DI ELODIE VUILLERMIN
Torniamo a parlare di principesse con Rapunzel, la fanciulla che vive rinchiusa in una torre, con la chioma più lunga e impegnativa che ci sia (immaginatevi quanto spende in shampi e balsami, o quanto ci mette a pettinarla la mattina…). Il classico Disney a lei dedicato si ispira alla fiaba Raperonzolo, molto famosa nella folcloristica europea, più precisamente alla versione scritta dagli imprescindibili e sempre presenti fratelli Grimm.

Il tutto comincia con una coppia che desidera avere un figlio. Ma attenzione: non sono un re e una regina, come nel film d’animazione, ma un uomo e una donna comune. Dopo un po’ di tempo le loro preghiere vengono esaudite: la moglie resta incinta. Un giorno la donna, che stava alla finestra, nota che accanto a loro c’è un giardino di proprietà di una maga (la signora Gothel), con fiori e piante d’ogni specie, tra cui dei raperonzoli. Presa da una voglia di mangiarli, ma consapevole di non poterli avere per sé, comincia a dimagrire drasticamente.
Il marito, timoroso che la moglie muoia se il suo desiderio non viene soddisfatto, decide di andare di nascosto nel giardino e riesce a rubare un po’ di raperonzoli, con cui prepara un’insalata. Ma la donna vuole mangiarne sempre di più, così lui torna nel giardino di nascosto più e più volte, finché non viene scoperto dalla maga. L’uomo spiega le sue ragioni e la maga gli consente di andare via con i raperonzoli, a patto che le venga dato il bambino appena sarà nato, come pagamento per il torto subito. L’uomo, impaurito, accetta l’accordo e, appena la moglie partorisce una bambina, questa viene presa e portata via dalla maga. Quindi la neonata non viene rapita, come nel lungometraggio disneyano, ma ceduta in base ai termini di un accordo stipulato tra due parti.
Crescendo, la bimba, chiamata Raperonzolo, diventa una bella fanciulla. Al compimento dei suoi 12 anni la maga la rinchiude in una torre in mezzo al bosco, senza porte né scale e con solo una finestra per entrare. Quando la maga voleva salire fino in cima alla torre, diceva a Raperonzolo di sciogliersi i suoi lunghissimi capelli e farli cadere fino a terra, e li usava per arrampicarsi.
Un giorno, un principe (un vero principe, non un ladro come lo era Flynn Rider), che passava per caso nel bosco dove si trovava la torre, si accorge di Raperonzolo alla finestra e si innamora di lei appena la sente cantare. Ma non trova alcun modo di arrampicarsi sulla torre, finché una sera non origlia la maga pronunciare la solita frase: “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli!”. Così il giorno dopo pronuncia quelle parole mentre imita la voce della maga e Raperonzolo lascia cadere la sua chioma, facendolo salire.
Dopo lo spavento iniziale, Raperonzolo accetta la proposta di matrimonio del principe e pianifica la fuga, dicendogli di portarle ogni notte, quando la maga non c’è, un po’ di seta, con la quale costruire una scala per scendere dalla torre. Ma un giorno la fanciulla si lascia sfuggire questo commento: “Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe?”. La maga, per punire Raperonzolo di aver fatto entrare un uomo nella torre, le taglia i capelli (compito che invece spettava a Flynn/Eugene nel classico Disney) e la abbandona nel deserto. Dopodiché, quando il principe viene a fare la consueta visita alla torre, arrampicandosi sui capelli ormai tagliati della fanciulla, la perfida donna gli comunica che non rivedrà mai più Raperonzolo e lui si getta dalla torre per il dolore, sopravvivendo alla caduta ma atterrando in un cespuglio di rovi, che lo rendono cieco.

Tuttavia, dopo anni passati a viaggiare senza meta e nutrirsi solo di erbe e radici, il principe si riunisce a Raperonzolo, che nel frattempo ha partorito due gemelli, grazie al fatto che ha riconosciuto la sua voce e lei lo guarisce dalla cecità con le sue lacrime. A questo punto lui porta via con sé la sua bella e i loro figli. Invece la maga, furiosa per la sua sconfitta, si rinchiude nella torre per isolarsi da tutto e tutti.
