Io sono un gatto (Natsume Sōseki)

DI ELODIE VUILLERMIN

Gli esseri umani sono così. C’è un solo modo per definirli… sono creature che fanno di tutto… per crearsi inutili motivi di sofferenza.

Il protagonista di questa graphic novel (Edizioni Lindau), tratta dall’omonimo romanzo di Natsume Sōseki, è un gatto tigrato, senza un nome, separato in tenera età dalla madre. Entrato per caso nella casa di Kushami, un vecchio professore, durante una notte di pioggia, ha finito per restarci.

Al pari de “Il Cane” di Abbaiare stanca, il nostro gatto analizza il mondo umano a modo suo, con occhio critico e ironico. Per lui studenti e professori sono razze dell’umanità, come lo sono persiani e angora per i gatti. Non esita a farsi beffe del nasone della signora Kaneda, del carattere dormiglione e degli hobby volubili del suo padrone, della tendenza umana a curare troppo le apparenze o a portare a termine la propria volontà a scapito di quella altrui. Le sue uscite pungenti sono memorabili.

Gli umani si danno tante arie ma sono un po’ tonti. Vanno in giro a dire di essere i padroni di tutto… ma non sanno nemmeno quanto è lungo il loro naso.

Al di là del protagonista, ogni personaggio ha una peculiarità che lo rende spassoso o memorabile. Kushami, il padrone del gatto, un tipo pigro e irascibile, che passa più tempo a dormire che lavorare o a balzare da un hobby all’altro con risultati scadenti. Meitei, con la sua indole da cantastorie e schernitore. Kangetsu, un ex allievo del professore di buon cuore, invischiato in un matrimonio combinato. La signora Kaneda, l’arrogante moglie di un ricco imprenditore, che a detta del gatto sembra parlare solo con gli sbuffi del suo naso. E molti altri.

Sotto il tetto di Kushami si raduna un piccolo mondo brulicante di prese in giro, discussioni con vicini prepotenti, intrusioni di gente impicciona o ignorante e perfino interessanti dibattiti sulle donne o il senso della vita. Il nostro gatto ne è partecipe come un piccolo filosofo a quattro zampe. Osserva e svela le critiche nascoste dietro parole gentili, le pretese eccessive di chi vuole imporre i matrimoni ai giovani, l’atteggiamento servile di certi individui nei confronti dei potenti, l’affetto e il rispetto celati dietro la freddezza. Riconosce che esistono sia gli onesti che gli egoisti, sia gli ignoranti che i colti. Il carattere umano ha mille sfumature. Non le capirà tutte, è oggettivamente impossibile. Però ci prova.

La voce del gatto trova spazio anche per raccontare il suo mondo. Per parlare di Kuro, un gatto nero bravissimo a cacciare i topi ma con un bizzarro tallone d’Achille (le donnole), o di Mikeko, la bella gatta tricolore del vicinato per cui il nostro gatto ha una cotta. Per parlare dell’umiliante tentativo di mangiare il mochi o di quando viene deriso perché non sa cacciare i topi.

Il nostro gatto si sente libero pur avendo un padrone. Sta con Kushami non tanto per affetto, quanto per convenienza e riconoscenza nei suoi confronti. Sa giungere a conclusioni a cui gli umani non arriverebbero perché troppo ingenui. E soprattutto troppo passivi. Come qualcuno spiega a Kushami, è impossibile modificare il corso della natura, quindi tanto vale che l’uomo si sottometta ai potenti e si adegui alla massa. Il nostro gatto è un ottimo personaggio proprio perché è l’esatto opposto di questo concetto, la rottura della conformità. In quanto felino è uno spirito fiero, indipendente, con un’autonomia di pensiero notevole.

Non solo. Per quanto critico verso gli umani, il nostro gatto sa che gli hanno dato un’opportunità unica: quella di conoscere sempre nuova gente, di vivere ogni giorno nuove esperienze. E non può che essere grato al suo padrone per questo dono. Che a tratti è una maledizione. Più diventa consapevole dei difetti degli umani, più si chiede che senso abbia vivere. La risposta finale è la più triste a cui si possa pensare: che solo con la morte si può raggiungere la vera pace. Io, personalmente, mi trovo in disaccordo. Ci sono molte occasioni per trovare la pace interiore anche in vita. Basta saperle trovare.

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