Nebraska

DI GIACOMO CAMISASCA

Fin dove ti spingeresti per un milione di dollari?

Woody Grant (Bruce Dern), un vecchio alcolizzato, vuole raggiungere la città di Lincoln in Nebraska a piedi, il problema è che abita a Billings, nello stato del Montana e tra una città e l’altra ci sono la bellezza di 1334,15 km di distanza.

La prima volta viene fermato da una volante della polizia e portato in centrale, qui spiega a suo figlio David (Will Forte) che vuole raggiungere Lincoln perché crede di aver vinto un milione di dollari grazie ad un concorso della Mega Sweepstakes Marketing.

Ovviamente si tratta solo di una trovata pubblicitaria, a Lincoln non c’è nessun milione di dollari che aspetta il vecchio Woody, ma lui ha la testa dura e non servono a nulla i rimproveri dei figli (fa la sua comparsa anche Bob Odenkirk nel ruolo di Ross, fratello di David) e di sua moglie Kate (June Squibb), lui cerca nuovamente di partire verso il tanto agognato Nebraska.

E così David pur di non vedere il padre mettersi in marcia un’altra volta, decide di assecondare questo suo desiderio e lo accompagna in macchina fino a Lincoln.

La premessa di Nebraska è semplicissima: un padre burbero e di poche parole, un figlio che vuole cercare di conoscerlo di più, si imbarcano in un viaggio nell’entroterra americano che man mano diventa un viaggio nel passato di entrambi.

Il sesto lungometraggio di Alexander Payne, presentato il 23 maggio 2013 durante la 66ª edizione del Festival di Cannes, è alla stregua di un grande romanzo americano.

Il regista, dopo la California di Sideways e le Hawaii di The Descendants, torna nelle sue terre, torna in quell’America rurale e abbandonata in cui ogni cosa è morta da tempo, e grazie all’utilizzo di un bianco e nero delicato ed elegante, questa sensazione di desolazione viene moltiplicata per dieci.

Come detto in precedenza Woody e David, andando verso Lincoln, attraversano il passato e i ricordi, oramai sbiaditi, del vecchio Woody.

E quando giungono nella città natale del padre vengono ospitati dai suoi familiari, persone di poche parole che si limitano a stare riuniti in salotto a guardare la televisione, una vita noiosa in cui sembra non succedere nulla da parecchio tempo.

Alla notizia del milione, tutta la piccola cittadina si risveglia e accoglie Woody Grant come un eroe, ma l’odore del denaro fa uscire anche gli avvoltoi che pretendono da Woody dei soldi prestati più di quarant’anni fa.

Anche i parenti non sono da meno, tutti vengono a batter cassa, tutti vogliono una fetta di quella fortuna che in realtà non esiste.

Nebraska è un film popolato dai vecchi, gli unici giovani sono David e Ross (pure i loro due cugini stupidi), giovani che diventano testimoni di un’America che sta morendo, che sta cadendo a pezzi e che si regge su un passato traballante come la memoria di Woody, i ruderi e le fattorie dismesse e quei campi che si perdono all’orizzonte.

Il bianco e nero utilizzato da Alexander Payne è il correlativo oggettivo di una sensazione, ovvero quella malinconia che aleggia per tutte le due ore del film.

Woody ritrova la sua casa dell‘infanzia, oramai abbandonata, e mentre attraversa le stanze di un passato difficile ci pensa sua moglie Kate a raccontare ai loro figli dei fratelli che lui ha perso o delle botte che ha preso dal padre ubriacone.

Quell’alcolismo, che fatica ad andarsene, viene in qualche modo giustificato, come quella distanza che c’è tra i figli, una distanza che ricorda quella tra Billings e Lincoln e quindi ecco che il viaggio si trasforma, non si tratta più di vincere un milione di dollari ma di lasciare qualcosa dietro di sé, un’eredità per David e Ross.

Un furgone e un compressore, tutto qui. 

Sono queste le due cose che vuole Woody, e quando, giunto a Lincoln con David, capisce di non aver vinto nulla (giusto un cappellino in omaggio) ci pensa il figlio a regalargli sia il pickup che il compressore.

Non credo di esagerare nel dire che Nebraska è il capolavoro di Payne, un film intimo che parla anche nei silenzi, nella luce di un bianco luminoso e nelle ombre di un nero in cui non si vede nulla.

L’America di Hollywood è lontana miglia e miglia, l’entroterra che si vede qui è un’altra cosa, è il passato più duro che molti preferiscono dimenticare ma grazie al cielo ci sono ancora registi e scrittori che continuano a raccontarlo.

Nominato a 6 premi Oscar nel 2014, Nebraska non porta a casa nemmeno una statuetta, esattamente come Woody, che parte per un milione di dollari che non esiste e torna, ovviamente, a mani vuote.

Ma poco importa, come si dice in questi casi: È il viaggio, non la meta, ciò che conta.

Ci vediamo il prossimo venerdì con il penultimo film della lista nonché il più odiato, e poi finalmente, sarà tempo di The Holdovers.

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