Otherside, capitolo 11: Alice nel Paese delle Meraviglie

DI ELODIE VUILLERMIN

«Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice.

«Be’, non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta».

«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.

«Per forza,» disse il Gatto. «Altrimenti non saresti venuta qui».

Alice nel Paese delle Meraviglie è uno dei classici Disney che più ci ricordiamo, soprattutto per le bizzarrie della trama, a tratti nonsense e più vicina ad un’allucinazione che ad altro. Si rifà chiaramente all’omonimo libro di Lewis Carroll, pubblicato nel 1865. In realtà ci sarebbero due libri, poiché fu scritto anche un sequel delle avventure di Alice, Attraverso lo specchio, nel 1871. Entrambi hanno una tematica di fondo molto forte: nel primo tutto ruota intorno alle carte da gioco, il secondo ha una trama che ricorda molto una partita a scacchi.

La Disney ha preso un po’ dall’uno e un po’ dall’altro libro. A livello di trama si sono ispirati al primo e infatti è da lì che sono stati tratti personaggi iconici come lo Stregatto, il Bianconiglio, il Brucaliffo, la Regina di Cuori, Biagio Lucertola, il Cappellaio Matto e il Leprotto Bisestile (o Lepre Marzolina). Ma sono compresi anche altri personaggi, come i gemelli Pinco Panco e Panco Pinco, che invece provengono dal secondo libro. Altri come Ia Regina Bianca e la Regina Rossa, Humpty Dumpty (o Unto Dunto), il leone e l’unicorno, il Ciciarampa o il Cavaliere Bianco, sempre provenienti da Attraverso lo specchio, non sono invece stati utilizzati.

(L’autore, Lewis Carroll)

Come inizia la storia? Alice si annoia a sentire la sorella leggere un libro che non ha dialoghi né figure, quindi desidera ritrovarsi in un mondo diverso, dove la fantasia regna sovrana, dove tutto sembra strano e privo di logica. Nel classico Disney, al contrario dell’originale, sappiamo bene di cosa tratta nello specifico il libro che la sorella sta leggendo ad Alice: la storia di Guglielmo I d’Inghilterra.

C’è poi l’inizio del sogno, l’inseguimento del Bianconiglio fino alla sua tana, il giochetto delle pozioni e dei dolcetti che ti fanno cambiare dimensioni, la stanza inondata con le lacrime. Ma l’Alice del film animato, dopo aver bevuto quel che avanza della pozione restringente, riesce a entrare nel Paese delle Meraviglie attraverso la serratura della porta (la quale, tra l’altro, può parlare), navigando in mare all’interno di una boccetta di vetro. La controparte del libro, invece, si rimpicciolisce dopo essersi sventolata un ventaglio che era caduto di mano (o zampa?) al Bianconiglio e, mentre nuota nelle sue stesse lacrime, si ritrova all’improvviso nel Paese delle Meraviglie, poiché il mondo intorno a lei cambia senza che se ne accorga; la porta e la stanza di prima, semplicemente, scompaiono senza che lei attraversi alcuna serratura.

L’ordine con cui Alice incontra i personaggi nel film non rispetta quello dei libri. Se infatti in originale, dopo l’incontro con il dodo e la “corsa confusa”, la giovane punta dritta alla casa del Bianconiglio, nel classico Disney fa prima la conoscenza di Pinco Panco e Panco Pinco, che raccontano la storia del tricheco e del carpentiere.

Il momento in cui la bambina rimane incastrata nella casa del Bianconiglio è quasi fedele all’originale, salvo per alcuni particolari: per esempio, il fatto che Alice riesca a rimpicciolirsi nuovamente non mangiando una carota, ma grazie ai sassi che gli animali parlanti del luogo le lanciano contro, sassi che si trasformano in pasticcini con capacità magiche. Una volta fuggita, anziché imbattersi nei fiori parlanti, che incontrerà solo nel secondo libro, trova un cagnolino di dimensioni giganti, che distrae lanciandogli un bastone.

Dopo l’incontro con il Brucaliffo, che non si trasforma affatto in farfalla ma si limita a strisciare via quando è annoiato, Alice trova il fungo che da una metà la fa crescere e dall’altra la rimpicciolisce. Cercando di aggiustare le sue dimensioni, la bambina diventa enorme e un piccione la scambia per un serpente. Nel film non ci spieghiamo questo strano malinteso, ma nel libro sì, dato che a crescere è soltanto il collo della fanciulla, che diventa lunghissimo, come se fosse un serpente, per l’appunto.

