THE SUBSTANCE: uno splendido body horror femminista che alcuni uomini riusciranno comunque a fraintendere

DI LAURA PICCIONE

QUESTO ARTICOLO PRESENTA SPOILERS… E ANCHE SE “MERCUZIO AND FRIENDS” NON CREDE NEGLI SPOILERS, ABBIAMO COMUNQUE SCELTO DI AVVISARVI!!!

The Substance è uscito recentemente nelle sale italiane e ha suscitato un dibattito alquanto acceso sulle tematiche che intende trattare. Potrebbe essere catalogato come un body horror, e a mio parere è estremamente efficace e chiaro nel messaggio che vuole trasmettere, il problema sta nella capacità di chi guarda di riceverlo. La lettura di certe recensioni online mi ha confermato quello che temevo: molti dei maschietti seduti in sala sono riusciti lo stesso a fraintendere e a mancare il punto del film, perché privi degli strumenti di autocritica e decostruzione per andare oltre il livello del semplice horror. Spoiler: non tuttə siamo famosə e non tuttə lavoriamo nei ranghi più alti di Hollywood, ma questo non significa che il film non abbia nulla da insegnarci.

La trama vede Elisabeth Sparkle (Demi Moore), attrice sulla soglia dei cinquant’anni, che dopo anni nell’industria della televisione e dello spettacolo, viene licenziata con poca grazia dal suo superiore Harvey (Dennis Quaid): l’ironia del gesto, spero, non sarà passata inosservata agli spettatori, dal momento che Harvey ha la stessa età di Elisabeth, ma non sembra avere nessuna data di scadenza stampata a lettere cubitali sul suo corpo. Il suo lavoro non è mai messo in pericolo e per il resto del film le figure nelle sfere di potere e comando si rivelano essere sempre e solo uomini dalla mezza età in su.

Lasciata a sé stessa e con davanti un futuro improvvisamente incerto, Elisabeth si imbatte in “the substance”, un kit che permette in modo facile e veloce di produrre una versione di sé più attraente e atletica, questo a patto di rispettare le regole, cioè di non rimanere nello stesso corpo per più di una settimana. Così Elisabeth cede a Sue (Margaret Qualley), il suo alter ego con il fisico impeccabile di una ragazzina.

Dal momento della “nascita” di Sue in poi, il film diventa un gigantesco slippery slope: Sue viene assunta per condurre il programma di fitness da cui lei stessa all’inizio della pellicola, in quanto Elisabeth, era stata licenziata, e così riscopre quell’apprezzamento che l’industria dello spettacolo non le riservava da tempo. Si tratta di una gioia che stordisce, rende ubriachi: per questo Sue inizia a essere poco prudente, ignorando le regole e succhiando poco a poco vita da Elisabeth per rubarle giorni, settimane e mesi in più nel suo nuovo corpo. D’altronde, perché dovrebbe voler tornare in un corpo che nessuno apprezza? Ogni volta che Elisabeth si risveglia, si scopre più deforme, più avvizzita nella carne, perché Sue non ha rispettato il patto, e per questo la odia, inizia ad accusarla di avventatezza come se fosse di fatto un’entità separata. Eppure, quando torna nei panni di Sue, non riesce a resistere alla tentazione della giovinezza, e il circolo vizioso di autodistruzione continua. 


Una scena straziante nella sua semplicità è quella in cui Elisabeth si prepara per uscire fuori a cena con un suo vecchio compagno liceale: si veste con cura, ma dopo una lunga indecisione che si sfilaccia per minuti che sembrano infiniti, decide di non andare. Perché? Perché il suo sguardo cade sul corpo di Sue, sulla pubblicità enorme di fronte al suo attico che mette in mostra il fisico “migliore” del suo alter ego, queste immagini, come una pulce nell’orecchio, iniziano ad insidiarsi dentro di lei, e a questo punto non importa più se noi guardando la scena siamo convinti che Demi Moore sia lo stesso meravigliosa e bellissima. La dismorfia prende il sopravvento, allarga, sforma, distorce e si fa strada con pensieri intrusivi che alterano la realtà: l’occhio interiore è sempre pronto a criticare, imparziale e sordo a qualsiasi commento esterno. Elisabeth non è irrazionalmente insicura, il successo di Sue è la prova che la sua paura non era infondata: la società sessista in cui è immersa l’ha sfruttata fino all’ultimo e poi l’ha buttata via, pronta subito a rimpiazzarla.

