La Grande Sfida del Loser Leader: Winston Churchill Vs Oronzo Canà

DI ALBERTO GROMETTO

Ma voi lo sapete come è fatto un perdente vero? 

Lo sconfitto, il fallito, il loser… chiamatelo come vi pare!… sapete come lo si distingue dagli altri? 

Che cosa lo connota? Ma è chiaro: la sconfitta

Il perdente è colui che perde, e basta. Che vuol far qualcosa, prova a farlo, ma non gli riesce. Che tenta un’impresa in cui tanto fallirà. Che si misura contro qualcuno o qualcosa che non riuscirà a battere, e da cui verrà sconfitto. Ma che – soprattutto – CONTINUA a non riuscire, a fallire, a esser sconfitto. Quel “continua” fa tutta la differenza del Mondo. Perché il perdente è quello che ci prova, non ce la fa, e poi ci prova ancora. E ancora. E ancora. E se ne frega delle sconfitte, dei dolori, delle umiliazioni che porta a casa. Certo, ci sta male, ma lui non smette. Perché un perdente vero è quello che non molla mai, che ci prova e ci crede, anche se ha tutto contro, anche se quelli attorno a lui gli dicono di smettere, anche se ogni cosa gli sembra dire di rinunciarci. Ma lui continua a crederci. E a provarci. Il perdente vero è un provatore, una persona che prova, e per sua stessa natura il provarci non è garanzia di riuscirci. Anzi, a volte succede proprio che più ci provi, e più non ci riesci. Ma sapete che c’è? C’è che il provarci conta più del riuscirci! 

Chi perde è tale perché non smette mai di provare a fare quello per cui poi perde. E a forza di perdere, risultare sconfitto, venir deriso… ecco che però talvolta capita che vinca. Che sia proprio quel loser il leader di cui c’era bisogno. Quando si parla di esseri umani, si finisce sempre per parlare di un gruppo, un team, una squadra. Che sia una Nazione, oppure una società sportiva, chiunque ha bisogno di una bussola, un faro, o comunque d’una guida. Gli Uomini son fatti per stare in gruppo, sono “animali politici” come diceva quel vecchio saggio d’Aristotele, che ci vedeva lungo e la sapeva lunga! Politici nel senso che sono sociali, fatti per stare insieme. Ma quando si sta insieme, c’è bisogno del leader di cui sopra. Il gregge ha necessità di un pastore che lo guidi. Così come il Paese ha bisogno di un Primo Ministro, o una squadra di calcio del suo allenatore. Insomma: c’è bisogno di un Mister!

Ora però la domanda che pongo è: voi volete un Mister che rinunci e passi ad altro perché interessato solo a vincere oppure uno che sarà buffo, ridicolo, perdente da sempre e per sempre… ma che non molla mai, che si getta mani e piedi in qualcosa per cui lavora pancia a terra anche se sa che non ha nessuna speranza, possibilità o chance, ma ci prova comunque perché più che vincere quello che importa è continuare a provare a fare quello che dentro di sé sente che è giusto continuare a provare a fare?  

Oggi vi parlo di due “Mister” che sono così, di due perdenti che però si sono ritrovati alla guida di un gruppo disperato che aveva bisogno di loro per vincere, di due loser che sono anche leader e che “ci hanno provato”. Ma chi sono questi due grandi provatori, e che in quanto tali non possono non essere definiti “Eroi Mercuziani”?

Da una parte abbiamo il Primo Ministro del Regno Unito SIR WINSTON CHURCHILL, che guidò il suo Paese durante uno dei suoi momenti più difficili: la Seconda Guerra Mondiale.

Dall’altra l’allenatore di calcio pugliese ORONZO CANÀ, protagonista assoluto della commedia italiana cinematografica cult «L’ALLENATORE NEL PALLONE»: nelle sue mani si rimetterà completamente la disperata Longobarda.

