DI ETHAN BRENDON GIANNONE
Arte, Cultura e Bellezza! Tre parole che Mercuzio and Friends e il suo fondatore, Alberto Grometto, amano ripetere senza sosta!
Queste tre parole, secondo il mio personale parere, sono proprio quelle che potrebbero essere utilizzate per meglio definirci in quanto esseri umani, essere umani diversi dalle macchine, diversi dalle intelligenze artificiali in qualunque forma, per quanto esse possano presentarsi complesse o elaborate.
Ma da dove originano l’Arte, la Cultura e la Bellezza? Ve lo siete mai chiesti? Ebbene, nonostante il cuore venga spesso millantato come il fautore di tutto, il protagonista di questa creazione è proprio il cervello. Passerei giornate intere a fare ricerche sul suo funzionamento e mi divertirebbe molto parlarvene, ma non è questo, per il momento, il mio proposito. Le origini stesse dei processi creativi a livello neurologico non sono attualmente note in modo esatto e variano per giunta da persona a persona. Per tal ragione mi limiterò a raccontarvi di alcuni casi piuttosto particolari che hanno portato alcune persone, inizialmente prive di una qualunque forma di capacità di espressione artistica, a divenire dei veri e propri artisti. Per far ciò è necessario che io vi parli, prima, della sindrome del savant. La sindrome del savant, detta anche sindrome dell’idiota sapiente (dal francese idiot savant), indica una specifica condizione in cui una persona che presenta una serie di ritardi cognitivi, registra, allo stesso tempo, lo sviluppo di un’abilità particolare e sopra la norma, in un settore specifico. Questa espressione fu infatti introdotta nel 1887 dal medico londinese John Langdon Down per riferirsi proprio ai bambini con difficoltà cognitive che tuttavia presentavano “facoltà” speciali e fuori dal comune. Le cause di questa condizione tutt’oggi non sono ancora state identificate con chiarezza, tuttavia è stato studiato che spesso la sindrome colpisce degli individui con problemi all’emisfero sinistro. Quando questa zona cerebrale subisce una lesione, l’individuo perde parte delle capacità che per gli altri sembrano facili e naturali, ma al contrario acquisisce la capacità di usare delle informazioni più “primitive” per svolgere con facilità, o addirittura naturalezza, dei compiti che per gli altri sono difficilissimi o impossibili. Questo concetto può sembrare complesso ma proviamo ad immaginarlo diversamente. Ipotizziamo che la normale attività elettrica cerebrale sia assimilabile al flusso di un torrente. Questo torrente normalmente irrora dei campi e li fertilizza, li rende floridi. Questi campi sono le aree cerebrali normalmente impiegate dalla maggior parte degli esseri umani per lo svolgimento dei compiti più semplici e per il mantenimento dei comportamenti socialmente accettabili. Se il percorso del torrente viene ostruito, la portata dell’acqua resta la stessa ma deve trovare un nuovo tragitto attraverso nuovi campi.
Pertanto i vecchi campi resteranno incolti mentre quelli nuovi (naturalmente poco fertili nella popolazione “normale”) diventeranno particolarmente rigogliosi.

Un aspetto singolare di questa condizione è dato dal fatto che si è riusciti a replicarla artificialmente senza arrecare una lesione permanente, e di conseguenza solo per via temporanea, attraverso una tecnica denominata “stimolazione magnetica transcranica”. Attraverso questa tecnica è stato possibile disturbare temporaneamente la normale attività dell’emisfero cerebrale sinistro e i risultati, sottolineiamolo, per un breve periodo di tempo, sono risultati assimilabili a coloro che sono portatori della sindrome sopra citata. Ciò significa che per poco tempo, persone “normodotate” sono riuscite a svolgere calcoli o in generale compiti complessi che prima non erano in grado di svolgere.
Straordinario, no?
Supereroi, anche se per poco! E senza morsi di ragno o strane pozioni!
Ritornando alla sindrome del savant, ciò che conosciamo è che può essere: congenita, quindi presente sin dalla nascita, acquisita, in cui le abilità appaiono di colpo in persone comuni dopo una lesione alla testa, o … improvvisa.
Adesso prestate attenzione! Nella sindrome del savant improvvisa, una persona comune, che non ha mai presentato particolari abilità né subito una lesione, si ritrova a vivere una sorta di rivelazione, in cui regole e schemi complessi, per esempio, della musica, dell’arte o della matematica appaiono d’improvviso semplici.
Quest’ultimo caso è in assoluto il più affascinante, in quanto non essendo il risultato di una forma di disabilità pregressa non ne arreca i medesimi deficit cognitivi e proprio per tale ragione è stata denominata sindrome “del genio improvviso”.
Fatta questa premessa (perdonatemi se mi sono dilungato) possiamo passare ai casi più eclatanti, uno, il più rappresentativo, per ogni variante della sindrome.
Kim Peek – sindrome del savant congenita

Kim Peek nacque l’11 novembre 1951 affetto da macrocefalia, una condizione che causa un ingrandimento anormale della testa, con conseguenti gravi difficoltà motorie e sociali.
Peek mostrava una memoria prodigiosa: si racconta che fosse in grado di leggere due pagine di un libro contemporaneamente, una con l’occhio destro e l’altra con l’occhio sinistro, e ricordare quasi tutto ciò che leggeva.
Nonostante le sue straordinarie capacità mnemoniche, la vita di Peek, almeno nella sua prima parte, fu tutto fuorché semplice.
Dopo innumerevoli difficoltà, quest’ultima subì una svolta quando lo straordinario talento del giovane Peek attirò l’attenzione di Barry Morrow, uno sceneggiatore di Hollywood. Affascinato dalle abilità di Peek, Morrow si ispirò a lui per creare il personaggio di Raymond Babbitt coprotagonista nel celeberrimo film “Rain Man“.
Il film, uscito nel 1988, sicuramente lo ricorderete, racconta la storia di Charlie Babbitt (interpretato da Tom Cruise), un giovane e ambizioso venditore d’auto che scopre di avere un fratello maggiore, Raymond (interpretato da Dustin Hoffman), istituzionalizzato a causa del suo autismo.
Dopo la morte del padre, Charlie decide di partire con Raymond per un viaggio attraverso gli Stati Uniti, durante il quale impara a conoscere e ad apprezzare le abilità e peculiarità di quel fratello così tanto diverso da lui.
Il film ebbe un successo straordinario, vincendo quattro premi Oscar, inclusi Miglior Film e Miglior Attore per Hoffman.
Dopo l’uscita della pellicola, Kim Peek divenne una celebrità, e iniziò, proprio come Raymond, il suo viaggio per il mondo, dimostrando le sue abilità in diverse conferenze scientifiche e partecipando a varie trasmissioni televisive.
Jason Padgett – sindrome del savant acquisita

Jason Padgett era un venditore di mobili e conduceva una vita normale, senza un particolare interesse per la matematica o per le arti in genere. Una notte dell’oramai lontano 2002, dopo aver trascorso la serata in un bar a Tacoma, Washington, Jason fu brutalmente aggredito da due uomini che lo colpirono ripetutamente alla testa, causandogli una grave commozione cerebrale e seri danni ai reni. Nei giorni successivi all’aggressione, Jason cominciò a notare cambiamenti sorprendenti per ciò che riguardava la sua percezione del mondo. Iniziò a vedere tutto sotto forma di geometrie, oggetti e movimenti che apparivano come una serie di fotogrammi collegati da linee. Questa nuova visione del mondo lo portò a sviluppare una straordinaria abilità nel disegnare complessi frattali e altre forme geometriche, nonostante la totale assenza di una qualsivoglia forma di formazione matematica. Jason sosteneva di poter visualizzare e comprendere concetti complessi come il pi greco o i numeri primi attraverso i suoi disegni. Asserzione piuttosto curiosa, vista la mancanza di una conoscenza matematica degli stessi. Queste visioni erano infatti caratterizzate da sinestesia, grazie alla quale questi concetti, astratti, figuravano come forme fisiche e tangibili nella sua mente. L’incredibile trasformazione di Jason attirò l’attenzione di neuroscienziati e psicologi, e tra questi, spicca il nome della neuroscienziata Berit Brogaard. Quest’ultima studiò attentamente il caso di Jason impiegando tecniche come la risonanza magnetica funzionale per tracciare quali aree si attivassero nel suo cervello e in quale misura durante la visualizzazione delle formule. La sua diagnosi confermò quanto precedentemente vi ho esplicato, ovvero le aree deputate al calcolo e l’area occipitale della visione erano “sovralimentate”. Jason ormai immerso, forzatamente aggiungerei, nel mondo della matematica dalle sue nuove abilità percettive, decise dunque di divenire un matematico e scrisse persino un libro intitolato “Struck by Genius: How a Brain Injury Made Me a Mathematical Marvel” in cui raccontò la sua storia, le sue sfide e in generale la sua nuova visione del mondo.
Franco Magnani – sindrome del savant improvvisa


