L’abbaglio – Oh, povera Italia: t’ho vista, ma non sei mai esistita

DI ALBERTO GROMETTO

Voi vi siete mai chiesti perché l’Umano faccia quello che fa? 

Costruisce grattacieli, dipinge la Cappella Sistina, realizza film incredibili, va a Teatro, mette al mondo nuova Vita e così come ne ha generata se la può anche riprendere, parte per guerre sanguinose, fa e disfa, crea e distrugge, ama e odia, e compie pure gloriose imprese di cui poi egli stesso magari secoli dopo canterà le gesta… ma il punto qui è un altro. 

E cioè: perché lo fa? Perché l’Umano fa tutto questo?

Ognuno ha il suo perché. Il motivo per cui ci si alza dal letto la mattina, quello per cui viviamo ogni giorno anche se non ce la facciamo più ad andare avanti, la ragione più profonda dietro le nostre azioni, i nostri gesti, i nostri pensieri e il nostro fare. E quel perché è un Sogno, il nostro Sogno. È sempre per un sogno che facciamo quello che facciamo. A volte è un sogno piccolo, altre volte è un sogno grande. Ognuno, a modo suo, immenso e sconfinato. Ma non esiste che Noi ci impegniamo in qualcosa, senza che dietro non ci sia un sogno. 

Se non viviamo col pilota automatico inserito, se non siamo come morti anche se ancora viventi, allora quando decidiamo di fare qualcosa, o di provare a farlo, siamo mossi da un “che” che ci spinge dal di dentro. È la speranza di qualcosa che vogliamo raggiungere. Che quel qualcosa sia costruirsi una famiglia, oppure entrare nei libri di Storia, poco importa: un Sogno rimane sempre un Sogno, e in quanto tale è alto, puro, sacro, inviolabile. Ed è qui che la faccenda si fa seria e grave: perché Noi viviamo per un qualcosa di alto, puro, sacro e inviolabile muovendoci in un mondo che però non è né sarà mai nessuna di queste cose qui. E così il tuo Sogno rimane solo tuo, e gli altri attorno a te fanno quello che fanno per convenienza, noia o altre ragioni che nulla hanno a che fare con il tuo “perché”. Col perché fai quello che fai. E cioè: perché ci credi.

Quello di costruire l’Italia nel 1860 non era affatto un sogno, ma un pretesto per fare un po’ di cagnara e casino! La verità è che a quasi nessuno fregava davvero di “fare l’Italia”, semplicemente si sono trovati lì in mezzo perché qualcuno di potente dall’alto ci ha visto un’occasione e ha deciso le sorti di popoli interi, “messi insieme a forza” in una sola e unica grande accozzaglia a cui è stato arbitrariamente dato il nome di “Italiani”. Nessuna voglia di libertà, che effettivamente poi non c’è stata. Né fame di giustizia, anche quella una chimera sconosciuta! E sicuro era una grossa bugia l’idea di voler essere parte insieme ad un branco di “estranei sconosciuti” di una cosa, chiamatela Paese oppure Stato fa lo stesso!, che manco esisteva, l’Italia, e che forse alla fin fine non è mai veramente esistita. Ma allora che diavolo ha mosso quei celebri Mille, volontari volenterosi, ad arruolarsi di loro sponte e unirsi tutti insieme sotto quel tipo eroico e leggendario che risponde al nome di Giuseppe Garibaldi, più un mito che un uomo, e partire nel Maggio del 1860 alla volta della Sicilia per poterla conquistare mandando via quegli spocchiosi dei Borboni e consegnandola in mano ai piemontesi Savoia? 

Ecco, quella perla di film che è «L’ABBAGLIO», regia a cura di quel Maestro tutto italiano che è il magistrale ROBERTO ANDÒ, che ne firma pure la sceneggiatura insieme ad UGO CHITI e MASSIMO GAUDIOSO, parla proprio di questo, di come il mitico sogno chiamato “Risorgimento Italiano” sia in realtà molto meno mitico di quel che poteva sembrare. Molto meno mitico di come ci viene narrato. Perché non c’è nessuno che sia risorto alla fine, né c’è stata davvero un’Italia da creare. Questo era solo quello che ci si raccontava: la verità è ben diversa. La verità è che la gente in Sicilia era stufa di quei Borboni e si diceva che tanto valeva cacciarli via o, quantomeno, farli penare un poco; la verità è che molti erano allettati dall’idea di “cambiare aria” o, addirittura, guadagnarci qualcosa, unendosi a quei mille tipi camiciati di rosso; la verità è che Garibaldi era “l’uomo del momento” di cui tutti parlavano, una vera e propria celebrity, quindi far parte di qualcosa di cui tutti avrebbero parlato nei secoli a venire… mica era male, no? 

