DI PIETRO BERRUTO
A breve uscirà nelle sale Deadpool & Wolverine, terzo film della saga del mercenario chiacchierone, personaggio divenuto particolarmente popolare tra gli amanti del genere. Il suo umorismo sopra le righe, le scene d’azione piene di sangue e il costante sfondamento della quarta parete sono riusciti a rendere celebre Wade Wilson e a dargli un posto d’onore nei cuori dei fan. Non c’è da stupirsi che, quando Shonen Jump, celebre testata giapponese, iniziò a collaborare con la Marvel Comics, Deadpool fu scelto per essere protagonista della propria serie di manga shonen. Nasce perciò Deadpool: Samurai, composta da quindici numeri che narrano le avventure dell’antieroe in Giappone. Non è però un caso raro che degli artisti orientali ottengano la possibilità di reinterpretare un prodotto occidentale: tutti si ricordano il film Snowpiercer di Bong Joon-Ho, adattato dal fumetto francese Le Transpercenaige, e la serie animata Star Wars: Visions, in cui diverse case di produzione di anime reinventano parzialmente “la galassia lontana lontana”, a volte con ottimi risultati, a volte no. Non è una novità nemmeno per la Marvel Comics, che ha tentato di produrre manga (o fumetti nello stile dei manga) dai primi anni 2000, perciò non c’è da stupirsi che Deadpool: Samurai esista.
Edita in due volumi, la storia è scritta da Sanshirō Kasama e disegnata da Hikaru Uesugi ed è ambientata in un universo alternativo rispetto alla maggior parte dei fumetti Marvel. Qui Deadpool viene incaricato da Iron Man di reclutare dei nuovi membri per la divisione giapponese degli Avengers, la Samurai Squad, e di guidarli in battaglia come loro leader; le reclute della squadra sono le due deuteragoniste, i personaggi originali Sakura Spider, ragazzina con poteri identici a quelli di Peter Parker, e Neiro, una idol legata ad un simbionte cannibale, chiamato “Nerino” in italiano e “Kage” in lingua originale. Questa squadra sarà costretta ad affrontare varie minacce, prima fra tutte Loki, determinato nel distruggere il Paese del Sol Levante per ragioni misteriose.
La storia è molto semplice e cerca di sfruttare al meglio stereotipi narrativi sia del manga shonen che del fumetto supereroistico, implementando scene d’azione esplosive e piene di dettagli, magnificamente descritte e disegnate magistralmente. In alcune parti sembra di vedere un film, ricco di angolature drammatiche e primi piani. Se però il dipartimento grafico brilla per questa prestazione, quello di scrittura delude il lettore parecchio. Come ho scritto prima, Deadpool è un personaggio che sfrutta alcuni espedienti narrativi come la rottura della quarta parete a scopo comico, motivo per cui è controverso tra alcuni lettori di fumetti che trovano questo suo modo di fare irritante ed alienante rispetto alla storia che viene raccontata e questo sentimento aumenta esponenzialmente in Deadpool: Samurai in cui le battute idiote sono una dietro l’altra, a cannocchiale, accoltellando ogni tentativo di coinvolgere chi legge la storia. Il personaggio stesso di Deadpool è ancora meno serio rispetto alla sua già poco seria controparte, la quale però aveva una sua personale e singolare drammaticità; anche in questo manga viene però molto brevemente esposto il retroscena complesso del personaggio, ciò avviene in un tempo troppo esiguo, ottenendo un risultato “a metà” che non soddisfa il lettore e non lo fa empatizzare con il personaggio. Estremamente difficile entrare in contatto anche con la idol Neiro Aratabi, ragazzina dalla singolare ingenuità, totalmente devota ai suoi ammiratori, non importa quanto siano eticamente disgustosi: nel numero #6, l’antagonista principale è appunto un fan di Neiro che dopo averla pedinata e aggredita, viene perdonato totalmente da lei con una motivazione assurda spiegata attraverso un flashback privo di utilità, economia e armonia narrative. In questa occasione è Deadpool che diventa la voce della ragione e cerca di dimostrare come Neiro, in questo modo, abbia intenzione di mantenere in libertà una persona pericolosa per lei e, potenzialmente, per altre persone. La storia stessa però è consapevole di quanto sia assurda la caratterizzazione della ragazzina e per fortuna non le viene mai data ragione nei due volumi. Al termine della vicenda perciò ci troviamo solo di fronte a un personaggio irragionevole e non a un racconto con un messaggio distorto. Il terzo personaggio principale, Sakura Spider, riprende i temi e i caratteri tipici degli Spider-Men, con un forte senso morale ed un discreto senso dell’umorismo, risultando quantomeno simpatica, oltre che effettivamente rilevante all’interno della trama principale, al contrario di Neiro, che più che un motore della storia, è solo una macchia all’interno dei volumi.
Anche solo dopo una lettura disattenta ci si rende quale sia il pubblico a cui è indirizzato Deadpool: Samurai, ovvero i lettori abituali di Shonen Jump che abbiano anche una conoscenza basilare dell’Universo Marvel, ottenuta probabilmente attraverso la visione dei film del MCU e non solo. La decisione di utilizzare antagonisti come Loki o Thanos piuttosto che personaggi più tradizionalmente affiliati a Wade Wilson è naturalmente spiegata dal probabile desiderio degli scrittori di utilizzare nomi conosciuti per accalappiare l’attenzione di possibili compratori. Un intero scambio di battute nel numero #8 è ripreso e parafrasato dal film Deadpool 2 per la stessa ragione, ovvero venire incontro alle persone che non conoscono abbastanza bene i fumetti. Il semplicismo dei quindici numeri, perciò, deriverebbe dal desiderio di attirare lettori poco esperti del filone, ma fallisce nel fornire un punto di partenza per approfondire le proprie conoscenze ai suddetti lettori. Si può teorizzare, per tale ragione, che Deadpool: Samurai possa piacere di più ad un normale lettore di One Piece o My Hero Academia che ad un comune fan di Deadpool.
Il tentativo di ibridazione non ha perciò ottenuto i risultati sperati. Deadpool: Samurai non è altro che un esperimento fallito, un albo poco divertente e molto irritante, per quanto ben disegnato. La qualità positiva della natura degli esperimenti però è la possibilità di riprodurli fino a che non si sarà ottenuto un buon risultato. Ci sono dei pregi in Deadpool: Samurai, che però in numero ed importanza non superano i difetti, ma, forse, in una futura collaborazione tra fumetto occidentale e giapponese non sarà più così. C’è del potenziale e sarebbe tragico non sfruttarlo, anche a costo di qualche esperimento fallito.
Per chi di voi però volesse, anche dopo questo articolo, ancora dell’altro Deadpool nella propria vita, vi consigliamo la visione di Deadpool & Wolverine e, per la precisione, vi suggeriamo di vedere il film al Cinema Reposi.
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