L’inglese soprannominato “Il Leone” da un lato, l’italiano detto “Il Vate della Daunia” dall’altro: una figura storica e un personaggio di uno dei più grandi successoni di pubblico nella Storia della Settima Arte del nostro Paese… ma davvero ci azzeccano qualcosa l’uno con l’altro? Non credo che nessuno li abbia mai accostati, ma se volete sentire la mia, ai miei occhi, son due uomini, personaggi, figure che più simili non si può, dico davvero! La loro storia, il loro essere e quello che hanno fatto presentano somiglianze, analogie e similarità talmente forti che mi pare impossibile che nessuno li abbia mai paragonati, e se un domani uscisse fuori che qualcuno prima del sottoscritto li abbia già accomunati… beh, la cosa non mi sorprenderebbe affatto!

Entrambi son state due “piccole” celebrities in gioventù, ma per un motivo o per un altro si son ritrovati con appiccicata addosso una brutta nomea, un nulla di fatto in mano, una serie di sconfitte e umiliazioni sul groppone, e soprattutto i rispettivi ambienti d’appartenenza, la Politica in un caso e il Calcio nell’altro, li hanno ridicolizzati e alquanto sminuiti agli occhi dell’opinione pubblica.

Venuto alla luce nel 1874, nato più che bene, direi anzi “benissimo”!, il padre di Winston apparteneva ad un casato che in fatto d’importanza e nobiltà sedeva tra i massimi ranghi dell’aristocrazia britannica, i suoi antenati avevano vinto grandi guerre o erano stati parlamentari e ambasciatori. Mentre la madre era una straricca ereditiera statunitense, il cui padre era eminentissimo console. Oltre che danaroso uomo d’affari. E diplomatico newyorchese. E pure proprietario peraltro del giornale New York Times. Oltre che persino discendente di uno degli aiutanti di campo di George Washington, sì, proprio lui!, il primissimo Presidente degli Stati Uniti D’America e Generale a capo delle giovani truppe statunitensi nel momento in cui lottarono in nome dell’Indipendenza e della Libertà contro il nemico inglese. Insomma, Winston era un purosangue di razza pregiatissima, ed era chiaro che il suo futuro sarebbe stato radioso e grandioso! Trascorse i suoi anni giovanili tra l’India, l’Egitto, il Sudan, il Sudafrica e il Mozambico in qualità di ufficiale dell’esercito di Sua Maestà, le sue azioni sul campo e le vittorie che riportò nelle molte campagne militari in cui si impegnò attivamente in prima persona gli fecero conquistare una certa notorietà. Viene soprattutto ricordato quando fu fatto prigioniero e internato in un campo dal quale però sarebbe riuscito ad evadere insieme a due compagni passando per i bagni, per poi nascondersi prima in un treno abbandonato e successivamente in una miniera. Ricercato, con una taglia sopra la testa, sarebbe infine tornato dai suoi commilitoni alla testa dei quali avrebbe liberato il suddetto campo! 

Di contro, quel grand’uomo (MAGNIFICO!) del mitico e leggendario Oronzo Canà è stato un calciatore dalla promettente carriera nell’arco degli anni ’60, in Italia. Nato in Puglia, ha avuto modo di ricoprire in gioventù il ruolo di mediano di rottura e non a caso si è guadagnato “sul campo di battaglia” illustri soprannomi da combattimento. Oltre al già citato “Vate della Daunia”, ricordiamo pure la “Iena del Tavoliere”. Anche nel suo caso, si può appunto dire che sulla carta il Destino gli riservava giorni luminosi, le premesse c’erano tutte, nessuno avrebbe mai detto che… che sarebbe divenuto quel che è divenuto. Era il 1984 quando il film che lo vede protagonista uscì nelle sale italiane conquistandosi il favore del pubblico e della critica. È da oltre quarant’anni del resto che mette d’accordo tutti: appassionati di calcio, appassionati cinefili e anche semplici appassionati della risata! Sarebbe divenuto uno dei più grandi cult nella Storia della nostra Nazione. Il regista fu il capacissimo SERGIO MARTINO, che diede anima e corpo in questo film attraverso pure continui sopralluoghi (non solo in Italia ma anche in Brasile!). E ovviamente un fragoroso applauso speciale spetta a Colui grazie al quale il Mister Oronzo Canà sarebbe divenuto il SOLO E UNICO “MISTER” possibile: il fenomenale e formidabile e ineguagliabile e insostituibile LINO BANFI, il quale avrebbe forgiato attraverso la sua stratosferica maestria attoriale, la sua iconica parlata buffa, la statura leggendaria della sua interpretazione, le sue storiche espressioni facciali, le sue mitiche movenze uno dei più straordinari personaggi cinematografici nostrani mai portati sul Grande Schermo!

