DI PIETRO BERRUTO
Kid Eternity, similmente a Black Orchid, rilancia un personaggio dimenticato, il supereroe adolescente omonimo, creato dalla Quality Comics nel 1942 e successivamente acquisito dalla DC. La serie del 1991, pubblicata sotto l’egida della linea editoriale Vertigo, è scritta dallo scrittore scozzese Grant Morrison e disegnata da Duncan Fegredo, ai tempi all’inizio della sua carriera.
La storia segue Kid Eternity, fantasma con il potere di evocare altri fantasmi, e Jerry Sullivan, comico bloccato sul piano astrale essendo il suo corpo tra la vita e la morte, costretto per motivi ignoti perfino a lui: lo scopo della storia è andare all’Inferno, salvare il vecchio protettore di Kid Eternity, l’angelo Signor Custode, e riparare dei macchinari chiamati Caosfere. Tra gli altri comprimari si distinguono Val Hoffman, scrittrice che vede realizzare le proprie fantasie intorno a lei, il reverendo Goodfellow, ossessionato dal purificare il mondo in modo violento e desideroso di trovare il corpo di Jerry, e Jack, uno spirito assassino errante dimenticato da Kid Eternity e desideroso di trovare suo “padre”, ossia Eternity stesso.
Fin da subito si possono trovare alcune svolte narrative tipiche di Morrison: vari piani temporali scorrono contemporaneamente e diverse scene vengono ripetute in diversi punti della narrazione, da diversi punti di vista. Come si sarà intuito, questo volume ha come protagonista la morte: in un tentativo di immaginarsi il punto di vista non lineare del tempo non solo di un fantasma, ma di un quasi fantasma, che cerca ancora di acclimatarsi al presente. Lo stile di scrittura della storia adoperato rende confusa la prima lettura dell’opera, ma molto più interessanti le successive. La somiglianza fra Kid Eternity e la Divina Commedia è voluta: come nell’opera di Dante, un umano inesperto viene accompagnato da un habitué del luogo in un viaggio alla scoperta di sé stesso e della costruzione dell’Aldilà. Il piano di Morrison, però, come al solito, è la decostruzione e, così come vuole decostruire il supereroe della Golden Age Kid Eternity, così vuole anche ripensare il concetto di Aldilà stesso, compreso il topos del viaggio nell’Oltretomba. Ci troviamo di fronte ad una visione cupa sia di Eternity che del luogo da cui proviene, facendo ricadere la gravitas dell’opera sulla discrasia tra passato reale e il ricordo di esso. La trama si evolve, dimostrando il vero tema dell’opera quando, rivelata la reale natura di Paradiso e Inferno, il protagonista ha il compito di scegliere la propria strada per risolvere la minaccia di turno. E allora ci si rende conto che in realtà, la confusione sul proprio futuro, la ricerca di uno scopo nella propria vita anche nella propria morte, è qualcosa che tutti cercano in quest’opera. L’opera sembra perciò essere una specie di commento metatestuale sul passaggio dal credo religioso ad una perdita della fede in età più adulta: se la fede non offre più il modello di vita da seguire, cosa deve fare l’ex credente adesso? Cercare di fare il meglio che può. Kid Eternity affronta questo tema malinconico accompagnando il lettore verso un nuovo potenziale scopo per i credenti delusi, ma senza farlo pesare, senza imprimerlo con forza. La stessa visione della Chiesa, rappresentata dal reverendo Goodfellow, è opprimente e violenta, incarnando l’Ordine assoluto, che, soffocante, costringe le persone ad adeguarsi alle sue idee.
Lo stile di Fegredo, che qui si occupa di ogni aspetto grafico dell’opera, escluso il lettering, è volutamente sporco, permettendo all’opera di risultare unica a livello estetico. I colori sono principalmente freddi, ironico visto che buona parte dell’ambientazione è negli Inferi, rappresentando perfettamente l’aspetto malinconico della morte; ci sono però molte note di marrone e rosso che facilmente si mischiano in un color ruggine, adoperato spesso nelle scene di sangue, che, rappresentato da veri e propri schizzi di vernice, dà anche alle scene splatter un aspetto ancora più oscuro e realistico. Assieme a questi colori, le pagine vengono anche illustrate da dettagli simili a refusi, linee nere che ricordano degli errori che non vengono cancellati durante la fase di sketching di un disegno, permettendo alle illustrazioni di prendere una nota scura in ogni singola vignetta.
Il problema di Kid Eternity è, però, come ho accennato, la difficoltà a seguire la vicenda. Il continuo cambiare punto vista, ambientazione, piano temporale e narrazione viene portato all’estremo da Morrison e da Fegredo (il cui stile grafico si sposa perfettamente con il modo di scrivere dell’autore scozzese), lasciando alle volte punti della storia in sospeso, senza una specifica conclusione. Kid Eternity non è il lavoro più complesso di Morrison, ma è sicuramente uno dei più criptici, rendendolo in parte uno dei meno piacevoli da leggere. La miniserie ha dei problemi, ma dietro di essi si nasconde un lavoro intimo di Morrison, un’opera da non perdere.
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