DI GIULIA FOSCHI
Recentemente ho cambiato lavoro e ora voi direte ma che ce frega? Plausibile. Lavorando molte meno ore guadagno molto meno ma ho molto più tempo libero che, al momento, è tutto da inventare. Con tutto questo tempo che cosa ci faccio? Bella domanda. Non ero preparata. Da grande pensatrice quale sono, penso. E poi, purtroppo per voi redattori e lettori, scrivo. E anche mentre lavoro, ma non solo, mi vengono in mente cose del tutto assurde, quel genere di domande esistenziali a cui, diciamocelo, non frega niente a nessuno. Tipo questa: perché noi esseri umani mangiamo le balene ma non i delfini? Anche loro sono mammiferi muniti di uno spesso strato adiposo. Probabilmente perché dovremmo ucciderne di più, credo; insomma, potrebbe essere un fatto di preservazione della specie. Proprio per questo è ritornato alle mie memorie questo articolo, che avevo scritto qualche anno fa, sul millimetro e sulla balena. In realtà non precisamente un articolo se proprio vogliamo dirla tutta, ma la prefazione di un libro decisamente sconclusionato da me mai pubblicato, in cui sostanzialmente affrontavo, in maniera non del tutto efficace, una malattia che aveva colpito il mio sistema nervoso, dopo un periodo di burnout totale. Il titolo di questa prefazione, nonchè viaggio filosofico nei meandri della mia mente contorta è “Il millimetro e la balena”. Allacciate le cinture!

In famiglia non sono l’unica pensatrice, anzi, siamo tanti e diversificati, un habitat variopinto di persone diverse e a tratti opposte in cui la parola d’ordine è: biodiversità. Non siamo una famiglia perfetta, ma dal mio punto di vista non ne esistono, quindi tutto ok.
Anno 2022: “Mio zio dice di avere inventato uno slogan, mentre era al lavoro. “Il millimetro è come la balena”. Questa semplice frase racchiude molteplici significati, tra cui quest’ultimo: ciò che è millimetro per qualcuno può essere grande come una balena per qualcun altro. Ora questo libro, nella sua dolce schiettezza, è per me sia millimetro che balena. (Perché ricordiamocelo era di un libro che si stava parlando, e non di un articolo). Millimetro dopo millimetro, infatti, le parole scorrono sullo schermo dando forma a quel racconto, sulla mia vita e sui miei pensieri, che in fondo è la mia balena. Il peso della mia balena si fa più leggero ogni volta che scrivo, avvicinandosi all’entità del millimetro, e liberandomi da tutte quelle cose che per troppo tempo mi sono tenuta dentro. Questo libro nasce quindi dalla necessità di dare un ordine ai miei millimetri di cuore. Nasce dalla necessità di dare un volto a quella balena che dicono sia la mia malattia. Una malattia che i più chiamano depressione, e che io chiamo invece fragilità, sensibilità. Una malattia che scorre tra le pagine di questo libro, che trasuda di tutti i demoni che mi sono sempre portata dentro e che mi hanno reso la testa sempre più pesante. Finché ciò che avevo sempre pensato di essere è andato in frantumi, trasformando la mia mente in qualcosa di simile ad un archivio disordinato. Filo conduttore della mia storia: l’amore. L’amore che è fatto di infiniti millimetri che ci uniscono gli uni agli altri, e che noi chiamiamo legami. Gli stessi legami che da anni tengono unita la mia famiglia, parte centrale anch’essa del racconto, con tutte le sue contraddizioni. Ci troviamo quindi in una caotica mente, in mezzo a tutti quei pensieri che ultimamente l’affollano, ripercorrendo a ritroso la storia che ha portato al formarsi di questo caos. La protagonista sono io, schiava del mio dolore, nell’intento di districarmi tra tutti questi pensieri. Il tempo e lo spazio appartengono al mondo di oggi, un mondo anch’esso tendente al caos dove resta viva la speranza, che in questo libro ha un volto e un nome: Byron. Proprio lui, mio amore segreto, tiene viva la luce in me, la stessa luce che nell’incipit della storia viene ricondotta a quella delle stelle, nostre amiche lontane. Tra un susseguirsi di paure e desideri dunque si articola il racconto, di quest’anima fragile che sono io e della maniera in cui percepisco le cose e le persone attorno a me, in questi tempi così strani e ambigui da decifrare. Ferma ai semafori la mia mente lavora più del dovuto, finché qualcuno non mi cerca e smetto di pensare. Nella mia solitudine lavoro come un motore, un lavorio cerebrale che spesso consuma le mie membra e mi pongo tante domande a cui nel libro provo a dare risposta: esiste Dio? E se esiste che faccia ha? E mentre tutti mi pensano malata io scrivo e faccio del mio più grande dono la mia forza.”

Anno 2024: Ora, a distanza di anni, l’amore non ha più un volto, insomma ce l’ha, ma non è quello di una persona fisica, almeno non per il momento. O comunque non sempre della stessa persona. L’amore non è fisico, almeno per me. L’amore assomiglia più ad un gesto, non trovate? Uno scambio. Boh. Adesso che, fino a prova contraria, sono decisamente più matura, l’amore lo vedo un po’ ovunque. Ogni volta che la redazione pubblica una delle mie poesie o uno dei miei articoli, ad esempio. Io ce ne vedo un po’ anche lì.