A chi poteva davvero fregare qualcosa di ’sto Paese che manco era mai esistito e in cui nemmeno la stessa gente cosiddetta “italiana” si riconosceva o sentiva di far parte? Non c’era niente di cui far parte, era solo una roba detta così, che si andava a ripetere tanto per dire qualcosa. Nessuno pensava davvero che sarebbe nata un’Italia, o comunque nessuno ci stava troppo a pensare perdendoci tempo. A nessuno importava troppo. Di sicuro non poteva fregarne di meno a DOMENICO TRICÒ e ROSARIO SPITALE, protagonisti della pellicola e interpretati rispettivamente da quel meraviglioso e sempre più sorprendente duo comico composto da SALVATORE FICARRA e VALENTINO PICONE (alias “Ficarra & Picone”), siciliani transfughi che si unirono ai Mille garibaldini per tornare il primo “a casa” dalla fidanzata storica e il secondo con lo scopo di fuggire ai debiti contratti in quanto grandissimo baro nel gioco. Quei due volevano “un passaggio”, altro che l’Italia! 

(Gli strepitosi Ficarra & Picone nei panni degli amabili Domenico Tricò e Rosario Spitale)

Quel formidabile duo attoriale incarna egregiamente tutto ciò che, allora come oggi, erano e sono “i veri italiani”: furbacchioni, cialtroni, lestofanti, ingannatori, egoisti, chiassosi, rumorosi, ridicoli, truffaldini, interessati ai loro interessi, mentitori professionisti, bugiardi, voltafaccia, e ovviamente “un po’ schifosi”… ma non così tanto da non starci simpatici, da non risultare divertenti, da non sembrarci anche teneri e dolci a modo loro! Quei due son straordinari nell’interpretare fino in fondo l’italiano vero, di quell’Italia che ancora non esisteva ma che già poteva contare su un assurdo e irricevibile popolo grottesco come quello che avrebbe avuto, un “non-popolo” finito insieme come per inerzia, perché qualcuno disse “Voglio fare l’Italia” e nessuno degli “Italiani” s’oppose, un po’ perché menefreghisti e non curanti, un po’ perché curiosi di vedere quello che sarebbe successo, un po’ perché speravano di guadagnarci qualcosa arraffando quanto potevano, consapevoli che in concomitanza di grandi casini e pasticci può sempre capitare “qualcosa di grosso”.

Il fatto però è che c’era anche chi ci credeva sul serio, sapete? Sì, chi ha pensato davvero che quella cosa che aveva solo in testa fosse possibile. Che non fosse una bugia un nuovo Paese libero creato da zero, con sangue e sudore e sacrificio e tanta “voglia di fare”, che fosse una Nazione giusta, di cui essere fieri e orgogliosi di far parte, in cui Equità e Uguaglianza l’avrebbero fatta da padrone, una società “vera” in cui fosse premiato il vero merito di chi si impegnava e faceva e aveva voglia di costruire, anziché quello dei tanti che puntavano a “tirare a campare” mentendo e imbrogliando e raggirando, cavandosela come meglio (o peggio?) potevano.

(Uno dei simboli per eccellenza dell’Età Risorgimentale Italiana: Giuseppe Garibaldi, impersonato nel film dall’attore Tommaso Ragno)

