DI ORIANA FERRAGINA
Da bambina mi sentivo dire spesso dai miei insegnanti di posare il libro che avevo in mano e prestare attenzione alla lezione, pena la requisizione del tomo fino al termine della stessa (evento, in realtà, molto frequente). La medesima situazione si verificava con mia madre protagonista in luogo degli insegnanti, la quale mi invitava a posare il libro e ad andare a casa a fare i compiti o le faccende domestiche; oppure, se eravamo in giro da qualche parte, mi rimbrottava dicendomi che era maleducazione leggere durante le chiacchierate interminabili (almeno per me) tra lei e le persone che incontravamo per strada, sul pullman, nei negozi o dovunque capitasse. Insomma, sin da quando sono stata in grado di leggere da sola, non mi si poteva vedere senza un libro in mano.
Questo, almeno, fino al 2014/2015, gli anni in cui la mia passione per leggere fanfiction crebbe a tal punto che abbandonai i libri cartacei per immergermi nelle storie fantasiose scritte sullo schermo del mio cellulare. E nonostante la mia paura che, così facendo, non sarei mai più riuscita a tornare al mondo che, fin da piccola, mi aveva accolto e rassicurato nei miei momenti più bui, quel mondo fatto di inchiostro e carta in cui adoravo perdermi, non avevo la forza di staccare i miei occhi dallo schermo bianco e freddo teatro delle storie che avevo scoperto su internet.
E così è stato per anni, fino a quando, nel gennaio del 2023, la mia amica Federica non mi ha regalato il libro “Sorcery of Thorns”. Ora, vorrei dire che il romanzo in questione mi ha subito attirata e che io ho lanciato il mio cellulare giù dalla finestra e mi sono attaccata alle pagine per iniziare a leggere al più presto la storia avvincente che veniva raccontata, ma la verità non è questa. La verità è che ho iniziato a leggere il libro scritto da Margaret Rogerson perché non potevo permettermi di scaricare la batteria del cellulare, che mi sarebbe servito per l’incontro teatrale di quella fatidica domenica di febbraio, e perciò, per la prima volta da anni, mi misi a leggere un libro sul pullman; e non perché fosse un compito di italiano, come è stato per “Nanà” di Emile Zola, ma perché volevo leggere quel libro per mio interesse personale; e perché mi serviva che il cellulare non scendesse al di sotto del 50% durante il tragitto da casa al teatro in cui si sarebbero svolte le prove della mia compagnia teatrale, quella dei “Sognatori Anonimi”.

E, come succede ad un poveretto che, sperduto nel deserto, riesce finalmente ad arrivare ad un’oasi e dissetarsi, ebbi la sensazione di placare una sete che non sapevo nemmeno di avere più, immergendomi di nuovo nel mio adorato mondo fatto di inchiostro, carta e colla.
La trama del libro è la seguente: Elisabeth Scrivener è una giovane apprendista bibliotecaria che vive sin da quando era piccola nella grande Biblioteca di Summershall, dopo essere stata abbandonata sulla scalinata della stessa ancora in fasce. La giovane desidera solo finire il proprio apprendistato e lasciare gli scaffali che ha chiamato casa per la Biblioteca Regia di Brassbridge, dove spera di diventare una bibliotecaria a tutti gli effetti e rendere orgogliosa la Direttrice, che l’ha accolta tra le mura della sua biblioteca. Le cose prendono una piega inaspettata quando, più o meno un mese dopo aver assistito allo spostamento di un grimorio di Ottava Classe, il Libro degli Occhi, Elisabeth si sveglia di soprassalto nel cuore della notte, trovando tutta la biblioteca immersa in un sonno strano; poco dopo è costretta ad affrontare il Libro degli Occhi, ormai trasformato in Maledict, con Squartademoni, la spada della Direttrice che ha trovato morta nella sala della biblioteca, prima di decidere di correre dietro il grimorio corrotto che minacciava la vita degli abitanti della città vicina. Accusata ingiustamente di aver danneggiato il grimorio di Ottava Classe, facilitandone, così, la trasformazione in Maledict, Elisabeth si ritroverà catapultata in un mistero che scoprirà essere molto più grande di quanto potesse immaginare e dove l’unica persona di cui si può fidare è un mago, il Magister Nathaniel Thorn, e il suo servitore demone, Silas.
Riuscirà Elisabeth a sbrogliare la matassa in cui è invischiata senza saperlo o il mondo come lei lo conosce verrà completamente distrutto davanti ai suoi stessi occhi?
Storia ben scritta e che mi è piaciuta molto, anche se poteva essere sviluppata un po’ più lentamente in alcuni punti, lasciandoli in sospeso per riprenderli dopo nel libro e aumentandone, così facendo, la suspense; ma, nonostante questa piccola critica, come già detto, la storia è ottima, tanto che sono contenta che ci sarà un sequel (non vedo l’ora di metterci sopra le mani). Un’altra pecca della storia è che, alcune volte, i colpi di scena sono abbastanza prevedibili; ma questo solo alcune volte.
I personaggi sono ben caratterizzati, è scontato chi fosse l’antagonista appena è stato presentato, meno la motivazione che lo ha spinto ad innescare tutta la vicenda come potrebbe sembrare ad una prima lettura e riflessione. Ovviamente, il personaggio che mi ha colpito di più, come succede da una decina di anni a questa parte, è il demone Silas: personaggio complesso che agisce per il proprio tornaconto personale; o così sembra quando incontriamo il personaggio per la prima volta nel libro.
Tutto sommato, è una lettura che consiglio a chi adora i personaggi sarcastici e le storie d’amore “Enemies to Lovers”.
Ed ora, come mio solito, due parole sull’autrice!
Anche se, questa volta, sarò breve, visto che non si sa molto sull’autrice.

Margaret Rogerson vive a Cincinnati, in Ohio, con il suo gatto da un occhio solo di nome Commodore. Quando non scrive (o legge), si diverte a guardare documentari; anche se, a detta sua, ne vede fin troppi perché sia salutare. Oltre a ciò, Margaret ama perdersi per i boschi in cerca di rospi e funghi.
È autrice bestseller per il New York Time, regalandoci, oltre al libro che vi ho appena consigliato, anche “An Enchantment of Ravens” e “Vespertine”.
Ringrazio calorosamente Federica per avermi regalato il libro, che ha pensato, dopo averlo letto, che mi sarebbe piaciuto: hai fatto decisamente centro con la tua predizione, Fede!
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