Alcuni studiosi affermano che una sorta di “antenato” della fiaba sia il mito di Danae. Nelle versioni più note della storia, il re Acrisio, sovrano d’Argo, voleva un figlio maschio e perciò era andato a consultare l’oracolo di Delfi, il quale riferisce che non avrebbe mai avuto figli maschi, e infatti l’uomo si ritrova con solo una figlia femmina, Danae. Non solo, l’oracolo annuncia che, al contrario del genitore, Danae avrebbe avuto un maschietto, il quale avrebbe causato la morte di Acrisio. Così il re, per evitare questa sorte, fa rinchiudere Danae in una torre (in alcune versioni una stanza sotterranea) insieme alla sua nutrice. Ma Zeus, il dio più farfallone e fedifrago di sempre, si innamora della fanciulla, quindi entra nella torre sotto forma di pioggia dorata e rende Danae madre di un figlio, Perseo, che viene cresciuto in segreto.
Un giorno Acrisio, sentendo gridare il bambino mentre gioca, uccide la nutrice e trascina Danae e Perseo davanti all’altare di Zeus, pretendendo di sapere chi sia il padre del bambino. Quando Danae spiega che Perseo è figlio di Zeus, il re non le crede, la carica su un’arca con il bimbo e li abbandona entrambi in mare. La corrente spinge l’arca fino a Serifo, dove Danae e Perseo vengono trovati da un pescatore, figlio del re Polidette, e vivono insieme a lui. Una volta cresciuto Perseo compie la famosa impresa in cui uccide Medusa e al ritorno, in modo casuale e involontario, arriva a uccidere anche Acrisio.

Altri sostengono che le storie più classiche di Raperonzolo abbiano un’altra ispirazione: la leggenda di Santa Barbara, contenuta all’interno di Legenda Aurea, opera dello scrittore domenicano Jacopo da Varazze. Santa Barbara era una fanciulla bellissima, figlia del ricco signore Dioscoro, che la teneva chiusa in una torre per proteggerla dai pericoli e dai maschi che la corteggiavano. Quando lei rifiuta di sposarsi e si converte al cristianesimo, il padre, che era pagano, si arrabbia molto e lei è costretta a nascondersi in un bosco. Una volta trovata, Dioscoro la porta dal prefetto Marciano, che la esorta a rinunciare al suo proposito, ma Barbara persiste nell’abbracciare la fede cristiana ed esorta i presenti al processo a fare altrettanto. Così Marciano la fa torturare brutalmente, per esempio avvolgendo il suo intero corpo con panni ruvidi così stretti da farla sanguinare, o poggiando piastre di ferro rovente a contatto con la sua pelle dilaniata. Alla fine Barbara viene condannata alla pena capitale e decapitata dallo stesso Dioscoro, che però viene colpito da un fulmine e finisce ridotto in cenere mentre percorre la strada del ritorno.
C’è una terza fiaba antica nella quale gli studiosi hanno trovato somiglianze con la storia di Raperonzolo: il mito di Zāl e Rōdābah, contenuto dentro lo Shāh-Nāmeh, l’opera del poeta persiano Firdusi; scritto intorno al 1000 d.C., è uno dei poemi epici più lunghi al mondo. Tempo fa, nell’antica Persia, il grande guerriero Sām, principe di Sistān, ha un figlio, che però nasce con i capelli e la pelle bianchi. Convinto che il bambino sia un demone, lo abbandona sui monti Alborz, ma il piccolo viene salvato e adottato dal saggio uccello Simorḡ, che gli dà il nome Zāl. Quando un sacerdote lo rimprovera per il suo gesto egoista, Sām va sui monti Alborz e chiede di poter riavere suo figlio. Simorḡ acconsente alla richiesta, vedendo quanto l’uomo è pentito, e dice a Zāl di andare con il suo vero padre, lasciandogli tre piume con cui potrà chiamarlo in caso di aiuto.
Zāl cresce e diventa uno dei più grandi guerrieri persiani. Le voci sul suo conto arrivano fino alle orecchie di Rōdābah, la principessa del regno di Kabul nonché bellissima figlia del re Mehrāb, che si innamora del guerriero prima ancora di averlo visto e paga la sua serva con centinaia di monete d’oro affinché ella consegni le sue lettere a Zāl. Quest’ultimo, una volta ricevute le lettere, si incuriosisce e decide di incontrare la principessa, scoprendo che vive in cima a una torre. Quando egli si avvicina alle mura del castello, Rōdābah lascia cadere i suoi lunghi capelli fino a terra per permettergli di arrampicarsi. Ma Zāl, molto cortesemente, preferisce usare un suo lazo anziché sfruttare i suoi capelli e farle del male.
