenda.
Ispirato da un fatto di cronaca realmente accaduto, Lorca sfruttò tutta la sua forza espressiva poetica per restituirci la Grandezza di un fatto che non era affatto grande. E che lui racconta attraverso urla, grida, pianti. Ma anche poesia e bellezza. Là dove doveva esserci l’Armonia di un matrimonio, v’è stato il Sangue. Eppure la Luna e la Morte già lo sapevano, nessuna sorpresa, fin dall’inizio era tutto scritto.
Noi Umani abbiamo fissa in testa questa idea per la quale la Fine è il Male Assoluto. Quando invece essa fa parte delle cose, per quanto dolorosa e ingiusta possa sembrarci. Nella Disarmonia totale nella quale miseramente versiamo, vi è in realtà molta più Armonia di quanto crediamo. Vi è ineluttabilità. Quel che davvero frega, quel che davvero non è armonico, sono sorprendentemente i nostri sentimenti. La Fine altro non è che la naturale, armoniosa conseguenza di questo disordine che vive dentro di Noi.
Se vuoi leggere di nuovi inizi (o forse finali?), allora clicca qui!!!