Tra chi ha visto il film ci sarà molto probabilmente qualcunə che si sarà dettə: “Elisabeth avrebbe potuto gestire meglio la situazione, se solo fosse stata in grado di controllarsi e di rimanere nelle regole imposte dalla sostanza non sarebbe successo nulla di male”. Ma siamo davvero sicurə che rispettare il gioco le avrebbe garantito davvero una vita felice? Esiste un uso legittimo della sostanza? Intanto, il siero è un prodotto che l’industria capitalistica e sessista ha creato sottobanco come risposta ad una domanda creata dallo stesso meccanismo hollywoodiano: la richiesta crescente e inesauribile di corpi femminili seducenti e prestanti. Non esiste la possibilità di una vita appagata o di un equilibrio sotto l’uso della sostanza, non se implica disprezzare una versione di sé stessi, che di fatto diventa un semplice diversivo utile a tamponare il vuoto tra le settimane di vita “vera”. Quando si trova nel suo corpo originario, Elisabeth è intrappolata e relegata nel suo appartamento, da cui raramente esce: si limita a guardare la televisione fino allo sfinimento, o a sfogarsi tramite episodi di emotional binge eating. Nei panni di Sue, Elisabeth dimentica presto l’altra faccia della medaglia, diviene dipendente dalla gratificazione istantanea che la freschezza del suo corpo le offre. Ma chi ha imposto i canoni a cui conformarsi se non una società patriarcale? Limitarsi a scrollare le spalle e sostenere che banalmente Elisabeth non è stata abbastanza brava a destreggiarsi nell’uso del siero elimina dall’equazione la parte più problematica. Le insicurezze di Elisabeth sono il risultato calcolato a tavolino da forze ben più grandi di lei. Ogni spettatore (e intendo spettatori di genere maschile) che esce dalla sala dopo aver visionato questo film dovrebbe porsi qualche domanda: non è che forse anche io, nel mio piccolo, con le micro violenze verbali di ogni giorno, sto alimentando il sistema sessista che ho appena visto proiettato sul grande schermo ma che esiste anche fuori dal cinema? A mio parere, la scena più disgustosa e raccapricciante, a dispetto di tutte le deformazioni e del sangue, rimane l’inquadratura su Harvey, che davanti a Elisabeth ingolla con poca grazia piatti interi di gamberoni, con la stessa disgustosa ingordigia con cui mangia con gli occhi il corpo piacente di Sue quando la vede per la prima volta.

E dunque, Elisabeth perde completamente il controllo, in un finale che è un crescendo grottesco di disfacimento: nel tentativo di terminare l’esperimento, si pente e dà per sbaglio vita autonoma a Sue, la quale finisce per ucciderla con una violenza talmente smisurata e crudele, che smaschera tutto il suo odio verso quel corpo ormai sgualcito, vecchio e indesiderabile. A questo punto sono saltate in aria tutte le regole da seguire della sostanza: Sue è pronta per il suo grande momento, lo spettacolo di Capodanno, ma inizia gradualmente a decomporsi, a partire dai denti, a cui seguono le unghie e l’orecchio.

Il finale è stato recepito da molti spettatori come sopra le righe, eppure mi sembra che, seppur visivamente esagerato, il messaggio sia estremamente realistico e volutamente d’impatto: presa dal panico, Sue decide di iniettarsi il siero attivatore monouso che avrebbe dovuto buttare dopo la prima trasformazione. Perché fa questa scelta? Beh, perchè nessunə di noi fa sempre scelte necessariamente intelligenti, molte volte siamo guidatə da pressioni esterne, dall’ansia di performare e dalla necessità di ricevere approvazione. Lo stesso accade quando Elisabeth cerca di rianimare Sue e a Sue stessa quando inizia a perdere la sua bellezza: non hanno più niente da perdere, sono disperate perché hanno perso l’unico valore che la società gli concede e per questo compiono scelte precipitose

A spuntare, però, non è una versione ancora più bella di Sue, al contrario, una creatura deforme: il mostro Elisabeth-Sue. Gli ultimi minuti del film seguono la creatura mentre si trascina sul palco dello spettacolo di Capodanno, nella disperata ricerca di un ultimo accenno di amore, di gentilezza da parte del pubblico, che al contrario scoppia in urla di indignazione, cercando di ucciderla con la stessa brutalità che Sue aveva riservato ad Elisabeth. Tolto l’elemento surreale, quanta differenza c’è tra la caccia al mostro Elisabeth-Sue e la brutalità che i paparazzi e l’opinione pubblica riservano per le donne che si mostrano vulnerabili o che non rientrano nei rigidi standard di bellezza e nei codici comportamentali concessi? Gli stessi paparazzi, per fare un esempio, che rincorrevano Britney Spears nei suoi momenti più fragili, diffondendo foto con i titoli più sensazionali e diffamatori, sono così diversi dalla folla di persone che si scaglia per abbattere il mostro Elisabeth-Sue?

Il film critica in maniera diretta ma mai noiosa gli standard di bellezza irraggiungibili imposti alle donne: se a qualcuno può essere sembrato ripetitivo nel messaggio, è perchè la domanda di “carne” sempre più vigorosa e attraente è altrettanto martellante nel mondo “vero”. Le inquadrature costanti sul sedere, sul seno e sulle gambe completamente depilate e oliate di Sue non sono gratuite, sono una caricatura esagerata che denuncia il male gaze alla Megan Fox in Transformers. Non ricadono nello stesso sguardo stereotipato che mira alla soddisfazione becera dell’uomo medio che sbava davanti allo schermo, riescono a denunciarlo mostrando l’oggettificazione a cui vengono sottoposte le donne, ridotte a belle bamboline, a oggetto del mercato,  smembrate come animali da macello in pezzi “vendibili”: seno, glutei, labbra piene, stomaco piatto. Come dice Harvey a Sue: pretty girls should always smile.


Il tema del rapporto tra narrativa da una parte e femminile/maschile dall’altra ti interessa? Allora clicca subito qua!!!

Quando si parla di Horror e corpo femminile, non può che venire in mente un titolo: sai quale? Pigia qui e vieni a scoprirlo!!!

Sessismo, stereotipi e cinema: premi subito qua sopra!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP