L’Augusto Editoriale dell’Augusto Direttore: Credere Nel Tuo Credere

DI ALBERTO GROMETTO

Oggi vi racconterò non una, non due, non quattro ma… TRE storie diverse di TRE diversi uomini!!!

Iniziamo dalla prima.

Chi di voi non conosce o non ha mai anche solo sentito il nome del PRESIDENTE ABRAHAM LINCOLN?

(Il 16esimo Presidente degli Stati Uniti D’America Abraham Lincoln)

Tutti quanti, bene o male, quel nome lo hanno sentito almeno una volta nella vita, e comunque sanno che è stato un Presidente. Per essere precisi fu il sedicesimo Presidente degli Stati Uniti D’America, ma soprattutto fu il protagonista di quello che ai miei occhi è l’atto storico più importante di tutta la Storia Umana: era il 31 Gennaio 1865 quando venne proclamato il Tredicesimo Emendamento, col quale per la prima volta da quando l’Umano esiste, entro i confini di una Nazione ogni uomo sul suo suolo veniva dichiarato uguale di fronte alla Legge e pertanto libero. Indipendentemente dall’etnia, dal colore della pelle, dall’identità di genere. A prescindere da tutto quanto il resto. 

Ma NON è di Abraham Lincoln che parliamo quest’oggi! Oggi parliamo di un altro Presidente. E cioè: WILLIAM HENRY HARRISON!!! 

Questo nome vi dice qualcosa? Lo avete mai sentito nominare? No, credo di no. A dire il vero ritengo che la stragrande maggioranza degli stessi Americani non sappia chi sia. Anche lui fu Presidente degli USA, come Lincoln. Il nono. 

Che cosa ha fatto lui nella sua vita?

(Il nono Presidente americano, William Henry Harrison)

Essenzialmente una cosa sola: ha sconfitto i Nativi d’America in quella che è diventata celebre come “La Battaglia di Tippecanoe”. Non fu molto difficile, sapete? William Henry Harrison e i suoi avevano fucili, armi, polvere da sparo. Dall’altra parte, gli Indiani erano armati solo di arco e frecce. Fu vinta a tavolino. A parte questo, lui non ha fatto più niente. Fino a quando all’età di 60 anni… TOC TOC!!!… gli bussano alla porta e gli dicono: Ehi!, ti vogliamo proporre alla Presidenza degli Stati Uniti D’America.

E William Henry Harrison dice: Ma certo, lo faccio volentieri!

Così ebbe luogo la grande e ferocissima e spietata campagna elettorale del 1840, la prima di quel tipo. In che senso “di quel tipo”? Nel senso che furono le prime elezioni presidenziali per cui venne messa in atto un’operazione narrativa, prima ancora che un’esposizione di contenuti di natura politica. In pratica: venne raccontata una storia. La storia del grande eroe di guerra William Henry Harrison, un uomo vero che si era fatto da solo, che veniva dalle foreste, soprannominato infatti “L’uomo della capanna di tronchi e del sidro forte”, il vero man duro, puro, crudo. Poco importava che in realtà vivesse in una lussuosa magione nell’Ohio e avesse combattuto una sola battaglia davvero importante nella vita. Fu costruito intorno a lui un certo tipo di fama così da rendere celebre, iconica e immediatamente riconoscibile la sua figura fino ad allora semisconosciuta. E come in ogni buona storia che si rispetti, l’eroe doveva avere il suo nemico: il Presidente in carica Martin Van Buren, il suo avversario alle elezioni. Se William Henry Harrison era l’uomo di frontiera sporco e selvaggio e forte, di contro Martin venne dipinto come l’esatto opposto: un dandy snob ed effeminato pieno di vizi e pretese, amante delle inutili comodità e di qualsiasi tipo di agio. E in quanto tale venne denigrato e ridicolizzato. Pensate ad esempio che Martin Van Buren — sottolineò la campagna di Harrison — aveva osato fare una cosa imperdonabile durante il suo mandato presidenziale: installare una vasca da bagno nella Casa Bianca, la quale fino a quel momento ne era priva! Sì, Martin non puzzava, non come William Henry Harrison, il quale proprio per questo venne eletto Presidente: il puzzo vince! Questa è la Politica, questo è il potere delle Storie e delle Narrazioni.