Comunque sia, la realtà delle cose era ben diversa: per nessuno dei due futuri leader il Destino aveva in progetto luminose conquiste di gloria, grandiose e radiose. Sconfitta, umiliazione e vergogna c’erano lungo il loro cammino. Fin da giovanissimo Winston fu una cocente delusione per i genitori, specie il padre: non era mai stato portato per la vita da studente, la sua condotta indisciplinata gli procurò ben più di una frustata da parte degli insegnanti, al punto che venne costretto al ritiro da scuola, e i suoi risultati in quasi ogni materia erano scarsi, pessimi, insoddisfacenti. La sola disciplina nella quale eccelleva era la Storia, ma amava anche moltissimo scrivere, tanto che diverse sue lettere e scritti vennero pubblicati sul giornale della scuola. Ma in fatto di puntualità o precisione… paradossalmente… era tutt’altro che inglese! Faceva pietà. Solo in virtù di questa ragione aveva intrapreso la carriera militare: suo padre non lo riteneva adatto all’università.

Oronzo ha avuto un infortunio quand’era piuttosto giovane che lo ha costretto ad un cambio di carriera: sempre nel Calcio, certo. Ma in qualità di allenatore anziché calciatore. Il fatto è che se come calciatore sembrava avere qualche possibilità, in qualità d’allenatore sembrerebbe essere… una pena! Destinato alle panchine di svariate squadre scadenti di Serie B, e da ognuna viene esonerato nello scherno e nel rimprovero generale: il Mister Canà s’incazza, questo è il fatto, e anche parecchio, urlando, gridando, facendo casino e cagnara! Il suo modello di riferimento – verso il quale però allo stesso tempo nutre una grandissima invidia e fortissima gelosia – è  l’allenatore Nils Liedholm, tutto ciò che lui non era né sarebbe stato mai, svedese ma estremamente inglese per il suo modo di fare e la sua signorilità impostate su self-control, precisione e puntualità (proprio quelle doti che né Winston né tantomeno Oronzo possedevano!).

Se Canà aveva avuto la sua piccola fetta di gloria e successi in gioventù ai tempi di quand’era calciatore, avevamo detto che Winston ebbe la sua durante la carriera militare. Ma non sarebbe durata per molto. Certo, arrivò a ricoprire intorno ai 30 anni la carica di sottosegretario alle Colonie, poco dopo sarebbe stato Ministro del Commercio e degli Interni e poco dopo ancora addirittura Primo Lord dell’Ammiragliato. Era un astro nascente della politica britannica, passando da un incarico di prestigio all’altro, dimostrandosi… oh sentite, finiamola qua. È tutto finito con la Prima Guerra Mondiale. Sì, Gallipoli. Che nome maledetto per Churchill! La stramaledettissima “Campagna di Gallipoli”, che sarebbe stato il gran tormento della vita politica e professionale e in realtà pure personale di Winston. Si trattava di una spedizione targata 1915 – sulla carta vittoriosa e vincente! – ideata dal quarantenne Churchill e che… che si rivelò tutt’altro che vittoriosa e vincente. Fu un fallimento disastroso di proporzioni ciclopiche a livello strategico e militare. Una delle più ingenti e costose perdite nella Storia della Marina Britannica. L’idea era quella di conquistare per mezzo di un rapido e feroce attacco su un doppio fronte – navale e terrestre – la penisola di Gallipoli, assicurandosi il controllo dello stretto dei Dardanelli con l’obiettivo di aprirsi uno spiraglio fino a Costantinopoli onde poterla conquistare, facendo così crollare l’Impero Ottomano. Ma la resistenza del nemico – colpevolmente sottovalutata – si rivelò soverchiante e le forze inglesi si dimostrarono malamente coordinate ed organizzate: gli sbarchi a tutto andare predisposti da Churchill portarono a perdite sanguinose, uno stallo logorante e infine il ritiro immediato. L’immagine di Winston, compromessa irrimediabilmente dopo questo atroce errore di valutazione e pianificazione, non sarebbe mai più stata come prima. Il suo nome da allora sarebbe divenuto infamante sinonimo di disfatta. Le cose non sarebbero andate meglio dopo. Certo, fu Ministro della Guerra, ma per due anni solamente: strenuo oppositore dei bolscevichi e del massacrante pasticciaccio (detto “Rivoluzione Russa”) di cui si stavano rendendo autori, contro di loro mobilitò le truppe… attirandosi però l’odio e l’inimicizia dei colleghi, degli oppositori e dei giornali. Nessuno stava dalla sua parte, onde per cui venne isolato ed emarginato. Quando poi nel 1936 scelse di difendere la scelta del neoincoronato Re Edoardo VIII, suo amico da oltre 25 anni, di sposare l’americana Wallis Simpson, fischi e insulti gli piovvero addosso da ogni parte. Il sovrano avrebbe abdicato, e Winston ne sarebbe uscito ulteriormente danneggiato agli occhi della stampa e del popolo. Sia chiaro: la Politica avrebbe sempre fatto parte della sua vita, e qualche successo soprattutto in qualità di convincente diplomatico internazionale e abile negoziatore di talento lo avrebbe ottenuto, ma l’ombra dei suoi fallimenti lo perseguiterà per decenni senza dargli il benché minimo fiato.

«L’ALLENATORE NEL PALLONE» comincia quando Oronzo ha 48 anni. E per tutti quanti è già un uomo finito. E da tempo. Non lo vediamo nei suoi anni da calciatore, per cui non possiamo giudicare il suo operato in quell’ambito. Ma in compenso vediamo che tipo di allenatore è. E… e che tipo di allenatore è? Forse è meglio non esprimersi. Citiamo solo la sua ridicola, assurda e grottesca tattica di gioco, di sua specialissima invenzione: la cosiddetta “BI-ZONA”. Come funziona? I cinque calciatori che giocano in difesa vanno avanti nel mentre che i cinque che stanno in attacco retrocedono indietro, e poi viceversa! E così, per tutta la partita. Perché questa cosa?, vi chiederete voi. Perché così tutti quanti possano pensare – a detta di quel geniaccio geniale di Canà – che abbiano cinque giocatori in più, nella confusione generale. Cosicché nessuno ci capisca più niente! Certo, nemmeno la stessa squadra di Canà ci capirà più niente ma… ma poco male! Da persona assolutamente inesperta in fatto di Calcio, vi dico che a mio modo di vedere è una tattica strategica rivoluzionaria di un’arguzia, una sagacia e una brillantezza fuori dal comune. Ma è evidente che quasi solo io la debba pensare così. Oronzo è considerato un pagliaccio, il Clown del Calcio, un buffone saltimbanco da prendere in giro e mai sul serio. Uno così – una figuraccia ambulante – potrà davvero mai allenare in Serie A? Non che Winston in fatto di figuracce fosse messo tanto meglio: a chiunque, nemico o amico che fosse (ma di amici in realtà non ne aveva, sarebbe più giusto dire che avesse solo oppositori o persone che lo ritenevano una barzelletta!), a chiunque era noto il fatto che fosse proverbiale bevitore peggio di un alcolista ubriacone (dicono che ogni sera prima di dormire bevesse come minimo un litro di whisky!), incallito fumatore accanito (oppiomane di prima categoria!), pigro dormiglione impenitente (si svegliava sempre a mezzogiorno!) e amasse particolarmente la barzellette sporche, che raccontava ovviamente a chiunque! Che perdenti ridicoli. 

