Guida degna di un Oscar sugli Oscar 2024!!!

DI ALBERTO GROMETTO

I Premi Oscar 2024 son sempre più vicini: e sì, anche se queste statuette non sono garanzia della vera immortalità di un film… non ci possiamo fare niente, il loro fascino resta indubbio ed indiscusso. Che fare dunque? Ognuno scelga per conto suo. Ma nel frattempo facciamo un grande recap e passiamo in rassegna tutti i dieci candidati all’Oscar come Miglior Film!!!

OPPENHEIMER: L’Asso Pigliatutto!!!

Il Maestro CHRISTOPHER NOLAN è un autore a tutto tondo a 360 gradi, che col suo stile unico e il suo sguardo inconfondibile ha saputo imprimersi a fuoco nell’immaginario collettivo realizzando opere iconiche, alcune leggendarie, altre molto meno, ma tutte indubbiamente “sue”… senza però per questo mai vincere il tanto ambito Oscar. Quest’anno sembra avere il vento in poppa dalla sua: l’Oscar alla Regia è quasi praticamente del tutto assicurato! Così come anche la vittoria in svariate altre categorie, tra cui Miglior Attore Protagonista per CILLIAN MURPHY e soprattutto Miglior Attore Non Protagonista per un interprete che avrebbe dovuto vincere la statuetta già tanti anni fa: quel mito leggendario di ROBERT DOWNEY JUNIOR. Non solo: ma oramai sembra chiaro che anche il Miglior Film ce l’abbia in sacoccia. Accolto forse troppo entusiasticamente come un prodotto rivoluzionario, la pellicola di Nolan è in realtà un classicissimo biopic che ha però il pregio di essere un bellissimo filmone spettacolare, che sicuramente a livello visivo riesce a rendere l’impossibile possibile, e che c’entra l’obbiettivo di prendere qualcosa di noioso e infilmabile come tre ore di fisici che parlano solo di fisica e politica e dilemmi morali… e rendere tutto questo un cult movie che ti tiene costantemente incollato.

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POVERE CREATURE!: Il Contendente Più Temibile

YORGOS LANTHIMOS è uno dei Geni ed Idoli più celebrati e idolatrati e amati, per Noi di «MERCUZIO AND FRIENDS». Lui ha saputo raccontare l’Umano e il suo caos interiore emotivo attraverso l’ordine algido, la logica cortese e la razionalità fredda e glaciale. Nei suoi film lui inscena un mondo asettico e apatico e distaccato nel suo essere educatamente spietato e impietoso per raccontare proprio però della brutale violenza dei sentimenti umani insiti in ognuno di Noi, e dai quali ognuno di Noi si fa infine comandare, anche il più apparentemente robotico tra tutti. E così fa Yorgos, con questa sua ennesima perla: una pellicola che di classico non ha nulla, che vuole essere originale ed innovativa e soprattutto libera, che vuole osare e buttarsi nel raccontare la vicenda di una donna adulta col cervello di una bambina che crescendo impara e si evolve e matura intellettualmente e culturalmente… ma emotivamente? Visivamente ineccepibile, esteticamente meraviglioso, narrativamente coraggioso, questo film presenta un cast dei più notevoli possibili: un’EMMA STONE che sfiora il divino, un WILLEM DAFOE che dimostra di essere una perla dentro una perla e un MARK RUFFALO veramente gigantesco! Nolan col suo Oppy ha sostanzialmente la vittoria in tasca, ma questo film qua è sicuramente il suo rivale più temibile quando si parla dell’Oscar al Miglior Film: una pellicola che non potrebbe essere più diversa da qualsiasi altra roba mai vista! Esiste il rischio indecoroso che rimanga a bocca asciutta e non si porti a casa nulla (forse potrebbe vincere la scenografia? Emma meriterebbe eccome, ma sembra non sia destinata): una vergogna di fronte alla quale stiamo scuotendo la testa con sdegno.

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BARBIE: Il Fu Rivale

Rosa, glamour, super-fashion!!! GRETA GERWIG si ritrova a dirigere un film che ha scritto lei stessa col compagno NOAH BAUMBACH, che nei fatti è una grossa commercialata portata avanti con lo scopo di rendere la ricca azienda di giocattoli MATTEL ancora più ricca. Eppure l’Autrice, che merita la “A” maiuscola, è in grado di sfruttare un film fatto solo per soldi, di sfruttare quest’occasione, per fare dell’Arte vera, con il preciso obbiettivo di ribaltare completamente i pronostici realizzando un film vero che, caratterizzato da un suo preciso sguardo e una sua accurata visione, ci trasmette un’importantissima lezione di vita: non sono gli oggetti che possiedi che definiscono chi sei, né i ruoli che ti ritrovi a interpretare e nemmeno le persone di cui ti circondi… ma solamente Tu puoi definire chi sei! Tu sei chi scegli di essere. E puoi scegliere di essere cosa vuoi. Puoi scegliere che Ken sia abbastanza per conto suo, anche senza di lei. E tu puoi scegliere perfino di smettere di essere Barbie, se è questo quello che vuoi. La scelta spetta solo a te. Il fatto che un messaggio del genere ci arrivi attraverso l’utilizzo dell’oggetto più innocente che ci possa essere come la bambola più famosa di sempre e attraverso il ribaltamento di ogni tipo di stereotipo, anche quegli stereotipi sulla lotta agli stereotipi, è qualcosa che merita applausi. È veramente una pellicola di un’originalità pazzesca. Un applauso fragoroso spetta all’incantevole MARGOT ROBBIE e al sublime RYAN GOSLING, per come sono stati in grado di interpretare Barbie e il suo Ken. Oltre che a WILL FERRELL e al suo magistrale Presidente della Mattel. Questo film e l’Oppy di Nolan sono indubbiamente legati a doppio filo l’uno all’altro, e il fenomeno storico-culturale del BARBENHEIMER lo conosciamo tutti: la bambola rosa e il fisico bombarolo sono usciti in sala lo stesso giorno in America e nella stragrande maggioranza del mondo, e questo ha determinato il loro successo commerciale. A vincere la sfida in termini economici tra i due, è stato sicuramente il film della Gerwig, il quale però si ritroverà quasi sicuramente sconfitto agli Oscar. Sembra che si porterà a casa solamente la Miglior Canzone (e non l’arci-nota «I’m Just Ken», ma quella di Billie Eilish e del fratello Finneas O’Connell). 

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ANATOMIA DI UNA CADUTA: Il Capolavoro Maltrattato

Quando sei di fronte ad un capolavoro assoluto, c’è poco da dire. Qui stiamo parlando di un film che ti parla di Verità e di come più osservi la Verità, più la analizzi, più ti ci addentri, meno diventa vera. Di come la Vera Verità ci sia inaccessibile, del fatto che spesso sei tu che devi scegliere che cosa sia la Verità, tu devi decidere da che parte stare, e devi buttarti, anche se questo significa cadere. E puoi cadere dalla parte giusta, così come da quella sbagliata. La caduta (reale) dentro il film corrisponde ad una caduta (metaforica) propria della vita: non sai mai, quando ti ritrovi a dover scegliere, se cadrai bene o male, ma devi scegliere. Anche se non sai. JUSTINE TRIET firma la regia di un film sublime, scritto insieme al compagno ARTHUR HARARI, che non sceglie la strada univoca di un genere solo ma, optando per la via dell’ambiguità, ponendosi a metà tra un Giallo e un Noir e un Thriller, riesce nell’impresa di tenerti costantemente incollato allo schermo, costantemente in tensione, costantemente col fiato sul collo. E senza una sola sparatoria, senza mai che una sola pistola appaia sulla scena. È alla fine solo gente che parla in tribunale, che analizza il caso, che indaga tutto il tempo. Eppure ti mette addosso una freneticissima suspense come solo i migliori thriller riescono a fare. La storia di un delitto che forse non c’è manco mai stato per raccontarti in realtà di una coppia per poi infine arrivare alla conclusione che una conclusione non esiste. SANDRA HÜLLER, l’interprete protagonista, dimostra di essere una dea della recitazione. Sapete che però c’è un’altra verità di cui non verremo mai a conoscenza? La ragione assurda per la quale la Francia ha deciso di non proporre questo suo gioiello, Palma D’Oro al Festival di Cannes 2023, come suo rappresentante all’Oscar nella categoria dedicata al Miglior Film Internazionale. Si è detto di tutto: che fosse per una questione di criteri di selezione, oppure che dipendesse da… ragioni di natura politica. Quale che sia la ragione, quest’opera sensazionale avrebbe vinto sicuramente la statuetta in quella categoria. E invece nulla! Non sapremo mai la Verità. Quantomeno, possiamo consolarci col fatto che è stato talmente tanto amato da ricevere altre candidature, tra cui quella come Miglior Sceneggiatura Originale: che è proprio il Premio che Noi di M&F prevediamo riuscirà a portarsi a casa. Anche se, lo abbiamo ormai capito, la Verità poche volte è vera. E quindi, se il vero non esiste, è tutto… VERAMENTE… un casino!

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THE HOLDOVERS: Il Prevedibile Meraviglioso

Un film non deve essere totalmente imprevedibile, ricco di colpi di scena e suspense per essere un capolavoro che ti rimarrà impresso nella mente e nel cuore in eterno. No, la verità è che possono esistere pellicole prevedibili, di cui conosci il finale fin dal primo secondo, che sai esattamente dove andranno a parare nell’arco della loro storia. Ma, sapete che c’è? Chissenefrega, restano comunque un incanto, una meraviglia, e alla fine tu quei film li vedi per goderti il viaggio, per stare insieme a quei personaggi, per emozionarti per loro e insieme a loro, e poco importa se già sai come andranno le cose. Questo è il senso del film diretto dal Maestro ALEXANDER PAYNE, che firma qui il suo grandioso ritorno in pompa magna, raccontando quello di cui sa raccontare meglio: l’essere umano, in tutta la sua bizzarria e complessità, nelle sue contraddizioni e nei suoi difetti, che però sanno essere difetti meravigliosi e indimenticabili. E così nel personaggio del classico professore stronzo e pomposo che non piace né interessa piacere ai suoi studenti, può in realtà celarsi uno splendido essere umano che ha sofferto e che è nei fatti fondamentalmente buono, anche se quando si mette a parlare al cinema degli usi e costumi delle popolazioni rappresentate nella pellicola e poi viene zittito con un SSSHHH, risponde con un secco: “Ma vaffanculo!”. Lo sappiamo che tutti hanno adorato Cillian Murphy per la sua prestazione nel film nolaniano «Oppenheimer», ma Noi abbiamo amato PAUL GIAMATTI, l’interprete protagonista di questo film, che riteniamo un attore gigantesco e che pensiamo essere tra i più straordinari attori che esistano, soprattutto per come riesce nell’impresa di incarnare a meraviglia quest’umanità stralunata e ridicola e insieme commovente e malinconica. Per noi è lui che ha vinto l’Oscar come Miglior Attore Protagonista, anche se non sarà lui a ritirare quella statuetta. Una menzione specialissima la merita anche DOMINIC SESSA nella parte dell’ allievo che vedrà dentro questo professore e si farà vedere dentro da questo professore. E poi naturalmente la splendida splendida splendida interprete che vincerà l’Oscar come Miglior Attrice Non protagonista: la divertente ma al tempo stesso sofferente e struggente DA’VINE JOY RANDOLPH, che impersona qui la cuoca della scuola che si porta dietro un dolore incalcolabile.

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KILLERS OF THE FLOWER MOON: L’Epopea Epopeica

Scorsese, MARTIN SCORSESE. Se il Cinema oggi è quello che è, è perché è esistito il Maestro Scorsese, tra coloro che hanno forgiato la Settima Arte. E che anche oggi, con più di 80 anni sulle spalle, ha una voglia e un’energia e un vigore talmente tracimanti e trascinanti da realizzare ancora lunghe epiche epopee leggendarie che ci raccontano dell’America, dei suoi lati oscuri, di come è stata costruita, degli aspetti più violenti e profondi connaturati alla natura e all’animo umano. Riunendo per la prima volta da quando fa cinema i suoi due attori feticcio per eccellenza, tra i più grandiosi interpreti mai esistiti, ROBERT DE NIRO e LEONARDO DICAPRIO, il ragazzaccio Marty decide di raccontarci una storia tutta americana molto poco conosciuta, quella degli indiani della tribù della Nazione Osage. Quei soli nativi americani che vivevano in ville galattiche, viaggiavano su lussuosissime automobili, potevano assicurare ai loro figli la miglior educazione possibile. Questa cosa può davvero star bene ai ricchi e potenti americani senza scrupoli di cui Scorsese ci ha sempre cantato le gesta? È oramai praticamente certo e assodato che questo film si porterà a casa il Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista: del resto LILY GLADSTONE riesce a regalarci una prestazione misurata e profonda, pur ritrovandosi tra due giganti come BOB & LEO. Sarebbe, nel caso, la prima attrice nativa americana a vincere la statuetta.

