DI MARCO FERRERI
Passate Pasqua, Pasquetta e la settimana dedicata a Dante Alighieri, il Pennivendolo Ubriacone e la rubrica Storie in Rete ritornano presentando un’opera dal contenuto decisamente più profano, ma proprio per questo saporita e decisamente piccante!
L’accompagnamento vinicolo nella stesura della recensione poteva essere soltanto un Barolo, per la precisione il Renato Ratti Marcenasco, un concentrato di storia, profumi e sapori delle mie Langhe. Conosciuto come “il re dei vini e il vino dei re”, introduce alla perfezione il romanzo protagonista di questa puntata: Il Gioco del Re, scritto da Flavio Passi.
Prima di tutto, è doveroso introdurre l’autore: Flavio Passi è autore ed editore indipendente, fondatore e direttore della casa Edizioni Effetto. La sua avventura, o la sua follia editoriale, come lui stesso ama definirla, nasce proprio a causa di Il Gioco del Re. Dopo un burrascoso tentativo di pubblicazione, terminato litigando con l’editore con cui si era accordato, nel 2017 Passi rischia tutto e si mette in proprio, abbandonando il settore immobiliare.
A prima vista può sembrare un salto nel buio, o la rimembranza dello slogan di qualche vecchia pubblicità sul bricolage del tipo: “Io me lo sono costruito da solo”, ma da quella scelta è scaturita una delle realtà più dinamiche nell’editoria indipendente, foriera di opportunità per scrittori più o meno conosciuti. Sette anni dopo siamo ancora qui a parlare di Flavio Passi, di Edizioni Effetto e della sua scuderia di autori in espansione, così come siamo ancora qui a parlare di Il Gioco del Re. Sarà perché ne vale la pena.
Il romanzo prende le mosse a Sanremo, al termine dell’estate. Il protagonista, Fabio, giunto nel mezzo del cammin della sua vita, traccia un breve ritratto di sé: un uomo scapolo, attratto dal divertimento e soprattutto dalle donne, di successo a livello professionale. Egli è tuttavia perennemente immerso nel dedalo delle distrazioni per fuggire dal vuoto interiore, in perenne balia degli istinti e in continuo conflitto con i severi giudizi che il Super-Io gli riversa addosso. Rivela subito un tratto fondamentale della sua personalità, alla base della spasmodica ricerca di compagnia femminile: teme di essere dimenticato e abbandonato alla sua solitudine.
«Chi è Fabio» mormorai. «Fabio è un attore. Tutti i giorni, sullo stesso palcoscenico, recito sempre la stessa parte. Non posso permettermi di sbagliare, il pubblico non capirebbe.»
Flavio Passi – Il Gioco del Re

Una sera come tante, senza amici a fargli compagnia e senza alcuna voglia di andare a dormire, si ritrova a vagare per i locali della riviera ligure, fino a quando entra in uno dei suoi preferiti, l’English Pub, dove approccia una donna avvenente e dall’aria misteriosa che sta bevendo un drink in solitudine al bancone. Quest’ultima mette subito in chiaro che sa dove vuole andare a parare e che non le interessa un’avventura di una notte, tuttavia non gli chiude la porta in faccia e continua la conversazione, dichiarando che, alle soglie dei quaranta, è più interessata al cervello degli uomini che alle loro parti intime.
Già dalla prima conversazione il rapporto tra i due, filo conduttore dell’intera narrazione, si configura come una sanguinosa partita a scacchi, dove l’eccitazione cerebrale ed ormonale si combina alla macelleria dei sentimenti in un gioco di mosse, contromosse, bugie e mezze verità. La donna, chiamata Barbara, rivela di essere sposata, e lascia intendere di aver carpito le debolezze emotive insite nella personalità esuberante e apparentemente sicura di sé di Fabio, il quale rimane confuso, imbarazzato e minato nelle sue fragili certezze.
Barbara si congeda senza lasciare spazio a possibili nuovi sviluppi: il gioco della seduzione che Fabio è solito condurre non è andato per il verso giusto. Invece di catturare grazie al suo fascino, percepisce di essere stato catturato dalla sensuale, ma brutale, intelligenza emotiva di Barbara, al punto da non riuscire a pensare ad altro che a lei nelle ore successive, con ripercussioni su tutta la sua sfera personale, virilità compresa.
Tuttavia, quella momentanea sconfitta suscita in Fabio lo spasmodico desiderio di appagare la combinazione di attrazione fisica e curiosità intellettuale che prova verso quella donna così atipica rispetto alle sue frequentazioni abituali. Barbara diventa subito un’ossessione, un insieme di pensieri intrusivi e di brividi da sfida per colui che crede, alquanto narcisisticamente, di padroneggiare Il Gioco del Re nell’ambito della seduzione. Dopo averla cercata ovunque la notte successiva, Fabio viene raggiunto sotto casa dalla stessa Barbara che, dopo aver ridicolizzato i suoi atteggiamenti, accetta l’invito disperato a passare del tempo insieme nel suo appartamento.
Nel corso della seconda conversazione, anche grazie ai fumi dell’alcol, Fabio mette completamente a nudo la propria anima, rivelando che il suo atteggiamento esuberante e i suoi eccessi derivano da un odio verso la società e di essere dilaniato da profonde ferite emotive. Quando sta giungendo l’alba, pur rimanendo ambigua nei suoi confronti, Barbara gli lascia un bigliettino con un indirizzo nella provincia di Varese e il suo contatto telefonico. Fabio tira avanti per qualche giorno con la sua vita tra questioni di lavoro, rimpatriate fra amici e situazioni potenzialmente piccanti, ma ormai è completamente assorbito da Barbara e dalla possibilità di rivederla.
Eventualità che si concretizza quando lei lo invita a farle visita il weekend successivo, organizzando una cena romantica e una gita al casinò di Campione. I brividi del gioco e della serata portano al primo approccio erotico tra i due, che tuttavia lascia Fabio sempre più confuso, in quanto realizza come sia sempre stata Barbara a condurre Il Gioco del Re in atto tra i due.
La trama, che in un primo momento sembra quella di un romance abbagliato da forti luci rosse, prosegue prendendo una serie di pieghe totalmente inaspettate, soprattutto grazie alla disinibizione sessuale e alle macchinazioni cerebro-emotive a cui Barbara sottopone Fabio. Egli, pur rimanendo in balia del fascino della donna, non si comporta da soggetto passivo, e comincia a indagare sulla vera identità e sulle motivazioni di quella figura misteriosa, ambigua e apparentemente inscalfibile nella sua eterna, erotica sfida alla noia di vivere.
«Fabio, non ti trattengo. Se vuoi scappa, io sono una donna pericolosa… Sono una frana! Cerco di dare amore, vorrei dare amore ma riesco soltanto a dare distruzione!»
Flavio Passi – Il Gioco del Re

