Kynodontas: Opprimere l’Opprimente Oppressione dell’Oppressore

DI ALBERTO GROMETTO

Chi non ama la famiglia? La famiglia è Casa, la famiglia è Amore, la famiglia è Famiglia! Giusto? E tutte queste cose sono bellissime, no? Dico: Casa, Amore e Famiglia… no? No, non sempre invece. 

Dovrebbero essere cose bellissime, nel nostro immaginario sentiamo che DEVONO essere bellissime, che è la Natura stessa che ci impone di considerarle belle. Ma questo non significa che lo siano. 

Spesso nella Storia della Narrativa, ma se per questo pure nella Vita di tutti i giorni, Casa, Amore e Famiglia vengono viste e vissute nella loro accezione più negativa, e cioè come legami che ci costringono e ci strozzano e ci straziano. Ma credo nessun film prenda un oggetto così intimo e, almeno sulla carta, innocente e puro come gli amori famigliari e ce li mostri e addirittura ce li faccia vivere in maniera più grottesca, orribile, orrenda e nefasta di quanto non faccia quel Geniaccio Incredibile che è YORGOS LANTHIMOS nel suo tutt’altro che clemente film: KYNODONTAS!!! 

Questo è il suo primo vero successo, il film che gli fa fare il Grande Salto, la pellicola dopo la quale Lanthimos diventa IL MAESTRO LANTHIMOS imponendosi all’attenzione del Mondo intero. Era il 2009 quando questa perla di pellicola, nota anche col titolo inglese «Dogtooth» (benché la pronuncia in lingua greca suoni decisamente più aspra e maligna, come il film stesso!!!), uscì in anteprima mondiale alla 62ª edizione del Festival di Cannes. E furono applausi.

L’allora trentacinquenne Yorgos fino a quel momento aveva realizzato solamente due film: la sua pellicola d’esordio «My Best Friend» realizzata fianco a fianco del Mentore LAKIS LAZOPOULOS e la sua prima audace produzione da solista ritenuta ancora troppo “sperimentale” (qualsiasi cosa essa significhi) perché potesse dargli la gloria. E poi arrivò questo film, il cui titolo significa “canino”. Come il dente.

A quel Festival di Cannes «Kynodontas» vinse il Premio della sezione «Un Certain Regard», e arrivò fino ai Premi Oscar 2011, risultando candidato per il Premio come Miglior Film Internazionale (che all’epoca si chiamava ancora “Miglior Film In Lingua Straniera”). Non si portò a casa la famosa statuetta d’oro, ma secondo noi di M&F non solo avrebbe dovuto trionfare, ma avrebbe meritato di essere sommerso di premi per ogni singolo fotogramma!!!

Stiamo parlando di un’opera come poche, oltre che per pochi. Se la prima opera lanthimosiana da solista, e cioè «Kinetta», risulta essere una pellicola destinata a rimanere perlopiù incompresa perché disposta a rinunciare a trama, storia, dialoghi, azione scenica e personaggi… in questo caso abbiamo a che fare con un film che una Storia ce la racconta. Eccome se ce la racconta! Ma trattasi di una Storia talmente forte, sfrontata, spietata e narrata in un modo talmente gelido, crudo e freddo… che chiunque, anche il più insensibile, non potrà uscire da questa visione quantomeno inquietato come minimo, se non addirittura fortemente scandalizzato. O schifato.

Al centro vi è una famiglia come tante altre: Padre, Madre, Figlia Maggiore, Figlio e Figlia Minore. Nessuno ha un nome. E del resto i Figli, tutti e tre sui vent’anni grosso modo, non ne hanno bisogno. Nessuno dei tre ha mai messo neppure l’alluce fuori di casa. Né possono farlo. Né vogliono farlo se i genitori dicono loro che non possono. E i genitori glielo ricordano in continuo che non possono. È da tutta la vita che vivono dentro la loro villa isolata da tutto e da tutti. 