Arriva quindi il grande giorno, quello del discorso inaugurale, che ogni Presidente eletto tiene davanti al Campidoglio, occasione durante la quale presta giuramento in qualità di nuovo leader americano. Era Giovedì 4 Marzo 1841. Peccato che quella giornata passò alla storia per una delle più fredde, umide e piovose mai registrate a Washington D. C. su cui una violenta tempesta batteva incessante, nel mentre che tirava un vento fortissimo. Il nostro ci vide però un’occasione: avrebbe dimostrato ancora una volta di essere un duro. Fece tutto come da tradizione e in maniera solenne; William Henry Harrison del resto ama le tradizioni e la solennità. Decise di tenere la cerimonia davanti al Campidoglio, all’esterno; non prese nessun ombrello con sé; fece a meno sia del cappotto sia del cappello; e compì tutta una gloriosa parata in pompa magna per le strade della capitale così come aveva predisposto, raggiungendo infine il loco dell’insediamento non su di una carrozza chiusa, bensì in sella al suo destriero. E quando finalmente giunse il momento del discorso, il momento che tanto agognava, egli decise di goderselo appieno. Ebbene, William Henry Harrison detiene ancora oggi due record storici che difficilmente un altro Presidente potrebbe mai strappargli. Primo: fra tutti i discorsi di insediamento mai pronunciati in tutta la storia presidenziale americana, il suo rimane il più lungo. Negli ultimi anni, in media, il discorso inaugurale si è attestato intorno ai 15-20 minuti. Però vi sono discorsi arrivati anche a 45-50 minuti. Il suo durò oltre due ore. Sotto la pioggia. E fu un discorso pomposo e magniloquente, come era lui. Secondo record: la sua fu la presidenza più breve di tutta la storia americana, durò un mese esatto. Poco dopo il giorno dell’insediamento contrasse infatti una polmonite fulminante che lo costrinse a letto per settimane prima di morire

Passiamo alla seconda storia, e che non riguarda un Presidente americano ma un poeta scozzese: WILLIAM MCGONAGALL!!!

Chi fu costui? 

Quando uno sente la parolapoesia”, pensa al Leopardi, al Pascoli, al Carducci, a Emily Dickinson, a Kahlil Gibran, a Pier Paolo Pasolini, a Federico Garcia Lorca… non certo a McGonagall, nessuno pensa a lui. Ma anche lui fu poeta. Passato alla Storia per essere stato il peggior poeta di tutti i tempi.

(Il Poeta, a dispetto di quello che il Mondo possa aver pensato sul suo conto, William McGonagall)

Ebbene: McGonagall, figlio di tessitori, si ritrova a vivere la sua gioventù in nome dell’Arte Teatrale. Era un attore di teatro, ben celebre la sua rappresentazione di «Macbeth», opera scritta dal divino eroe WILLIAM SHAKESPEARE, storia al termine della quale Macbeth… PICCOLO GRANDE SPOILER… viene ucciso da MacDuff. Ma il giovane McGonagall, aveva vent’anni all epoca, pensò che morire ammazzato sul palco avrebbe potuto portare l’interprete di MacDuff a rubargli la scena, e così si rifiutò di morire. Divenne un fatto piuttosto noto. Così, trascorrendo la sua vita tra alti e bassi, barcamenandosi tra Arte e Cultura e Bellezza, alla soglia dei cinquant’anni gli succede qualcosa di straordinario. Si ritrova a scrivere una lettera di ringraziamento a un reverendo che gli aveva fatto un favore e nello scrivere, non si sa come e non si sa perché, per cinque minuti fu preso dal fuoco sacro della poesia. E così scrisse qualche versetto. Ricevuta questa lettera, il reverendo si rese conto che quelli erano versi di rara bruttezza, veramente orrendi: tant’è che gli rispose dicendogli che nemmeno il grande Shakespeare aveva mai avuto il coraggio di osare scrivere qualcosa del genere in vita sua! William McGonagall, figura ironica, non conosce però l’ironia evidentemente, perché prese sul serio le parole del reverendo, convinto di avere in sé il dono dell’arte poetica, al punto da decidere: Basta!, mi dedico alla Poesia. E lo fece. Trascorse il resto della sua vita in nome della Poesia. Si prefissò addirittura una missione: curare la piaga dell’alcolismo attraverso la Poesia. E andò così di pub in pub a declamare i suoi versi, a detta di tutti bruttissimi, orrendi, insentibili! E, pensate un po’!, quello se ne andò a dire in giro che ci riuscì: lui voleva curare la piaga dell’alcolismo attraverso le sue poesie e ce la fece, perché gli avventori invece di bere la buona birra scozzese gliela versavano addosso nel disperato tentativo di farlo smettere e zittirlo tutte le volte!