Il grande pregio di Il Gioco del Re sta nell’alternare spaccati di vita quotidiana a scene che rappresentano forti eccessi. Se si potesse racchiudere il senso del romanzo in una sola parola, essa sarebbe “ambivalenza”. Fabio è un personaggio disilluso, che affonda continuamente la lama del pensiero nel solco delle delusioni e delle inadeguatezze, alla disperata ricerca del brivido, ma allo stesso tempo di qualcosa e qualcuno a cui aggrapparsi per recuperare la fiducia che nel corso degli anni ha perduto nei confronti del prossimo, del mondo e di sé stesso. Barbara sembra sinceramente colpita dalla sincerità e dall’emotività altrui, eppure si rivela una giocatrice nel senso più ampio del termine, perennemente in tensione tra vittoria e sconfitta, dominazione e sottomissione, eccitazione e noia.
Tra i due si crea una connessione che li estranea dalle persone “normali”, come i colleghi e gli amici di Fabio, da cui egli si distacca progressivamente, inghiottito dal gorgo di quella torbida storia di amore, sesso, guerra emotiva, confessioni e smascheramenti.
Il turbine degli eventi porta il lettore a seguire la storia per rispondere a una serie di interrogativi, che finisce per condividere con il protagonista: chi sta davvero conducendo Il Gioco del Re? Chi vincerà la partita? Si può tracciare un confine tra gioco e realtà, quando due sfidanti sono pronti a rischiare tutto ciò che hanno e anche qualcosa in più? Esistono davvero una vittoria e una sconfitta tra le pieghe dell’intimità?
Per scoprire le risposte, non resta che portare la lettura alla sua conclusione, attività facilitata da uno stile volutamente scarno e tagliente, assai in linea con i motivi e con le atmosfere che Flavio Passi intendeva evocare nell’opera. A titolo meramente personale, avrei adottato un linguaggio e un sistema di immagini ed eventi persino più brutale e diretto, magari sostituendo qualcuna delle molte riflessioni sociologiche e psicanalitiche a cui Barbara, ma soprattutto Fabio, si lasciano andare nel corso dei dialoghi e dei flussi di pensieri. Non per mera esaltazione pornografica o gusto per l’esagerazione, ma perché la tela di emozioni, pensieri e dinamiche messe in campo nel romanzo configura un intreccio dove, all’interno dell’uragano delle infinite manifestazioni dell’Es, l’unico elemento assente nel rapporto tra i protagonisti è la pietà.
In definitiva, Il Gioco del Re è un libro per stomaci forti e spiriti focosi, in grado di stuzzicare gli anfratti perversi dell’immaginazione, ma anche di sbattere in faccia brutali verità sulle fondamenta delle relazioni umane. Esso, tuttavia, nasconde un retrogusto di speranza, di nostalgia per una purezza dimenticata, ma non completamente perduta.
Vi sembra una considerazione finale ambivalente rispetto a ciò che ho scritto finora? Allora ho fatto bene il mio lavoro. Alle prossime Storie in Rete!


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