DI ALBERTO GROMETTO
Stiamo assistendo al tramonto d’un genere? I generi nascono, crescono, muoiono. Come (QUASI) ogni cosa, nella Vita e a questo Mondo. Basti pensare alla gloriosa storia del glorioso genere western: cinquemila titoli si stimano tra la fine del 1929 e l’inizio degli anni ’60! Ma oggi? Oggi ne producono solamente un paio all’anno, e comunque trattasi quasi sempre di western revisionisti, cioè che stravolgono le regole tradizionali e i codici canonici in favore di film che col western d’una volta hanno molto poco a che fare. E adesso sta succedendo la stessa cosa al cinecomic, parrebbe.
Ne hanno fatti tantissimi, gli appassionati accorrevano in sala a vederli, chi non ne sapeva nulla ci andava lo stesso e ne rimaneva ugualmente appassionato, han mietuto nuovi fan, e poi… e poi? E poi, dopo un po’, basta! Come nel caso del western, han finito per produrne moltissimi che sono uno la copia carbone dell’altro per sopperire all’altissima richiesta. E l’offerta ha finito per abbassarsi in termini qualitativi da una parte e innalzarsi in termini quantitativi dall’altra. Tanti – TROPPI – prodotti che risultano pure tanto – TROPPO – simili fra loro, mediocri, sempre la stessa solfa o minestra o qualunque cosa sia (scegliete voi che termine si confà meglio alla vostra lingua tra solfa e minestra) trita, ritrita, ingurgitata e persino risputata! Il mercato è saturo, la cosa a lungo andare non solo smette di attirare ma genera nausea… forse che il cinema superoistico abbia stufato?
In attesa di vedere se davvero i supereroi al cinema han finito di dire tutto quello che avevano da dire, aspettando di capire se veramente il Mondo ne ha avuto abbastanza, attendendo di sapere se il tramonto d’un genere sia arrivato… di Cinecomic ancora ne fanno, eccome!, soprattutto puntandoci ancora tanti bei dollaroni, da una parte per attrarne altrettanti e dall’altra con lo scopo di rilanciare un genere che potrebbe (forse sì, forse no) essere – se non morente – in pericolo di vita. Al punto che comunque, volenti o nolenti, quello del filone supereroistico rimane ancora “il genere del momento”, tanto che i film di punta più attesi protagonisti di quest’estate 2025 sono proprio due cinecomic.

Da una parte abbiamo il cavallo di battaglia estivo targato MARVEL STUDIOS: loro!, quelli che prima di chiunque altro capirono che questa poteva e doveva essere “L’Era Del Cinecomic”, che videro fin dove le reali potenzialità del film supereroistico potessero arrivare, e che decisero di costruirci sopra un possente impero realizzando un media franchise fatto di 37 film milionari e 20 serie televisive e un numero infinito di speciali televisivi, spot pubblicitari, videogiochi, attrazioni, esposizioni e… e chi più ne ha, più ne metta! Insomma, il cosiddetto: MCU – Marvel Cinematic Universe, attraverso il quale è stata forgiata un’epoca intera. La nostra. Prendere tutti i supereroi nati dalla penna del geniale e indimenticato e compianto STAN LEE – non un fumettista ma IL FUMETTISTA per eccellenza e che fu Fondatore e Presidente e Direttore della MARVEL COMICS – fare un film su ognuno di loro per poi farli incontrare in più pellicole, realizzando una sequela di lungometraggi che – almeno sulla carta, almeno all’inizio – potevano essere visti indipendentemente da tutti gli altri ma che al tempo stesso andavano a comporre un mosaico più grande incastrandosi e incastonandosi gli uni negli altri, alla stregua di minuziosi tasselli: in questo è consistito il lavoro ciclopico del noto colosso.

Dall’altro lato abbiamo invece l’asso nella manica su cui hanno puntato per questa calda stagione bollente gli eterni e storici rivali della DC COMICS: quelli che hanno iniziato anni e anni prima a darsi al Cinema, è a loro che si devono i primi Cinecomic della Storia risalenti già al secolo scorso, ma non avevano mai calcolato di poter mettere in piedi un franchise/mosaico che tenesse insieme tutti i loro supereroi facendoli schizzare alla stelle, plasmando la Settima Arte e imprimendosi nell’immaginario collettivo storico-globale fino a… fino a quando non ci arrivò la Marvel. Ed è da allora – sia in termini di incassi sia guardando alla critica – che si ritrovano spesso indietro, a rincorrere i nemici, col fiato corto come si suol dire. In che modo? Attraverso il loro personale MCU: il DCEU – DC Extended Universe. Sedici film e una serie tv all’attivo al momento, oltre che un po’ di delusioni. Non che falliscano nel portarsi a casa i loro bei dollaroni, ma nulla a che vedere con la popolarità, la costanza, il successo (economico e culturale) che accompagnano i film dei loro rivali, arrivati prima di loro e meglio di loro.
La Marvel fa più della DC, ha fatto prima della DC e piace più della DC. Il più grande incasso nella Storia della Marvel sapete quale sia? «AVENGERS ENDGAME», che s’è portato a casa 2 miliardi e 799 milioni di dollari. Il secondo più grande incasso globale nella Storia della Settima Arte tutta. Guardando a questa stessa classifica, anche le posizioni 7-8-12-17-19-21-28-30 rientrano nei maggiori incassi della Storia e sono a firma Marvel. Il più grande incasso della DC sta invece al 31º posto e trattasi di «AQUAMAN», una pellicola che non è certamente stata salutata come un capolavoro, e nemmeno come qualcosa di troppo virtuoso, né dal pubblico né dalla critica. Si è pur sempre portato a casa un miliardo e 152 milioni di dollari, mica male, sputaci sopra! Se qualche generoso mecenate volesse donare a MERCUZIO AND FRIENDS un miliardo e 152 milioni di dollari (ma anche solo un miliardo), a Noi andrebbe bene, saremmo disposti ad accettarli! Il punto però è che se si guarda alla sfida tra i due, DC perde su tutta la linea. E Marvel vince e stravince alla grande.

Ma il fatto è che ora è l’intero genere ad essere in crisi. Crisi nera. E la cosa riguarda entrambe le Case. Ed entrambe devono quindi “sopravvivere” in qualche modo, rimanere sulla cresta dell’onda, non finire nel dimenticatoio. La sfida non è più l’una contro l’altra per vedere chi c’ha i dollaroni più verdi e fruscianti. Ma la sfida è contro la dura realtà dei fatti, e cioè che forse al Mondo i supereroi non interessano più. Ma questo è davvero possibile?
Il Mondo ha bisogno di Eroi. I tempi, che siano quelli di ieri oppure quelli di oggi, sono bui. E le persone hanno bisogno. Bisogno di credere che un miracolo sia possibile. Che qualcuno abbia la capacità e la possibilità di intervenire, e scelga di farlo. Che scelga di costruirlo, questo miracolo. E di costruirlo per Noi. Per il Bene degli altri. E nessun’altra ragione.
Ecco perché ci raccontiamo le favole in cui Principi Azzurri incantati armati di spada e scudo sconfiggono orrorifici draghi orrendi. Ecco perché amiamo cantare di prodi cavalieri pronti a partire all’avventura o di pirati che salpano all’arrembaggio per i sette mari. Ecco perché facciamo film e fumetti su tizi in calzamaglia col mantello rosso che sfrecciano nel Cielo e salvano il Mondo. Perché abbiamo bisogno di SPERARE e CREDERE. Davvero le persone ne hanno avuto abbastanza?

E così, nell’estate 2025, è andata in scena una grande sfida di sopravvivenza – prima ancora che l’una contro l’altra – a cura di MARVEL e DC COMICS onde poter rispondere a questa domanda. Ed è buffo, strano, bislacco che entrambe le Case abbiano scelto di “guardarsi indietro”, per poter progredire e “andare avanti”. Sì, perché in ambo i casi il loro cinecomic estivo non è un film che parla di supereroi “nuovi”, su cui niente è mai stato scritto o detto o fatto, che non sono mai stati raccontati al cinema. Tutt’altro: trattasi invece di grandi protagonisti su cui è già stato narrato di tutto e di più!

La Marvel tira fuori dall’armadio I FANTASTICI QUATTRO per dar loro una grande spolverata. La storia la conosciamo tutti o quasi. Vi son quattro tizi che partono per una missione spaziale scientifica, avviene l’imprevisto e tornano con dei superpoteri: Reed Richards, alias “Mister Fantastic”, acquisisce la capacità di allungarsi e distorcersi e piegarsi a dismisura; Susan Storm aka “La Donna Invisibile” può (che potrà mai fare? sorpresona!) diventare invisibile, oltre che creare campi di forza elettromagnetica; il di lei fratello Johnny assume il nome di “Torcia Umana” e può diventare fuoco e controllare le fiamme e pure volare; e infine Ben Grimm, noto come “La Cosa”, dopo la sua gita nello spazio diviene un uomo perennemente roccioso dotato di una super-forza sovrumana. Al di là delle serie animate e dei videogiochi e delle numerose apparizioni qui e là – oltre che di tutte le caterve di fumetti – al quartetto supereroistico più famoso di sempre han dedicato già ben quattro film prima di questo. Il primo del ’94 non lo conosce nessuno, mai stato distribuito in sala, arrivò al pubblico solo per mezzo della pirateria home video. Il secondo e il terzo – che sono uno il sequel dell’altro – rispettivamente del 2005 e del 2007 sono “I Fantastici Quattro” per eccellenza: se qualcuno ha amato i Fantastici Quattro, quasi certamente è merito di queste due pellicole qua, dei suoi interpreti, di come son stati girati. Il Mondo pensa alle facce di IOAN GRUFFUDD, JESSICA ALBA, CHRIS EVANS e MICHAEL CHIKLIS di quell’epoca, quando pensa ai Fantastici Quattro. E questa sarà certamente stata una delle ragioni alla base del pazzesco flop fallimentare targato 2015, quando riproposero un film su questo quartetto. Critica e pubblico ne decretarono l’estrema unzione: fastidiosa trama ridicola inconsistente basata sul nulla, personaggi deboli e legnosi, scarsi effetti speciali scadenti. Una pazzia allora, dopo quel disastro, riprendere in mano dieci anni dopo quel quartetto, no? Eppure… hanno scelto di farlo.

Ecco, la DC Comics fa lo stesso, e punta tutto sul più abusato e sfruttato e raccontato dei supereroi, alla pari giusto solo con Batman. Trattasi forse del supereroe per eccellenza? Lui, l’uomo col mantello rosso e la calzamaglia blu, il figlio di Krypton, quello che vola e che è super-forte e che spara raggi laser dagli occhi: SUPERMAN! La storia la dobbiamo davvero raccontare? Un bimbo alieno viene spedito sulla Terra dal pianeta Krypton, che sta andando incontro alla sua distruzione. Il neonato finisce nel Kansas e – trovato da una coppia di contadini che ne fa il loro figlioletto – crescerà col nome di Clark Kent. Crescendo capirà di avere dei superpoteri incredibili, e allora deciderà di fare del Bene adottando quel nome che sappiamo tutti. Tralasciamo di nuovo fumetti a valanga, videogiochi, speciali televisivi, special cinematografici, cortometraggi, serie televisive (in questo caso sia animate sia non), musical, opere teatrali, format, serial, spin-off, telefilm, progetti irrealizzati, apparizioni a non finire… e via dicendo. Faccio solo una menzione (NON mi perdonerei mai non la facessi) alla serie tv «SMALLVILLE», che racconta di Superman adolescente prima di diventare Superman, e che è un piccolo gioiello, tra i migliori prodotti mai realizzati sul supereroe. Ora parliamo specificamente dei film. Il primissimo, targato 1951, da cui avrebbero tratto una delle serie tv. I quattro storici con protagonista il compianto e immortale CHRISTOPHER REEVE, che fu più di “uno degli interpreti di Superman”: lui è stato Superman. Ed è a lui, peraltro, che scelgo di dedicare questo mio articolo. Il primo capitolo – targato 1978 – per la regia di RICHARD DONNER è considerato il progenitore capostipite dell’intero genere del Cinecomic, alla pari forse solo col «Batman» a cura di Tim Burton dell’89. Successone clamoroso ed epocale, musiche dell’Assoluto Maestro JOHN WILLIAMS, che vanta tra gli interpreti attoroni del calibro di MARLON BRANDO e GENE HACKMAN rispettivamente nei panni del kryptoniano Jor-El e di Lex Luthor, che di Superman sono il padre naturale e l’arcinemico. Anche il secondo capitolo targato 1980 – benché senza Donner alla regia – fu un grande trionfo, a differenza dei due successivi dell’83 e dell’87, e dopo i quali la saga venne interrotta. Dovremo aspettare fino al 2006 prima di vedere un altro film sul calzamagliato volante: «SUPERMAN RETURNS», regia del mitico BRYAN SINGER, e che vede tra i protagonisti il mefistofelico KEVIN SPACEY nei panni di Luthor. Poi spuntò la Marvel col suo MCU. E la DC cercò di stare al passo col suo DCEU. Se nel 2008 i primi inaugurarono il loro franchise con quello storico capolavoro assoluto leggendario che fu «IRON MAN» per la regia di JON FAVREAU, così nel 2013 la DC varerà il suo proprio puntando su Clark con «L’UOMO D’ACCIAIO». Regia di Zack Snyder, bellissimo film, attoroni di altissimo livello quali KEVIN COSTNER, RUSSELL CROWE, DIANE LANE, MICHAEL SHANNON, LAURENCE FISHBURNE. E soprattutto la divina e celestiale AMY ADAMS, tra le più grandi interpreti di questa o qualsiasi altra epoca, nei panni di quella Lois Lane per cui il nostro Kryptoniano perderà la testa, giornalista terrestre tosta e combattiva e brillante. L’attore protagonista HENRY CAVILL sarebbe stato Superman nei vari altri film del franchise, da quello dedicato alla Justice League fino ad arrivare al film in cui lo fanno scontrare con Batman e via dicendo. Capite quanto può essere rischioso decidere di fare un film completamente nuovo tutto daccapo a lui dedicato??? E se poi deludi tutti?

Ecco quindi che subito emergono delle somiglianze, delle similitudini, delle comunanze fortissime che accostano i due sfidanti duellanti l’uno all’altro. Entrambi rappresentano il cinecomic estivo su cui le loro case di produzione hanno scelto di puntare, entrambi arrivano in un momento molto difficile per il loro genere d’appartenenza, entrambi vengono realizzati anche proprio con lo scopo di rilanciare il loro filone in crisi, entrambi hanno la non facile missione di rappresentare qualcosa di inedito nel panorama oltre ogni modo saturo del film superoistico riesumando però personaggi sui quali è già stato detto e fatto di tutto, entrambi prendono la quantomeno contraddittoria decisione di raccontare storie “nuove” su protagonisti “vecchi”. E per di più realizzando dei film che non ne raccontano le origini, ma partono invece quando la loro storia è già cominciata e il Mondo sa già chi sono. Nel caso dei Fantastici Quattro, la narrazione parte 4 anni dopo quella speciale gita spaziale che diede loro i superpoteri. Nel caso di Superman, tre anni dopo il suo debutto sulla scena mondiale. Il perché abbiano scelto di scommettere proprio su di loro non è chiarissimo, così di primo acchito. Ma come? Devi sorprendere e stupire con qualcosa di nuovo, considerando che forse il tipo di film che fai sta andando in malora, e allora tiri in ballo alcune delle tue creazioni più note, antiche e abusate? Non c’entra la logica del “puntare sul sicuro”, in questo caso. Perché magari la gente correrà in massa per andare a vedere i suoi supereroi più amati riprendere vita, ancora una volta, sul Grande Schermo. Ma se sbagli qualcosa, fai la schifezza e spezzi il cuore dei fan tradendo le loro aspettative – proprio nel tentativo di raccontare a loro di quei personaggi che amano e che li hanno portati fin dentro quella sala – al prossimo giro, chi viene a vedere ancora i tuoi film? E quindi: come se la sono cavata, i nostri? Già i titoli non promettono niente di buono, specie in termini di originalità. «I FANTASTICI QUATTRO – GLI INIZI». Che poi: l’inizio di cosa, che è già da 4 anni che sono supereroi? Forse il titolo in lingua originale, e che al posto di quegli inizi presenta un «FIRST STEPS» – «PRIMI PASSI», potrebbe avere più senso dato che di mezzo c’è un neonato? E poi la pellicola DC Comics: «SUPERMAN». Più sobrio, chiaro e preciso di così si muore. Ma… per il resto?
«I FANTASTICI QUATTRO – GLI INIZI/PRIMI PASSI» prova a fare qualcosa di nuovo, bisogna dargliene atto. La cura estetico-visiva è impressionante, avvincente, intrigante, stimolante: l’ambientazione è futuristica e insieme retrò, donando alla New York in cui si svolge la maggior parte del film un aspetto a metà tra gli anni ’60 vintage e l’avveniristico. Le sequenze spaziali e gli effetti speciali son notevoli. Non si può dire qualcosa di brutto sulla regia del film, che non si limita a fare semplicemente il suo lavoro, ma ci fa dono di un’opera elegante e interessante da un punto di vista tecnico e stilistico. Sì, è un film molto stiloso. Nella fotografia, nelle scenografie, nella messinscena. È bello a guardarsi, ecco. E bravo MATT SHAKMAN, che è il regista, qui alla sua prima occasione vera di fare qualcosa di grosso. Ma la storia? La storia NON tiene conto di quanto è stato fatto prima, specie di quei due mezzi capolavori che sono stati i leggendari Fantastici Quattro del 2005 e del 2007 sopracitati. E questo è un gran bene davvero, per cui i complimenti sono d’obbligo. Vogliono sempre essere i Fantastici Quattro, ma sono ALTRI Fantastici Quattro. E se questo intento è lodevole senz’altro, certo v’è il rovescio della medaglia. E cioè che – parlo per me ma credo che sia opinione piuttosto condivisa – io sono affezionato a quei “vecchi” Fantastici Quattro, amo quei “vecchi” Fantastici Quattro, voglio rivedere quei “vecchi” Fantastici Quattro. Ma se voglio rivedere i vecchi, che me ne frega dei nuovi? Certo, una chance gliela do, e vengo a vederli volentieri in sala. Una volta sola! Poi? Poi non credo li rivedrò mai più, e tornerò invece a rivedermi i vecchi. Ed è questo quello che accade. La cura visiva non basta a renderlo memorabile. E infatti è tutto tranne che memorabile.

Spiacente, ma uno dei maggiori limiti di questa nuova variante dei Fantastici Quattro son proprio… i Fantastici Quattro! Non m’affeziono a loro, minimamente. E non solo perché perdono di brutto il confronto con i precedessori, ma anche in termini assoluti non hanno nulla che mi porti a provare affetto per loro. A desiderare di stare con loro. Perché un film deve portare avanti una narrazione, avere una trama, raccontarti una storia. Questo è scontato, a mio modo di vedere. Ma deve anche metterti addosso la voglia di passare il tuo tempo con i personaggi di cui racconta, renderteli interessanti, suscitarti il desiderio di stare insieme non per vedere dove va a parare la storia ma anche per il solo gusto di stare con loro. Così, quando arrivi ai titoli di coda, dirai “Ma no, ne volevo ancora un po’…”. Invece di dire, come nel caso di questo film Marvel: “Oh bene, è finito presto, meno di due ore, fortuna che hanno accorciato i tempi rispetto a una volta!”. E non fraintendetemi: la storia c’è in questo film qua, c’è eccome, non è un involucro vuoto bello fuori e con niente dentro. Non è quello che sto dicendo. La storia di per sé è affascinante, al netto di qualche scivolone. Tra tutti, una serie di piccole e grandi forzature di trama un po’ ridicole e lo spiegone iniziale che funge da recap che ci racconta chi sono questi quattro e come son diventati così, per poi partire con la storia.
La storia di per sé è anche interessante, presenta degli snodi notevoli e soprattutto vuole raccontarti qualcosa. E questo è bellissimo. Anzi: fantastico! Non vuole essere un film che ti racconta qualcosa tanto per. Ha un tema, che è pure molto significativo: conciliare i diversi aspetti di chi si è. Essere uno scienziato che guarda alla soluzione più logica anche se questo impone una freddezza quasi apatica e insieme un padre di famiglia premuroso che ama, soffre e prova emozioni. Essere una supereroina alla quale il Mondo s’affida e che vuole prima di ogni altra cosa salvare il Pianeta e la gente che lo abita, ma anche una mamma alla quale in primo luogo interessa e deve interessare del suo bambino. Essere dei supereroi che fanno sempre e a prescindere la cosa giusta nell’interesse di tutti, mettendo però al tempo stesso in primo piano la famiglia che loro si sono creati stando insieme e che rimane la cosa più importante di tutte. Ma come si fa? Ecco, capite che la materia del film è davvero lodevolissima! Il problema è che si concentra sulla storia e sul suo tema lasciando però indietro i suoi personaggi. E tutta questa “famiglia” di cui il film vuole raccontarti e che ti racconta… non la senti. Non la vivi. Non la vedi. Perché i quattro protagonisti non emergono, non convincono, non ti fanno innamorare. Vengono sacrificati, risultano freddi, t’importa poco o nulla di loro. Non è colpa degli attori protagonisti, tutti ottimi dal primo all’ultimo: il sempre inappuntabile PEDRO PASCAL nei panni di Mister Fantastic, EBON MOSS-BACHRACH nelle vesti de La Cosa, JOSEPH QUINN che interpreta la Torcia Umana, e poi colei che più convince dei quattro, la magnetica VANESSA KIRBY che impersona la Donna Invisibile. Però loro possono fare ben poco (anzi: nulla!), se la sceneggiatura è quella. Al di là delle forzature di trama e di qualche sua banale scontatezza, questo rimane il vero difetto della pellicola, a mio modo di vedere. Ce la mette tutta però, e già questo è apprezzabile. Il giudizio finale è un semplice due parole: Non male. Ma “Non male” non è “grandioso”. “Non male” soprattutto non salva un filone che sembra star andando incontro alla sua autodistruzione.

Ora veniamo alla DC e all’Uomo della Calzamaglia e Mantello. Ritorniamo al discorso del personaggio su cui l’immaginabile e l’inimmaginabile è stato raccontato. Vogliamo aggiungere altro su quanto Superman sia un’iconica figura di riferimento per le masse di tutto il Mondo? Nell’Illinois c’è una città che si chiama Metropolis, proprio come la città fittizia in cui vivrebbe Clark Kent. E così in una delle piazze principali hanno fatto erigere una statua alta 5 metri dedicata al supereroe, ne hanno fatta costruire un’altra nel Giugno del 2010 dedicata alla sua storica compagna Lois e gli han pure dedicato un museo intero. Uno dei più bei monologhi cinematografici, scritto dal Maestro Cineasta QUENTIN TARANTINO – quello presente sul finale di “KILL BILL: VOLUME 2” – è dedicato a Superman. Quel pazzo meraviglioso dell’attore NICOLAS CAGE, appassionatissimo di Superman e dei fumetti che ne raccontano le vicende, ha chiamato suo figlio KAR-EL, il nome kyrptoniano del supereroe. Insomma, lo sappiamo tutti, anche chi non è appassionato per nulla, in cosa consista l’impatto culturale di Superman.

Ora, qual è il fatto? Che se il titolo non è particolarmente originale, se il protagonista è un personaggio visto e rivisto, se è vero che non è per niente una novità fare un film su Superman… non possiamo che toglierci il cappello, inginocchiarci e applaudire ammettendo quanto originale, inedito, innovativo, brillante, arguto, sagace, sensibile e profondo sia lo sguardo con cui questa perla – che quasi rasenta il gioiello! – guarda al caro Clark Kent, il significato nuovo che conferisce alla sua figura, la visione che offre e che è spettacolare non solo per l’aspetto visivo ed estetico e stilistico, ma soprattutto e specialmente per quello che ti vuole raccontare! Ma il merito di chi è? Il fatto è che questo film, prima ancora che essere un blockbuster o un cinecomic o addirittura un film DC Comics, è una pellicola targata JAMES GUNN! Sì, lui, il Maestro Assoluto che ha fatto la Storia del genere supereroistico e mi verrebbe da dire della Settima Arte tutta, il Cineasta che ha dimostrato che facendo film sui supereroi si può fare Vera Arte e Vero Cinema, l’Autore con la “A” e tutte le altre lettere maiuscole che ci ha insegnato attraverso le sue perle filmografiche cosa sia l’autentica Autorialità, e che soprattutto essa può essere rintracciata anche nelle opere della DC o della Marvel. Lui, che ha realizzato C-A-P-O-L-A-V-O-R-I IMMENSI quali la trilogia Marvel di «GUARDIANI DELLA GALASSIA» (Steven Spielberg ha più volte dichiarato di come il primo capitolo di questa trilogia sia uno dei suoi film preferiti) e la perla sensazionale e sconvolgente e sbalorditiva del monumentale film DC COMICS «THE SUICIDE SQUAD», qui ti prende un supereroe trito e ritrito e straconosciutissimo come Superman – sul quale montagne infinite di adattamenti han realizzato – e ci costruisce sopra qualcosa di assolutamente nuovo, fresco, attuale, moderno, pazzeschissimo!

Ma perché? Che cosa fa? Ti racconta perché Superman è quello che è: Superman. E non è perché è “SUPER”. Ma piuttosto perché è “MAN”. Quel che James Gunn fa di rivoluzionario e sconcertante e diverso da chiunque altro prima è porre l’accento su quel “MAN” di “SUPERMAN”. Superman è l’eroe che è e che tutti amano (o dovrebbero amare) non tanto perché è dotato di superpoteri straordinari. Ma piuttosto perché gli interessa degli Umani. Perché egli stesso è man, cioè un essere umano come tutti Noi. Lui stesso lo dice in un momento bellissimo del film. Declamerà in faccia al suo arcinemico ed eterno antagonista Lex Luthor che quello che lui e molti altri non hanno mai capito di Superman stesso è che non è un marziano, un kryptoniano oppure un alieno. Ma è un essere umano e che in quanto tale ama, soffre, commette errori e fa cazzate, come tutti quanti Noi. Chi non ne fa? E che poi ogni giorno prova a rimediare, e che ce la mette tutta. Lui è parte di quest’Umanità, e le sue origini non sono importanti. E non lo sono veramente: rispetto alla pellicola Marvel, questa meraviglia DC Comics dedica alle origini del suo protagonista venti secondi scarsi e attraverso una scelta stilistico-narrativa delle più brillanti possibili. Chissenefrega di dove è nato Superman o Clark Kent o Jor-El o comunque vogliate chiamarlo! Quel che conta son le sue azioni. Quello che fa, e per chi lo fa. E lui quello che fa lo fa per Noi, per gli Esseri Umani, i suoi veri simili. Non importa se i suoi genitori biologici sognavano per lui un futuro in cui avrebbe tiranneggiato sulla Terra. Quello che conta è cosa gli hanno insegnato i suoi genitori, quelli veri, quei contadini umani del Kansas che lo hanno cresciuto. Superman è uno di Noi. E il fatto stesso che Gunn ci racconti questo attraverso la sua messinscena impressionante, la sua regia sensazionale, le sue inquadrature indimenticabili è quanto di più cinefilo e cinematografico possa esserci. Quando ad esempio Superman sfreccia nel Cielo, in qualsiasi altro film prima di questo la telecamera – cioè Noi col nostro sguardo – rimane “a terra” guardando il calzamagliato che vola tra le nuvole. In questo caso invece la telecamera rimane con lui, gli è attaccata al petto, lo riprende in primo piano. E questo perché Noi voliamo con lui, con Superman, insieme a lui. E questo perché anche Noi siamo Superman, e Superman è uno di Noi, e quando lui vola tutti noi voliamo con lui. Altro che dimenticarsi dei suoi personaggi, Gunn punta la sua cinepresa e il suo sguardo proprio su di loro!

