BARBIE, IL CAPOLAVORO PIÙ ATTESO DELL’ANNO: STEREOTIPARE GLI STEREOTIPI STEREOTIPATI

DI ALBERTO GROMETTO

Da anni si va a discutere sempre più diffusamente, sempre più istericamente, sempre più insistentemente di quel fenomeno sociale conosciuto come “politically correct”. Ma che cos’è questo “politicamente corretto”? Ne parlano tutti, ci si riempie la bocca con questa espressione, ma nessuno qua dice cosa sia esattamente. Beh, detto in parole semplici: trattasi dell’arte del “non offendere nessuno”. O meglio, più che “nessuno”, trattasi in realtà di non discriminare determinate categorie sulla base di differenze d’etnia, sesso, genere, orientamento sessuale, ecc. ecc.

La spietata critica feroce mossa frequentemente contro questo tipo di atteggiamento evidenzia come il terrore di poter rientrare nel politicamente scorretto costringa a limitarsi e obblighi ad auto-censurarsi. E da qui ne nascerebbe un danno enorme che investe il mondo dell’Arte, della Cultura e della Bellezza. Ne conseguirebbe una creatività impoverita, mutilata e arida; una generazione di artisti che parlano tutti in punta di forchetta e una generale incapacità sociale di esprimersi per timore (o terrore) di offendere o essere presi di mira dai “politically correct-maniaci”!

Ebbene, noi ora non siamo qui per prendere una posizione in merito, schierarci da qualche parte o esternare un nostro parere. È indubbio, ma questo è un fatto oggettivo e incontestabile, che quando si parla di politicamente corretto, vi siano solo persone profondamente insoddisfatte, sia da una parte della barricata che dall’altra. Beh, mi riesce però veramente impossibile pensare che qualcuno possa rimanere insoddisfatto dinanzi alla pellicola straordinaria di cui sto per narrarvi. Mi piace definirla come un gloriosissimo ANTI-INNO AL POLITICALLY CORRECT!!!

Ci troviamo per una volta in presenza di un’opera d’arte che sa utilizzare perfettamente e sfruttare appieno tutta la faccenda del politicamente corretto (nel caso specifico parlando delle questione di genere) per scopi assolutamente e squisitamente narrativi. BARBIE infatti prende tutti gli stereotipi sulle differenze tra i due sessi, tutti gli stereotipi sulle discriminazioni basate sul genere e persino gli stereotipi sulla stessa guerra agli stereotipi e, stereotipando il tutto all’ennesima potenza, realizza una bellezza di film!!! 

La sceneggiatura reca la firma della coppia (sia artistica sia romantica) formata dalla sublime Greta Gerwig e dallo strepitoso Noah Baumbach, ambedue registi e sceneggiatori e attori nella vita. Stiamo parlando di due Maestri che nella loro carriera hanno realizzato solo film bellissimi, se non addirittura capolavori, e che in questo caso decidono di regalare al mondo un gioiellino. Dietro la macchina da presa la Gerwig, alla sua terza pellicola in qualità di regista, porta a compimento un’impresa che pareva impossibile: prendere la celeberrima bambola Barbie, tra i giocattoli più famosi e innocenti che esistano, e farci un film furbissimo, geniale, brillante e soprattutto per nulla innocente.  

(Noah & Greta)

Una pellicola magnifica sotto ogni punto di vista: narrativo, visivo, interpretativo. Un film che affronta un tema dannatamente attuale come quello delle differenze di genere e delle conseguenti discriminazioni con lucida ironia e divertita consapevolezza. E lo fa andando a prendere un oggetto che, volente o nolente, è diventato emblema di questo dilemma storico. La tenera biondissima Barbie è un giocattolo nato per far felici le bambine di tutto il mondo oppure un diabolico strumento il cui scopo è alimentare perfidamente canoni di bellezza irraggiungibili e una voglia di consumismo sfrenato? 

Gli stereotipi sono talmente centrali in questo film che la Barbie protagonista è della collezione «Barbie Stereotipo». I luoghi comuni non sono mai un male di per sé, come molti vorrebbero farci credere, ma se utilizzati nella giusta maniera possono risultare utilissimi a decifrare rapidamente la realtà nella quale viviamo. Ebbene, i luoghi comuni vengono strumentalizzati in questo film sia per generare una montagna di battute al fulmicotone che vi faranno piegare in due dalle risate sia per suscitare riflessioni originali di una profondità speciale su un tema già visto e rivisto come le differenze di genere. Luoghi comuni quali: tutti gli uomini sono stupidi idioti, le donne manipolate dal loro boyfriend diventano bamboline che preferiscono non pensare e delegare il comando, il sessismo è imperante anche se talvolta celato e segreto. 