Anche il modo in cui Alice incontra lo Stregatto è diverso rispetto al film. Dopo essersi imbattuta in una casetta, usa un pezzo del fungo per tornare piccola e assiste a due messi, un pesce e un ranocchio, che si scambiano una lettera: questa è rivolta alla Duchessa, la padrona di quella casa, ed è da parte della Regina di Cuori, che la invita a una partita di croquet. Proprio entrando in casa della Duchessa, la bambina ci trova lo Stregatto (o Gatto del Cheshire). Inoltre la Duchessa le lascia in cura il suo neonato per andare alla partita; neonato che poco dopo si trasforma in un maiale e viene liberato nei boschi.

Poi Alice viene indirizzata dal Leprotto Bisestile e dal Cappellaio Matto, che non stanno festeggiando un Non-Compleanno, ma semplicemente sono coinvolti in un tea party dalla durata infinita, a causa di una discussione che il Cappellaio Matto ha avuto con il Tempo stesso. Inoltre con loro c’è un ghiro, non il Toperchio della versione disneyana, e non c’è la scena in cui il Bianconiglio fa una comparsa al volo e gli distruggono l’orologio da taschino.

La bambina, anziché decidere di voler tornare a casa come nel film, è determinata a proseguire e raggiunge il castello della Regina di Cuori. Per il classico Disney ella è l’unica antagonista, dispotica, crudele e iraconda. Tratta malissimo chiunque, compreso il suo buon marito. Grida “Tagliategli la testa!” a chiunque vada contro la sua autorità. Ma la sua controparte nel libro è ridicola, nessuno l’ascolta o la prende sul serio, neanche quando ordina di condannare a morte qualcuno. La Regina di Cuori che la Disney ci ha fatto conoscere è una fusione con la Regina Rossa, una figura molto più autoritaria e rispettata che è presente solo in Attraverso lo specchio. In originale, nemmeno il Re di Cuori ascolta la sua consorte, e anziché essere un omino mite, di taglia lillipuziana e gentile, è alto più della Regina ed è altrettanto crudele.

Il libro ci dimostra che, oltre ai sovrani di Cuori, esistono un Re e una Regina per tutti gli altri semi (Fiori, Picche e Quadri). Nelle carte da gioco esiste una gerarchia precisa: le Picche sono i giardinieri, i Fiori i soldati, i Quadri rappresentano i cortigiani e i Cuori sono i principi di sangue reale. C’è anche un Esecutore che ha il compito di tagliare la testa dei condannati a morte.

La partita a croquet è proprio come ce l’ha mostrata la Disney: confusionaria, con regole strane, animali usati al posto di palle e mazze, un campo pieno di buche e così via. Segue poi l’apparizione del grifone, che fa conoscere ad Alice la Finta Tartaruga e balla con lei la quadriglia delle aragoste; scena che nel film non è stata poi inserita.

Del tutto assente anche l’episodio del furto delle paste, quello che ci porta a un’altra scena chiave: quella del tribunale. Nel film è Alice a essere processata, per colpa dello Stregatto. Invece nel libro la bambina assiste sì al processo, ma in veste di testimone; ad essere sotto accusa è il Fante di Cuori. Inoltre Alice insulta il Re e la Regina di Cuori senza paura, perché le loro leggi sono ridicole e in fondo sono solo carte da gioco. È proprio mentre le carte le volano sopra la testa che si sveglia dal suo sogno e torna a casa, mentre la sorella si mette a sognare le stesse avventure che Alice ha appena avuto.

Non solo numerose scene del libro sono state stravolte o eliminate, ma molti personaggi hanno ruoli e obiettivi del tutto diversi rispetto agli originali. Se nel film lo Stregatto è un personaggio negativo, che fa condannare a morte Alice, nel libro è una figura più neutrale e appartiene alla Duchessa. A parlare alla protagonista di Non Compleanni, in originale, non sarebbe il Cappellaio Matto, ma Humpty Dumpty. La protagonista disneyana ha soltanto il gatto Oreste, mentre la sua controparte cartacea possiede una gatta, Dinah, con tanto di cuccioli.