Quest’ultimo caso è particolarmente vicino a tutti noi, e con vicino intendo proprio fisicamente, trattasi infatti di un falegname italiano, Franco Magnani. Nato nel 1934 a Pontito, un piccolo villaggio toscano, Magnani emigrò negli Stati Uniti negli anni ’60 alla ricerca di un futuro lavorativo più promettente. Stabilitosi a San Francisco, Magnani lavorava come falegname e conduceva una vita normale fino a quando non fu colpito da una forte febbre. Durante il periodo di convalescenza, Magnani iniziò a sperimentare visioni vivide e dettagliate del suo villaggio natale, Pontito. Queste visioni erano così precise e nitide da sembrare fotografie. Magnani non aveva mai avuto una formazione artistica e ciononostante decise di dedicarsi al disegno su tela. Cominciò a dipingere scene del suo villaggio natale con una precisione e una nitidezza sorprendenti. Era in grado di catturare ogni singolo dettaglio delle strade, delle case, degli alberi nonostante non vedesse il suo paese da moltissimi anni. Anche in questo caso le sue opere iniziarono a catturare l’interesse di numerosi scienziati interessati a studiare il caso, tra questi ricordiamo il nome di Robert Miller, neuropsicologo da anni impegnato nello studio della sindrome del savant e delle attività mnemoniche ad essa correlate. L’attività artistica di Magnani è per noi di grande rilievo in quanto i suoi dipinti rimangono una testimonianza tangibile del potere della memoria e delle emozioni e di come queste siano strettamente intersecate nello strutturare, tramite immagine inconscia, il nostro percorso e la nostra storia a tal punto da permanere in modo così dettagliato impresse nei reconditi meandri del nostro essere.


Le storie che vi ho raccontato per me sono straordinarie e ho utilizzato proprio questa condizione come “cavallo di Troia” per farvi addentrare almeno un po’ in quella che è l’origine della concezione dell’arte. Vi chiederete a questo punto “cosa c’entra questa condizione con tutti noi?”, io vi rispondo, “spiega il processo”. La creatività si origina da processi neurali complessi, e dipende da una quantità di fattori veramente infinita, la sindrome del savant in particolare ci ha mostrato quanto la modifica anatomica o la variazione dell’attività biochimica di determinate aree cerebrali possa influenzare l’aumento o il decremento delle capacità cognitive, comprese quelle artistiche. A questi fattori meramente scientifici non possiamo che sommare la nostra stessa individualità, ovvero il modo in cui ognuno di noi processa sin dalla nascita le informazioni provenienti dal mondo, e la sensibilità e l’empatia con cui nuovamente le ritrasmette al mondo stesso. Trovo tutto ciò estremamente affascinante e spero, almeno un po’, di avervi appassionato all’argomento. Spero che ognuno di voi utilizzi queste informazioni, non tanto a fine nozionistico ma per ricordarsi quanto bella, potente ed unica sia la propria mente. Unica ancor più dello stesso DNA. Quindi difendetela sempre e andatene sempre orgogliosi!