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LA ZONA D’INTERESSE: Il Già Incoronato Vincitore

Più che un film, un esperimento immersivo. Fin dai primi cinque minuti di nero totale, durante i quali sentiamo una musica alienante, disturbante, martellante. Puoi anche chiudere gli occhi di fronte al Male, oppure girarti dall’altra parte. Ma quel Male continuerà ad esserci, “a farsi sentire”, sarà sempre presente. Anche se non te ne rendi conto. Questa coraggiosa e temeraria pellicola sceglie di raccontarti uno dei punti più bassi della Storia Umana, la Tragedia della Shoah, in una maniera completamente nuova, attraverso il fuoricampo. Noi non vediamo mai quello che è stato l’orrore, non vediamo mai i deportati, non vediamo mai il campo di concentramento. Quella che noi viviamo è un’intima storia familiare. C’è una mamma, un papà e dei figlioletti. Arriva anche la nonna, ad un certo punto. Hanno pure un cane, una bella casa e un delizioso giardino. Trattasi di una famiglia, un’allegra famiglia come ce ne sono molte. Un’allegra famiglia di nazisti. Sì, perché noi siamo abituati ad una sequela di narrazioni sui nazisti malvagi e sterminatori che distrussero milioni di vite. Ma quello che davvero terrorizza più di ogni altra cosa, quello che risulta davvero raccapricciante, è che quegli stessi nazisti che passavano le giornate a torturare e distruggere la vita ad esseri umani che poi venivano gasati e bruciati nei forni, quegli stessi nazisti la sera tornavano a casa a giocare con i loro bimbi. Come è possibile? Una pellicola assolutamente innovativa, firmata da quel portento che è il meraviglioso JONATHAN GLAZER, che non ti mostra né ti parla mai di Shoah e Morte, ma la Shoah e la Morte ci sono tutto il tempo, sempre presenti in ogni singola scena, e non se ne vanno mai. Anche se le immagini sono teneri quadretti famigliari, noi sappiamo bene che oltre il muro del giardino della casa, vi è il campo di concentramento di Auschwitz. Sì, la famiglia protagonista è quella del gerarca nazista comandante del più famoso dei campi di concentramento. Assurdo pensare che quella casa sia il loro piccolo Giardino dell’Eden, e che si trovi accanto al vero Male. Certezza totale sul trionfo di questa pellicola come Miglior Film Internazionale 2024, già sostanzialmente incoronato come vincitore di questa categoria, siccome è il solo di quella cinquina ad essere stato nominato anche come Miglior Film. E, da che mondo è mondo, già si sa, ovviamente, che il film straniero che è candidato anche come Miglior Film, vinca il Premio come Miglior Film Internazionale. Soprattutto considerando che «Anatomia Di Una Caduta» è stato tagliato fuori.

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PAST LIVES: Il Romantico Autentico

Quanti film romantici esistono? Ne hanno fatti a bizzeffe, da quando il Cinema esiste è sempre anche esistito il Cinema romantico. Ma quanti sanno invece raccontarti un romanticismo vero e autentico e reale? Non quello rosa fatto di fiorellini e cuoricini, ma quello doloroso e sofferto e malinconico e struggente che non finisce con una scena nella quale Lei corre da Lui all’aeroporto e lo ferma, e neppure quello che termina con la morte dei due innamorati stile Romeo e Giulietta. No, niente di tutto questo, ma l’amore che semplicemente non si concretizza e non diventa realtà perché questa è la Vita, e la Vita ha una sua praticità, una sua pragmaticità, le sue tempistiche da rispettare. È triste dirlo, ma maledettamente vero: l’Amore non è sufficiente a tenere in piedi una relazione, serve qualcos’altro. Qualcosa che con i sentimenti non ha nulla a che fare, ma riguarda invece condizioni esterne. E così, l’Autrice CELINE SONG, dimostrando di possedere una potenza a dir poco straordinaria, ci racconta una storia d’amore “vero”, in cui al centro vi sono le domande che nessuno dovrebbe mai porsi: quelle con i “SE”. Cosa sarebbe successo, se avessi preso quella strada? Cosa sarebbe accaduto, mi fosse capitato di fare quel tipo di scelta? Quelle domande con i “SE” a cui non ha senso rispondere, perché ormai i giochi sono fatti e tornare indietro è totalmente inutile, per il semplice fatto che non si può.

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MAESTRO: Il Candidato Dimenticato

Lungamente atteso, spasmodicamente aspettato, totalmente… dimenticato. Sì, una volta uscito in sala nessuno ne ha più parlato. Sulla carta doveva essere il film che avrebbe assicurato la vittoria a BRADLEY COOPER, se non come regista quantomeno come Miglior Attore Protagonista. E invece niente. Perché? Scritto, diretto, interpretato e prodotto dallo stesso Bradley, il film ci racconta di uno dei più grandi direttori d’orchestra mai esistiti, Leonard Bernstein. O meglio: è quello che tutti pensavano avrebbe fatto. E invece non ti racconta di Bernstein, ma di lui e di sua moglie, Felicia Montealegre, interpretata da una colossale CAREY MULLIGAN che non ci stancheremo mai di elogiare. Nel descrivere questo rapporto altalenante fatto di momenti felici, quelli che appartengono alla dimensione del passato in Bianco-e-Nero, e di momenti tristi e scoraggianti, quelli che invece sono il nostro presente, questa pellicola ti parla di delusione e perciò delude. Quando invece è a dir poco maestoso e insieme meraviglioso nel raccontarti cosa sia la delusione. Era il film che nessuno si aspettava, ed è per questo che è stato così sfortunato, al netto della sua bellezza. Nessuno osa metterne in dubbio la qualità, ma allo stesso tempo non c’è nessuno che osa parlarne bene. E così, semplicemente e ingiustamente, proprio perché complesso e complicato, si sceglie di non parlarne. Esteticamente e tecnicamente sensazionale e di fattura impareggiabile, maestoso a livello narrativo e interpretativo, emozionante fino al midollo, Cooper sia in quanto attore sia in quanto regista riesce a regalarci un gioiellino perlaceo per cui gli saremo eternamente grati. Di fronte a questo, conta davvero il fatto che non vincerai nessun Oscar, Bradley?

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AMERICAN FICTION: L’Outsider Improvviso

Questo è un film che parla di razzismo. Di film che ci raccontano cosa sia il razzismo (o che ci provano) ve ne sono a bizzeffe. Ma questo ne parla in una maniera completamente, totalmente, meravigliosamente diversa. Sì, perché solitamente al cinema il razzismo viene raccontato come qualcosa di oscuro, malefico, perverso. I razzisti sono gli schiavisti con la frusta in mano, oppure i nazisti sterminatori. Ma la verità dei fatti è che il razzismo è infinitamente più complesso, complicato, ambiguo di così. Il razzismo non esiste perché esiste il Male. Sarebbe troppo facile, troppo semplice se le cose stessero in questo modo. Le cose sono molto più inquietanti e sfaccettate. La verità è che anche quando si parla di quello che dovrebbe essere l’esatto opposto del razzismo, e cioè il politically correct, l’inclusione, la rappresentanza della razza… vi è razzismo al massimo grado. È questo ciò di cui ci parla lo sceneggiatore e regista CORD JEFFERSON in questo suo straordinario lavoro della cui esistenza nessuno (o quasi) era a conoscenza finché non se l’è visto candidato agli Oscar! Nel momento in cui un’istituzione dichiara ai quattro venti di essere la più rappresentativa possibile e assume afroamericani per questa ragione, capite che si fa una differenza di tipo razziale? Ma la cosa, ci dice Jefferson, è molto più grave di così. Perché questo grande grande gioco del politically correct e dell’inclusione ha delle sue regole che gli stessi afroamericani scelgono di seguire per convenienza. Per “gettare fumo negli occhi. I bianchi conoscono i neri come “quelli delle piantagioni di cotone”, i tizi trasgressivi che girano con la catena al collo rappando, coloro che sono stati costretti ad una vita con meno possibilità e che dunque si ritrovano spesso a darsi al crimine per questo motivo. Tutto questo è vero, ma gli afroamericani sono molto più di questa serie di piatti e superficiali stereotipi di cui i bianchi vogliono sentir parlare: in questo modo vengono ridotti ad una narrazione limitata e appiattita per la quale loro devono essere quello, e basta. E così, proprio con l’obbiettivo di dare una rappresentanza ai neri, viene data di loro una rappresentazione erronea alla quale gli stessi neri si attengono perché queste sono le regole del gioco. Un applauso dei più fragorosi spetta al protagonista JEFFREY WRIGHT il cui talento è indiscutibile, e il quale interpreta uno scrittore che si ritrova a fare quello che mai avrebbe voluto fare: “vendere” una storiella ridicola incentrata sul “black trauma”, piena zeppa di stereotipi, superficialità, ridicolaggini. Lui in passato aveva scritto libri di profondo spessore ma che non vendevano niente. E questo perché erano veri. Ora che invece ha scritto una schifezza stereotipata per far contenti tutti, neri e bianchi, va incontro ad un successo clamoroso. E così deciderà di fingersi una persona che non è, il cosiddetto “afroamericano del ghetto”. Lui, che nemmeno ci crede nella razza! Ma che si rende conto con profonda amarezza, quando si reca in libreria, che le sue opere sono nella sezione “Storie afroamericane”, anche se la sola cosa nera che c’è dentro i suoi libri è l’inchiostro e lui parla di tutt’altro. Ma lui è afroamericano, e dunque anche i suoi libri diventano afroamericani. Perché allora non scriverne uno? Altra menzione speciale la merita STERLING K. BROWN, uno spasso senza freni nell’impersonare la parte dell’esagerato ed eccentrico fratello del protagonista, nominato giustamente come Miglior Attore Non Protagonista. Nessuno sapeva che diavolo fosse questo film qua prima che venisse nominato agli Oscar. Ora possiamo dire che si è trattato di una grandissima sorpresa spuntata dal nulla all’improvviso. Potrebbe vincere la statuetta come Miglior Sceneggiatura Non Originale (è stato tratto dal romanzo “Erasure” di Percival Everett). Noi lo speriamo.

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Potremmo dire molto altro su questi Premi Oscar 2024. Potremmo parlare dei candidati nelle altre categorie. Spendere qualche parola sui Migliori Film D’Animazione, una categoria che ci regala ogni anno sorprese sempre più grandi. Oppure raccontarvi della cinquina dei Migliori Film Internazionali che, quest’anno come non mai, presenta dei fortissimi ganci dritti dritti nello stomaco: oltre al già citato britannico «La Zona D’Interesse», abbiamo a che fare col crudo spagnolo «La Società della Neve» di Juan Antonio Bayona, il drammatico e potentissimo «Io Capitano» del Maestro Matteo Garrone e che rappresenta l’Italia, e naturalmente per la Germania lo spiazzante e tesissimo «La Sala Professori» di İlker Çatak. Il solo a non essere un pugno nello stomaco, o comunque ad esserlo in una maniera talmente tanto dolce e delicata e poetica e lirica insieme da risultare quasi un film indefinibile, è la produzione giapponese a firma del geniale Wim Wenders: «Perfect Days». Eh sì, potremmo davvero scrivere un’enciclopedia intera su questi Oscar. Ma ci fermeremo qui. Solo per ora. 

Che l’Amore sconfinato per la Settima Arte vi possa sempre accompagnare lungo il difficoltoso tragitto della Vita e rendervela la più bella possibile!!!

Se desideri leggere la nostra Guida agli Oscar della precedente edizione targata 2023, pigia qui!!!

Qualora volessi leggere della Grande Sfida che ha caratterizzato il passato 2023, quella tra la bambola rosa e il fisico bombarlo, non devi far altro che cliccare qua!!!

Se volessi invece leggere della Grande Sfida nata tra le due pellicole che nei pronostici risultano le due più gettonate per quanto concerne l’Oscar al Miglior Film 2024, allora devi assolutamente premere qui!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

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