Il Mistero di Sleepy Hollow: Rimanere bloccati nelle catene di ragionamenti

DI ALBERTO GROMETTO

Ragione e Fede.

Logica e Innaturale.

Il Vedere per Credere, e il Credere per Vedere.

Da che mondo è mondo, da quando l’Umano esiste, vi è sempre stato chi ha dato più peso ad una o all’altra cosa. E non mi riferisco esclusivamente al celebre binomio Religione-Scienza, come si potrebbe erroneamente pensare. Ma a quasi qualsiasi aspetto dell’esistenza. 

Il fatto è che nella Vita ci capitano delle cose che non sono immediatamente chiare, comprensibili, facilmente spiegabili. E che forse non lo saranno mai. Allora: che fare? C’è chi insiste a tutti i costi nel voler trovare una risposta che spieghi ogni cosa, e chi invece semplicemente si dice che una risposta talvolta non c’è. O non quella chiara e cristallina che si vorrebbe trovare attraverso il ragionamento e la logica. Sostanzialmente si tratta di riconoscere quanto si ammetta l’esistenza dell’inspiegabile inspiegato. 

È di questo che ci parla una pellicola che per visione autoriale, sguardo, messinscena, narrazione e storia raccontata merita di essere considerata tra i massimi esempi di prodotti cinematografici di tipo gotico. Gotico? Ma che cos’è esattamente il Gotico? 

La narrativa gotica, che riguarda romanzi e film e serie tv, è quel tipo di narrazione che affronta argomenti di carattere “oscuro”, “tenebroso”, che sfiorano i territori dell’“orrorifico”. Le tematiche gotiche sono perlopiù quelle che hanno a che fare con il mistero e l’irrazionale. Prima dicevamo: l’inspiegabile inspiegato.  

Perché è un mistero veramente assurdo e inspiegabile quello che si trova al centro del film: IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW!!!

Era il 1999 quando uscì nelle sale di tutto il mondo questo film ispirato dal racconto «LA LEGGENDA DI SLEEPY HOLLOW» dello scrittore statunitense WASHINGTON IRVING: tra i primi grandi autori americani esistenti, celeberrimo per i suoi racconti, iniziatore del genere delle cosiddette “storie di fantasmi”! Numerosi sono stati gli artisti da lui influenzati, primo tra tutti un Maestro Assoluto come EDGAR ALLAN POE.

La storia è ambientata precisamente due secoli tondi tondi prima dell’uscita del film: siamo nel 1799, siamo in America, e nello sperduto e desolante e veramente inquietante villaggio di Sleepy Hollow accadono delle cosucce veramente strane. Cosucce strane di che tipo? La gente laggiù perde la testa. Letteralmente!

Dicono che vi è un figuro fantasmatico senza testa che quand’era in vita fu efferato mercenario assassino e che adesso che è morto da più di vent’anni si diverte a decapitare gente qui e là. Del resto anche in vita si divertiva a mozzare teste a destra e a manca: perché smettere? Solo perché non è più vivo? Nah, tanto vale continuare! Il suo nome? Beh, rimane facilmente impresso ed è alquanto esplicativo: il CAVALIERE SENZA TESTA.

Il caso viene così affidato al giovane agente di polizia ICHABOD CRANE, il quale crede fermamente nel Criterio, nella Ragione e nell’Evidenza Scientifica. Per lui esistono solo Causa e Conseguenza, tutto quello che è irrazionale e spiritico e fantasmatico per lui non va nemmeno contemplato. A New York lotta ogni giorno perché i delitti vengano risolti attraverso investigazioni rigorose e di tipo scientifico, ma rimane perlopiù inascoltato e bistrattato. Del resto lui viene mandato a Sleepy Hollow solo perché nella Grande Mela non lo sopportano. 

(Johnny Depp nella parte di Ichabod Crane)

Il nostro Ichabod, anche se non troppo felice di dover affrontare decapitazioni e cadaveri vari, è comunque convinto di poter finalmente risolvere con i suoi metodi un mistero così arcano e ambiguo e complesso come quello in cui si ritrova incappato. Le cose però non vanno esattamente come sperato.  

La rappresentazione della cittadina di Sleepy Hollow e dei suoi abitanti è squisitamente gotica, dark, inquietante, grottesca, macabra: ogni cittadino sembra colpevole di qualcosa! Dal Notaio al Giudice, dal Dottore al Magistrato, tutti degli imparruccati con un nome che è tutto un programma, e tutti con l’aria di nascondere qualcosa di terribile a dirsi. 

Spesso ce lo si dimentica, ma una storia per essere potente, al di là dei fatti che racconta, deve possedere un certo tipo di sguardo, essere caratterizzata da una qual certa “atmosfera”: ebbene, questo film riesce nell’impresa di farci respirare e vivere e sperimentare pienamente tutta una certa gamma di emozioni, e infatti non a caso sotto ogni punto di vista, dalle scenografie alle musiche, dalla direzione registica fino ad arrivare ai colori utilizzati, ogni fotogramma emana un senso di mistero, di oscuro, di un che di inafferrabile.

Il merito spetta naturalmente a Lui, il Regista, il Cuore Pulsante del film: TIM BURTON. Il Genio del Dark in persona che, per quanto sia amante del gotico, da sempre tende comunque a realizzare delle fiabe che per questo sono ricche di fascino favolistico, avventura, ironia, comicità, divertimento. In questo caso invece decide di affrontare di petto il Macabro e il Cupo e l’Oscuro. E lo fa confezionandoci una pellicola che mescola l’horror gotico col thriller di tipo investigativo, il tutto calato in un’aurea di mistero sospeso tra il fantastico e il giallo a tinte noir. 

Sì, perché quella che vediamo andare in scena è un’indagine vera e propria, anche se il timore che accompagna il protagonista è la sua più grande paura in assoluto: e cioè che una risposta logica e consequenziale, per una volta, non esista. Che sia proprio l’inspiegabile inspiegato, l’innaturale illogico, il mistero indecifrabile a vincere in questo caso.

Numerose le memorabili sequenze che hanno segnato l’immaginario collettivo, come ad esempio, tanto per citarne una, quella che vede protagonista l’indimenticabile albero: una scena talmente impressionante e perfettamente orchestrata che numerosi genitori, per amor del proprio bambino, potrebbero scegliere di coprirgli gli occhi o raccontare che quel sangue sia solamente succo di pomodoro!

Oltre al Maestro Burton, non possiamo non applaudire quello che è nei fatti tra i più grandi direttori della fotografia di tutti i tempi: EMMANUEL LUBEZSKI detto CHIVO. Un talento straordinario che ci ha fatto in questo caso specifico dono di una fotografia volutamente spenta e cupa per trasmetterci quella sensazione d’ambiguità e indecifrabile di cui sopra.

E infine ovviamente un inchino onorato va fatto all’intero cast al completo. MICHAEL GOUGH, RICHARD GRIFFITHS, JEFFREY JONES e MICHAEL GAMBON risultano meravigliosi e straordinari insieme per come ci restituiscono il controverso ritratto di questi rispettabili cittadini che forse forse sono tutt’altro che rispettabili! La dolce CHRISTINA RICCI è pure lei splendida per come riesce a consegnarci una performance che sta a metà sul sottile filo della tenerezza da una parte e dell’inquietante dall’altra. E potremmo spendere ore intere a parlare dell’impareggiabile talento di quei mostri sacri di bravura che sono CHRISTOPHER WALKEN e MIRANDA RICHARDSON! E infine, come non citare lui, l’attore feticcio per eccellenza di Burton, il solo a cui poteva affidare la parte da protagonista: JOHNNY DEPP!!!

Il suo Ichabod è un ometto singolare e strampalato, benché sia il solo a non essere ambiguo e inquietante in tutta quella masnada. Soprattutto, è un personaggio assolutamente umano che fa quello che molti umani fanno nell’arco della propria esistenza: cercare disperatamente una risposta, non voler credere che qualcosa possa essere così e basta, convincersi che una spiegazione c’è eccome. Però, come molti umani, il nostro caro agente Crane capirà che talvolta i ragionamenti e la logica finiscono per essere catene nelle quali si rimane imbrigliati e da cui non si esce. Tant’è che ad un certo punto lui stesso dirà:

«Sono bloccato da una catena di ragionamenti». 

E come si esce quando ci rimani intrappolato? Semplice. Smetti di ragionare e inizi solamente a credere che forse l’impossibile tutto sommato è possibile. E che quel che non può succedere, succede.

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