L’amore non è fatto di un unico volto, insomma non sarebbe un amore sano, penso. L’amore è qualcosa di molto più complesso e grande, come una balena o anche infinitamente piccolo, come un millimetro. E forse è per questo che facciamo fatica a scovarlo. È ovunque, e da nessuna parte. Insomma, ricondurre la propria esistenza ad un unico ed indissolubile legame risulta riduttivo, nel momento in cui questo strano e ricordiamolo, complesso, sentimento o miscuglio di sentimenti, lo si può trovare un po’ dappertutto.
Anche nel modo in cui ci viene servito un caffè nel bar sotto casa, anche lì, se il barista ama quello che sta facendo, possiamo ritrovare la dose d’amore che lui ci ha messo in quel caffè. Quell’amore ci arriva dunque, piccolo come il millimetro (perché le tazzine e i cucchiaini sono piccoli), ma magari dentro di noi, magari alzati col piede sbagliato e la luna storta, diventa grande e si fa spazio proprio come una balena farebbe nel mare. Questo ovviamente il barista non lo sa, perché lui sta solo facendo il suo lavoro. Il cuore assomiglia tanto ad un mare, se ci pensiamo bene. Non è terra, non è solido o immutabile, ma è una burrasca di sensazioni e cambi repentini in cui dobbiamo costantemente trovare un equilibrio fra le onde. Perché il cuore è fatto di emozioni e nelle emozioni ci si sguazza, proprio come farebbe un pesce. Ma i disastri ambientali di oggi ci dicono che è la calma l’obiettivo ultimo da raggiungere, mentre tutti siamo presi da questa tracotanza, da questa costante voglia di esprimere ed esprimerci, spesso urtando la sensibilità degli altri. Siamo tutti balene alla ricerca del loro oceano, ma capirete anche voi che se l’oceano fosse popolato solo ed esclusivamente da balene non rimarrebbe più un millimetro di spazio.
Ora, anche il millimetro, badate bene, non è un santo. Avete presente il detto “il diavolo sta nei dettagli?”, ecco si potrebbe anche dire che il diavolo sta nei millimetri. Spesso per vivere una vita più serena, si possono tralasciare infiniti millimetri, seppur esistenti, perché il disegno risulti più snello, un variopinto pesciolino ad esempio, e non per forza un cetaceo di proporzioni megalodontiche. Quanto sono carini gli acquari? Al momento sono ossessionata dagli squali, che nulla hanno a che vedere con gli acquari, insomma non penso si sia mai visto uno squalo dentro un parallelepipedo di vetro, ma anche loro hanno il loro fascino. Ma questa è un’altra storia. Stiamo divagando. Insomma, collegare alla perfezione troppi punti, seppur aventi una parvenza di verità, che ricordiamocelo è sempre e solo la nostra, ci toglie la pace tanto agognata. A volte accontentarsi di qualcosa di meno, può addirittura regalarci qualcosa di più. Una frase a cui nemmeno io credo, perché tendenzialmente sono molto competitiva, ed infatti questa è la sfida che mi sono proposta: i millimetri. E non più le balene. Raggiungere traguardi altissimi senza saper raggiungere traguardi piccolissimi, come ad esempio tenere ordinata una stanza, o rifarsi il letto, o ancora, ricordarsi di lavarsi i denti almeno una volta al giorno, è davvero un merito? È davvero un traguardo? Tanti piccoli millimetri pratici, per una balena che chiameremo soddisfazione. Una balena spiaggiata, sotto certi aspetti, perché le balene nascono per essere libere negli oceani, ma del resto anche rimanere con i piedi per terra è importante. Anche le balene avranno pure una routine, no? Ed infatti ce l’hanno. Sono tra i pochi mammiferi a riuscire ad immergersi fino a 350 metri di profondità (il capodoglio anche fino a 900 metri), ed è proprio grazie alla loro stazza che la pressione non le fa soccombere sotto il peso della massa acquosa. Per l’uomo questo è impossibile, può tante cose, ma nelle immersioni nessuno batte il cetaceo. Questo anche perché ha dei polmoni molto più piccoli, in proporzione, rispetto a quelli umani. Ma la teoria non è tutto, seppur molto affascinante. Molti meno millimetri teorici, per tanti piccoli millimetri pratici. Meno è meglio, del resto. Non tutto è importante nella vita, certamente non le balene, anche se molto probabilmente loro pensano, o meglio non pensano, la stessa cosa di noi; e anzi le cose davvero importanti si possono contare sulle dita di una mano, ma anche sulla metà delle dita di una mano, volendo. Ovviamente ognuno ha la sua lista di priorità, e per quanto mi riguarda l’arte, che sia fatta di poesie o millimetri e balene, beh è importante. Per quanto possano essere affascinanti le balene però, anche loro sono costituite da milioni di piccolissimi millimetri, anche se nessuno ci pensa. Senza di loro, nemmeno una balena potrebbe esistere (e perché no essere mangiata, anche se spero che questa tradizione venga abolita).

