The Whale

DI GIOSUE’ TEDESCHI

Quando penso a una balena è sempre lei quella che mi viene in mente, quella di Moby Dick. È la balena per antonomasia e nulla mi potrà far cambiare idea. 

No, nemmeno questo film. Intanto perché non ci sono balene, e poi perché Charlie, il protagonista, non l’ho mai visto come una balena. 

Sarà perché non ero fisicamente nella stessa stanza con lui ma il corpo enorme che aveva non mi ha infastidito. Mi ha invece fatto infuriare la mollezza con cui si trascinava attraverso la vita. Potrei chiamarla ribrezzo quell’emozione che mi ha intorcinato le budella al vedere la faccia di un uomo sconfitto che l’ha accettato. 

Charlie non è certo un santo, ce lo ricordano in più scene, come in ogni buona storia nessuno qui ha fatto tutto giusto. Ma Charlie è, discutibilmente, il peggiore di tutti.

Non perché ha abbandonato la figlia, anche se averlo fatto per amore mi sembra una scusa grossolana. Non perché ha abbandonato la moglie, a cui se tieni davvero dovresti portare un po’ più di rispetto e avere in lei un po’ più di fiducia. Ma perché ha scelto di diventare dipendente da Liz. Di affidarsi alle cure degli altri, di non volersi più bene, si è arreso a sé stesso. È il peggiore perché ha smesso di lottare.

È il cattivo della storia se vogliamo, sempre rintanato nel suo covo buio dove attira le persone che provano ad avere una vita normale. 

Questo si collega a quello che secondo me è il punto cruciale del film: il limite invalicabile dell’umano. Sicuramente non è il modo migliore di dirlo, ma quello che intendo notare è come noi umani siamo capaci di fare tutto. Almeno in linea teorica. Vogliamo volare e ci riusciamo, toccare il fondo del mare e ci riusciamo, cambiare letteralmente pianeta e ci riusciamo.

Abbiamo il potere di realizzare qualunque cosa vogliamo nella nostra vita. Eppure proprio la cosa che ci sta più a cuore è quella su cui non abbiamo e non potremo mai avere l’ultima parola: gli altri. 

Ho trovato struggente per questo motivo la figura di Liz, l’infermiera, quasi una badante, che si occupa di lui. Personaggio che ai miei occhi è diventato ancora più cupo quando ci viene detto che, prima di concentrarsi sull’obesità del protagonista, stava dietro, allo stesso modo, all’anoressia di suo fratello. Il compagno di Charlie.

Mentre da una parte abbiamo quindi Charlie che si fa detestare perché ha smesso di lottare e trova le uniche gioie nel vivere la vita attraverso gli occhi degli altri come un perverso grande fratello, dall’altra abbiamo Liz che non riesce ad accettare di dover lasciar andare un’altra delle persone a cui vuole bene. Così mentre si dice di lottare per lui, per convincerlo a curarsi, adotta tutta una serie di comportamenti rinforzanti che permettono a Charlie di lasciarsi andare. Il più evidente è continuare a comprargli cibo pessimo. In più mentre si occupa di lui lascia andare sé stessa – i soliti iniqui scambi dell’amore. 

A volte viene da pensare che non sia infinito, che non si possa amare chiunque allo stesso modo. Sembra impossibile amare sé stessi e gli altri allo stesso tempo. 

Come Liz e Charlie, anche la figlia di lui, Ellie, sembra cadere nella stessa trappola. Si preoccupa troppo degli altri, in quel suo modo strano che è così confondibile con la semplice cattiveria, e si dimentica di sé. Non ci tiene abbastanza da impegnarsi a scuola seppure è chiaro a tutti quanto sia brava, non ci tiene abbastanza da fare qualcosa del suo tempo oltre a postare su Facebook e andare contro la madre. 

In quest’ottica quel post su suo padre, “Hell will sizzle when he arrives” (L’Inferno sfrigolerà quando arriva lui), forse è solo il suo incomprensibile modo di provare a staccarsi da lui. Inutilmente, per non sentirsi in colpa o triste quando lui morirà

Possiamo però dire che anche ciò che lei ha fatto a Thomas, il missionario, fosse per aiutarlo? Usare il suo buon cuore per costringerlo a fumare e poi inviare alla sua famiglia prove di quello che ha fatto e detto solo per aiutarlo a ricongiungersi?

Da una parte risulta impossibile da credere perché è un risultato piuttosto imprevedibile. Dall’altra forse, come dice Charlie, lei è davvero una persona meravigliosa. Nel senso che in qualche modo riesce a vedere la sincerità nel cuore delle persone. Inoltre perché quel missionario sarebbe dovuto arrivare fino a casa sua, proprio nel momento in cui stava avendo un infarto, al secondo piano!, se non per trovare aiuto lui stesso?

Per il viaggio personale di Thomas forse era ora di tornare a casa, e in Charlie ha trovato l’antagonista perfetto. Uno che non poteva sconfiggere perché non c’era niente contro cui lottare. Così Charlie aiuta Thomas a vedersi per ciò che è veramente, mentre la figlia lo fa tornare da chi lo accetta per come è. Se così fosse sono davvero una grande squadra quei due, padre e figlia. 

Non lo stesso si può dire della figlia con la madre, che invece pare ami un po’ troppo gli alcolici da quando Charlie le ha lasciate. La madre l’ho trovata un personaggio molto secondario, quasi più di Dan il fattorino delle pizze. Che invece va a rappresentare un importante punto di svolta per Charlie. 

Ora una piccola speculazione, secondo voi come finisce il tema scritto da Ellie in terza media su Moby Dick?

Di certo è una parte importante del film, una sorta di oggetto magico che tiene in vita Charlie e gli permette di morire solo quando viene letto dalla sua autrice. Per tutto il tempo sentiamo letta e riletta la prima pagina, poi un pezzo della seconda, e pensiamo che sia finito lì. Soltanto nell’ultima scena Ellie arriva fino in fondo al tema. “The author was just trying to spare us his own sad story. Just for a little longer.” (“L’autore stava solo provando a salvarci dalla sua stessa triste storia. Almeno per un po’.”) E poi la frase che Charlie non ha mai avuto il coraggio di pronunciare né ha mai lasciato pronunciare ad altri: “And this made me feel happy for ...” (“E questo mi ha fatto sentire felice per…”).

Finisce il film. 

Se non pensate che quella sia la parte più importante del film siete semplicemente folli. Quindi come finisce il tema? Io ho una mia risposta ma vorrei sentire delle alternative.

Come nota conclusiva: davvero non vi fa ribollire il fatto che Charlie pure con tutte queste persone che lo amano intorno a lui, durante tutta la sua vita, non riesca ad amare sé stesso abbastanza da vivere? Liz, la figlia, la moglie, Alan (il compagno), pure il fattorino secondo me gli voleva bene! Ma tu da solo no?! 

Come disse un giorno qualcuno “Moriresti per loro, io lo so. Tanta gente morirebbe per gli ideali in cui crede e le persone a cui vuole bene. Ma dimmi questo: vivresti per loro?

Ami il Cinema? Se sì, clicca qua!!!

Hai voglia di leggere di cosa significa essere esseri umani? Allora premi qui!!!

Pigia qua… no, niente, pigia qua e basta!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP