Plegaria a un labrador

DI ALICE POLIN

Plegaria a un labrador è un invito alla lotta contadina rivolto a coloro che lavorano la terra. Víctor Jara la scrisse nel 1969. La forma e il testo ricordano la preghiera cristiana del Padre Nostro. Víctor scelse come titolo plegaria che corrisponde alla nostra “preghiera”. In castigliano, la plegaria è l’Angelus, la preghiera che ricorda il mistero dell’incarnazione. Il suo nome deriva dalla parola iniziale del testo in latino, Angelus Domini nuntiavit Mariae. Jara strutturò in questo modo la canzone: tre brevi testi che narrano questo episodio, recitati come fossero versetti e responsorio, alternati con la preghiera dell’Ave Maria; tre brevi strofe inframezzati da un “ave” esortativo di lotta e di unione, e cioè un Ave Fucile. 

L’Angelus è recitato tre volte al giorno: all’alba, a mezzogiorno e al tramonto. Segna le ore fondamentali (il suo inizio, la parte in mezzo e la fine), ed è la preghiera per eccellenza del mondo contadino, i cui rintocchi scandivano la giornata dei lavoratori della terra.

In castigliano, il verbo corrispondente al nostro “lavorare”, labrar, significa: “lavorare la terra”, “zappare”, “coltivare”. “Lavorare” in senso generico, è trabajar; per cui labrador riporta immediatamente al mondo contadino, mente trabajador a quello operaio e salariato. Entrambi i termini fanno riferimento alla durezza del lavoro, paragonata a una forma di tortura nel caso di trabajar, alla fatica immane in quello di labrar

Levántate y mira la montaña
de donde viene el viento,
el sol y el agua.
Tú que manejas
el curso de los ríos,
tú que sembraste el vuelo de tu alma. 

Levántate y mírate las manos
para crecer estréchala a tu hermano.
Juntos iremos
unidos en la sangre
hoy es el tiempo
que puede ser mañana. 

Líbranos de aquel que nos domina
en la miseria.
Tráenos tu reino de justicia
e igualdad. 

Sopla como el viento la flor
de la quebrada.
Limpia como el fuego
el cañón de mi fusil.
Hágase por fin tu voluntad
aquí en la tierra.
Danos tu fuerza y tu valor
al combatir.
Sopla como el viento la flor
de la quebrada.
Limpia como el fuego
el cañón de mi fusil. 

Levántate y mírate las manos
para crecer estréchala a tu hermano. 

Juntos iremos
unidos en la sangre
ahora y en la hora
de nuestra muerte.
Amén. 

Alzati e guarda la montagna
da dove viene il vento,
il sole e l’acqua
tu che cambi
il corso dei fiumi,
tu che hai seminato il volo della tua anima. 

Alzati e guardati le mani
per crescere stringile al fratello.
Insieme andremo
uniti nel sangue
oggi è il tempo
che può farsi futuro. 

Liberaci da chi ci domina
nella miseria.
Venga il tuo regno di giustizia
e di uguaglianza. 

Soffia come il vento sul fiore
della gola montana.
Lucida come il fuoco
la canna del mio fucile.
Sia fatta in fine la tua volontà qui sulla terra.
Dacci la tua forza e il tuo valore
nella lotta.
Soffia come il vento sul fiore
della gola montana.
Lucida come il fuoco
la canna del mio fucile. 

Alzati e guardati le mani
per crescere stingile al fratello. 

Insieme andremo
uniti nel sangue
ora e nell’ora
della nostra morte..
Amen. 


L’Angelus di Milet e il Seminatore di Van Gogh

L’Angelus di Jean Francois Millet racconta un momento quotidiano vissuto nei campi con la nonna. I due contadini si trovano nel campo per poter raccogliere patate. Al suono della campana del villaggio interrompono il lavoro per recitare la preghiera dell’Angelus.

Questo momento venne dipinto da Millet e diventa una dichiarazione poetica della sua pittura. Egli mise in scena una natura vissuta in rapporto al sentire religioso.

Vincent Van Gogh amava Millet. Lo riteneva il suo “padre spirituale”, colui che fissò su tela gli ideali, la moralità, il sogno d’una vita pura e rurale, di cui egli stesso era profondo amante. Fu a Parigi nel 1875 che Van Gogh scoprì Millet, alla mostra di pastelli allestita per la vendita dell’intero studio, alla sua dipartita. Van Gogh lo prese come suo modello e ispirazione, mentre il Simbolismo girava per l’Europa. Gli fu caro fino alla fine. 

L’esperienza impressionista allontanò Van Gogh dal “padre”, ma negli ultimi anni di Arles, quelli della sofferenza e dell’angoscia suicida, Millet tornò con forza. Quando perse la fiducia nella capacità di dipingere, in soccorso di Vincent venne proprio Millet. Così un seminatore in un campo di grano si trasformò nelle mani di Van Gogh in fiamme stupefacenti, superfici vibranti, distese gialle che si dilatano verso l’alto fino al Sole.
Nel Seminatore al tramonto (1888), un contadino attraversa un piccolo sentiero sterrato nel mezzo di un campo. Il seminatore sparge i semi che prende dal fagotto che tiene sulle spalle. Un cappello lo protegge dal sole. Il terreno è arato.

Alcuni uccelli giungono sui semi appena gettati. Sullo sfondo spighe dorate non ancora mietute si alzano nel cielo. A sinistra una piccola casa e due alberelli che danno sul grano. A destra gli alberi di un boschetto. Al centro il globo del Sole che tramonta e illumina col suo giallo la scena.
Quando Vincent Van Gogh giunse nel sud della Francia fu subito attratto dalla luce vibrante che esaltava i colori di quel grano. Del resto egli si sentì sempre attratto alla vita del mondo contadino.

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Se invece vuoi leggere qualcosa che non c’entra un emerito tubo con questo articolo, allora questo è il pezzo che fa per te!!!

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