È stato loro insegnato che il mondo là fuori è pericoloso e se se ne andranno moriranno. Hanno raccontato a loro di un fratello mai visto che è potuto uscire solo perché è diventato adulto e si diventa adulti solo quando ti cade un canino (da qui il titolo della pellicola). E sì, loro tre sono ancora “bambini”. Viene spiegato a loro il senso di parole che fuori di casa hanno un altro significato. Ma tanto quei tre, che non sono mai usciti da lì, che ne possono sapere? Un nastro registratore con la voce della madre gliele insegna: e così il “Mare” è sempre stato un tipo di “Poltrona”, l’“Autostrada” un “Vento” molto forte. Non possono controbattere perché tanto non saprebbero come fare. Perché sono Mamma e Papà che dicono loro come stanno le cose e loro due dicono sempre e solo la Verità perché sono Mamma e Papà.

I tre figli ubbidiscono a qualsiasi cosa dicano i genitori, e sono interessati esclusivamente a compiacerli facendo qualsiasi cosa venga loro detta. Qualsiasi. Credono in ogni singola cosa venga loro detta. E come potrebbe essere altrimenti? I tre figli non conoscono nient’altro che quello che gli è stato insegnato. Non hanno mai visto altro, se non quelle quattro mura e cosa c’è dentro. 

Noi accettiamo la realtà delle cose così come si presenta. Le persone che noi conosciamo da sempre, che abbiamo imparato a conoscere prima ancora di imparare a parlare, ci insegnano la Verità, giusto? Che siano i nostri genitori o nonni o famigliari o comunque chi ci cresce, noi non ricordiamo un solo momento della nostra esistenza vissuto senza di loro. Li conosciamo da prima che imparassimo a ricordare. Questo forse significa che quello che ci raccontano sia sempre vero e che quello che fanno sia sempre giusto? Dentro di noi la risposta, vuoi per volere della Natura o predisposizione dell’animo umano, è Sì. Ma ciò che è Vero e ciò che è Giusto puoi ricercarli solo in te stesso e in nessun altro. Anche se questo significa andare contro tutto quello che hai sempre conosciuto.

È il Controllo, c’è poco da dire. Questo è quello che Padre e Madre cercano di mantenere costantemente sui tre figli: il Controllo. E per farlo ricorrono a qualsiasi mezzo a loro disposizione. Il loro è un Potere Padrone, Totale, Assoluto. Un Potere che implica grottesche assurdità. Ci sono i gatti là fuori, vien detto loro. E i gatti ammazzano, hanno ammazzato pure vostro fratello! Questo spiega un giorno il Padre, cosparso di sangue finto, dopo essersi strappato i vestiti. Insegna così ai suoi tre pargoli a mettersi a quattro zampe e abbaiare, abbaiare come cani, abbaiare più forte che possono per tenere lontane quelle bestie “là fuori”. E i figli non si rendono conto, non sanno, non vedono che le Bestie, le Bestie vere, sono tutte “là dentro”.

La Casa diventa un luogo di cupa cupissima reclusione, la Famiglia risulta essere opprimente Oppressore e l’Amore morbose catene che ammazzano Verità e Volontà. Non puoi uscire!, quante volte un genitore ha gridato questo al suo bambino. E quante volte quel bambino ha risposto: Ma perché? E il genitore: Perché lo dico io! 

A quel punto il bimbo non si chiede: Perché lo dici tu? Ma tu chi sei? Non se lo chiede perché sa benissimo chi sia. È la Mamma. O il Papà. Se c’è una cosa che sappiamo da prima che avessimo memoria è che loro sono Mamma e Papà. E Mamma e Papà sono quelli che sanno meglio di te cosa vada fatto. Per questo sono loro che ti insegnano le cose. Per questo sono loro che decidono. Punto. Non c’è altro da aggiungere. 