Un ultimo spassosissimo aneddoto. Dovete sapere che William McGonagall arrivò con i suoi versi fino alla REGINA VITTORIA: infatti, ogni volta che poteva, egli marciava fino al Castello di Balmoral, allora come ora residenza estiva scozzese dei sovrani inglesi. Quando la Regina vi si recava, McGonagall ci andava anche lui con lo scopo di declamarle i suoi illustri componimenti. Vittoria in più di un’occasione schierò un’intera guarnigione delle sue truppe per tenere il poeta il più lontano possibile, e una volta dovette addirittura abbandonare la magione e darsela a gambe levate per non sentire più quel buffo ometto che proprio non voleva saperne di tornarsene a casa e lasciarla in pace!

Terza, e ultima, storia. Quella di COLA DI RIENZO.

Anche in questo caso non so se se conoscete chi sia stato. Si può definire in molti modi diversi: un rivoluzionario, un dittatore autoritario, un leader democratico, un tiranno folle, un condottiero giusto, uno studioso appassionato, un diplomatico convinto. Lui credo avrebbe amato il termine: Imperatore.

(Cola di Rienzo, che amò la Grandezza di Roma)

Nasce nella Roma Papale del 1300 da un taverniere e una lavandaia. L’Impero Romano, quello di Cesare e Augusto, non esisteva più da quasi mille anni a quella parte. Eppure Cola di Rienzo, pur essendo stato cresciuto in una famiglia di modestissime condizioni, credeva fermamente nel sacro potere di Arte, Cultura e Bellezza che l’antica Roma la Grande aveva portato avanti. Amava la storia antica romana, la amava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Aveva un sogno, un Sogno immenso, quello di restaurare l’Impero Romano. E così egli studiò moltissimo, riuscì a infilarsi negli ambienti giusti, arrivò ad essere tra le personalità più vicine al Papa al punto da sfruttare la sua posizione per accattivarsi il potere di un’entità che nessun politico o governante o uomo di potere della sua epoca aveva mai pensato di accattivarsi: e cioè IL POPOLO. Voleva trascinare il popolo, portarlo dalla sua, avere il suo favore e beneplacito. E così, attraverso discorsi solenni declamati e raffigurazioni pittoriche e artistiche da lui commissionate, perché i popolani (ricordiamolo!) non sapevano leggere, Cola di Rienzo riuscì nell’intento di denunciare la violenta prepotenza dei potenti e di farsi amare dal popolo affamato di Libertà, il quale lo acclamò suo leader, tanto da farsi proclamare in un certo senso come l’ultimo, vero, Imperatore Romano. E per qualche anno ci riuscì, per qualche anno restaurò davvero la scintillante Roma dei tempi che furono, contrastando lo strapotere autoritario e antidemocratico dei baroni che a quell’epoca spadroneggiavano sulla Città Eterna. Mai, in tutta la sua Storia da quando l’Impero era caduto, Roma riuscì ad avvicinarsi così tanto a quell’antica e immortale Grandezza. Peccato che Cola iniziò a farsi prendere la mano da tutto quel potere, e alla stregua di quegli antichi Imperatori di Roma iniziò a dedicarsi ai suoi vizi, a mangiare in maniera spropositata e soprattutto a bere, a bere tantissimo! E finì per sprofondare nel delirio. E presto arrivò anche a tagliare qualche testa qui e là. Venne destituito da quegli stessi baroni che erano suoi nemici e dovette darsi alla macchia e fuggire travestendosi da monaco. Qualche anno dopo però tornò e, pensate!, riuscì di nuovo a riconquistarsi l’amore del popolo arringandolo attraverso la sua abilità oratoria. Ma oramai lui non era più in sé. Folle, sanguinario, privo di lucidità, perse di nuovo il controllo. Questa volta non se lo fecero scappare. Lo ammazzarono. E con lui morì anche il suo Sogno immenso.