E così, quando si guardavano Sir Winston Churchill e Oronzo Canà, cosa ci vedeva la gente? Due vecchi falliti. Un sessantacinquenne inglese sconfitto da una parte e un quarantottenne pugliese perdente dall’altra. Due buoni a nulla, che non avevano combinato niente, due arlecchini da deridere e insultare. Nel caso del politico i connazionali si ricordavano solamente e unicamente degli errori commessi rinfacciandoglieli costantemente, al punto che lui per oltre vent’anni aveva passato la sua vita a difendersi dagli attacchi e dalle accuse. Nel caso dell’allenatore, il Mondo del Calcio non lo considerava che un personaggietto che valeva due spicci, noto più per le sue buffonate e il suo carattere burbero e i suoi infiniti esoneri che per qualsiasi altra azione calcistica. Epiche le loro sfuriate, quelle sì, sia di Winston quanto di Oronzo: due collerici sanguigni, due lottatori che non avevano alcun motivo per lottare, due furiosi combattenti con la parola “Perdita” tatuata sulla fronte. Ma nient’altro di epico per loro. C’è chi avrebbe detto che facevano compassione, pena, pietà… e soprattutto schifo. Due personaggi ridicoli e ridicolizzati, a cui nessuno darebbe mezzo centesimo, su cui non vale nemmeno la pena scommettere! Eppure fu proprio per questo, in virtù del loro essere ridicoli perdenti, che uno a 65 anni e l’altro a 48 si ritroveranno posti dinanzi alla più Grande Sfida della loro vita. E da allora quell’umiliante esistenza condotta all’insegna dello scherno e della vergogna sarebbe mutata per sempre.

10 Maggio 1940. Dilaga l’orrido mostro della guerra (di nuovo!) in Europa, lo spettro del Nazismo allunga le sue mani ovunque e Adolf Hitler piomba a suon di bombe sul Regno Unito. Gli Inglesi son troppo deboli, non riescono a rispondere al nemico tedesco, la disfatta si fa sempre più vicina. È il momento peggiore di tutti. Ed è proprio per questo, in tale grave e greve scenario, che la Nazione si rimette completamente… nelle mani del peggiore di tutti! Ma perché Winston? Proprio perché era così deriso, disprezzato, detestato, odiato, ridicolizzato. Per tutto il decennio precedente egli s’era opposto con forza decisa e volitiva al regime hitleriano denunciandone le intollerabili mire espansionistiche, rimproverando aspramente le alte sfere per aver permesso che la Germania facesse alto e basso quello che voleva senza mai intervenire con la giusta durezza, solo per amore di una pace che a detta sua non sarebbe stata possibile. Ovviamente non venne creduto, e fu tacciato di idiozia. Quando però venne fuori che dopotutto aveva ragione lui, subito si pensò al suo nome come nuovo Primo Ministro. Quello d’allora, Neville Chamberlain, che aveva impiegato tutti i suoi sforzi perché il suo Paese continuasse a mantenere cordiali rapporti pacifici di serena amicizia con i Tedeschi… beh, aveva chiaramente fallito. Rassegnate le dimissioni, si credeva sarebbe stato un tale Lord Halifax il naturale successore di Chamberlain. Ma quello non voleva, mica era pazzo ad assumere la guida in una situazione del genere! No, serviva qualcuno che giammai era stato amico di Hitler. Qualcuno di abbastanza stupido e scemo da prendersi una responsabilità del genere in quel momento. Soprattutto, serviva un nome che avrebbe messo tutti quanti d’accordo, sul quale tutti sarebbero stati concordi, che avrebbe unito tutti i partiti e la stampa e il popolo e il Paese intero! Ma uno di cui tutti quanti pensavano bene proprio non c’era, sarebbe stato troppo facile. Tanto valeva piuttosto trovare qualcuno di cui tutti – MA PROPRIO TUTTI! – la pensassero male. Per non dire malissimo. Winston faceva proprio al caso loro! Lui non ci pensò due volte, e subito si presentò dal Re Giorgio VI per ricevere l’incarico. Tra parentesi: pure al Re Churchill sta sulle regali palle.