Complimenti vivissimi ad un cast dei più sensazionali in assoluto, a cominciare dalla meravigliosa protagonista Margot Robbie che si dimostra ancora una volta un’interprete delle più straordinarie di questa o qualsiasi altra generazione. La sua Barbie che da subito ci appare come la classica bambolina bionda svampita che si gode la vita senza pensare ad altro, improvvisamente riflette sulla morte e combatte contro la terribile cellulite. Il viaggio che dovrà intraprendere per tornare a come era prima le farà capire che non deve tornare a come era prima. Perché anche se a Barbieland le donne sono al potere mentre i loro Ken vengono dopo, le Barbie alla fine sono comunque schiave. Schiave di un ruolo predeterminato scelto per loro, schiave di un’esistenza trascorsa tra feste e spiagge, di una vita fatta di oggetti e futilità che dovrebbe essere considerata perfetta ma che invece risulta vacua e inutile.

(Margot Robbie, magistrale, nei panni della super-fashion Barbie!!!)

E poi ovviamente ogni Barbie ha il suo Ken. E la nostra Robbie ha in Ryan Gosling un partner che dimostra un talento pazzesco. Ipersensibile, bambinone e soprattutto stupido, Ken vorrebbe solamente contare qualcosa per la sua lei che però non è sua. Lui è il “Ken” di “Barbie & Ken”, è stato creato per vivere nel momento in cui Barbie lo guarda, il suo scopo è essere il fidanzato e basta. Non ha altro a questo mondo. Il fatto è che quello che lui prova per lei, lei non lo proverà mai per lui. Perciò quando scopre l’esistenza del patriarcato e che gli uomini possono stare al potere, lui tenterà di fare lo stesso nel suo mondo. Non perché pensi davvero che i Ken debbano comandare e le Barbie ubbidire. Ma perché ha bisogno di avere quantomeno il potere per essere qualcuno. Perché se lui non può avere lei che è il suo tutto, lui allora si sente un niente. 

(I’m Just Ken… e già questo dice tutto della strepitosa performance di Ryan Gosling!!!)

Non esiste niente al mondo capace di definirti. Non il tuo corpo, che è un involucro e niente più. Non quello che possiedi, che sarà roba tua ma non sei Tu. Nemmeno le persone che hai intorno possono farlo. Tu e solo Tu sei in grado di poterti definire. Tu sei chi scegli e cerchi di essere. 

Questo è alla fine l’insegnamento della storia di Barbie e Ken. Lui non deve avere Lei per essere qualcuno. Lui deve bastare a sé stesso per essere felice. Lei invece non deve essere a tutti i costi la donna a cui bastano le amiche, il fidanzato e la casa da sogno per essere felice. Ma deve essere libera di essere felice come meglio crede. 

In una scena del film la nostra bambola protagonista, dopo aver scoperto che nel mondo degli umani i maschi la guardano come fosse un mero oggetto, si ritrova davanti il consiglio d’amministrazione della Mattel, l’azienda arci-extra-miliardaria che detiene i diritti della Barbie e che diverrà ancora più ricca dopo questo film che è già un successo assoluto. Chiede di vedere la donna a capo della baracca. Sono io il Ceo, le risponde Will Ferrell, tra i più straordinari attori che esistano a questo mondo. Lei chiede allora degli altri dirigenti. Ma son tutti lì e son tutti uomini, nessuna donna. Il nostro Ferrell allora, che ci regala una delle migliori performance del secolo a mio parere nei panni dell’assolutamente opportunista e insieme ridicolo idiota CEO della ditta, dice qualcosa del tipo: So cosa stai pensando, ma noi crediamo nelle donne; io sono figlio di una madre, e madre di un figlio, e nipote di una zia donna. 

(Che Genio favoloso che sei Will Ferrell!!!)

Perché citare questa scena in chiusura del pezzo? Nessun motivo, è che faceva troppo ridere per non essere condivisa!!! 

In conclusione: sei tu che scegli cosa ti rende felice. Puoi desiderare di non essere fidanzato. Puoi scegliere di non vivere in una casa da sogno. Puoi decidere di citare alla fine di un tuo articolo una scena per il solo gusto di citarla. E infine puoi persino scegliere di non essere Barbie. La scelta è solo tua.

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