Ma perché raccontarvi queste tre storie? 

Cos’hanno in comune un Presidente che non ha mai governato, il peggior Poeta della Storia e un Imperatore pazzo che non era Imperatore? 

Sono tre figure alquanto buffe, ridicole di certo. Dei cialtroni, direbbe qualcuno. Ma io dico: Hanno commesso i loro sbagli, fatto degli errori. Questo è ovvio. Ma nei fatti, alla fine, fondamentalmente, tutti e tre erano tre uomini che, prima di ogni altra cosa, ci credevano. Che ci hanno creduto. 

Io credo davvero di poter diventare un giorno Presidente degli Stati Uniti D’America!

Io credo davvero di poter cambiare per sempre la Storia della Poesia!

Io credo davvero di poter restaurare l’Impero Romano!

Sogni impossibili, sogni visionari, sogni folli!

Ma loro ci credevano, ci credevano fino in fondo. 

E, sapete, è normale che chi ci crede venga considerato come ridicolo, buffo, o grottesco. Derideranno sempre Colui Che Crede. Ma voi non dovete mai smettere di farlo. Voi non dovete mai smettere di crederci. Non dovete mai smettere di sognare. Perché, è vero, forse i vostri sogni non si realizzeranno come li avevate sognati. Ma qualcosa l’avrete realizzato comunque, in ogni caso, a prescindere. Perché chi crede nel suo credere, chi ci prova, ogni giorno, a far sì che quello in cui crede diventi quel che deve diventare, allora non avrà vissuto invano. Perché quando giungerà, e prima o poi giunge per tutti, il momento finale, chi non ci avrà creduto, chi non avrà tentato, chi non avrà osato, si chiederà cosa sarebbe successo se solo lo avesse fatto, se solo ci avesse provato. Ma i Veri Sognatori, non quelli che di notte dormono e immaginano chissà cosa, ma coloro che sognano di giorno tutto il giorno e che quindi agiscono per rendere possibile l’impossibile, loro quella domanda non se la dovranno porre. Perché il provarci conta più del riuscirci. E, fidatevi, non esiste persona più straordinaria e potente e incorruttibile in tutto il Mondo di qualcuno che crede e che sogna e che osa fino in fondo.

Ecco chi sono questi tre uomini, sono tre sognatori!

E sì, certo, i Sognatori spesso sbagliano.

William Henry Harrison ha commesso grossi errori di calcolo.

William McGonagall non si era reso conto che i suoi versi erano… quello che erano!

E Cola di Rienzo ha perso la tramontana, d’accordo.

Però tutti e tre ci hanno creduto fino in fondo, hanno lottato per il sogno che sognavano. E se ci pensate, anche solo per un istante, vi renderete conto che, pur avendo commesso errori, pur avendo tutti e tre fallito, in realtà tutti e tre sono riusciti a realizzare qualcosa che è rimasto ancora oggi. Senza riuscire, ci sono riusciti.

William Henry Harrison ha cambiato il mondo della Politica, che certamente sarà brutto e sporco, ma se c’è un aspetto di quest’ambito che deve essere salvato, è proprio quello della Narrazione, l’aspetto più umano della Politica. E Cola Di Rienzo per qualche tempo ha davvero riportato a Roma quell’antica Gloria che si credeva dimenticata restituendo ad un popolo travagliato la capacità di credere e sognare. E riguardo a William McGonagall, beh, voi avete mai sentito di un poeta che con i suoi soli versi ha fatto sì che la Regina in persona muovesse il suo stesso esercito e si desse alla fuga?

Non hanno fallito. Semplicemente sono riusciti in qualcosa in cui nemmeno loro stessi avevano pensato di riuscire. Hanno reso possibile l’impossibile, anche se non era come lo avevano immaginato. Hanno sognato per davvero e chi sogna per davvero sarà eternamente accompagnato da una forza immortale che mai lo abbandonerà. 

Quindi: Care Sognatrici e Cari Sognatori, non smettete di essere mai quello che ogni essere umano in quanto umano è e dovrebbe essere, fin dall’alba dei tempi. Uno che sogna, che ci crede, che osa e si butta. Uno che vive. Uno che crede nel suo credere. Voi credeteci, credeteci fino in fondo, credeteci sempre.

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