DI ELODIE VUILLERMIN
Ormai credo lo sappiate. Questo web magazine ha preso il nome da uno dei più grandi personaggi di Romeo e Giulietta, quindi è chiaro che William Shakespeare sia uno dei nostri idoli. Molte sono le opere che, nel tempo, si sono rifatte alle tragedie, alle commedie o ai drammi storici di quest’uomo. Una di queste è Il re leone, pilastro della mia infanzia e uno dei più grandi capolavori del Rinascimento Disney. Se ci fate caso, infatti, sostanzialmente quel film è l’Amleto, ma con i leoni.

Ma davvero il classico animato del 1994 è basato sulla tragedia shakespeariana? Sì e no. Come raccontano i registi, Roger Allers e Rob Minkoff, in un’intervista del 2011, l’ispirazione iniziale del film era un’altra: volevano realizzare un lungometraggio che fosse come Bambi, ma ambientato in Africa, e con una storia del tutto originale. Le similitudini con l’Amleto sono spuntate fuori solo in seguito, quando i registi hanno presentato la storia in fase di lavorazione agli altri collaboratori: è stato allora che qualcuno ha fatto presente a tutti la somiglianza tra la storia e la tragedia shakespeariana. Da allora i due registi hanno deciso di approfittarne e di modellare la storia de Il re leone sull’opera del Bardo.
La storia shakespeariana comincia dopo la morte del re di Danimarca e l’incoronazione del suo rivale Claudio, laddove il lungometraggio animato inizia con la nascita del nostro Amleto leonino, cioè Simba. Mufasa (Re Amleto) è un re saggio e un padre premuroso, che sa dosare affetto e severità nella giusta misura. Sta accanto al figlio per gran parte del film e gli fa da guida durante l’infanzia. La sua morte per mano (o meglio zampa) di Scar, quella scena che ha segnato un’intera generazione e che fa piangere ancora oggi, avviene a metà film e non nella primissima scena. Tra l’altro non muore avvelenato come Re Amleto, ma gettato da una rupe e travolto da una mandria di gnu.
Simba trascorre la sua infanzia con la solita spensieratezza e ingenuità dei cuccioli e non è ancora consapevole di ciò che significhi essere un re. Al pari di Amleto, a seguito della morte del padre è sconvolto e in preda a profonde crisi esistenziali. Ma, contrariamente al figlio del re di Danimarca, il tormento che lo schiaccia non è la vendetta, bensì il senso di colpa per la morte del genitore, che lo zio Scar (Claudio) gli ha subdolamente indotto. Ciò che deve vincere non è la sua stessa follia, ma la negazione del dolore e dei suoi problemi.
Riesce a ritrovare fiducia in sé stesso parlando con lo spirito del padre defunto, che lo esorta a prendersi le sue responsabilità, scena presente quasi a tre quarti di film. Tra l’altro Mufasa non dice a Simba chi è stato a ucciderlo, dato che il leone verrà a sapere quest’informazione solo più tardi da Scar stesso, ma gli dice soltanto “Ricordati chi sei” e lo invita a riprendere il suo posto di legittimo re. In originale l’incontro tra Amleto e lo spirito del padre avviene già agli inizi della storia ed è proprio la scintilla che innesca la voglia di vendetta del protagonista. E Amleto, al contrario di Simba, non riesce a combattere per davvero i suoi dolori interiori, i suoi traumi, ma diventa preda di una spirale di follia sempre più grande, che sarà la sua condanna.
Scar, zio di Simba e fratello invidioso di Mufasa, è colui che uccide il re legittimo e usurpa il trono. Ha un grande spessore caratteriale: è un abile stratega e manipolatore, mosso da un complesso di inferiorità nei confronti del fratello maggiore, e riesce a incutere timore nello spettatore. Non solo, cerca di togliere di mezzo anche il nipote pur di tenersi il trono tutto per sé, pur essendo una figura completamente inadatta a regnare. Claudio è altrettanto subdolo, invidioso, sgradevole e incapace di gestire un regno, ma non risulta una minaccia così grande, anche perché non lo vediamo nell’atto di uccidere il fratello come invece è successo con Scar e Mufasa; l’avvelenamento è già avvenuto, se ne parla ma non viene mostrato. Tra l’altro Claudio è tormentato dal senso di colpa per aver ucciso il fratello, una caratteristica del tutto assente nel freddo e spietato Scar.

La madre di Simba, Sarabi, anche dopo la morte del consorte e la scomparsa del figlio non si mette insieme a Scar. Al contrario, non rispetta mai il leone sfregiato, pur dovendo servirlo. Il suo cuore è rimasto fedele a Mufasa. Un netto contrasto con la sua controparte, Gertrude, che invece sposava Claudio e proprio per questo attirava su di sé l’odio del figlio.
Poi abbiamo Nala, la migliore amica di Simba, che lo conosce fin da cucciolo, lo rincontra da adulto e si innamora di lui. Al contrario di Ofelia non subisce passivamente ciò che succede e, per fortuna, non muore annegata come accade alla fanciulla. Al contrario, la leonessa possiede molto più carattere. È una figura potente, capace di minare il nuovo equilibrio che Simba si è costruito con Timon e Pumbaa, lontano dalla Rupe dei Re, colei che con una singola menzione alla tirannia di Scar e una richiesta d’aiuto riporta a galla gli spettri del passato che Simba ha cercato di eludere. Inoltre assiste l’amato durante la battaglia finale contro Scar.
Timon e Pumbaa sono associabili ai due amici di Amleto, Rosencrantz e Guildenstern, ma sono più che semplici compagni fidati o spalle comiche, poiché fungono anche da genitori adottivi. Rafiki è Orazio, l’amico fedele che scorta Simba/Amleto fino allo spirito del padre. Infine Zazu, l’irritante consigliere reale, coincide con Polonio. In tutto ciò manca un personaggio che sia la controparte di Laerte.
Vediamo qualche altra differenza. Amleto è già un uomo quando perde il padre, mentre Simba affronta questo trauma quando è ancora un cucciolo. Amleto è ossessionato dal ricordo del padre, laddove il leone cerca di dimenticare il suo passato.
Entrambi i protagonisti, a un certo punto, vengono allontanati da casa propria. Ma Amleto viene esiliato, invece Simba si allontana volontariamente da casa, su consiglio di Scar che fa pesare su di lui un senso di colpa inesistente.
Entrambe le opere affrontano il dilemma dell’essere o non essere. Entrambi i protagonisti, dopo la morte dei rispettivi padri, sono alla ricerca di sé stessi e del posto più adatto a loro. Si ritrovano a riflettere su cosa potrebbe essere meglio per loro e pensano che tutto sommato la morte, o la sparizione, potrebbe essere una soluzione: se non ci sei più, anche tutti i dolori e le angosce che devi portarti appresso spariscono con te. Amleto si domanda se uccidere lo zio usurpatore sia davvero la cosa giusta da fare e contempla la possibilità del suicidio, in quel suo celeberrimo soliloquio. Simba, in fuga dalle iene, crolla stremato nel deserto dopo una lunga corsa, rassegnato a diventare cibo per avvoltoi, e quando viene salvato da Timon e Pumbaa non ne è molto felice. Nel corso degli anni impara ad abbracciare lo spirito dell’Hakuna Matata, a vivere una vita tranquilla e spensierata senza mai pensare alla sua presunta colpa o al passato.

Ma entrambi hanno un dovere nei confronti dei loro regni. Capiscono che devono superare le proprie paure anziché negarle, che devono tornare per compiere il loro destino. Se per Amleto il ritorno in patria coincide con la sua fine, per Simba è una rinascita.
Diverso è anche il modo con cui viene trattato il tema della morte. Shakespeare avanza l’ipotesi che dopo di essa non ci sia niente e afferma che non sempre nella vita c’è la possibilità di redimersi dai propri peccati. Per la Disney, la morte altro non è che un nuovo inizio, il preludio alla rinascita, una fase del grande Cerchio della Vita.
Pure il finale del film diverge da quello dell’opera originale. Shakespeare faceva morire praticamente tutti i personaggi più importanti: il re di Danimarca, Claudio, Gertrude, Ofelia, Laerte e pure lo stesso Amleto. Nel lungometraggio disneyano l’unica morte è quella di Scar, divorato dalle stesse iene che fino a pochi istanti prima lo avevano servito fedelmente.
Il re leone ha avuto, nel 1998, un sequel ispirato a Romeo e Giulietta. In questo secondo film abbiamo due fazioni in conflitto tra di loro, al pari di Montecchi e Capuleti: il branco di Simba da una parte e i Rinnegati (sostenitori del defunto Scar) dall’altra. Se nel film comprendiamo che questa faida è cominciata per via del trauma che Simba ha vissuto da cucciolo a causa di Scar, nell’opera originale non sappiamo mai per quale motivo le due famiglie hanno cominciato a odiarsi. La storia è molto meno tragica rispetto all’originale e le uniche morti significative sono quelle di Zira, capo dei Rinnegati, e di uno dei suoi figli, Nuka.
I nostri star-crossed lovers sono Kiara, figlia di Simba, e Kovu, figlio adottivo di Scar, anche se non sono innamorati fin da subito: infatti Kovu era stato mandato dalla madre Zira come infiltrato nel branco di Simba per conquistarsi la sua fiducia e poi ucciderlo, ma nel corso della storia finisce per legarsi sempre di più a Kiara e negare il destino che Zira gli ha imposto. Come Romeo, anche Kovu viene esiliato a un certo punto della storia, ma non per aver ucciso qualcuno in segno di vendetta per la morte di un amico, bensì perché accusato di aver complottato alle spalle di Simba. Per fortuna la storia tra i nostri Romeo e Giulietta leonini non finisce in tragedia, anzi, riescono a restare in vita e a convincere i due branchi a cessare le ostilità. Rafiki, similmente a Frate Lorenzo, li fa avvicinare proprio perché convinto che la loro unione risolverà la faida (anche se in realtà era stato esortato a farlo dallo spirito di Mufasa).
In generale, Kiara e Kovu hanno una notevole profondità caratteriale, migliore (a parer mio) rispetto a quella degli originali Romeo e Giulietta. Kiara deve cercare di dimostrare al padre iperprotettivo che può cavarsela da sola e che non tutti i Rinnegati sono assassini a prescindere. Kovu è oppresso dalle aspettative della madre, che cerca di renderlo un degno erede di Scar fin dalla più tenera età, e teme di diventare crudele e spietato come il defunto padre adottivo. Quando i due si rincontrano dopo che Kovu è stato esiliato, lui le propone di scappare via insieme. Lei replica che devono restare, se vogliono davvero cambiare le cose. Infatti, quando i loro branchi si danno battaglia, intervengono per fermarli e così facendo riescono a portare la pace tra le fazioni. Non fuggono quando le cose si fanno più difficili, né si limitano a farsi trascinare dagli eventi, ma al contrario affrontano il problema a testa alta e decidono di prendere in mano il loro destino.
Come potete notare, il grande Shakespeare è un po’ ovunque, anche nelle opere Disney. E questi lungometraggi animati su leoni parlanti non sono gli unici esempi. Pensate che persino Koda fratello orso, in originale, avrebbe dovuto ispirarsi a una tragedia dello zio William, nello specifico Re Lear, ma l’idea fu scartata quasi subito in favore di una storia maggiormente incentrata sul rapporto uomo-natura.


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