Una volta salito nella stanza della principessa, Zāl se ne innamora e insieme decidono di sposarsi. Ma Manuchehr, il re della Persia, nemico mortale di re Mehrab, disapprova l’unione tra i due. Si scatena una guerra tra la Persia e il regno di Kabul, ma poco prima i sacerdoti di entrambi i regni annunciano che dal matrimonio tra Zāl e Rōdābah nascerà un figlio potente, un guerriero imbattibile. Così entrambi i re, saputo della profezia, danno la loro benedizione alla giovane coppia, che si sposa. Rōdābah resta incinta e al momento del parto rischia di morire, allora Zāl invoca l’aiuto di Simorḡ bruciando una delle sue piume nel fuoco sacro, e grazie a lui la sposa riesce a sopravvivere e dare alla luce Rostam, colui che diventerà l’equivalente persiano di Ercole.
Tra il 1634 e il 1636 Giambattista Basile (altro nome molto caro a chi segue questa rubrica) pubblica, ne Lo cunto de li cunti, la sua versione personale della fiaba di Raperonzolo: Petrosinella (in italiano a volte tradotto in Prezzemolina). Qui Pascadozia, una donna incinta, viene sorpresa da un’orchessa a rubare un po’ di prezzemolo dal suo giardino e per avere salva la vita le deve cedere sua figlia. Qualche tempo dopo nasce una bambina, Petrosinella. Al compimento dei suoi sette anni, la bimba viene portata via dall’orchessa e rinchiusa in una torre magica senza scale, senza porte e con una sola finestra, accessibile solo usando i lunghissimi capelli di Petrosinella come una scala.
Un giorno un principe che passava dalle parti della torre si innamora di Petrosinella dopo averla vista alla finestra e da quel momento in poi i due iniziano una relazione di nascosto dall’orchessa. Quando quest’ultima li scopre, informata da un’amica, Petrosinella decide di fuggire con il suo innamorato, ruba tre ghiande magiche dalla cucina e scende dalla finestra con una scala di corda. L’orchessa insegue la coppia, ma la fanciulla le lancia addosso, come distrazione, le ghiande: la prima diventa un cane, che l’orchessa distrae con del cibo; la seconda si trasforma in un leone, ma l’orchessa riesce a fregarlo scuoiando un asino e nascondendosi sotto la pelle dell’animale; la terza assume le sembianze di un lupo, che scambia l’orchessa per un vero asino e se la mangia. Così Petrosinella e il principe arrivano nel regno di lui, dove si sposano.
Una variante simile alla fiaba di Basile è Persinette (1698) di Charlotte-Rose de Caumont de La Force. Qui la donna incinta ha un marito ed è lui a rubare il prezzemolo, tra l’altro più di una volta, finché non viene scoperto da una fata a cui deve cedere la bambina una volta che questa ha compiuto 12 anni. La fata, pur rinchiudendo la bambina nella torre, la tratta con gentilezza e le concede ogni genere di lusso (gioielli, strumenti musicali, libri) per evitare che si annoi. Tra l’altro, quando il principe si innamora di Persinette, lei in un primo momento si nasconde perché intimorita da lui; da qui in poi la storia prende una piega più simile alla fiaba dei Grimm.
Dalle Filippine arriva invece Juan and Clotilde, contenuta nel libro Filipino Popular Tales di Dean S. Fansler. La nostra Raperonzolo qui si chiama Clotilde e suo padre Ludovico è un potente re, reso tale grazie a un mago suo amico che è a sua volta innamorato della fanciulla. Clotilde si concede a lui, ma lo disdegna. Prima di morire di vecchiaia il mago la maledice rinchiudendola in una torre inaccessibile. Molti principi, negli anni a venire, provano a liberarla senza successo. A salvarla è Juan, un contadino che riesce a costruire una scala fatta di chiodi e corde. Dopo una serie di ostacoli e vicissitudini, Clotilde e Juan si sposano e vivono per sempre per felici e contenti.