È in un bel giorno del 1984 che Oronzo Canà, il quale semplicemente si stava guardando la tv in salotto nel mentre che litigava con quella “disgrazieta maledetta” della moglie Mara, ricevette una notizia, quella notizia, LA notizia. Quale? In diretta televisiva il Commendator Borlotti, Presidente della Società Sportiva Longobarda appena ascesa alla Serie A, vuole ingaggiare lui… proprio lui, Mister Oronzo Canà, allenatore dileggiato e umiliato di Serie B ma che meriterebbe di finire in Serie Z… in qualità di guida della sua squadra, oramai entrata nelle “Big” e con infinite possibilità innanzi a sé. Subito è festa, Oronzo non ci crede, quasi si sente male… senonché alla fine, sul lungo periodo, verrà fuori il vero motivo per cui il Borlotti ha scelto lui, tra tutti. La ragione per cui Borlotti ha litigato un anno intero con i suoi sgherri e consiglieri che lo imploravano di rimuovere quell’asino pagliaccesco del Canà, mentre lui irremovibile continuava a volerlo a capo dei suoi uomini! E cioè, proprio perché un perdente, un loser, uno sconfitto. Stare in Serie A, nel massimo del massimo, al vertice del Calcio italiano… non paga per niente, ha costi troppo assurdi, è un dispendio ignominioso di soldi! Ecco, il Commendator Borlotti scelse il Canà proprio perché era convinto che quello avrebbe fatto come sempre: fiasco, cilecca, schifo. Perché avrebbe rimandato la Longobarda nella più economicamente gestibile e rassicurante Serie B. Oronzo è stato scelto per essere guida, comandante e leader proprio per le stesse ragioni per cui venne scelto Churchill: perché era quello che era. Anche nel caso di Winston, tutti erano convinti che avrebbe fatto rimpiangere la vecchia amministrazione, che sarebbe stato solo di passaggio, che il suo operato sarebbe risultato così disastroso da imporre l’arrivo di qualcun altro, come quel Lord Halifax ad esempio. E invece no. 

Ecco, Winston e Oronzo saran due perdenti totali emarginati e scherniti, eppure son prima di tutto gli uomini del “E INVECE NO!”. 

Sia ben chiaro: nessuno dei due ha metodi propriamente ortodossi. Per nulla. Churchill litigherà aspramente con chiunque durante il suo mandato, soprattutto perché tutti attorno a lui ritenevano dovesse pervenire ad un accordo con Hitler, Nazisti e compagnia. E INVECE NO! Lui preferiva la guerra, le bombe, il massacro piuttosto che… che inginocchiarsi, rinunciare alla Libertà e permettere che le atrocità del Male e dell’Ingiustizia avessero la meglio. No, non sarebbe mai sceso a patti. Il suo primo discorso in Parlamento in qualità di Primo Ministro passò alla Storia come iconico capolavoro di retorica. Certo, all’epoca generò perplessità, panico, paura. Ma era troppo tardi, lui era il Capo. E non avrebbe mai agito per ottenere popolarità e consenso. Non li aveva mai avuti, e quindi nemmeno li voleva. Quello che desiderava era fare il Bene del suo Paese. Agire per ciò che era più giusto. Ed è quello che disse in quel suo primo, incredibile, storico discorso. «Dirò alla Camera quello che ho detto a coloro che hanno aderito a questo governo: Non ho altro da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo davanti a noi un calvario del tipo più grave. Abbiamo davanti a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza. Voi domandate: qual è la nostra politica? Vi dirò: è fare la guerra, per mare, terra e cielo, con tutta la nostra potenza e con tutta la forza che Dio può darci; per fare la guerra ad una tirannia mostruosa, mai superata nell’oscuro e deplorevole catalogo della criminalità umana. Questa è la nostra politica. Voi domandate: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: la vittoria. La vittoria a tutti i costi – La vittoria nonostante tutto il terrore – La vittoria, per quanto lunga e difficile la strada possa essere, perché senza la vittoria non c’è sopravvivenza».

