Il Tiranno (Valerio Massimo Manfredi)

DI GIOSUE’ TEDESCHI

Oh Dioniso, oh Dioniso. Cos’è che ti ha fatto diventar Tiranno? Cosa ti ha permesso di regnare sulla Sicilia? Cosa ti ha costretto a lasciar morire i tuoi compagni, ad allontanare tuo fratello e il tuo più fedele amico? È stato il potere? I soldi? La paura del tradimento? La necessità delle dimostrazioni pubbliche? È stata la sofferenza, mai placata, per la morte di Arete? L’amore che provavi per lei? O forse l’odio per coloro che te l’hanno sottratta tanto selvaggiamente? 

Mentre tu stesso pendevi tra la vita e la morte, di fronte allo scempio che fecero del suo corpo, giurasti a te stesso che mai più ci sarebbe stata pace sulla terra, che il mondo avrebbe sentito la tua rabbia e si sarebbe pentito d’esistere senza la sua parte più importante. 

Di quegli stupratori non se n’è salvato alcuno. Furono loro le tue prime vittime. Poi vennero i mandanti, quelli che non si sporcano le mani. E infine coloro che millantavano di aver preso parte alle oscenità per ottenere favori dai tuoi nemici. Quando ogni traccia di quei cani finì sul fondo di un fosso avresti potuto fermarti. Ottenuta la tua vendetta potevi tornare ad essere quello di un tempo. I tuoi amici erano ancora con te, gli Dei dalla tua parte, la possibilità di una vita felice alla distanza di un braccio. 

Oh Dioniso, non sapevi che la morte porta solo altra morte? Non sapevi che nulla può placare l’odio che ti porti dentro? Come hai potuto pensare che ti sarebbe bastata una vittoria, una vendetta, un massacro, per colmare il vuoto che portavi nel petto? Quella notte gli Dei ti salvarono la vita. Quella notte gli Dei presero una decisione. Se non per un miracolo com’era possibile che camminassi ancora tra i vivi? Videro la tua rabbia, il tuo coraggio, il tuo valore, e ti impedirono di discendere nell’Ade, rimandandoti indietro quando già avevi un piede oltre la soglia. 

Sapevano, loro, che senza la tua metà mai avresti potuto trovar pace. Decisero di farti vivere e condannarono te a camminare solo sulla terra, e tutti gli altri a camminarti a fianco. 

Non c’è infatti nulla di peggio per un essere umano che finire in balìa di un altro essere umano. 

Conveniente fu il nemico cartaginese che bussava alle porte della tua Siracusa. Quella notte seppellisti con Arete la tua parte umana, tutti i tuoi sentimenti, e incapace di riempirti di alcunché diventasti guerriero. Cercando invano di svuotare il rancore che covavi dentro per un destino tanto crudele: essere trovato e abbandonato. Fosti la sorgente di tutti i fiumi di sangue che da ogni parte della Sicilia fluirono al mare, c’era sempre un nemico da combattere: perché un guerriero senza una guerra da combattere, è morto

Quella notte Arete fu presa e tu fosti risparmiato. Quante vite hanno pagato questa scellerata scelta divina? Quanti anni ci sono voluti perché richiamassi in patria gli amici che esiliasti? Quanti anni ci mettesti a permetterti di provare tristezza per i tuoi compagni periti sotto lame cartaginesi?

Vissuto senza amore, morto senza odio. Questa la storia di Dioniso, il Tiranno di Siracusa.

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