Così, quel “Non c’è altro da aggiungere” giustifica le azioni più raccapriccianti possibili: una sorella a cui viene ordinato di soddisfare sessualmente il fratello ed esegue; figli che giocano tra loro a tapparsi la bocca con un fazzoletto intriso di cloroformio, svenire e poi vince chi riprende i sensi per primo; l’organizzazione da parte dei genitori di gare e competizioni e rituali bizzarri e inquietanti. 

Raccapricciante però non è il modo con cui viene raccontato quanto di raccapricciante vediamo. Qui sta il paradossale controsenso pazzesco alla base di quello che a tutti gli effetti è e rimane tra i più grandi capolavori cinematografici della nostra epoca. Abbiamo detto che questo è un film spietato, gelido, glaciale. Racconta una Storia di una violenza assurda e un’efferata brutalità grottesca, ma la racconta con distacco e imparzialità. La racconta senza prendere una posizione a riguardo, senza trasmettere alcun giudizio. E qui sta la sua forza.

È un racconto puro e innocente, così come in teoria è una Famiglia nel nostro immaginario. Sono le azioni di questa precisa famiglia, la quale forse alla fin fine come tante altre non è, che ci sconvolgono, che scatenano in noi le reazioni emotive più disparate. Ma il modo con cui vengono narrate queste azioni non vuole influenzarci in alcuna maniera. È come fosse il racconto di un bambino che semplicemente osserva i suoi genitori, e manco gli vien da pensare di mettere in dubbio che questi possano mentirgli o non essere perfetti. 

Vi sono così tante cose che diamo per scontate nella nostra vita. Ed è questo dare per scontato che permette a chi sta in alto di comandare ed esercitare il suo potere. E non solo all’interno di una famiglia, ma pure in una società o Nazione. Non t’assegnano un nome, ti raccontano fandonie, ti insegnano le cose a modo loro. Questo è quello che fanno i regimi dittatoriali. Che in generale fa l’uomo, nel quale la natura prevaricatrice è innata. Chi ce lo dice che il mondo nel quale siamo abituati a vivere sia effettivamente vero? Chi ce lo dice che non sia tutto un sogno? Chi ci dice che non siamo dentro un grande Truman Show? Chi ce lo dice? 

Ma cosa si può fare se l’essere umano manipola la Verità a suo piacimento per essere quello che decide sugli altri? Vi è sempre un problema, a questo proposito. E si chiama “STATUS QUO”. Non esiste cosa più sfiancante, logorante e difficile che mantenere lo Status Quo. Il nostro mondo e la nostra vita si basa e si fonda sul Cambiamento, siamo una realtà in movimento, che si muove costantemente. Tu puoi controllare le cose quanto vuoi, ma il Cambiamento trova sempre un modo. E spesso arriva quando meno te lo aspetti. Ed è quello che accadrà a questa Famiglia. Nemmeno il Padre che tutto controlla poteva prevederlo. E quando l’inaspettato giunge allora, non dico tutti, ma almeno qualcuno che vuole vedere la Luce, come ci racconta il caro Platone nel mito della Caverna, c’è. E quel qualcuno vorrà uscire, a costo di togliersi a forza il canino di bocca.

È buffo come Lanthimos faccia giungere questo cambiamento dal Cinema. Sì, sono dei film in videocassetta, dei grandi classici, che cambiano lo Status Quo. È nella Settima Arte che il Sommo Maestro trova, se non le risposte a tutte queste domande che ci affliggono, il modo di essere liberi. Al Potere dell’Oppressore contrappone la Libertà del Cinema. Io non ho idea di come sia stata l’infanzia di Yorgos, né so che famiglia abbia avuto. Ma so quanto ami fare film, come il fare film lo renda libero. Vedere un film ci rende liberi, in quel momento non sei da nessun’altra parte, non sei soggiogato al Potere ma opprimi l’oppressore. È il Cinema, l’Arte, le Storie, la Letteratura, il Teatro quello che alla fine ci salva la vita. Che sicuramente ha salvato la mia. 

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