Nessuno avrebbe puntato mezzo centesimo (anzi, mezza lira… all’epoca c’erano le lire!) su Oronzo Canà. Il Commendator Borlotti naturalmente ha fatto il possibile perché il Mister avesse il meno possibile! Una campagna acquisti deludente, delle cessioni importanti di giocatori di valore e altre infamate del genere non hanno aiutato il Vate della Daunia. Quello ovviamente ci ha messo del suo: volare fino in Brasile accompagnato da due lestofanti cialtroni di prima categoria (che perle GIGI SAMMARCO & ANDREA RONCATO, alias “Gigi & Andrea”!) nella vana speranza di metter le mani su uno di quei grandi calciatori di talento… era ridicolo. Non parliamo delle sfuriate, o della sua Bi-Zona, o delle sue buffonate. Mettiamoci anche la lunghissima sfilza di sfortune, tra cui l’aver casa assediata un giorno sì e l’altro pure da orde inferocite di aggressivissimi calciofili e agguerritissimi tifosi della Longobarda che lo prendevano a male parole, a pomodori in faccia e lo invitavano a pesca con loro in quanto sprovvisti di verme. Squalificato e pure perdente: sconfitte su sconfitte. ALL’INIZIO, quantomeno! Poi però il Canà punta tutto su Aristoteles, giovane e sconosciuto calciatore brasiliano, il solo acquisto con cui tornò a casa dalla trasferta sudamericana. E che rivela un talento da fuoriclasse! Tutti avevano detto che la Longobarda con un cane come Canà sarebbe tornata in B. E INVECE NO! Oronzo se n’è fregato di quello che tutti dicevano e pensavano e credevano di lui, e tenendo ben a mente cosa fosse davvero importante, prendendosi cura del suo caro Aristoteles – sua unica salvezza! – al quale s’affeziona come ad un figlio (e del resto quello si fidanzerà pure con la sua sola figlia Michelina), riuscirà a realizzare l’irrealizzabile, a compiere l’incompibile e a rendere possibile l’impossibile. La Longobarda che rimane in A! Ma cos’era davvero importante per lui? Avere tanti soldi ed essere un allenatore molto pagato? No, altrimenti quando il Borlotti gli ordina di perdere la partita all’ultima giornata di campionato affinché la squadra potesse retrocedere, altrimenti il suo contratto non sarebbe stato rinnovato, lui gli avrebbe detto di sì. E INVECE NO! Perché lui è Oronzo Canà. E sì, sarà ridicolo, buffo e anche un gran cretino. Ma è pure un uomo tutto d’un pezzo che non dimentica cosa davvero è importante per lui: la squadra, e il Calcio. Per questo gli strepiti, le urla, le figuracce, gli insulti e le offese. Se lui ha fatto tutto questo e sopportato tutto questo, è sempre stato per amore del Calcio. Per questo la Longobarda rimarrà – alla faccia di tutti quanti, Borlotti compreso – in Serie A. Perché il suo leader era un loser a cui non gliene fregava niente di essere un vincente, se questo significa rinunciare al Calcio, quello vero. Meglio perdere, ma rimanere fedeli a sé stessi e al proprio Amore. Grazie Oronzo di avercelo insegnato.

Il Regno Unito, lo sappiamo, vincerà la Guerra. E sarà merito del suo Mister. La Longobarda rimarrà ai vertici del Calcio italiano, grazie a Canà. Winston e Oronzo son stati due perdenti. Ma si son ritrovati nelle mani il Destino di tanta e tanta gente. E alla fine hanno vinto. Due leader che erano due loser che hanno saputo vincere. Proprio perché hanno perso di continuo. 

Fate attenzione al vero perdente. Quello che perde, che risulta sempre sconfitto, che non vince mai è anche Colui che nemmeno conosce il Significato della Vera Gloria o del Successo o del Trionfo. E quindi non li vuole, né li desidera. Di sicuro non ad ogni costo. Perché il vero perdente è quello che – proprio perché continua a provarci – ritiene che ci sia qualcosa di molto più importante della Vittoria, che giammai l’ha accompagnato. E cioè quello in cui crede. Il vero perdente non ha nulla da perdere, se non i suoi valori, ideali, idee. E per quelli – ve lo garantisco – darà battaglia come un Leone. Ed è il suo Credere in questo che gli conferirà una forza straordinaria che i Vincenti manco se la sognano! Siate quel perdente nel quale ognuno si rivede, perché è quello il tipo di persona dalla quale sarà giusto farsi guidare. E con la quale, paradossalmente, magari si potrà vincere davvero un giorno. Perché il Perdente, anche se perde, proprio perché continua a provarci e poi a perdere, non perderà mai veramente. Non sarà accecato dalla Vittoria e dal voler vincere sempre, comunque, a prescindere. Non perderà mai sé stesso. Il Perdente, che ha perso in partenza, alla fine è più vincente di qualsiasi vincente conoscerete mai. Sconfitti e perdenti, siate fedeli a voi stessi e gioite di essere quel che siete, perché è questa alla fine la più grande delle vittorie.

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