Nel film animato Alice ha uno scopo preciso: scoprire dove sta andando il Bianconiglio. Nel libro questa curiosità è ciò che le dà la spinta a cominciare la sua avventura, ma poi viene accantonata perché il desiderio di Alice diventa un altro, cioè entrare nel giardino della Regina di Cuori. Inoltre l’Alice originale è molto più competente della sua controparte disneyana, riuscendo a imparare dai suoi sbagli e ad aguzzare l’ingegno per arrivare fino al giardino.

E se vi dicessi che Alice è esistita davvero? Lewis Carroll (pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson) a un certo punto della sua vita conobbe Henry George Liddell, rettore del Christ Church College di Oxford, dove lo stesso Carroll insegnava matematica. I due divennero amici stretti, tanto che uscivano insieme ogni fine settimana per gite in barca e picnic. Carroll era particolarmente apprezzato dalle figlie di Liddell e per intrattenerle era solito raccontare storie fantastiche, inventate sul momento; un’abitudine che era solito seguire con i suoi fratellini quando era ancora piccolo. Il tutto è documentato all’interno dei diari dello scrittore.

Durante una gita in barca lungo il Tamigi, il 4 luglio 1862, la piccola Alice Liddell, di dieci anni, pregò Carroll di raccontargli una nuova storia e lui l’accontentò, narrando una serie di avventure strampalate che avevano come protagonista una bambina con il suo stesso nome. Fu proprio su richiesta di Alice che l’autore mise per iscritto la sua storia: nacque così il primo manoscritto di Alice nel Paese delle Meraviglie, allora chiamato Alice’s Adventures Underground, che Carroll regalò alla piccola Liddell a Natale del 1864.

Anche in Attraverso lo specchio c’è un riferimento alla giovane musa ispiratrice di Carroll: il romanzo contiene infatti una poesia, A Boat Beneath a Sunny Sky, dove le lettere iniziali di ogni verso compongono, in successione, il nome completo della bambina, Alice Pleasance Liddell.

La vicinanza di Carroll alle bambine diede vita a numerose teorie che lo dipingevano come un pedofilo. In molti sostennero quell’accusa: per esempio Catherine Robson, autrice di Men in Wonderland: The Lost Girlhood of the Victorian Gentlemen (2001), definisce Carroll come “il più noto (e famigerato) amante di bambine della sua epoca”. Langford Reed, nel suo saggio The Life of Lewis Carroll (1932), fece notare come fosse strano che le amicizie di Carroll con le ragazze finissero una volta che queste raggiungevano la pubertà, pur non accennando direttamente alla pedofilia.

Come ulteriore elemento a sostegno di queste tesi, nel 1863 i rapporti tra Carroll e la famiglia Liddell si guastarono e si interruppero di colpo. Le pagine di diario che dovrebbero testimoniare il fatto, quelle che vanno dal 27 al 29 giugno di quell’anno, sono state strappate e mai più ritrovate. Secondo Morton Cohen, autore di Lewis Carroll: a Biography (1995), il motivo dietro alla separazione fu il desiderio di Lewis di sposare Alice Liddell, allora undicenne.

Oltretutto Carroll aveva l’abitudine di dipingere e fotografare bambini (inclusa Alice Liddell), spesso nudi o svestiti. Ma a questo c’è una spiegazione legata al contesto storico. Carroll è vissuto nell’Inghilterra vittoriana e all’epoca era molto diffuso un culto della nudità infantile, che era usato come mezzo per simboleggiare purezza e innocenza, quindi nulla aveva a che fare con la pedofilia. Lo conferma Jenny Woolf, biografo di Carroll, in un saggio del 2010.

Karoline Leach, nella sua biografia In the Shadow of the Dreamchild (1999), difende la figura dello scrittore: “Carroll era una persona normale con normalissimi gusti sessuali, socievole e interessato al teatro. Su di lui sono state scritte molte bugie”. Inoltre è riuscita a trovare le pagine mancanti del diario di Carroll, dove sarebbero annotati i reali motivi della rottura con i Liddell: sembra che il problema non fosse Alice, ma la sorella maggiore di lei, Lorina detta “Ina”, all’epoca quattordicenne; era infatti la ragazzina a provare qualcosa per Carroll, non il contrario.

Qualunque sia la verità a riguardo, comunque, ancora oggi non lo sappiamo dire con certezza. In tutta onestà, nemmeno io so a cosa credere.

(Alice Liddell, la bambina che ha ispirato l’Alice letteraria di Carroll)

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