Il derattizzatore

DI GIOSUE’ TEDESCHI

Confuso. Intricato. Puzzolente. Rattoso. Un uomo topo che dovrebbe fare la derattizzazione ma riesce solo a suscitare disgusto nei due personaggi che incontra. Perché poi? Perché non riesce a cacciare i ratti dal pagliaio, lui che li conosce così bene? È strano no? Perché non erano ratti normali? Non credo sia questa la spiegazione. Penso anzi che, ancora una volta, la risposta sia nella frase alla fine. “Dev’esserci qualcosa di nutriente nel pagliaio“. L’unica spiegazione razionale a livello di storia può arrivare dal fatto che sulla vetrina, oggetto di scena, ci sia un poster “persona sparita“. A quanto pare la spiegazione suggerita dal film è che quei due, così disgustati dai ratti, sono assassini e hanno nascosto il cadavere nel pagliaio. Adesso starebbe venendo consumato dai topi. Perché nessuno ha controllato nel pagliaio? Come avrebbe fatto il derattizzatore, con quel suo naso da topo, a non accorgersi della puzza di cadavere? Sembra una spiegazione implausibile. Allora perché ci viene suggerita? 

Solamente a una seconda visione ci si rende conto che non si sta affatto parlando di ratti. La mia lettura di questo corto può essere controversa agli occhi dei più, e ammetto che si basa solo sul sentito dire. Sentite cosa dice quando parla, in apertura, dell’uomo-ratto. Usa frasi sconnesse quasi, mistiche per certi versi, delle costruzioni verbali non proprio comuni o naturali. Nulla che non si capisca ed infatti la prima volta tutto passa sotto il tappeto, ma la seconda volta no. La seconda volta emerge, a un certo punto, la chiara sensazione che non stia parlando di ratti e non ne avesse mai avuto l’intenzione. Emerge la chiara sensazione che Dahl, come ogni grande maestro di scrittura, stia ancora una volta e come tutte le altre volte parlando di esseri umani. Di persone. Questa semplicissima osservazione è il nostro ribaltamento: l’uomo-ratto allora non è stato chiamato per sterminare dei ratti ma delle persone. Stiamo parlando di un assassino e di persone che sono come ratti. Piccole, schifose, sudice, vivono nelle fogne?No, non è un intervento in fogna”. E dove sono allora questi ratti? 

“Sono nel pagliaio”.

“Solo nel pagliaio?”.

“Sì, solo nel pagliaio”.

Cosa c’è di strano in due uomini che si rimbalzano le stesse informazioni quattro volte? C’è l’insistenza sul pagliaio secondo me. C’è l’indicazione, il cartello a bordo strada coperto dalle foglie della prosa che non te lo fanno vedere quando passi la prima volta. La seconda volta lo noti invece, perché lo stavi cercando. Cos’è il pagliaio? Il mucchio, in una prima e banale interpretazione. I topi, quegli esseri schifosi, sono quindi nascosti nel mucchio. Nella massa. Allora non ci resta che chiederci: Cosa c’è nel pagliaio? L’unica risposta è “Dev’esserci qualcosa di nutriente nel pagliaio“. Nonostante le indicazioni ritengo che mi sia ancora oscuro di cosa Dahl ci stesse veramente parlando in questo cortometraggio. So soltanto che dev’essere qualcosa di terribile. A quale storia vera si sarà ispirato? Dal punto di vista dei topi, almeno, c’è un lieto fine

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