L’altro grande – grandissimo! – protagonista del film, al di là di Ficarra e Picone, incarna quel tipo d’uomo che sognava davvero che un’Italia giusta e vera fosse possibile, che davvero lottava e si sacrificava in nome di quell’idea e di quel sogno e di quei valori, e che però temeva in cuor suo che non ci sarebbe potuto essere niente di tutto questo, a dispetto dei sacrifici e della lotta e delle imprese epiche di cui si sarebbe un giorno cantato. Il suo nome era VINCENZO GIORDANO ORSINI,  personaggio storicamente esistito anche se nella realtà del film è stato “plasmato e modificato” dagli autori a loro piacimento perché “servisse ai loro fini narrativi”, impersonato da un sempre più gigantesco e titanico TONI SERVILLO, vero patrimonio nazionale italiano! È da lui che il film parte, quando gli vien chiesto di unirsi alla Spedizione dei Mille in qualità di generale da Garibaldi stesso in persona, interpretato da TOMMASO RAGNO, altro attore veramente eccezionale!, e che nel film compare poco proprio per restituire quell’idea che s’aveva del signor Giuseppe come di un eroe mitico dall’aurea leggendaria più che di una persona vera in carne e ossa così come potevano invece essere il Tricò e lo Spitale di cui sopra, uno zoppo e l’altro goffo, che potevano essere feriti o ammazzati come niente, in cerca di un pasto caldo e un letto dove dormire e non di chissà quali sogni, miti o leggende ornati con fronzoli e orpelli! Altro che superuomini invincibili e senza macchie o paure! Ci si rivede più in due tipi così che in una leggenda. No?

L’Orsini del monumentale Servillo la voleva davvero, quell’Italia. Uomo strano, paradossale quasi, nel suo credere sinceramente di poter pretendere che attraverso un’impresa eroica fosse davvero giusto che consequenzialmente ne uscisse fuori un Paese unito, orgoglioso, vero. Ma non abbiamo avuto niente di tutto questo, e lui in cuor suo già lo sentiva che le cose sarebbero andate così, che il futuro che andavano a costruire con tanto spirito di sacrificio e dedizione altro non era che il Destino di una Nazione in cui imbonitori e imbroglioni e lestofanti l’avrebbero fatta da padrone pensando ai propri egoistici fini personali, preoccupati ad arraffare per loro con ogni mezzo possibile, passando dall’inganno alla menzogna.

(Monumentale quel gigantesco interprete di Toni Servillo nel ritrarre il generale Vincenzo Giordano Orsini!)

Una squadra sensazionale, quella composta dal trio d’interpreti protagonisti e dal regista e dai suoi due cosceneggiatori, che ha già dimostrato in occasione del pirandelliano film «LA STRANEZZA» di possedere un talento narrativo e filmografico ineguagliabile. Una storia epica che di epico non ha nulla e che attraversando momenti di profonda leggiadria comica e divertita così come di tragica riflessione pensosa d’una profondità sconcertante racconta dell’Italia, ma quella vera, fondata su inganni e raggiri, senza Sogni, e che ancora oggi è insieme sia spassosa che tristemente drammatica e rassegnata. Il viso d’uomo, quello addolorato e gonfio di rammarico d’un Servillo/Orsini che con sguardo vuoto e perso innanzi a sé, vedendosi per quello che egli stesso è stato, una pedina nelle mani di gente che non crede in niente e che voleva fare altro rispetto a quanto stava facendo lui, ricorda che ci aveva creduto, e che quella “speranza di cambiare il Mondo” lo aveva mosso in ogni sua azione. 

Ma non è cambiato proprio un bel niente, alla fine. Ci sono stati gli eroi, le leggende, le grandi imprese di cui tanto si canta… perché alla fine nulla cambiasse. Si è creduto che anche il più schifoso dei cialtroni potesse diventare un eroe, che anche la leggenda più eterea fosse reale, che quelle promesse fossero più che promesse. E invece è stato solo un grande, gigantesco, spettacolare abbaglio. Un abbaglio in cui abbiamo intravisto qualcosa che però non poteva essere visto. E questo perché non c’era niente da vedere. Non c’era proprio niente di niente. Ma che strano!, eppure io l’avevo visto… Oh, povera Italia, manco sei mai esistita.

(Oh, povera Italia: che abbaglio!)

Questo magnifico capolavoro cinematografico lo siamo andati a vedere nel posto più bello del Mondo, il nostro cinema del cuore ❤️, presso i nostri media partners e carissimi amici del CINEMA REPOSI DI TORINO IN VIA XX SETTEMBRE 15: ANDATECI ANCHE VOI!!!

Se desideri leggere di un altro capolavoro targato Roberto Andò, e per il quale la stessa squadra di sceneggiatori e interpreti è stata impiegata, pigia qua sopra!!!

Qualora fossi un vero amante di Cinema, premi qui!!!

Ma cosa sono i Sogni, quelli veri? Soprattutto se magari hanno a che fare col Cinema? Clicca qui sopra e vedi se per caso non riesci a scoprirlo!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP