One Piece Netflix e la valanga di citazioni

DI ORIANA FERRAGINA

Ho iniziato a guardare seriamente One Piece tra il mio terzo e quarto anno di superiori, cominciando ad apprezzare la serie che da piccola avevo considerato un po’ stupida e, piano piano, ho finito per innamorarmene. Una volta terminate le puntate che mandavano in onda su Italia 2, ho deciso di iniziare a comprare il manga e, un po’ di tempo fa, ho persino voluto rivedere i vecchi episodi nel doppiaggio originale giapponese; come dire, senza accorgermene, sono diventata anch’io una fan del manga creato da Eiichirō Oda più di vent’anni fa (esattamente il 22 luglio 1997). Perciò credo sia comprensibile la mia curiosità di vedere i personaggi di cui avevo seguito le avventure attraverso le pagine in bianco e nero nel manga prendere finalmente vita, colore e diventare reali.

Quindi, senza tanti indugi, parliamo di “One Piece” in carne e ossa.

La trama della serie live-action segue molto fedelmente quella del manga, anche se per ragioni di tempo e di lunghezza (sia l’anime sia la stessa opera cartacea sono notevolmente imponenti) ha dovuto ridimensionare molto di quello che viene descritto e raccontato nel primo arco narrativo, cioè quello che viene trattato in questa prima stagione: la saga del Mare Orientale, che culmina con l’arco narrativo di Arlong Park.

Ma come inizia la serie in questione?

Il primo episodio comincia mostrandoci l’esecuzione del primo Re dei Pirati, Gold Roger, il quale, prima di essere giustiziato, rivela di aver nascosto il suo tesoro da qualche parte nel mondo e invita i presenti ad andare a cercarlo liberandosi così dal giogo delle catene che il Governo Mondiale ha messo su tutti loro. Queste sue parole pronunciate prima di morire diedero inizio, in questo mondo creato dalla penna di Oda, alla Grande Era della Pirateria.

Dopo questa scena piena d’effetto, incontriamo finalmente il nostro protagonista: Monkey D. Luffy (che per il primo doppiaggio italiano era detto Rubber e non Cappello di Paglia), un ragazzino di 17 anni con il sogno ambizioso di trovare il leggendario tesoro del Re dei Pirati, il One Piece (da qui il nome della serie e dell’opera) e di diventare così lui stesso il nuovo Re dei Pirati. Peccato che già dopo i titoli di testa troviamo il nostro protagonista intento a buttare acqua fuori dalla bagnarola che chiama nave. Ma questo non scoraggia affatto il ragazzo, il quale chiacchiera allegramente con uno dei gabbiani consegna-posta, noti come News Coo nel mondo di One Piece, e al quale racconta tutti i suoi progetti per il futuro: trovare il tesoro di Gold Roger e diventare il Re dei Pirati; ma prima di questo deve necessariamente mettere in piedi una ciurma di almeno 10 componenti; e in mezzo deve pure cercare di non morire annegato nel mare perché non sa nuotare.

Naturalmente i tentativi del ragazzo di rimanere a galla ed evitare di affondare non funzionano e, per potersi salvare, si rifugia in un barile, lamentandosi di come stia naufragando già al suo primo giorno di navigazione. S’addormenta poco dopo. Ore più tardi viene ripescato dai pirati sotto il comando di Alvida, spietata piratessa vanagloriosa, che pensa di essere la più bella di tutti i mari. Ed è sulla sua nave che Luffy si sveglia, nel cuore della notte, facendo la conoscenza di Coby, un mozzo prigioniero che ha il sogno di diventare un marine e che cerca in tutti i modi di far fuggire silenziosamente il ragazzino trovato nella stiva di bordo della nave, senza però molto successo, visto che tempo 20 secondi che si trova sul ponte Luffy ha già svegliato tutti quanti.

Ma Alvida e la sua ciurma avranno una bella sorpresa quando il ragazzo difenderà il suo nuovo amico dalle loro angherie dando prova di possedere magici poteri conferitigli da uno dei leggendari Frutti del Diavolo: trattasi del frutto Gom Gom (o Gomu Gomu no Mi, nella versione originale giapponese), che lui ingerì e che rese il suo corpo di gomma, facendogli dono di numerose facoltà. Luffy, perciò, riesce a sbaragliare facilmente Alvida, per poi andarsene insieme a Coby e raggiungere l’isola più vicina, attraccando a Sheltz Town, ove risiede il 153° battaglione dei marine, guidati dal temuto Morgan Mano d’Ascia.

E qui vi lascio perché, a differenza di come faccio di solito nei miei articoli, non vi racconterò esattamente cosa succede durante la prima puntata di questo roboante live-action, per due motivi: primo, perché trovo sia migliore, in questo caso, che vediate cosa succede nella seconda parte della puntata senza nessun preconcetto di cui il mio racconto inavvertitamente potrebbe essere la causa; secondo, perché nell’anime era questa la trama della prima puntata (più o meno) e quindi, in onore del primo adattamento televisivo del manga, mi fermerò qui.

Alcuni fatti sulla serie e su come è stata realizzata: l’annuncio di un adattamento live-action del manga di Eiichirō Oda è stato diramato già nel luglio del 2017, per opera delle case di produzione Tomorrow Studios e Shūeisha. Nel 2020 lo stesso Oda aveva annunciato che il live-action sarebbe stato prodotto da Netflix e, all’epoca, era programmato di riassumere la saga del Mare Orientale in 10 episodi, invece degli 8 che, alla fine, sono stati prodotti e rilasciati sulla piattaforma streaming il 31 agosto di quest’anno, i quali riassumono 10 volumi e mezzo dell’adattamento italiano del manga edito da Star Comics.

Gli attori per i personaggi principali sono stati scelti dal creatore di One Piece, che ha deciso personalmente chi doveva interpretare i cinque membri della ciurma di Cappello di Paglia; oltretutto Oda ha incontrato l’attore che ha interpretato e che interpreterà Luffy, Iñaki Godoy, confessandogli che, appena ha visto la sua audizione, ha capito che sarebbe stato il candidato perfetto per portare sul piccolo schermo il capitano della sgangherata ciurma di pirati; anzi, ha dichiarato che Iñaki era Luffy.

Pure la doppiatrice giapponese di Luffy, Mayumi Tanaka, ha conosciuto l’attore di origine messicana, consegnandogli simbolicamente il testimone sotto forma di un cappello di paglia.

Le riprese del live-action sono iniziate il 31 gennaio 2022, per poi essere terminate il 22 agosto dello stesso anno. Sono state registrate principalmente ai Cape Town Film Studios, situati a Città del Capo in Sud Africa, e due settimane dopo l’uscita della prima stagione è stata confermata la seconda, anche se non è stato detto quando inizieranno le riprese, dato lo sciopero di  attori e sceneggiatori hollywoodiani.

Passando alle curiosità, gli sceneggiatori si sono divertiti ad infarcire l’intero live-action di easter egg e riferimenti a vari personaggi, luoghi e avvenimenti che, se non si è fan del manga e dell’anime, non si colgono. Ed è per questo che, come per il mio pezzo “Tokyo Revengers: Christmas showdown”: Natale a suon di botte, avverto che da qui in poi inizierò a trattare argomenti che si possono definire spoiler e, pertanto, come nell’articolo sopracitato, consiglio a tutti quelli che vogliono mantenere un alone di mistero su cosa potrebbe succedere nelle prossime stagioni del live-action di “One Piece” di smettere di leggere in questo punto e passare direttamente alla conclusione; se invece siete fan di One Piece di lunga data, continuate pure a leggere e assaporate insieme a me l’astuzia dei creatori della serie, i quali sono riusciti a mettere tutto quello che, per esigenze di tempo, avevano dovuto togliere.

Partiamo dai titoli di testa: gli opening credits del live-action cambiano aspetto da episodio ad episodio, mostrandoci diversi jolly roger, cioè il segno di riconoscimento piratesco proprio di ogni pirata, e introducono il tema musicale della puntata e del personaggio presentato. 

La serie è piena fino all’orlo di easter egg: solo nei primi minuti del primo episodio, durante l’esecuzione di Gold Roger, possiamo notare nella folla quattro personaggi molto importanti per la storia di One Piece, tre dei quali appaiono anche nel corso dei successivi episodi. Infatti, se guardate attentamente la panoramica fatta sulla folla sotto il patibolo eretto per il Re dei Pirati, potrete notare Shanks e Mihawk da giovani, che vedremo poi in seguito, intenti ad osservare l’esecuzione di Roger, insieme ad una figura ammantata di verde e nascosta da un cappuccio, che molti fan, io per prima, hanno dedotto fosse Monkey D. Dragon, ovvero il padre di Luffy e capo dell’Armata Rivoluzionaria, il quale potrebbe apparire nella seconda stagione. L’ultima figura che possiamo notare è quella di un ragazzino con i capelli bianchi che viene quasi travolto dalla folla che sta correndo verso le navi dopo le parole provocatorie pronunciate da Roger prima della sua morte: si tratta di un giovane Smoker, capitano dei marines di stanza proprio a Loguetown, il quale appare nei minuti finali dell’ultima puntata, dove lo vediamo intento a fumare due sigari, usando uno dei due per bruciare il nuovo manifesto da ricercato di Luffy.

Anche i doppiatori possono essere considerati easter egg!

Nel doppiaggio italiano, infatti, possiamo ascoltare due voci, a noi fan molto conosciute: quella di Renato Novara, secondo doppiatore di Luffy nell’anime, che qui doppia Shanks; e quella di Maurizio Merluzzo che, oltre a vari personaggi secondari nell’anime, ha doppiato Donquijote Do Flamingo, ricevendo il plauso, per questo, in tutto il mondo. Nel caso della serie live-action doppia un altro membro della Flotta dei Sette, ovvero Dracule Mihawk. Inutile dirlo, l’incontro tra Mihawk e Shanks nell’ultima puntata, per noi fan italiani, è stato molto emozionante.

Anche per gli ammiratori giapponesi ci sono sorprese, visto che le voci dei protagonisti sono ancora quelle storiche del doppiaggio dell’anime: Mayumi Tanaka dona la voce a Luffy, Kayumi Nakai è nuovamente Zoro, Akemi Okamura continua ad essere la ladra Nami, potremmo ancora sentire le battute iconiche di Sanji pronunciate da Hiroaki Hirata, e poi abbiamo Kappei Yamaguchi che fa lo stesso lavoro incredibile che ha fatto per il cecchino della ciurma Usopp un Alex Polidori in stato di grazia, il quale è riuscito a fare suo il personaggio del bugiardo e pavido guerriero del mare, amico fedele dello stesso Mugiwara (“Cappello di Paglia” in giapponese, trattasi del soprannome del nostro capitano gommoso preferito). 

Ho molto apprezzato l’aggiunta dei manifesti alla presentazione di ogni pirata che incontravano, con questi ultimi che interagivano in vari modi con le proprie locandine (come Arlong, l’uomo pesce che fa da antagonista principale in questa prima season, che la strappava a morsi o Kuro che la faceva a fette con i suoi guanti artigliati); un altro fatto che ho apprezzato a proposito dei manifesti è vederli affissi ovunque, mostrandoci volti di pirati che non vedremo per un po’ nella serie live-action: attaccati alla parete della base marina che incontriamo nel primo episodio, oltre ai manifesti da ricercato di Alvida e pure di Bagy il Clown, vediamo quelli di Foxy e Bellamy, ad esempio.

Nei titoli di coda inoltre possiamo vedere la mappa del mondo di One Piece e su di essa trovare alcuni nomi di isole che non appaiono nello show per esigenze di tempo. 

Come potete notare, gli sceneggiatori si sono divertiti ad infarcire questa serie di “One Piece” di piccoli dettagli che riconducessero sia al manga che a personaggi futuri che vedremo in seguito, ma a riportarli tutti quanti avrei bisogno di altre dieci pagine e non vorrei annoiare nessuno; anche perché potrei dissezionare ogni singola puntata e fare il confronto tra episodio della serie, episodio dell’anime e manga.

Perciò mi limiterò a riportare le uniche due critiche che sento di dover avanzare nei confronti del live-action: i piedi di Bagy e la scelta di eliminare il personaggio di Hachi; e non aggiungo il fatto che l’attore di Luffy indossa scarpe anziché sandali perché, anche se all’inizio ho storto leggermente il naso quando ho notato questo piccolo fatto, ho capito che sarebbe stato rischioso per Iñaki Godoy e i suoi stuntman eseguire i combattimenti del protagonista, così acrobatici e particolari, con delle infradito ai piedi.

Passando alle critiche, partiamo con i piedi di Bagy: il frutto Puzzle Puzzle permette a chi lo ha ingerito di potersi scomporre e ricomporre a proprio piacimento, rendendolo invulnerabile agli attacchi da armi bianche come spade, katane e quant’altro, ma con una limitazione, ovvero che i piedi del possessore del frutto non possono staccarsi dal terreno e devono rimanere entro una certa distanza dal resto del corpo; o, almeno, questo è quello che viene spiegato sia nel manga che nell’anime dallo stesso Bagy a Luffy quando i due si trovano ad Impel Down. Allora, io mi domando, perché nella serie hanno voluto eliminare questa limitazione, permettendo al personaggio di lanciare anche i piedi contro Luffy nello scontro finale che i due hanno nella seconda puntata? A mio parere non ha molto senso e viola le stesse leggi che erano state stabilite nel manga, cioè che ogni frutto del diavolo ha una debolezza che permette a chi lo affronta di poter rendere inefficace gli attacchi del nemico.

Il secondo punto che non mi è piaciuto è stata la scelta di eliminare Hachi: quest’ultimo personaggio è un membro della ciurma di Arlong, un uomo pesce di tipo polipo, ed è, nel manga come nell’anime, il nemico che Zoro affronta nello scontro finale ad Arlong Park. Non solo: Hachi, durante l’arco di Sabaody, aiuta i suoi ex nemici in una situazione alquanto spinosa quando la ciurma deve affrontare per la prima volta la realtà dei Draghi Celesti e la visione che loro hanno delle persone, viste come esseri inferiori. Quindi non riesco a capire perché abbiano eliminato il personaggio; anche se questo secondo punto critico mi dà meno fastidio di quello precedente, e questo perché nelle stagioni future gli sceneggiatori potrebbero pur sempre spiegare attraverso un flashback il motivo dell’assenza di Hachi da Arlong Park durante lo scontro che ha avuto luogo nell’ottava puntata.

Comunque, tirando le somme, ho adorato questa serie di Netflix (l’ho addirittura vista due volte, la seconda visione pochi giorni dopo la prima) e consiglio caldamente sia ai fan di lunga data sia a quelli che vorrebbero approcciarsi al mondo di One Piece di andare a vederla.

Ringrazio la mia amica Francesca senza la quale non avrei potuto prendere visione della serie (io, purtroppo, non sono abbonata a Netflix), il mio amico e Augusto Direttore di Mercuzio & Friends Alberto e la mia amica Eleonora, i quali mi hanno dato quella spinta per prendere coraggio e andare a vedere questo prodotto targato Netflix.

Detto questo, vi auguro buona visione, spingendovi ad andare a leggervi anche il manga e vedervi l’anime e, chissà, magari tornerò a parlare di questo capolavoro in altri miei articoli.

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Se sei in cerca di un pezzo che parli di un altro prodotto Netflix, questo è l’articolo che fa al caso tuo!!!

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