Abbaiare stanca (Daniel Pennac)

DI ELODIE VUILLERMIN

Non sono uno specialista di cani. Solo un amico. Un po’ cane anch’io, può darsi. Sono nato nello stesso giorno del mio primo cane. Poi siamo cresciuti insieme. Ma lui è invecchiato prima di me. A undici anni era un vecchietto pieno di reumatismi ed esperienza. Io ero ancora un cucciolo. Morì. Io piansi. Molto.

Queste le parole di Daniel Pennac, “né ammaestrato né ammaestratore”, come si definisce lui stesso. Egli dedica questa lettura ai suoi cani, a tutti i cani in generale. Ma è una storia anche sull’uomo, per farlo sorridere e riflettere.

PIÙ CHE UN CANE, IL CANE

Questa è la storia di “Il Cane”. Così lo ha chiamato la sua padroncina: con l’articolo determinativo e le iniziali maiuscole, perché è il cane per eccellenza, la fedeltà assoluta, un cane unico come nessun altro. Ha conosciuto tutte le avversità della vita, o meglio di entrambe le vite: quella da randagio e quella da cane domestico. La strada ha i suoi pericoli, tra pile di spazzatura che crollano su di te, cani rissosi, un oceano di odori che ti confondono e umani che ti allontanano con stizza; è un mondo basato sulla legge del più forte, dove si rischia la vita solo per procurarsi il boccone giornaliero. Anche in casa con gli umani non è tutto rose e fiori: lo chiudono in cucina, lo insultano, gli danno affetto per poi ignorarlo, provano persino a lasciarlo per strada.

Ha imparato fin da piccolo l’arte dello schivare, di evitare i brutti colpi. La perdita della madre, il canile, i maltrattamenti in casa di Mela, la Spepa e il Muschioso che lo abbandonano in vacanza all’insaputa della figlia: quelle sono le disgrazie che non ha saputo evitare. Perché, per quanto tu possa provarci, al dolore non si sfugge mai. C’è però da dire che Il Cane, in mezzo a tante sfortune, è stato fortunato: ha trovato il sostegno e l’affetto del Lanoso, di Mela (dopo tante difficoltà) e dello Ienoso.

Attraverso gli occhi di Il Cane, riscopriamo i pregi e i difetti dell’uomo, soprattutto questi ultimi. Un punto di vista brutalmente onesto, a volte pungente. Se di cani e gatti puoi intuire pensieri e azioni basandoti su gesti e posture, con gli umani è diverso. Tradiscono. Deludono. Dicono una cosa ma ne pensano un’altra. Sono pronti ad accusare gli altri troppo presto. Pensano al denaro. Cambiano interessi in un battito di ciglia. Sono imprevedibili, confusi e difficilmente imparano dai loro errori. Il Cinghiale e l’Attore sono le piacevoli eccezioni alla regola; Mela lo diventa dopo un difficile “addestramento“; il Muschioso e la Spepa dopo una lezione ancora più esemplare.

VITA DA CANI

Il Cane descrive il mondo che lo circonda come solo un cane può fare. Si orienta con gli odori. Distingue gli amici dai nemici tramite gusti e suoni. Sa quando un rumore significa vita e quando morte.

Lo stesso fa con gli umani: la loro identità è definita dai rumori che producono e dagli odori che si portano addosso. Mela profuma come l’omonimo frutto. La madre di Il Cane, affettuosa e severa al punto giusto, è associata alla nocciola, il sapore del suo latte. La Spepa è tutta voci acute e rimproveri. Il Muschioso è un vocione profondo, cupo, roboante, che sa di sudore. Nella sua infanzia, associa addirittura a un dio la voce dell’uomo che lo ha quasi ucciso.

Si diverte a osservare gli assurdi gesti di alcuni umani, ad esempio i movimenti facciali di quando sono impegnati a riflettere, o gli sguardi truci che si scambiano quando litigano ma senza mai venire alle mani. La narrazione in terza persona è talmente vicina a Il Cane da ritrarlo con pietà, esponendo i suoi pensieri ironici e sarcastici:

«Hai sentito? In cucina! Tutta la notte! Finché non te la sarai ingollata, la tua zuppa!»

Buona, questa! Come se Il Cane avesse mai avuto il diritto di dormire altrove! Come se gli avessero mai permesso di passare la notte sulla moquette del salotto, calda e riccioluta come una pecora, o sulla poltrona dell’ingresso, che ha quell’antico profumo di vacca, o sul letto di Mela…

Il pavimento gelido della cucina, grazie tante, lo conosce.

Al pari di Sepúlveda, Pennac si impegna nel descrivere il mondo dei cani e dei gatti come un mondo a parte, con le sue regole. Gli animali provano paura per la propria sorte, ce ne sono di solidali e di ipocriti, sognano e ricordano, hanno una dignità, ricordano i morti e vegliano su di loro. Quando il loro umano sta male, stanno male con lui, e se lo sentono parlare è come se si trovassero dentro la sua anima. Ciò dimostra che sono più intelligenti di quanto si creda. Ma spesso, nella vita reale, ce ne dimentichiamo e non trattiamo i nostri amici a quattro zampe con il dovuto rispetto.

L’ARTE DI FARSI AMMAESTRARE

È naturale per noi pensare che il cane sia il migliore amico dell’uomo. Ma noi lo siamo altrettanto per il cane? Siamo fedeli quanto lui? Pennac non esita a mostrarci come l’uomo si comporta con i cani. Li affoga in un secchio, li costringe a mangiare cibo che non piace a loro, li fa dormire in cucina, li abbandona per strada, li manda in canile, li sopprime se nessuno li adotta. E tutto questo perché? A detta di Muso Nero, il Lanoso e altri cani, la risposta è una sola: perché l’umano non è stato ammaestrato bene.

Noi umani non siamo i padroni dei cani. Anzi, siamo noi a dover imparare qualcosa dai nostri amici a quattro zampe: imparare ad amarli, ad avere cura di loro. Ogni volta che sgridiamo, abbandoniamo, rinchiudiamo o tradiamo un cane, quel danno lo stiamo facendo a una parte di noi. E se non sappiamo rispettare il cane, come potremmo mai aver rispetto e cura di noi stessi? Come possiamo dare amore alla gente se non impariamo a darlo ai nostri animali da compagnia? 

Una lezione che Il Cane insegna molto duramente ai genitori di Mela, come vendetta per essere stato abbandonato: aiutato dallo Ienoso e gli altri randagi, devasta la casa, lasciando intatta e ben decorata solo la camera di Mela.

Un cane non è fatto per soddisfare un nostro capriccio. È una responsabilità. Se ne adottiamo uno, dobbiamo saperlo amare, sempre. Un cane vive per noi e dobbiamo saper fare altrettanto per lui. 

Pennac ci dà un consiglio: non sottomettete il vostro cane, ma non fatevi nemmeno comandare da lui. Il rispetto reciproco, saper amare l’animale e lasciarlo libero al tempo stesso: quello è ciò che conta. Perché l’amicizia non si impone, si conquista.

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