Tartarughe all’infinito (John Green)

DI ELODIE VUILLERMIN

È che non mi piace dover vivere dentro un corpo. Se ha un senso. E penso che magari nel profondo sono solo uno strumento che esiste per trasformare l’ossigeno in diossido di carbonio, un mero organismo in questa… vastità. E mi fa tantissima paura l’idea che quello a cui penso come, tipo, al mio aperte virgolette io chiuse virgolette non sia sotto il mio controllo. […] E se non puoi scegliere quello che fai o quello che pensi, allora non sei veramente vero, capito? Forse sono solo una bugia che sto sussurrando a me stessa”.

Queste parole ci fanno capire parecchie cose di Aza: il cinismo, la paura, le paranoie. Secondo lei, non siamo altro che burattini nelle mani del destino. Crediamo di essere padroni della nostra esistenza, che siamo noi a scriverci la vita che vogliamo. Niente di più sbagliato. Per lei siamo tutti dei ruoli in uno spettacolo. Non solo: rivestiamo sempre gli stessi. Siamo menzogne viventi. Non possiamo dire di essere davvero noi.

Si interroga su sé stessa e sul perché esiste, mette in discussione la sua vita continuamente. Combatte sempre con la sua ansia, una vocina nella testa che le ricorda di tutto e di più: le infezioni che potrebbe prendere quando si apre una ferita nella pelle, l’imminente arrivo della morte in un momento che non potrà prevedere, il fatto che sia mera spettatrice di un film sulla sua vita (senza viverla davvero). È una spirale di pensieri oppressivi, che una volta cominciati non si fermano più. È un demone maligno che la spinge alla pazzia, seminando dubbi continui nel suo cervello e facendola sentire inutile.

Intanto girano notizie su Russell Pickett, milionario scomparso in seguito ad accuse per truffa e corruzione. È prevista una lauta ricompensa per chiunque lo ritrovi. Aza conosceva il figlio di Russell, Davis. Appena si rincontrano, si riaccende quel sentimento che li legava quando erano piccoli. In comune hanno la mancanza di un genitore, il dover convivere con un tormento infinito, l’essere prigionieri di una condizione che non hanno scelto loro. Non hanno controllo sulle loro vite come vorrebbero, vedono le cose sfuggirgli di mano come sabbia tra le dita.

I dialoghi sono a volte ben riusciti e altre volte troppo poco verosimili, rischiando di far incrinare il patto narrativo. Anche certe situazioni mi sono suonate un po’ strane o poco credibili, come l’espediente con cui Aza rincontra Davis dopo anni o le primissime interazioni tra di loro. Per molte pagine, inoltre, ho avuto l’impressione che la storia non procedesse, che si ripetessero le stesse cose.

Meglio riuscita è la tendenza di Aza a dubitare di sé in quanto persona. Sta in un luogo ma è come se non ci fosse veramente, come se si guardasse da fuori. Sente che la sua vita non è frutto di una scelta sua, ma le è stata imposta da un essere superiore. Quei pensieri li ho sentiti quasi miei, perché anch’io la notte sono colta da dubbi simili e fatico a dormire.

E tutto questo come si affronta? Cercando di buttarsi nella quotidianità della vita. Non domandarti perché una cosa accada, né perché il mondo segua certe regole. Non chiederti chi tu sia, perché proprio tu sia qui, che cosa ti renda speciale rispetto agli altri e quale sarà il tuo ruolo. Non scervellarti su quale sarà il tuo futuro, in questa e in una possibile altra vita. Non tormentarti per il giorno in cui i tuoi cari, e poi tu, non ci sarete più.

Aza prova a fare lo stesso, buttandosi a capofitto in tutte le distrazioni possibili. Più si fa coinvolgere dal banale, meno le ansie la attanaglieranno. Di sicuro la soluzione non è in una pillola. Le medicine dovrebbero aiutarla, eppure le rifiuta, perché l’idea che un farmaco possa cancellare ciò che è e magari cambiarla in un’altra identità, in cui non si riconosce più, le mette paura. La sua soluzione è premere l’unghia nel polpastrello. Perché il dolore la fa esistere.

Davis è simile a lei, per certi versi. È tormentato da chi vorrebbe sapere dov’è suo padre, ma lui non conosce la risposta. La sua casa è un po’ una prigione dorata, poiché ci vive solo con suo fratello, circondato da gente che non è di famiglia ma gli sta sempre intorno, soffocandolo. In parte detesta suo padre per averlo lasciato, ma al tempo stesso è sollevato perché comunque è stato un pessimo genitore e non si è mai occupato di lui e del fratello. Le circostanze lo stanno obbligando a crescere prima del dovuto, a prendersi quelle responsabilità che spetterebbero a un genitore. Ma adesso è lui il genitore, la persona responsabile, il punto di riferimento per il fratellino Noah.

Vede Aza come persona. Sa che lei esiste non in funzione di qualcos’altro, ma per sé stessa. Eppure anche lui ha le sue paure: di essere usato, del male che potrà capitare al fratello, di illudersi. Tra l’altro, pur essendo di famiglia ricca, non ha tutte le fortune del mondo, come molti potrebbero pensare. Non può avere quel che vuole quando lo vuole. Non può avere un padre normale e premuroso, così come non può riportare in vita sua madre.

Ma la cosa veramente spaventosa non è girarsi e rigirarsi nella spira che si espande; è girarsi e rigirarsi nella spira che si stringe. È venire risucchiati in un mulinello che riduce e riduce e riduce il tuo mondo finché ti ritrovi a girare senza muoverti, bloccato dentro una cella di prigione che è grande esattamente come te, finché alla fine capisci che non sei davvero in una cella. La cella sei tu”.

Il problema dei protagonisti non sta nella differenza di status. Sta nelle spirali che li avvolgono e li soffocano, li spingono a odiare sé stessi e a sentirsi inutili, rendono la vita difficile anche a chi sta intorno a loro. I limiti se li pongono loro, per paura di farsi male. Soprattutto Aza. Dice di stare bene quando è tutto il contrario. È come se si sabotasse da sola appena trova un barlume di felicità, perché convinta di non meritarlo.

Man mano la ragazza arriva a capire che i pensieri non sono il tuo vero io. Puoi avere il controllo sulle tue turbe mentali. Il trucco per non cedere all’ansia è scegliere. Aza è libera di decidere se farsi coinvolgere dai pensieri o meno, se trattarli come un’ossessione o lasciarli passare e dimenticarli. È libera di scegliere chi essere, se diventare qualcosa di più di un demone o un insieme di batteri. È sempre stata libera, solo che non lo sapeva.

(L’autore John Green)

Poi c’è Daisy, l’intrepida amica che trascina Aza in tutto, inclusa la ricerca di Russell Pickett per intascare la ricompensa. Scrittrice di fanfiction su Star Wars, curiosa e determinata, farà di tutto pur di avere ciò che vuole. Ma finisce per essere messa da parte, a causa di Aza che si lascia assorbire dalle sue turbe e spesso ignora o sopravvaluta la compagnia altrui. Non sembra, eppure Daisy sta male per questo. Allo stesso modo la madre di Aza, che fatica ad accettare l’idea che potrebbe perdere sua figlia, o forse la sta già perdendo. Gli altri personaggi mi sono sembrati meno caratterizzati, non mi sono rimasti tanto impressi.
Storia carina, ma poteva essere sviluppata meglio. La personalità complicata di Aza, il suo rapporto con Davis e l’amicizia a volte estenuante con Daisy sono le parti migliori. Anche il finale è qualcosa di sublime, seppur doloroso. Mentre la trama del padre fuggiasco di Davis viene quasi dimenticata a un certo punto della storia e ripresa quando ormai (almeno secondo me) non aveva più tutta questa importanza. Nonostante sia parte della premessa che dà il via alla storia, ho avuto l’impressione che non venisse trattata con il giusto rispetto. Da parte di John Green, colui che ha saputo commuovermi con Colpa delle stelle e strapparmi molte risate con Let it Snow, mi aspettavo di più.

Se vuoi leggere anche l’articolo su “Let it Snow”, sempre dello stesso John Green, clicca qua!!!

Desideri leggere altro sempre su John Green? Allora pigia qui e leggiti il nostro articolo su “Colpa delle stelle”!!!

Ami i libri? Allora premi qua sopra!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP