Storie in Rete – Bosco

DI MARCO FERRERI

Dopo essersi fatta lungamente attendere, l’estate è finalmente esplosa ed è ora di mettere il vino in frigo. Sì, anche i rossi, specialmente alcune varietà, apparentemente poco interessanti ma che, abbassando un pelo la temperatura, tirano fuori una notevole piacevolezza. Fidatevi del Pennivendolo Ubriacone e di quelle due bottiglie vuote di Verduno Pelaverga che vegetano alla sua destra!

Oltre a spalancare le porte dell’ebbrezza, il delicato rosso langarolo mi ha accompagnato nell’esplorazione approfondita di Bosco, una raccolta di racconti firmata Antonio Vangone e pubblicata nel 2024 da déclic edizioni. Si tratta di un libro snello nella forma e toccante nei contenuti, ricco di sbalzi emotivi frizzanti e allo stesso tempo abissali. Un libello perfetto per un clima che invita all’ozio e a riconciliarsi con il mondo; interiore, sociale o naturale che sia. Non mi capita spesso di recensire opere di autori più giovani di me, e già solo per questo mi sento di fare un plauso a Vangone, di cui Bosco è la seconda pubblicazione autografa, dopo che vari suoi racconti sono apparsi su riviste e antologie.

Da quanto emerge dalla raccolta, il racconto breve sembra proprio la forma letteraria tramite la quale il talento espressivo di Vangone si esprime al meglio. Bosco non è soltanto un raggruppamento di primi violini, ma una vera e propria orchestra sinfonica in cui ogni elemento letterario deve essere messo in correlazione con i precedenti e con i successivi per evocare l’atmosfera generale. Un’atmosfera sospesa tra l’onirico e il tangibile, tra l’interiorità e la sfera sociale, tra i desideri repressi e gli sfoghi estemporanei, dove si urla sommessamente o ci si rinchiude in silenzi assordanti.

Solitamente riservo soltanto un piccolo trafiletto finale all’analisi delle tecniche di scrittura impiegate e, confesso, spesso lo faccio perché lo stile dell’opera e la penna dell’autore sono definibili con pochi, semplici aggettivi, mentre l’originalità e lo sforzo creativo vengono maggiormente dirottati su altri elementi, come la struttura della trama o la caratterizzazione dei personaggi. Tuttavia, Bosco in questo senso risulta una lieta eccezione.

Emerge fin dal primo scritto, un esercizio medianico di identificazione con un punto di vista animale chiamato Canalizzare il piccione, che l’intento letterario di Vangone è di superare i limiti del linguaggio quotidiano e, attraverso ciò, sfidare le capacità di comprensione e di immedesimazione del lettore. Il racconto è uno scritto convulso, senza punteggiatura e colmo di gerundi, un’unica serie di azioni al tempo presente e costantemente ripetute, in grado di definire l’incapacità dell’animale di percepire passato e futuro e allo stesso tempo di richiamare l’alienazione spirituale che colpisce l’individuo immerso nella società di massa. Una società compulsivamente produttiva, vorace e omologata, incredibilmente simile nelle sue circonvoluzioni quotidiane agli stormi di piccioni che, dopotutto, sono la specie animale maggiormente florida e  integrata nel contesto urbano.

Prendendo a modello una storia in cui si prende a modello una storia, sull’eredità puntando sulla gioventù contando. Quando confrontati, eroicamente negando le apparenze

Antonio Vangone – Canalizzare il piccione

Lungi dall’essere un mero collage di testi sperimentali dal sapore un po’ naif, Bosco contiene ed esprime forti posizioni morali e verità scomode sulla natura umana; si trovino esse nella stilettata che chiude un flusso di pensieri repressi o nella sententia che termina una vicenda intrisa di realismo magico, come nel caso di Guardare il sole, dove dei pesci con i piedi compaiono da un giorno all’altro nella fontana pubblica di un piccolo paese. L’elemento alieno viene prima visto con curiosità, poi con disprezzo e paura, infine come un noioso fastidio di cui liberarsi e da cui, possibilmente, trarre profitto. Tuttavia, anche se il sistema produttivo e la stupidità umana tendono a eliminare o fagocitare qualunque cosa non possano controllare, la natura ha e avrà sempre in serbo qualcosa che sfugge alla comprensione, e dunque alle grinfie, dell’umanità.

I corpi pietrificati dei pesci vennero distribuiti in omaggio con settecento euro di spesa da Lella la mobiliera, fino a esaurimento scorte. Esaurite le scorte, i comignoli iniziarono a diventare corvi. 

Antonio Vangone – Guardare il sole

Si potrebbero trovare peculiarità sia narrative sia stilistiche in ognuno dei racconti proposti – un esempio lampante è Haiku il Robot, dove si narra la vicenda umana e professionale di un artista utilizzando le terzine della poesia tradizionale giapponese, oppure Foto di Famiglia con Coccodrillo, dove si inseriscono tutti gli elementi necessari a configurare un giallo familiare semplicemente descrivendo la foto di una nonna in compagnia delle nipoti – tuttavia non voglio togliere al lettore il piacere di scoprire le particolarità di questo piccolo grande libro, che assicura immensi voli pindarici anche all’individuo più emotivamente sopito.

(L’autore Antonio Vangone)

Mi permetto dunque di chiudere questa analisi, con annesso consiglio di lettura, con un paio di considerazioni di carattere generale: da Bosco emerge un’umanità lacerata e fondamentalmente divisa in due fazioni. La prima comprende chi è in preda a dolori e tumulti dell’animo che emergono da un sottobosco – parola non casuale – interiore e che ne condizionano non soltanto la serenità, ma anche la capacità di agire attivamente e con successo nel mondo. A questi hikikomori ante litteram si contrappone la gente comune, con le sue ottusità e le sue ignoranze, le sue aggressività e i suoi crudeli giochi al massacro psicologico nei confronti del più debole. Ma, soprattutto, la sua completa sordità nei confronti di tutto ciò che davvero connota il reale, ovvero l’universo implicito che sottende la punta dell’iceberg dell’essere, ossia il tangibile.

Le due opposte umanità combattono una battaglia implicita e silenziosa, entrambe fiere vincitrici del trofeo della “vera umanità”, ma allo stesso tempo entrambe sconfitte, in quanto condannate al dramma dell’incomunicabilità, concetto chiave dell’opera e fine ultimo a cui è votata la decostruzione del linguaggio e la combinazione delle tecniche stilistiche e narrative. In fondo, nell’umanità ritratta da Vangone, chi conosce la più scomoda delle verità sull’essere umano comprende di non poter agire senza abusare di qualcosa o di qualcuno, mentre chi non la conosce non può esimersi dall’agire e, di conseguenza, dall’abusare.

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