DI GIOSUE’ TEDESCHI
È la storia di un uomo che trova la storia di un uomo che racconta la storia un uomo che cerca un uomo che sa levitare. Non può imparare a levitare perché non gli sarà insegnato, ma gli insegnerà a vedere senza gli occhi. Allora il secondo uomo, che è un medico, molto affascinato dalla sua condizione, vuole tenere con sé questo terzo uomo che vede senza gli occhi. Vorrebbe studiare come fa, la medicina potrebbe fare svariati progressi se riuscisse a capire per quali vie quest’uomo vede senza gli occhi. Tuttavia quell’uomo muore per un’embolia polmonare prima che lui riesca a chiedergli alcunché.
Il nostro primo uomo che ha trovato la storia, appassionato di gioco d’azzardo e scommesse di tutti i tipi, vuole naturalmente anche lui imparare a vedere senza gli occhi. Applica lo stesso metodo del terzo uomo e con grande sorpresa di tutti riesce davvero a imparare a vedere senza gli occhi. Così inizia a barare al gioco, ma vincere barando non gli dà alcuna soddisfazione. Così deciderà di investire e donare tutto il ricavato dal gioco d’azzardo sotto un falso nome, Henry Sugar appunto, a case di riposo, asili nido, orfanotrofi, e tutti gli altri enti di beneficienza che ti vengono in mente.

La storia è a dir poco sorprendente e non solo per il fatto che potrebbe essere vera. È raccontata nello stile di Roald Dahl accompagnata dalle stupefacenti doti registiche di Wes Anderson. Davvero un piccolo capolavoro da non perdere. Se è vero, e ritengo che lo sia, che per fare un prodotto più corto, sia questo un discorso o un film, serve molta più preparazione e studio che per farne uno lungo, allora possiamo tutti concordare sul fatto che in questi 41 minuti accade una piccola magia. Qualcosa di inspiegabile — quasi — indicibile arriva a toccarci il cuore. Una parte di cuore che non pensavamo di avere. Per quanto qualcuno possa vedere senza occhi, i colpi di scena di questo piccolo cortometraggio non li vedrà mai arrivare.
Questa magia, questa “narrativa dahlliana“, è qualcosa che solo Anderson poteva catturare secondo me. Una volta visto il risultato non riesco a pensare di farlo in nessun altro modo. Ci sono moltissimi temi ricorrenti in questa quadrilogia di cortometraggi. Insieme a Henry Sugar, vi sono infatti Veleno, Il Derattizzatore, e Il Cigno. Mi è capitato, per caso oserei dire, di vedere questo come primo tra i quattro. E capita che io pensi, per caso oserei dire, che sia stato meglio così. Questi cortometraggi sono qualcosa di diverso da tutto quello che ho visto prima e probabilmente rimarranno di un genere a sé rispetto al 97% di tutto quello che vedrò dopo. L’unico modo per collegarli a qualcosa che già conosco è stato, per me, iniziare col vedere Henry Sugar prima degli altri. È quanto di più simile a qualcosa che già si conosce, pur restando visionario, tra tutti e quattro. È anche il più lungo di tutti e penso che questo aiuti a ridurre l’attrito.
Sarebbe quasi da provare, forse, a guardarlo a occhi chiusi.
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