Applausi fragorosissimi e straripanti anche per tutti gli interpreti, nessuno di loro particolarmente conosciuto, a differenza del cast del film Marvel. Eppure a loro ci affezioniamo, loro funzionano, di quei personaggi ci innamoriamo. DAVID CORENSWET e RACHEL BROSNAHAN son vivamente e veramente spettacolari nei loro ruoli, una delle migliori coppie Clark-Lois mai viste sul Grande Schermo, stupiscono e incantano! Menzione speciale spetta però al villain, impersonato invece da un volto noto e che si dà il caso sia uno dei miei interpreti preferiti in assoluto: il sublime NICHOLAS HOULT regala performance incredibili da tutta la Vita e anche in questo caso non si risparmia nel farci dono di un Lex Luthor sensazionale e tridimensionale, un uomo che vorrebbe essere al posto di Superman, che vorrebbe essere “Super”, che lo guarda come ad un rivale al punto da esserne ossessionato. E anche se è un Genio Assoluto, lui sceglie di usare tutto il suo talento, i suoi doni, la sua intelligenza compiendo il Male per essere lui stesso il più Super di tutti. Un megalomane egocentrico che però al tempo stesso nutre uno spaventoso complesso di inferiorità sminuente. E che lo porta a prendere la sua Grandezza – tutto quel Genio e quell’Intelligenza – e a buttarla via. Superman stesso glielo dirà: che spera che un giorno Lex capirà quello che lui stesso ha capito, e cioè che il dono più prezioso che abbiamo non sono i superpoteri o l’intelligenza, bensì la nostra Umanità. E che quando Luthor lo capirà, quello sarà un gran bel giorno per il genere umano. Perché significa che quella sua intelligenza servirà a qualcosa, avrà un significato, il più nobile e bello di tutti: fare il Bene dell’Umano. Perché – aggiungo io – allora anche Lex sarà un supereroe, quel giorno.
Il punto dell’essere supereroi non è avere i superpoteri. Il punto è prendere i talenti che la Vita ti ha dato e scegliere di farci qualcosa per il Bene di chi ti sta intorno. Il punto è per cosa scegli di usarli, quei superpoteri, quali che siano, anche fossero i più inutili al Mondo. Questo è quello che fa davvero di un supereroe, un supereroe. Il chi sceglie di essere.
Eccolo, il tema del film. E parlando d’Umanità, mi sento ancora di citare un personaggio dinanzi al quale ogni Umano non potrà che sciogliersi: il cagnolino di Superman, il mattacchione combinaguai ma tanto dolce KRYPTO.


Altra ragione per cui mi sento di applaudire innanzi a questa perla firmata Gunn è la ferocissima e spietatissima ma giusta disamina che egli fa del mondo dei social, dell’informazione e dello spettacolo. Se i supereroi abitassero la nostra Terra, che ne direbbero i media? La stessa domanda – altro punto in comune neanche a farlo apposta! – se la pone pure il rivale Marvel. I Fantastici Quattro sono personaggi che stanno sotto i riflettori, tutti li conoscono e le loro azioni vengono giudicate. A prescindere. Stessa cosa dice il «SUPERMAN» del buon James, ma si spinge ancora più in là, rendendo questo uno dei temi portanti della sua narrazione, e non semplicemente una “tematica collaterale”. Tra i peggiori nemici di Clark vi sono infatti i social, gli haters e i loro salaci commenti. E gli dicono di tutto di più! Perché nell’epoca dei social chiunque può dire la sua, dare la sua opinione, manifestare da dietro uno schermo il suo dissenso, criticare e attaccare quanto vogliono e chi vogliono. Anche se la vittima è Superman. Lui ha evitato una guerra. E perché lo ha fatto? Lui dice perché altrimenti tanta gente sarebbe morta. Ma sui social invece si chiedono se non ha fatto male, pongono l’accento sul fatto che ha agito di sua iniziativa senza chiedere ai capi di governo coinvolti, che ha calpestato l’autonomia delle Nazioni, e così via. Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Tutto si capovolge, nell’era del digitale!


Credo si sia già capito quale dei due rivali abbia vinto. Sì, a questo giro la DC ha trionfato sulla Marvel. Forse perché “Gli ultimi saranno i primi”? Forse perché il troppo successo del passato può renderti miope, o addirittura cieco, e farti commettere errori? A ognuno le sue risposte. Però almeno – a dispetto di quanto ancora vivrà questo genere supereroistico – possiamo di fronte ad un film che ti parla di quanto sia difficile far coincidere tutto quello che sei anche se sei un supereroe, e un altro che ti racconta di come l’Umanità sia il dono più prezioso che abbiamo, risponderci a quella domanda di prima, se il Mondo ha ancora bisogno dei supereroi.
Il Mondo avrà sempre bisogno di credere in qualcuno che faccia la scelta giusta. Commetterà errori, sbaglierà, non saprà che pesci pigliare. Ma quello che conta è che continui a provarci. Perché questo è quello che fanno i supereroi: ci provano, e ci provano per tutti Noi. E così tutti quanti Noi, ognuno a modo suo, se solo ci proviamo e ci crediamo, possiamo essere dei supereroi. Anche senza superpoteri. Il superpotere più grande che abbiamo è quello di essere Noi, Umani provatori che credono.


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